Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15058 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15058 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10718-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME , domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 652/2022 d ella Corte d’appello di Roma, depositata in data 01/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 10/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
INDEBITO ARRICCHIMENTO
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. 10718/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/01/2024
Adunanza camerale
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 652/22, del 1° febbraio 2022, della Corte d’appello di Roma, che respingendone il gravame avverso la sentenza n. 9721/16, del 5 aprile 2016, del Tribunale di Roma -ha confermato il rigetto della domanda di condanna di NOME COGNOME alla restituzione dell’importo complessivo € 277.650,00, erogatole attraverso plurimi pagamenti, effettuati in costanza del loro rapporto di convivenza.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente che, nel periodo compreso tra il 6 maggio 2003 e il 26 aprile 2007, ebbe a disporre in favore della COGNOME -affinché la stessa potesse far fronte a spese personali -trasferimenti di denaro per il totale sopra meglio indicato. Propos ta dall’COGNOME domanda ex art. 2041 cod. civ., sul presupposto che i trasferimenti fossero privi di causa giustificativa, così determinando la locupletazione della beneficiaria, con contestuale proprio impoverimento, la COGNOME si costituiva in giudizio, assumendo che gli stessi dovessero considerarsi adempimento di un’obbligazione naturale. Recepita tale impostazione dal primo giudice e rigettata, pertanto, la domanda, la decisione veniva confermata da quello di appello.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione l’COGNOME, sulla base come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità dell’impugnata sentenza per violazione
dell’art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ. poiché corredata da motivazione apparente.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, nel condividere la valutazione del Tribunale in punto di proporzionalità ed adeguatezza delle prestazioni rese ex art. 2034 cod. civ., elemento a propria volta da apprezzare sulla base del criterio primario delle condizioni patrimoniali del ‘ solvens ‘ , ha ritenuto provata la circostanza che l’COGNOME avesse percepito un reddito mensile stimabile intorno a € 30.000,00-40.000,00, in difetto di ‘alcuna espressa e specifica contestazione nel corpo degli scritti difensivi dell’appellante’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 115, comma 1, cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.
In questo caso, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata perché, ‘dopo aver affermato la non contestazione della circostanza dedotta dalla COGNOME che l’COGNOME, nel periodo della convivenza ed in dipendenza della sua attività di promotore finanziario, avesse percepito un reddito mensile stimabile intorno ad € 30.000,0040.000,00, ha addebitato all’appellante/odierno ricorrente di non aver «prodotto alcun elemento documentale (quale le dichiarazioni fiscali) eventualmente idoneo a smentire la predet ta deduzione»’.
Si assume l’erroneità di tale affermazione, ‘poiché il principio della contestazione specifica non implica inversione dell’onere della prova’.
3.3. Infine, il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 183 e 189 cod. proc. civ. e 24 Cost.
Si duole, in questo caso, il ricorrente del fatto che il giudice di appello abbia dichiarato inammissibili le istanze istruttorie formulate dall’appellante in sede di conclusioni dell’atto d’impugnazione, avendo ritenuto non sufficiente il mero rinvio agli atti del procedimento di primo grado.
Si assume l’erroneità di tale decisione, perché la Corte territoriale avrebbe ‘omesso di compiere, attraverso l’esame degli scritti difensivi, una complessiva valutazione della condotta processuale dell’attore/appellante, odierno ricorrente, dalla quale em ergeva un’inequivoca volontà di insistere sulle richieste istruttorie non accolte dal primo Giudice’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha presentato memoria, al pari della controricorrente, che peraltro si limitata a riportarsi a quanto già dedotto nel controricorso.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei tre motivi in cui si articola.
8.1. Il primo motivo è, infatti, inammissibile.
8.1.1. Premesso che costituisce ‘elemento valutativo riservato al giudice del merito’, apprezzare, ‘nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla contropa rte’ (così Cass. Sez. 6 -1, ord. 7 febbraio 2019, n. 3680, Rv. 65313001), sicché tale ‘apprezzamento è censurabile in sede di legittimità esclusivamente per incongruenza o illogicità della motivazione, non spettando a questa Corte il potere di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni poste a fondamento della decisione’ (Cass. Sez. 1, sent. 11 giugno 2014, n. 13217, Rv. 631806-01), va, comunque, rilevato che anche la censura di falsa applicazione del principio di non contestazione, e dunque dell’art. 115, comma 2, cod. proc. civ., soggiace alla necessità dell’osservanza dell’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ.
Difatti, allorché sia denunciata una non corretta applicazione del principio di ‘non contestazione’ e ciò a prescindere dal contenuto della doglianza formulata, e dunque tanto nell’ipotesi in cui si lamenti che il giudice abbia ritenuto operante il principio in assenza dei suoi presupposti (tal è, appunto, il caso che occupa), quanto nel caso in cui ci si dolga, al contrario, dell’erronea esclusione della sua operatività il ricorrente è tenuto non solo ad ‘indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese’, inserendo nel ricorso ‘la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi’ e ciò mercé ‘la riproduzione degli atti del giudizio nella misura necessaria’ a tale scopo (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 9 agosto 2016, n. 16655, Rv. 64148601), ma anche ad ‘indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi’ (cfr. Cass. Sez. 6 -3, ord. 22 maggio
2017, n. 12840, Rv. 644383-01), in modo da consentire a questa Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115, comma 2, cod. proc. civ.
Nella specie, tale onere non risulta essere stato adempiuto, donde l’inammissibilità del motivo .
8.2. Il secondo motivo di ricorso, del pari, è inammissibile.
8.2.1. Facendo applicazione del principio di ‘non contestazione’, la sentenza impugnata non ha operato alcuna ‘inversione dell’onere della prova’, giacché l’effetto tipico della ‘non contestazione’ è la c.d. ‘ relevatio ab onere probandi ‘, che vincola lo stesso giudice, il quale ‘deve astenersi da qualsiasi controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e deve, perciò, ritenerlo sussistente’ (così, in motivazione, da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 9 maggio 2022, n. 14589, Rv. 664766-01), e ciò a prescindere chi fosse il soggetto onerato dalla dimostrazione circa la sussistenza (o insussistenza) del fatto da provare.
La doglianza proposta, pertanto, non è neppure astrattamente riconducibile alla violazione dell’art. 2697 cod. civ. , che risulta censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differ enza tra fatti costitutivi ed eccezioni’ (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 64903801; Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 65884001); evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie.
8.3. Infine, il terzo motivo risulta, nuovamente, inammissibile.
Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. ‘ -nella specie, per contro, è denunciata la violazione del n. 3) del comma 1 dell’art. 360 del codice di rito civile -‘allorquando il giudice di merito’ , oltre a rilevare preclusioni o decadenze insussistenti, ‘affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso che non illustri la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione’ (Cass. Sez. 3, ord. 6 novembre 2023, n. 30810, Rv. 669452-01).
Nella specie, l’odierna ricorrente che pure riproduce in ricorso i capitoli di prova dei quali aveva chiesto l’ammissione, ma non anche i nominativi dei testi da escutere, né ‘le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare’ ( circostanza, quest’ultima, che inficia l’ammissibilità delle censura, atteso che l’indicazione di tali ragioni risulta necessaria ‘per valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto’ al pari della ‘prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce’; cfr., in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 23 aprile 2010, n. 9748, Rv. 612575-01; in senso conforme, più di recente, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 4 aprile 2018, n. 8204, Rv. 647571-01) -non illustra neppure le ragioni della decisività delle richieste testimonianze.
Il ricorrente, difatti, si limita ad affermare che il giudice di appello -che ha dichiarato inammissibile la richiesta di prova testimoniale, avendo ritenuto non sufficiente il mero rinvio agli atti del procedimento di primo grado -ha ‘omesso di compiere , attraverso l’esame degli scritti difensivi, una complessiva valutazione della condotta processuale dell’attore/appellante, odierno ricorrente, dalla quale emergeva un’inequivoca volontà di insistere sulle richieste istruttorie non accolte dal primo Giudi ce’, senza chiarire le ragioni della ‘decisività’ di tale incombente istruttorio.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, a NOME COGNOME, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 8.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della