Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20859 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20859 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4001-2020 proposto da:
REGIONE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE e dei suoi soci illimitatamente responsabili RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso, e, in aggiunta agli stessi, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura del 2/7/2022 in atti;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in qualità di assuntore del concordato fallimentare di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura a margine dell ‘ atto di intervento;
– interventore –
avverso il DECRETO N. 9223/2019 DEL TIBUNALE DI LA SPEZIA, depositato in data 19/12/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 17/5/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. La Regione RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l ‘ ammissione allo stato passivo del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e suoi soci illimitatamente responsabili RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, per la somma complessiva di €. 162.670.984,00 , in ragione tanto dei ‘ crediti di natura negoziale ‘ derivant i dalla ‘ convenzione ‘ stipulata il 17/10/2000, dall ” ODC n. 2633 ‘ del 9/7/2003 e dall ” atto di sottomissione ‘ del 31/10/2003, quanto del diritto al ‘ risarcimento del danno ‘ asseritamente cagionato dall ‘ inadempimento della società fallita all ‘ obbligo di ‘ assicurare il regolare funzionamento degli impianti di trattamento dei rifiuti solidi urbani e di un impianto di termovalorizzazione ‘ siti in RAGIONE_SOCIALE, nonché all ‘ obbligo di ‘ consegnare a scadenza negoziale i predetti impianti in buono stato di conservazione ‘ e di sostenerne la relativa spesa, inadempimenti che avevano comportato, ad opera del commissario straordinario per
l ‘ emergenza rifiuti, la risoluzione della convenzione in data 21/11/2012.
1.2. Il giudice delegato ha respinto la domanda.
1.3. La Regione RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo che il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto.
1.4. Il tribunale, in particolare, dopo aver osservato che dalla documentazione prodotta risultava ‘ l ‘ inadempimento della concedente alle obbligazioni sulla stessa ricadenti in forza della convenzione e degli atti alla stessa collegati ‘ e che tale inadempimento aveva determinato la ‘ risoluzione da parte della concessionaria della convenzione non avendo la concedente provveduto al versamento dell ‘ importo complessivamente alla stessa dovuto per quasi 140 milioni di euro ‘, ha ritenuto l ‘ infondatezza della domanda proposta dalla Regione in tutte le componenti dalla stessa dedotte in giudizio.
1.5. In particolare, per ciò che ancora rileva, il tribunale ha ritenuto: a) quanto alla somma di €. 10.980 .000,00, richiesta ‘ per interventi di ripristino degli impianti ‘ , che, ‘ ferma restando l ‘ assoluta genericità della domanda ‘, ‘ cui non soccorrono le relazioni … redatte ad oltre un anno dalla cessazione della convenzione (e con gli impianti gestiti ormai da altri soggetti) ‘: – la relazione di RAGIONE_SOCIALE (‘ nuova concessionaria subentrata alla fine dell ‘ anno 2012 all ‘ esito del periodo di prorogatio della fallita ‘) in merito agli ‘ interventi delle attività manutentive improrogabili da effettuarsi ‘ , oltre ad essere priva di data certa, è del tutto ‘ inconcludente a fini probatori ‘ , trattandosi null ‘altro che di ‘ una relazione redatta da detto soggetto in assenza di contraddittorio e comunque avente ad oggetto delle ‘ stime ‘ dei lavori da svolgersi ‘, e non si comprende come la Regione possa affermarsi ‘ certa creditrice ‘ della somma
indicata sulla base del predetto documento; – manca, infine, la prova della sussistenza dei danni, della loro imputabilità alla fallita e della loro misura, non essendovi alcuna evidenza della ‘ centrale circostanza’ costituita dall ‘ effettivo esborso di tali somme da parte della Regione; b ) quanto alla somma di €. 9.800.000,00, richiesta ‘ per obblighi di chiusura e gestione post operativa della discarica di Bucita di Rossano ‘, che , alla luce dei documenti prodotti, si tratta di un ‘ impegno di spesa ‘ resosi necessario in ragione del fatto che, nella convenzione stipulata con il nuovo concessionario RAGIONE_SOCIALE, le manutenzioni si intendevano a carico dell ” ente appaltante ‘ e che tale previsione, ‘ del tutto conforme a quanto detto con riferimento agli accordi intervenuti con RAGIONE_SOCIALE al momento dell ‘ inizio del periodo di prorogatio ‘, consente già di per sé di escludere qualunque ristoro delle ‘ eventuali somme versate dall ‘ ente da parte del fallimento’ , afferendo tali importi a ‘ prestazioni ‘ che, evidentemente, anche per il tempo in cui sono sorti i presupposti della loro sussistenza, avrebbero dovuto essere posti a carico di RAGIONE_SOCIALE o della stessa concedente; c) quanto ai ‘ vizi di realizzazione e manutenzione della discarica di Melicuccà affidata in gestione a COGNOME con provvedimento del 29.12.2012 ‘, che ‘ dagli atti versati in causa … appaiono positivamente emessi tutti i pareri favorevoli da parte delle autorità competenti in merito all ‘ opera così come realizzata dalla società in bonis ‘ e che ‘ non si comprende sulla base di quali vizi di realizzazione la regione pretende di addebitare al fallimento le somme che assume essere già state versate … o che dovrà sostenere per la realizzazione di interventi risolutivi dei problemi emersi nella predetta discarica ‘, a nulla per contro rilevando i documenti 49 e 50, costituiti, rispettivamente, da un computo metrico redatto da soggetto non meglio identificato e da una
relazione peraltro parziale della stessa ricorrente, e neppure il fatto che la fallita si era impegnata ad anticipare i costi dei predetti lavori dal momento che ‘ venuta meno la concessione non si vede come possano essere addebitati a RAGIONE_SOCIALE ‘; d) quanto alla somma di €. 1.291.142,24, richiesta ‘ per indennizzo che la società fallita avrebbe dovuto corrispondere al vincitore della gara denominata RAGIONE_SOCIALE ‘, e alla somma di €. 153.637,18, richiesta per ‘ costo fermo tecnico impianti ‘, che l’ opponente aveva prodotto su tali punti solo documenti di formazione unilaterale (n. 57 e n. 59) che non appaiono, come tali, decisivi al fine della prova di tali poste di danno; e) quanto alla somma di €. 12.890.616,36, richiesta per ‘ costi post mortem ‘, che si tratta di ‘ mere stime ‘ e non di ‘ spese effettivamente sostenute ‘ dalla Regione.
1.6. Il tribunale, esclusa l ‘ ammissibilità dell ‘ invocata richiesta di consulenza tecnica d ‘ ufficio, se non altro perché proposta ‘ in termini esplorativi e quindi del tutto inammissibile ‘, al pari dell ‘ istanza ex art. 210 c.p.c. avente ad oggetto la ‘ perizia ‘ redatta al fine di predisporre la relazione prevista dall ‘ art. 161, comma 3°, l.fall., che la Regione avrebbe potuto richiedere quale creditore nella procedura fallimentare e, prima ancora, concordataria, ed escluso, infine, che possa valere l ‘ invocato difetto di contestazione delle circostanze allegate in ricorso da parte del Fallimento a fronte dalla mancanza di prova già in merito all ‘ an della pretesa avanzata, ha, in definitiva, ritenuto che l ‘ opposizione era infondata e doveva essere, pertanto, rigettata, condannando l ‘ opponente al rimborso delle spese di lite, che ha quantificato nella somma di €. 120.000,00, per compenso, oltre accessori.
2.1. La Regione RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 16/1/2020, ha chiesto, per sette motivi, la cassazione del decreto del tribunale.
2.2. Il Fallimento ha resistito con controricorso notificato il 25/2/2020 deducendo, tra l ‘ altro, il difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di fatti ascrivibili al socio RAGIONE_SOCIALE, poi trasformata in RAGIONE_SOCIALE.
2.3. La RAGIONE_SOCIALE, con atto notificato in data 25/2/2022, è intervenuta in giudizio in qualità di assuntore del concordato fallimentare di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE liquidazione e di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e, come tale, a seguito della chiusura delle procedure indicate, ‘ unico titolare del diritto sostanziale controverso, per essere subentrato nelle posizioni obbligatorie del debitore originario ‘ .
2.4. Il Fallimento e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 115 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto la sussistenza dell ‘ inadempimento della concedente, giustificando la risoluzione di diritto della convenzione a seguito di diffida ad adempiere da parte della società concessionaria, senza, tuttavia, valutare ‘ tutta una serie di risultanze di cui la Regione aveva dedotto la decisività e dal cui esame sarebbero discese differenti considerazioni finali ‘, e cioè ad affermare ‘ il principale presupposto della domanda formulata dalla Regione ‘, e cioè l ‘ inadempimento della concessionaria, vale a dire: -la
‘ documentazione amministrativa ‘ formata dal commissario delegato nominato ai sensi dell ‘ art. 5 della l. n. 225/1992, che ha denunciato ‘ il ritardo nella realizzazione degli impianti, il fermo ripetuto degli stessi …, l ‘ assenza della necessaria manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti ‘ ; – la nota n. 3672 del 2/4/2012 con la quale l ‘ ufficio del commissario ha comunicato alla società poi fallita ‘ una prima elencazione e quantificazione dei danni conseguenti ai predetti inadempimenti ‘ ; – l ‘ ODC n. 11050 del 20/6/2012, con il quale l ‘ organismo governativo, a fronte del continuo inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, ha dato impulso alle operazioni relative allo stato di consistenza degli impianti integranti il RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE Sud ‘, al fine di valutarne lo stato d ‘ uso e la manutenzione e le eventuali variazioni intervenute rispetto ai progetti originari; – la diffida trasmessa dall ‘ ufficio del commissario alla concessionaria, all ‘ esito delle indicate verifiche, ad intervenire immediatamente per eliminare le carenze riscontrate; – la nota n. 12167 del 21/11/2012, con la quale l ‘ ufficio commissariale ha dichiarato risolta di diritto la convenzione ai sensi dell ‘ art. 1453 c.c. per il perseverante inadempimento della concessionari , con ‘ tutte le conseguenze che ne sarebbero dovute derivare ‘ .
3.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2697 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato l ‘ opposizione proposta dalla Regione senza, tuttavia, considerare che, mentre quest ‘ ultima aveva dimostrato l ‘ esistenza di un valido titolo negoziale a fondamento delle obbligazioni assunte dalla controparte, la società concessionaria, invece, non aveva fornito in giudizio alcuna prova del suo corretto adempimento e che già in forza di tale circostanza l ‘ opposizione proposta doveva essere accolta,
posto che, a norma dell ‘ art. 2697 c.c., il creditore che agisce in giudizio per il risarcimento del danno deve solo fornire la prova della fonte negoziale o legale del proprio diritto, allegando l ‘ inadempimento della controparte, cui spetta l ‘ onere di fornire la prova del proprio adempimento.
3.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 10 della convenzione del 17/10/2000, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda di ammissione al passivo per l a somma, pari ad €. 10.980.000,00, pretesa dalla Regione in ragione dell ‘ esecuzione degli interventi di ripristino degli impianti, omettendo, tuttavia, di considerare che: – in forza della clausola negoziale contenuta nell ‘ art. 10 della convenzione del 17/10/2000, il concessionario, al termine della concessione, avrebbe dovuto consegnare alla concedente gli impianti in buono stato di funzionamento; – il commissario delegato, come la Regione ha eccepito in giudizio, ha sempre puntualmente contestato l ‘ inadempimento perpetrato dalla società fallita rispetto a tutti gli obblighi assunti con la convenzione, con il conseguente diritto della Regione di essere ammessa al passivo ‘ quanto meno ‘ per la somma di €. 6.500.000,00, così come quantificata dalla relazione resa dal commissario straordinario, dalla quale emerge che la società poi fallita, nell ‘ anno 2012, quando la stessa ha pacificamente operato in regime di prorogatio , non aveva effettuato manutenzioni.
3.4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 12 e 13 del d.lgs. n. 36/2003, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto, sia per la discarica in località Bucita di Rossano Calabro, che in quella di Melicuccà, che ‘ la
intervenuta fase di prorogatio abbia definitivamente liberato la Società fallita dagli obblighi di legge gravanti sul gestore di tali … impianti, anche dopo la chiusura degli stessi ‘ sul rilievo che, dopo la cessazione della concessione, ‘ gli importi per sostenere i predetti interventi post-gestionali ‘ dovrebbero gravare sulla società subentrata a quella fallita, e cioè RAGIONE_SOCIALE, oppure direttamente sulla concedente, senza, però, considerare, che la statuizione resa è totalmente disancorata dalle norme invocate, in forza delle quali, in realtà, il gestore della discarica, anche nella fase successiva alla chiusura, deve provvedere alla manutenzione della stessa, e che le due suddette discariche, al momento dell ‘ interruzione del rapporto convenzionale, risultavano esaurite o inutilizzabili, tant ‘ è che la discarica di Bucita è rimasta estranea al nuovo rapporto concessorio instaurato con RAGIONE_SOCIALE e che il concedente non ha assunto a proprio carico i costi per la gestione post-operativa della stessa ma, preso atto del fallimento del gestore, ha dato impulso ai proprio poteri sostitutivi al fine di mettere in sicurezza l ‘ ambiente circostante, con diritto di rivalsa sul fallimento per tutti i costi da sostenere al riguardo.
3.5. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 14 dell ‘ atto di sottomissione del 31/10/2013 ( rectius , 2003) nonché la violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di ammissione al passivo della somma di €. 1.291.142,24, quale indennizzo che la società fallita avrebbe dovuto corrispondere al vincitore della gara denominata ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘, in ragione della formazione unilaterale del documento prodotto quale prova di tale posta di danno, omettendo, tuttavia, di considerare che: – l ‘ art. 14
dell ‘ atto di sottomissione, sottoscritto tra le parti della concessione in data 31/10/2003, prevede che il concessionario si impegna a rimborsare al concedente, entro sessanta giorni dalla relativa sottoscrizione, l ‘ importo, pari a £. 2.500.000.000, che lo stesso dovrà riconoscere al concessionario del ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ a causa della mancata realizzazione del termovalorizzatore di tale RAGIONE_SOCIALE; – la società fallita, a fronte dell ‘ eccepito inadempimento da parte della Regione, non ha fornito alcuna prova del suo corretto adempimento né ha contestato di essere debitrice di tali somme.
3.6. Con il sesto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di ammissione al passivo per la somma di €. 12.890.616,36, quali costi post mortem necessari per la discarica sita in località INDIRIZZO Marrella INDIRIZZO nel Comune di Gioia Tauro, di proprietà della società fallita e quindi estranea al rapporto concessorio, sul rilievo che si trattava di una mera stima che non riguarda spese effettivamente sostenute dalla Regione, laddove tale ‘ stringata ed inconsistente statuizione, carente di specifica statuizione circa la sussistenza dell ‘ an e l ‘ adeguatezza del quantum della pretesa azionata … ‘, integra il vizio di omessa pronuncia, per violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., non avendo il tribunale minimamente scrutinato la domanda.
3.7. Con il settimo motivo, proposto in via subordinata rispetto a quello precedente, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.., in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, nonostante la documentazione prodotta dalla Regione, ha respinto la domanda di ammissione al passivo per la somma di €. 12.890.616,36,
quali costi post mortem necessari per la discarica sita a Gioia Tauro, sul rilievo che si trattava di una mera stima che non riguarda spese effettivamente sostenute dalla Regione, senza, tuttavia, considerare che: – con nota n. 354833 dell ‘ 11/11/2014, il Fallimento aveva comunicato alla Regione e al Comune di Gioia Tauro di aver rinunciato all ‘ acquisizione del fondo in località ‘ Marrella ‘ , sul quale insiste la discarica, nell ‘ attivo del Fallimento; – la Regione, a fronte dell ‘ indisponibilità finanziaria del Comune, si era fatta carico, avvalendosi dei poteri sostitutivi previsti dall ‘ art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, di tutte le spese necessarie ad eseguire le dovute operazioni di caratterizzazione di tale area; – i relativi oneri, la cui quantificazione non è mai stata contestata dal Fallimento, sono a carico del gestore inadempiente o legalmente impedito.
4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
4.2. Intanto, deve escludersi ogni rilievo alla dedotta eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dal Fallimento controricorrente, trattandosi di opposizione dichiaratamente proposta (anche) nei confronti dello stato passivo del Fallimento del socio RAGIONE_SOCIALE, poi trasformata in sRAGIONE_SOCIALE. (v. il controricorso, p. 6, nt. 3), e cioè del Fallimento che, avendo ad oggetto la società-socio illimitatamente responsabile della parimenti fallita società RAGIONE_SOCIALE (v. il controricorso, p. 13), è, sul piano procedurale, necessariamente riunito, pur a fronte della separazione tra le relative masse attive e, in parte, passive: art. 148 l.fall.), al Fallimento di quest ‘ ultima.
4.3. Quanto al merito, rileva la Corte che, a ben vedere, la Regione ricorrente, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge sostanziale o processuale, ha, in sostanza, lamentato
l ‘ erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte e di quelle invocate, hanno operato i giudici di merito: lì dove, in particolare, questi, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, hanno ritenuto l ‘ insussistenza delle obbligazioni asseritamente inadempiute in capo alla società fallita ovvero dei danni dedotti quale conseguenza degli inadempimenti commessi da quest ‘ ultima.
4.4. La valutazione delle prove raccolte, tuttavia, anche se si tratta di quella asseritamente conseguente alla mancata contestazione dei fatti ex adverso dedotti (Cass. SU n. 2951 del 2016: ‘il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione, in quanto il giudice può sempre rilevare l ‘ inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall ‘ altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto ‘, tanto più che ‘ se le prove devono essere valutate dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento … a fortiori ciò vale per la valutazione della mancata contestazione ‘; Cass. SU n. 11377 del 2015), costituisce un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale, al pari di quelle relative all ‘ interpretazione degli accordi contrattuali intercorsi tra le parti, non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere la pronuncia impugnata del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l ‘ esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, controversi, emergenti dalle prove raccolte (o che sarebbero emersi da quelle non ammesse) ed a carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero imposto un accertamento della vicenda tale da integrare con certezza l ‘ ipotesi normativa
invocata, nei precedenti gradi di giudizio, quale fatto costitutivo del diritto azionato (ovvero quale fatto estintivo, modificativo o impeditivo dello stesso) dalla parte poi ricorrente.
4.5. E ‘ noto, infatti, che, per effetto della nuova formulazione dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis , quale introdotto dal d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134/2012, oggetto del vizio di cui alla citata norma può essere soltanto l ‘ omesso esame circa un ‘ fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti ‘: il mancato esame, dunque, deve riguardare un vero e proprio ‘ fatto ‘, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale (e cioè un fatto costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo) oppure un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (cfr. Cass. n. 16655 del 2011; Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017), e non, invece, come pretende la ricorrente, gli elementi istruttori (ammessi ovvero invocati) come tali quando i fatti storici rilevanti ai fini della decisione (vale a dire, nella vicenda in esame, la sussistenza degli obblighi contrattuali assunti dalla società poi fallita ovvero dei pregiudizi cagionati dagli inadempimenti imputati a quest ‘ ultima) siano stati comunque presi in considerazione, come in effetti è accaduto nel caso di specie, dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
4.6. Del resto, come più volte ribadito da questa Corte, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l ‘ attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all ‘ uno o all ‘ altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (Cass. n. 98 del 2019, in motiv.; Cass. n. 11176 del 2017).
4.7. La valutazione delle risultanze delle prove, al pari della scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un ‘ esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (v. Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 20802 del 2011).
4.8. Il compito di questa Corte, d ‘ altra parte, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare, a norma degli artt. 132 n. 4 e 360 n. 4 c.p.c., se costoro abbiano dato effettivamente conto delle ragioni in fatto della loro decisione e se la motivazione al
riguardo fornita sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com ‘ è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
4.9. Il tribunale, invero, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio, ha ritenuto, esponendo le ragioni di tale convincimento in modo tutt ‘ altro che apparente, perplesso o contraddittorio, che, sulla base delle relative emergenze, non sussistessero né le obbligazioni asseritamente contratte dalla società poi fallita (come quelle di cui ai punti indicati in 1.5. sub a, b, d ed e) né i danni asseritamente arrecati dagli inadempimenti di tali obbligazioni addebitati alla stessa (come quelli di cui al punto indicato in 1.5. sub c).
4.10. Ed una volta accertato, come il tribunale ha ritenuto senza che tale apprezzamento in fatto sia stato censurato (nell ‘ unico modo possibile, e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c.) per aver del tutto omesso l ‘ esame di una o più circostanze decisive (emergenti dalle prove raccolte o da quelle invocate), che l ‘ opponente non aveva dimostrato in giudizio l ‘ effettiva sussistenza in capo alla fallita né delle obbligazioni di cui la Regione ha chiesto (pur a fronte dell ‘ incontestata risoluzione della convenzione inter partes e del divieto previsto dall ‘ art. 1453, comma 2°, in fine, c.c.) l ‘ adempimento, né (in ogni caso) dei pregiudizi dei quali la stessa (in ragione dell ‘ inadempimento ai predetti obblighi) ha (in sostanza) richiesto il risarcimento, non si presta, evidentemente, a censure, tanto meno per violazione dell ‘ art. 2697 c.c. o degli artt. 115 e 116 c.p.c., la decisione che lo stesso tribunale ha conseguentemente assunto,
e cioè il rigetto della domanda proposta in quanto volta, appunto, all ‘ ammissione al passivo del fallimento della società concessionaria del credito ai corrispondenti importi.
4.11. La violazione del precetto di cui all ‘ art. 2697 c.c., in effetti, si configura solo nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma: non anche quando, come invece pretende la ricorrente, la censura abbia avuto ad oggetto la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, lì dove ha ritenuto (in ipotesi erroneamente) assolto (o non assolto) tale onere ad opera della parte che ne era gravata in forza della predetta norma, che è sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti previsti dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 13395 del 2018).
4.12. La violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è, del resto, deducibile in cassazione, a norma dell ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., solo se ed in quanto si alleghi (ma non è questo il caso), rispettivamente, che: – il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione dell ‘ art. 115 c.p.c., abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.; – il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo ‘ prudente apprezzamento ‘, pretendendo di attribuirle un altro e
diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 n. 5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. SU n. 20867 del 2020).
Il ricorso, per l ‘ inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale, quindi, dev ‘ essere dichiarato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo: ma solo in favore del Fallimento controricorrente e non anche, in ragione dell’inammissibilità dell’intervento spiegato dalla stessa, della RAGIONE_SOCIALE: questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che il successore a titolo particolare nel diritto controverso può tempestivamente impugnare per cassazione la sentenza di merito ma non anche intervenire nel giudizio di legittimità, mancando una espressa previsione normativa, riguardante la disciplina di quell ‘ autonoma fase processuale, che consenta al terzo la partecipazione a quel giudizio con facoltà di esplicare difese, assumendo una veste atipica rispetto alle parti necessarie, che sono esclusivamente quelle che hanno partecipato al giudizio di merito (Cass. n. 26402 del 2023, in motiv.; Cass. n. 5989 del 2021; Cass. n. 5759 del 2016), tanto più nel caso, come quello in esame, in cui il (Fallimento) suo dante causa si è costituito nel giudizio di legittimità articolando le sue difese proprio sul diritto
oggetto della dedotta successione in favore dell’interventore (cfr. Cass. n. 25423 del 2019; Cass. n. 6774 del 2022).
7. La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del r icorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 24.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima