Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 703 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 703 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7911/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME unitamente all’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato agli indirizzi PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SEZ.DIST. DI SASSARI n. 314/2022 depositata il 13/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’Appello di Sassari, il Ministero della Giustizia proponeva opposizione avverso il decreto emesso dalla medesima Corte d’Appello in composizione monocratica di accoglimento della domanda di equa riparazione in relazione ad una procedura fallimentare con condanna del Ministero al pagamento della somma di euro 3.400,00 in favore di NOME COGNOME
La C orte d’A ppello di Sassari accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo opposto. In particolare, La Corte d’appello evidenziava che il Ministero aveva dimostrato con la produzione di quattro assegni trasferibili, emessi nella procedura di fallimento del giudizio presupposto a nome di NOME COGNOME, nonché con ricostruzione del curatore fallimentare l’avvenuto pagamento di euro 17.040,35, pari ad un importo notevolmente superiore al credito insinuato che dunque era totalmente estinto salvo che per euro 711,74 pagato dal fondo di garanzia dell’Inps.
Secondo la Corte d’Appello non assumeva alcuna rilevanza l’allegazione del mancato introito dell’importo di uno degli assegni emesso a favore di NOME COGNOME e consegnato al fratello NOME. Infatti, l’ assegno risultava emesso dalla procedura a nome di NOME COGNOME con assegno non trasferibile mentre la sola consegna a NOME COGNOME da parte del curatore non modificava il fatto che detto assegno fosse intestato a NOME COGNOME, né poteva darsi rilievo alla denuncia penale che nulla provava in ordine alla mancata percezione da parte dell’opposto delle suddette somme.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto.
Ric. 2023 n. 7911 sez. S2 – ud. 09/07/2024
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Il ricorrente , in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria con la quale ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 1992, commi 1 e 2, c.c. e in relazione alla violazione e /o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2729 c.c.
La Corte d ‘Appello di Sassari avrebbe dovuto difatti statuire che la Curatela del RAGIONE_SOCIALE non ha dimostrato l’estinzione del debito della somma di lire 13.855.882 come portata nel titolo (assegno bancario) a favore del beneficiario NOME COGNOME mediante l’avvenuta consegna a sue mani e concreto ed effettivo pagamento dell’assegno da parte della Banca e che , quindi, NOME COGNOME risulterebbe essere ad oggi creditore della somma di lire 13.855.882 (€ 7.155,97).
La consegna del titolo segna il distacco dello stesso dalla sfera giuridica del traente ed il suo passaggio nella disponibilità del prenditore -nella fattispecie non avvenuta in quanto il prenditore era un terzo, non autorizzato e denunciato per tale fatto – rileva ai soli fini della sua venuta ad esistenza, che consente al creditore di esigere immediatamente il pagamento ma non estingue il debito essendo a tal fine rilevante solo l’effettiva riscossione della somma portata nel titolo.
La Corte avrebbe omesso di valutare presunzioni gravi, precise e concordanti quali: la produzione degli estratti conto bancari ad opera del Carta nel periodo coevo alla emissione dell’assegno mai consegnato dal fratello NOME; l’istanza di copia all’istituto di credito avente ad oggetto la prova dell’incasso dell’assegno; la denuncia
Ric. 2023 n. 7911 sez. S2 – ud. 09/07/2024
penale sporta da NOME COGNOME contro NOME COGNOME documenti tutti prodotti nel giudizio di opposizione che proverebbero che il titolo di credito non solo è stato consegnato ad un terzo senza autorizzazione del ricorrente, ma che non è stato mai incassato dal ricorrente medesimo
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione / falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 , della l. 89/2001; dell’art. 2 comma 2 bis, dell’art. 2 comma 2 quinques , dell’art. 2 comma 2 sexies , dell’art. 2 , comma 2 septies ; Violazione degli artt. 11 e 117 primo comma della Cost.; Violazione dell’artt. 7, 6 par. 2, 1, dell’art. 13 CEDU.
Il ricorrente risulterebbe ancora creditore del fallimento per la somma di lire 13.855.882 e nelle lunghe more della chiusura della procedura fallimentare avrebbe sofferto l’ansia e la frustrazione per la soddisfazione del proprio diritto di credito.
NOME COGNOME sarebbe rimasto parte processuale sino alla chiusura del procedimento presupposto.
Peraltro, il ricorrente sottolinea che, a prescindere dalla soddisfazione del credito vantato, le somme ammesse al passivo possono essere oggetto di revoca su istanza del Curatore ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 98 e 99 della L.F. Difatti, il creditore ammesso al passivo può sempre essere destinatario dell’azione di revocazione fallimentare promossa dal curatore ai sensi dell’art. 98 e 99 della L.F.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 bis , comma 1, l. n. 89 del 2001.
Secondo il ricorrente la Corte D’Appello di Sassari in fase monitoria ha statuito che la procedura si è protratta per un termine irragionevole pari a 16 anni; la statuizione sul punto non è stata
Ric. 2023 n. 7911 sez. S2 – ud. 09/07/2024
modificata nel giudizio di opposizione; è altresì fatto pacifico che il ricorrente risulta ad oggi creditore della somma di lire 13.855,882 portata nell’assegno emesso dalla curatela del fallimento ; è fatto pacifico che il ricorrente è rimasto parte processuale nel procedimento fallimentare iniziato dinanzi il Tribunale di Sassari in data 17.7.1997 e chiuso il 30.12.2020 -perché non esiste estromissione dalla procedura fallimentare come predetto.
3.1 I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
La Corte d’Appello ha accertato che il ricorrente ha visto soddisfatto il proprio credito prima che si superasse il termine di durata ragionevole della procedura fallimentare.
Il provvedimento è immune dalle censure proposte dal ricorrente il quale sostiene di non aver riscosso l’assegno a lui intestato e materialmente consegnato al fratello.
La Corte d’Appello ha correttamente evidenziato l’irrilevanza delle vicende successive al pagamento, rispetto alle quali non risulta pervenuta alcuna richiesta alla procedura fallimentare, essendosi limitato il ricorrente a sporgere una denuncia querela.
Peraltro, se è vero che in caso di pagamento di assegni bancari l”estinzione del debito si perfeziona soltanto nel momento dell’effettiva riscossione della somma portata dal titolo, poiché la consegna dello stesso deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, “pro solvendo”, in ogni caso una volta provata l’emissione e la consegna del titolo spetta a colui che lo ha ricevuto provare di non averlo incassato. Deve darsi continuità al seguente principio di diritto secondo cui in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica
Ric. 2023 n. 7911 sez. S2 – ud. 09/07/2024
con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, “pro solvendo”; tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una “probatio diabolica”, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17749 del 30/07/2009, Rv. 609903 – 01).
Peraltro una tale questione andava necessariamente sollevata in seno alla procedura fallimentare mentre il mancato pagamento dell’assegno non è stato ivi eccepito e, di conseguenza, nel presente giudizio di equa riparazione non può legittimamente sostenersi che il Carta fosse ancora creditore nell ‘ambito della suddetta procedura allorché è stato superato il termine di durata ragionevole della stessa, né alcuna rilevanza può avere il fatto che le somme ammesse al passivo possono essere oggetto di revoca su istanza del Curatore ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 98 e 99 della L.F., circostanza che non si è verificata.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 132, co. 1, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111 , comma 6, Costituzione: Nullità della Sentenza per mancanza del sillogismo giudiziale.
La Corte d’Appello ha ritenuto che al ricorrente non sia dovuto nessun indennizzo per il semplice fatto che l’assegno è stato
Ric. 2023 n. 7911 sez. S2 – ud. 09/07/2024
consegnato a NOME COGNOME che è appunto un mero consegnatario, nonostante il ricorrente sia stato parte di quel procedimento, perché mai estromesso.
Tale motivazione non sarebbe pertinente al caso di specie ma, eventualmente, alla diversa fattispecie in cui il ricorrente avesse chiesto l’equa riparazione per il danno patrimoniale subito. La Suprema Corte con l’Ordinanza n. 13535 del 2022 ha stabilito che l’intervento del Fondo di Garanzia o dell’INPS o dello stesso curatore, non ha effetto sul diritto all’indennizzo ma ne giustifica solo un’eventuale decurtazione in considerazione dell’attenuarsi del pregiudizio in pendenza del fallimento (Cass. n. 28268/2018; Cass. n. 7136/2017; Cass. n. 26421/2009).
4.1 Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente afferma che la domanda si cristallizza al momento della sua proposizione, quindi, con l’insinuazione al passivo, e non rilevano i fatti sopravvenuti e che il pagamento del fondo di garanzia o del curatore potrebbe rilevare solo al fine della quantificazione dell’indennizzo.
Ciò che rileva nel caso di specie è che il credito sia stato soddisfatto nel tempo di durata ragionevole della procedura. Sotto questo profilo il motivo è inammissibile perché il ricorrente non riferisce quando è avvenuto il pagamento del fondo di garanzia né, per quanto si è detto con riferimento ai motivi precedenti, residuava un credito nel periodo di durata irragionevole.
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore del Ministero della Giustizia di euro 750,00, oltre alle spese prenotate a debito e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione