Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16663 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16663 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11540/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE P.IVA P_IVA rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in San Giovanni Teatino (CH) alla INDIRIZZO c.f. P_IVA, in persona del Curatore Dott. NOME COGNOME.
–
intimato – avverso il decreto del Tribunale di Chieti, depositato in data 17.2.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Chieti ha rigettato l’opposizione allo stato passivo avanzata ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall. da parte di BPER BANCA s.p.a., nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai crediti nascenti dalla gestione di diversi conti correnti, conto anticipi, derivati e da rapporti di fideiussioni omnibus rilasciate in favore di altre società poi anch’esse dichiarate fallite. Il Tribunale ha rilevato che: (i) in ordine alla questione della contestata capitalizzazione trimestrale degli interessi, la comun icazione ai clienti, ai sensi dell’art. 7, comma 2, della delibera CICR 9.2.2000, non era stata fornita dalla banca, neanche tramite la trasmissione degli estratti conti; (ii) in ordine ai singoli rapporti contrattuali e con particolare riferimento al contratto 5811 mancavano gli estratti conto integrali dal momento dell’apertura del rapporto; (iii) nel contratto di conto corrente bancario, la banca che assuma di essere creditrice del cliente, ha infatti l’onere di produrre in giudizio i relativi estratti c onto a partire dalla data della sua apertura, non potendo pretendere l’azzeramento delle eventuali risultanze del primo degli estratti utilizzabili, ciò comportando l’alterazione sostanziale del medesimo rapporto che vede nella banca l’esecutrice degli ordini impartiti dal cliente; (iv) in relazione, poi, alla determinazione del credito della banca e all’esame delle contestazioni sollevate dalla curatela fallimentare in punto di capitalizzazione degli interessi, di esclusione di interessi per la consecuzione delle procedure, di indeterminatezza delle CMS, di rispetto delle istruzioni della B.I. nel calcolo della usura, era stata disposta CTU contabile le cui conclusioni avevano determinato un credito dell’istituto di credito del tutto irrisorio (euro 106,75).
2.Il decreto, pubblicato il 17.2.2020, è stato impugnato da BPER BANCA s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, intimato, non ha svolto difese.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la banca ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo oggetto di
discussione tra le parti ‘derivante da travisamento di prova decisiva’ , sul rilievo che, travisando completamente il contenuto della prova documentale, il Tribunale aveva ritenuto che non fosse stata fornita dalla banca la prova della comunicazione alla società in bonis , ai sensi dell’art. 7, comma 2, della delibera CICR 9.2.2000, per la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, comunicazione neanche presente negli estratti conto.
1.1 Ritiene invece la ricorrente che gli estratti conto contenevano tali comunicazioni e che il Tribunale, travisando completamente il contenuto della prova documentale, avrebbe erroneamente concluso per l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi.
1.2 La doglianza è inammissibile perché a fronte di un punto asseritamente non controverso corrisponde a un vizio revocatorio (cfr. Cass. Sezioni Unite civili , sentenza n. 5792 del 5 marzo 2024). Nell’arresto da ultimo citato, infatti, è stato espressamente affermato che «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale».
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 1857 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 111 Cost. , sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente giudicato in merito all ‘ insufficienza della documentazione allegata per la dimostrazione dei crediti, stante la mancata puntuale contestazione da parte della curatela dell ‘ esistenza dei rapporti contrattuali e dell ‘entità dei crediti, circostanza che l’avrebbe sollevata dall’onere della produzione integrale degli estratti conto.
2.1 Anche il secondo motivo di censura è inammissibile.
Sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge, la società ricorrente pretende invero un nuovo scrutinio della quaestio facti , attraverso la rilettura degli atti istruttori, e ciò con particolare riferimento al profilo della valutazione della sufficienza o meno della documentazione prodotta per la dimostrazione della fondatezza del credito insinuato. Si tratta di uno scrutinio che esula, come è noto, dal sindacato del giudice di legittimità perché lo stesso richiederebbe una nuova lettura della fattispecie concreta, la cui cognizione è invece rimessa in via esclusiva ai giudici del merito (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;
Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/1/2019).
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, sul rilievo che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare la questione dell ”esistenza o meno di una specifica contestazione’ dei crediti da parte della curatela, questione invece dedotta da essa società ricorrente.
3.1 Il terzo motivo è inammissibile perché il vizio denunciato, per come prospettato, risulta fuori dal paradigma applicativo delineato dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
3.1.1 Sul punto giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di
elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (così, Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
3.1.2 Ciò posto e ricordato, la ricorrente non deduce in realtà un ‘fatto storico’, nel cui omesso esame sarebbe incorso il Tribunale, quanto piuttosto il mancato esame di una questione dedotta nel contraddittorio processuale. Il credito oggetto di insinuazione al passivo era stato comunque contestato dalla curatela fallimentare (cfr. lo stesso ricorso introduttivo, a pag. 35), di talché non è prospettabile il mancato esame dell’eccezione di non contestazione da parte del Tribunale, già implicitamente superata dal dispiegarsi del dibattuto processuale tra le parti.
Il quarto mezzo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 6 comma, Cost. e 99, comma 11, l. fall., e nullità del decreto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.
4.1 Sostiene la banca ricorrente che aveva posto, in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, due ulteriori questioni (credito di euro 621,44 riveniente dal saldo debitore del c/c n. 574874; credito per euro 2.348,43 per interessi di mora al tasso legale sul saldo capitale già ammesso), che erano evidentemente state oggetto di rigetto, stante il contenuto conclusivo della decisione qui impugnata, ma in relazioni alle quali il Tribunale aveva omesso ogni motivazione.
4.2 Anche l’ultimo motivo è inammissibile, e ciò sia perché richiede, al solito, un nuovo apprezzamento del merito della decisione, in questo giudizio invece non più sindacabile, sia perché non corrisponde al vero che le ulteriori questioni sopra ricordate fossero state rigettate dal Tribunale senza una puntuale motivazione sul punto, posto che, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, il giudizio di insufficienza probatoria della documentazione allegata copriva, dal punto di vista argomentativo, ogni profilo di rigetto della domanda.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa della parte intimata.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2025