Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3022 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3022 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27760/2019 R.G. proposto da :
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE COGNOME, in persona del titolare, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE.;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia n.
400/2019, depositata l’ 11 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 3109/2014 depositata il 31 dicembre 2014, il Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando nella causa promossa dall’Azienda RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE – di opposizione al decreto n. 4589/2010 con il quale lo stesso Tribunale le ingiungeva il pagamento di euro 138.798,60 per prestazioni di fornitura di materiali e servizi – accoglieva le domande e condannava la società opposta al pagamento delle spese del giudizio.
-Avverso la sentenza ha proposto appello la COGNOME chiedendone la riforma.
Con comparsa del 26 maggio 2015 si è costituita l’RAGIONE_SOCIALE COGNOME chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 400/2019, pubblicata in data 11 febbraio 2019, in totale riforma della sentenza del Tribunale di Verona n. 3109/2014, la Corte d’appello di Venezia ha confermato il decreto ingiuntivo e condannato l’appellata a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio.
-Avverso tale sentenza l’Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
La parte convenuta non si è costituita.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Va esaminato innanzitutto il secondo motivo di ricorso con cui si prospetta la falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e violazione degli artt. 329 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. La Corte d’appello di Venezia, riguardo alla prova del danno patito, ha sostenuto “la mancata contestazione del debito portato dalla fattura relativa alla fornitura di materiale”. Tale affermazione sarebbe erronea atteso che già con atto di citazione l’Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME aveva
puntualmente eccepito “l’insussistenza e inesigibilità dell’ulteriore credito di cui alla fattura n. 262 del 20.8.2009”. In particolare, l’opponente aveva tempestivamente eccepito “che il suddetto credito è non solo inesistente, ma comunque privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità” e ciò “senza considerare l’assoluta incongruità delle suddette somme”, che erano state ampiamente decurtate dal Tribunale, in linea con quanto analiticamente argomentato in sede di A.T.P. Inoltre, trattandosi di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente aveva contestato l’efficacia probatoria della fattura azionata in sede monitoria che non si estende al giudizio di opposizione che si svolge secondo le regole dell’ordinario giudizio di cognizione e come tale impone al creditore, ex art. 2697 cod. civ., di fornire tutti gli elementi dimostrativi dalla propria pretesa e la prova dell’effettività delle prestazioni, e non al debitore di provare la non debenza del credito vantato dal creditore. Senza contare poi che data 9 giugno 2009 il COGNOME aveva versato alla RAGIONE_SOCIALE l’importo di euro 10.000,00 a titolo di acconto per la fornitura del materiale, importo di cui la RAGIONE_SOCIALE non aveva dato conto in sede monitoria, ma solo nella successiva fase opposizione. Di tutto ciò non v’è traccia nella sentenza impugnata che si sarebbe limitata genericamente a confermare il decreto ingiuntivo senza tener conto del versamento dell’importo di euro 10.000,00 ante causam , la cui circostanza oltre che documentale sarebbe coperta dal giudicato ex art. 329 cod. proc. civ., non avendo l’appellante impugnato la parte della sentenza del Tribunale di Verona che aveva “defalcato la somma di euro 10.000,00 già ricevuta a titolo di acconto come espressamente riconosciuto in atti”.
1.1. -Il motivo è fondato nei termini di cui motivazione.
È infatti pacifico il versamento dell’importo di euro 10.000,00 , riconosciuto a titolo di acconto. Riguardo alle altre fatture – titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non
costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass., Sez. III, 12 luglio 2023, n. 19944) – risulta invero acclarata l’esecuzione delle relative prestazioni, costituendo esse il presupposto della domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente.
2. -Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ . La Corte d’appello di Venezia, nell’affermare che le “statuizioni della sentenza gravata appaiono in contrasto con le risultanze istruttorie acquisite al giudizio di primo grado”, avrebbe erroneamente impostato il proprio ragionamento affermando che, dall’esame delle risultanze peritali non sarebbe possibile affermare con certezza che la causa dei gravi danni patiti dall’Azienda Agricola COGNOME fosse attribuibile esclusivamente a difetti di fabbricazione delle linee dell’impianto d’irrigazione e che “sembrerebbe doversi dedurre, al contrario, che i danni lamentati dalla società appellata fossero da attribuirsi a vizi e di manutenzione e di montaggio addebitabili in via esclusiva alla società utilizzatrice”. Accogliere le doglianze di parte appellante sulla base dall’assenza di certezza assoluta in ordine alle cause del danno subito costituirebbe una statuizione errata, in contrasto con i principi di diritto affermati da questa Corte. Lo standard probatorio richiesto in ambito civile non è infatti quello dell’al di là di ogni ragionevole dubbio, bensì quello della preponderanza dell’evidenza o del cd. ‘più probabile che non”. L’errore di diritto contenuto nella sentenza d’appello è ancora più evidente se si tiene conto del principio affermato ormai da più di dieci anni dalle Sezioni Unite. Si contesta dunque la pronuncia nella parte in cui ha erroneamente utilizzato il criterio della certezza nello stabilire il rapporto causale tra fatti accertati e danni patititi dall’Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME, anziché quello dello del più probabile che non, statuendo che le risultanze istruttorie acquisite all’esito del procedimento per accertamento tecnico preventivo r.g. 8708/2009
Tribunale di Verona e del giudizio di primo grado r.g. 1029/2011 Tribunale di Verona (perizia dott. NOME COGNOME 19.7.2010 e perizia dott. NOME COGNOME 10.10.2013) non consentirebbero di attribuire con certezza il danno patito dall’Azienda RAGIONE_SOCIALE al malfunzionamento delle manichette fornite dalla RAGIONE_SOCIALE. Si richiamano, tal fine, le deduzioni svolte in sede di A.T.P. e C.T.U.
2.1. -Il motivo è infondato.
In tema di responsabilità civile aquiliana, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione “ex ante” – del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio” (Cass., Sez. III, 14 luglio 2011, n. 15453; Cass., Sez. III, 8 luglio 2010, n. 16123; Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576) .
Nel caso di specie, la questione di diritto prospettata non si confronta con l’accertamento di fatto riportato in motivazione in cui la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del criterio della causalità civile, ritenendo che i vizi fossero da attribuirsi alla manutenzione e al montaggio effettuati dalla società utilizzatrice.
Pertanto, al di là del criterio indicato della causalità civile, la Corte d’appello ne ha fatto corretta applicazione, ritenendo che non fosse stato provato il nesso causale.
3. -Con il quarto motivo di ricorso si deduce la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. La sentenza n. 400/2019 della Corte d’appello di Venezia ha affermato che “contrariamente agli assunti del Tribunale, le logiche e coerenti risultanze degli accertamenti tecnici escludono la rilevanza del preteso riconoscimento dei vizi da parte dell’appellante, anch’esso oggetto di travisamento da parte della sentenza impugnata, concretatosi in realtà nella mera disponibilità manifestata dalla stessa alla sostituzione delle manichette”. Anche sul punto i giudici d’appello sarebbero incorsi in errore, travisando i documenti di causa, le risultanze peritali e, soprattutto, invertendo arbitrariamente l’onere della prova. Il COGNOME aveva infatti tempestivamente contestato il malfunzionamento delle manichette per l’irrigazione non appena messo in funzione l’impianto, coinvolgendo così la ditta fornitrice RAGIONE_SOCIALE, la quale a sua volta aveva avvisato la ditta produttrice RAGIONE_SOCIALE Si mobilitavano quindi, oltre al COGNOME, i tecnici della società produttrice che, a seguito del sopralluogo, rilevavano un malfunzionamento del sistema irriguo e proponevano al COGNOME di procedere alla sostituzione delle manichette per l ‘irrigazione , cosa che pacificamente è avvenuta. Come emerso in sede istruttoria, la decisione di sostituire le manichette difettose fu infatti assunta dalla ditta RAGIONE_SOCIALE di concerto con la produttrice RAGIONE_SOCIALE sulla scorta del riconosciuto difetto di funzionamento delle manichette. Sul punto vengono richiamate le risultanze istruttorie che evidenzierebbero l’errore della Corte d’appello nella parte in cui, invertendo erroneamente l’onere della prova in capo alla venditrice, ha affermato che non vi sarebbe stato alcun riconoscimento del vizio da parte della ditta fornitrice con conseguente esonero della responsabilità a suo carico.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. V, 22 novembre 2023, n. 32505; Cass., Sez. VI-5, 7 aprile 2017, n. 9097).
Sotto la veste di una violazione di legge la parte ricorrente mira a conseguire una inammissibile rivalutazione del merito poiché alla luce delle risultanze istruttorie e degli accertamenti svolti nell’ambito del procedimento di ATP e della consulenza tecnica d’ufficio, con diffusa motivazione, la Corte d’appello è giunta a ritenere che non sia emersa la prova che l ‘ insoddisfacente risultato della coltivazione fosse attribuibile a vizi di fabbricazione, dovendosi al contrario dedurre che i danni fossero da ricondurre a vizi di manutenzione e montaggio, addebitabili in via esclusiva alla società utilizzatrice.
4. -Con il quinto motivo di ricorso si prospetta la violazione dell’art. 1494 cod. civ . in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. I giudici della Corte d’appello di Venezia, pur dichiarando assorbiti i restanti motivi di gravame sulla scorta dell’accoglimento del primo motivo di doglianza, hanno poi rilevato come il Tribunale di Verona ‘ha quantificato il danno genericamente dedotto d alla società attuale appellata, fondando l’accertamento sulle sole risultanze peritali, in mancanza di prova della effettiva sussistenza di esso, il cui onere era posto ad esclusivo carico della società appellante, che non lo ha assolto”. La conclusione a cui è pervenuta
la Corte d’appello sarebbe giuridicamente errata, oltre che in palese contrasto con le risultanze probatorie. L’onere della prova, che incombe su parte acquirente ai fini del risarcimento del canno per vizi della cosa venduta ex art. 1494 cod. civ., riguarda, oltre alla tempestività della denuncia (mai contestata nel caso di specie), l’esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate. Al contrario incombe sul venditore (nel caso di specie la RAGIONE_SOCIALE.n.c.) offrire la prova liberatoria della mancata conoscenza dei vizi senza sua colpa. L’odierna ricorrente aveva tempestivamente denunciato i vizi del materiale fornitogli per rimpianto d’irrigazione, come peraltro avvalorato in sede istruttoria dalla teste COGNOME, dipendente dell’azienda agricola. Parimenti dicasi dell’evidente riconoscimento sulle conseguenze danno del vizio contenuto nella inequivoca lettera Sandrini del 16.7.2009, in cui si ammette che: ‘su alcuni appezzamenti l’ala gocciolante funzionava a tratti alterni, sono intervenuti il sig. COGNOME e il sig. COGNOME… Assieme abbiamo visitato l’appezzamento di Fognano dove si è verificato il danno maggiore… abbiamo visitato l’appezzamento di Mandello Isola Della Scala dove anche lì il danno è consistente, e dove su circa 3-4 ettari non si è nemmeno fatto in tempo a fare le sostituzioni per cui il raccolto è totalmente perso… A questo bisogna aggiungere le piantine di tabacco morte che si è dovuto ripiantare… poi dobbiamo anche aggiungere che l’ala che abbiamo trovato disponibile per la sostituzione è diversa di passo e portata rispetto a quella di progetto e che vi era stata ordinata…”. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte veneta, l’Azienda RAGIONE_SOCIALE aveva pertanto correttamente assolto l’onere della prova sulla stessa inc ombente al fine di richiedere il risarcimento del danno ex art. 1494 cod. civ. Al contrario, la RAGIONE_SOCIALE non ha assunto né provato di aver ignorato senza sua colpa i vizi e difetti del materiale fornito. Anche quanto affermato sulla quantificazione del danno subito sarebbe errato in quanto la sentenza impugnata non riconosce che la
consulenza tecnica può legittimamente offrire elementi diretti di giudizio, soprattutto in fattispecie analoghe a quelle di cui è causa, in cui sono preponderanti le nozioni di carattere tecnico-scientifico.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Rileva anche qui l’apprezzamento di fatto compiuto dalla Corte d’appello, il cui esito non è sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. V, 22 novembre 2023, n. 32505; Cass., Sez. VI-5, 7 aprile 2017, n. 9097), non sussistendo alcuna violazione delle norme richiamate in punto di onere della prova, avendo la Corte d’appello escluso la prova del danno.
-Il primo motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione dell’art. 653, comma 2, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 2, n. 3) cod. proc. civ. in merito alla decisione della Corte d’appello che ha confermato il decreto ingiuntivo del Tribunale di Verona invece di revocarlo e di pronunciare la condanna al pagamento delle somme ivi riportate -risulta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.
-Il ricorso va dunque accolto con la cassazione della sentenza in relazione al secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione, assorbito il primo, rigettati gli altri.
Cassa sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione