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Onere della prova assegno: chi deve dimostrare l’incasso?

Un creditore ha richiesto un’equa riparazione per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare, sostenendo di non aver mai incassato un assegno a lui intestato e consegnato a suo fratello. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che in tema di onere della prova assegno, una volta che il debitore dimostra l’emissione e la consegna del titolo, spetta al creditore provare il mancato incasso.

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Pagamento con Assegno: a Chi Spetta l’Onere della Prova del Mancato Incasso?

La questione dell’onere della prova assegno è un tema cruciale nelle transazioni commerciali e nelle controversie legali. A chi spetta dimostrare che un assegno è stato effettivamente pagato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, stabilendo un principio chiaro: una volta che il debitore prova di aver emesso e consegnato l’assegno, tocca al creditore dimostrare di non averlo incassato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un Credito Conteso in una Procedura Fallimentare

La vicenda trae origine da una richiesta di equa riparazione per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare. Un creditore, ammesso al passivo del fallimento, aveva ottenuto un decreto che condannava il Ministero della Giustizia a pagargli una somma a titolo di indennizzo.

Tuttavia, il Ministero si era opposto, sostenendo di aver già soddisfatto il credito del ricorrente attraverso l’emissione di alcuni assegni da parte della curatela fallimentare. Il creditore, d’altro canto, affermava di non aver mai ricevuto e incassato uno di questi assegni, in quanto materialmente consegnato a suo fratello, e di essere quindi ancora titolare del credito.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva accolto l’opposizione del Ministero, revocando il decreto di indennizzo. Secondo i giudici di merito, il Ministero aveva fornito prova sufficiente del pagamento, producendo gli assegni emessi a nome del creditore. La Corte ha ritenuto irrilevante la circostanza che uno degli assegni fosse stato consegnato al fratello del creditore. Trattandosi di un assegno non trasferibile intestato al ricorrente, la sua semplice emissione e uscita dalla sfera di controllo del debitore (la curatela fallimentare) era sufficiente a presumere il pagamento, salvo prova contraria che il creditore non aveva fornito.

L’Onere della Prova Assegno secondo la Cassazione

Il creditore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’onere della prova assegno. La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e delineando un principio fondamentale in materia di pagamento tramite titoli di credito.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha chiarito che, sebbene il pagamento con assegno sia considerato “pro solvendo” (cioè, il debito si estingue solo con l’effettiva riscossione della somma), l’onere della prova si articola in due fasi.

1. Il debitore: deve dimostrare di aver emesso il titolo e di averlo consegnato al creditore, facendolo così uscire dalla propria sfera di disponibilità.
2. Il creditore: una volta che il debitore ha adempiuto al suo onere, spetta al creditore, che sostiene di non aver incassato la somma, fornire la prova di tale fatto negativo.

Secondo la Corte, questa non è una “probatio diabolica” (una prova impossibile da fornire), poiché il creditore può dimostrare il mancato incasso attraverso, ad esempio, gli estratti conto bancari. Nel caso di specie, il creditore si era limitato a denunciare il fratello, senza però sollevare la questione del mancato pagamento all’interno della procedura fallimentare stessa, sede naturale per tale contestazione.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che la domanda di equa riparazione era infondata perché il credito era stato soddisfatto (almeno dal punto di vista della prova fornita) prima che fosse superato il termine di ragionevole durata della procedura fallimentare. Di conseguenza, era venuto meno il presupposto stesso del diritto all’indennizzo, ovvero il protrarsi del pregiudizio per il creditore.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Debitori e Creditori

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Per i debitori, è fondamentale conservare la prova non solo dell’emissione ma anche della consegna dell’assegno al creditore. Per i creditori, invece, è cruciale agire tempestivamente qualora un assegno ricevuto non venga incassato. Essi non possono rimanere inerti, ma devono attivarsi per dimostrare il mancato pagamento, contestandolo nelle sedi opportune. Attendere la conclusione di un lungo processo per poi lamentare il mancato incasso si rivela una strategia processuale perdente, poiché l’onere della prova assegno grava, in ultima analisi, su chi afferma di non aver ricevuto il denaro.

In caso di pagamento con assegno, a chi spetta dimostrare che è stato effettivamente incassato?
Una volta che il debitore prova di aver emesso l’assegno e di averlo consegnato al creditore, l’onere di dimostrare il mancato incasso si sposta sul creditore stesso.

La consegna di un assegno a un familiare del creditore è sufficiente a provare il pagamento?
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto irrilevante la consegna al fratello, poiché l’assegno era intestato al creditore. Il punto centrale non è chi riceve materialmente il titolo, ma che il debitore se ne sia privato a favore del creditore, sul quale ricade poi la prova del mancato incasso.

È possibile ottenere un’equa riparazione per la lunga durata di un processo se il credito è stato pagato prima del superamento del termine ragionevole?
No. La Corte ha stabilito che se il credito viene soddisfatto entro un periodo di tempo considerato ragionevole per la durata della procedura, viene meno il presupposto per il diritto all’indennizzo, poiché il pregiudizio per il creditore è cessato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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