Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18418 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18418 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
OGGETTO:
appalto
RG. 26015/2020
C.C. 11-6-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 26015/2020 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrente avverso la sentenza n. 1034/2020 della Corte d’ appello di Venezia, depositata il 2-4-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
11-6-2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto ingiuntivo n. 1205/2008 il Tribunale di Treviso sezione distaccata di Conegliano ha intimato ad NOME COGNOME di pagare a NOME COGNOME la somma di Euro 34.153,00, con interessi, di cui alle fatture n.2/2008 e n. 12/2008, quale residuo prezzo in forza del contratto d’appalto avente a oggetto la ristrutturazione di immobile sito a Tolmezzo.
NOME COGNOME ha proposto opposizione, deducendo la mancanza di prova del credito e lamentando i vizi delle opere, nonché chiedendo in via riconvenzionale il risarcimento dei danni.
Con sentenza n.6/2015 il Tribunale di Treviso, acquisito l’accertamento tecnico preventivo svolto in corso di causa, ha integralmente rigettato l’opposizione.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello, che con sentenza n. 1034/2020 depositata il 2-42020 la Corte d’appello di Venezia ha parzialmente accolto, rigettando la domanda di pagamento del corrispettivo residuo proposta dall’appaltatore e tenendo fermo il rigetto della domanda di risarcimento dei danni proposta dal committente. La sentenza ha dichiarato che era il convenuto opposto, in quanto attore in senso sostanziale, ad avere l’onere di fornire la prova del proprio credito e tale prova non aveva fornito, in quanto la genericità descrittiva delle causali delle fatture azionate, n. 2/2008 e n. 12/2008, non era stata colmata nella fase a contraddittorio pieno; l’appaltatore avrebbe dovuto fornire prova del credito, specificando la natura e quantità delle opere eseguite, rendendo intellegibili i prezzi unitari, tanto più in considerazione dell’og gettiva assenza di un computo metrico e dell’aggiudicazione dell’appalto sulla base di un mero preventivo. Ha aggiunto che non assumeva rilevanza quanto dichiarato dall’appellante in sede di interpello, stante la genericità e inidoneità a colmare le lacune probatorie, e che nessuno spunto probatorio offriva la consulenza tecnica d’ufficio, in quanto l’attività era stata incentrata sulla sussistenza dei vizi delle opere e non rilevava l’affermazione di parte, priva di riscontri, in ordine al fatto che i vizi riscontrati si riferissero a quanto oggetto della pretesa creditoria.
La sentenza ha rigettato invece la tesi dell’appellante secondo la quale le opere non erano state accettate, in quanto il committente aveva assentito alla prosecuzione dei lavori e ciò era indice rivelatore
di una tacita accettazione degli stessi; quindi ha dichiarato che correttamente era stata dichiarata la decadenza dalla garanzia per i vizi, in quanto il committente ne aveva avuto conoscenza in data 117-2008, quando aveva ricevuto la perizia del suo tecnico geom. COGNOME e non vi era stata denuncia dei vizi prima della notifica dell’atto di citazione avvenuta a dicembre 2008. Ha aggiunto che, per gli ulteriori vizi di cui alla missiva 6-6-2008, gli stessi non avevano trovato riscontro nella consulenza tecnica, dalla quale non vi era motivo di discostarsi.
2.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza affidato a sei motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 11-6-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 2697 cod. civ., sostenendo che la sentenza impugnata abbia erroneamente invertito l’onere della prova. In sostanza evidenzia come non fosse controverso che venivano formati nel contraddittorio tra committente e appaltatore gli stati di avanzamento dei lavori e che le fatture venivano emesse sulla base degli stati di avanzamento; quindi sostiene che fosse il committente ad avere l’onere di dimostrare che, per i lavori eseguiti, le fatture non corrispondevano agli stati di avanzamento.
2.Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per non avere la sentenza impugnata considerato che il committente opponente aveva impostato le sue difese su circostanze incompatibili con il disconoscimento del
credito. Evidenzia che l’opponente non aveva contestato il credito, ma aveva chiesto di non pagare l’importo richiesto per l’esistenza di vizi delle opere; dichiara essere pacifico il dato di partenza, secondo il quale le parti avevano concluso contratto di appalto avente a oggetto la ristrutturazione al grezzo del fabbricato di proprietà del committente, sulla base del prezzo di aggiudicazione dell’appalto; evidenzia che n on era controversa neppure l’esecuzione delle opere e che l’opponente non aveva conte stato l’entità del corrispettivo totale dell’appalto ammontante a Euro 98.472,00, ma si era limitato a sostenere la genericità delle due fatture azionate. Aggiunge che la perizia del geom. COGNOME prodotta dallo stesso opponente specificava tutte le opere eseguite dall’impresa e non faceva alcun riferimento al fatto che le opere fatturate non corrispondessero a quelle affettivamente eseguite, né contestava la quantificazione, limitandosi a individuare difetti nelle lavorazioni eseguite; rileva che neppure nella lettera 6-6-2008 era stata mossa alcuna contestazione sul corrispettivo del lavoro eseguito e che in corso di causa il committente aveva depositato ricorso per accertamento tecnico preventivo chiedendo che venisse disposta consulenza per accertare i vizi, senza contestare né l’ammontare dei lavori fatturati né la congruità del corrispettivo richiesto; aggiunge che anche il c.t.u. ha accertato l’esecuzione dei lavori fatturati.
3.Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. del principio secondo il quale la fattura può costituire prova dell’ammontare del credito allorch é risulti accettata dal destinatario della prestazione.
4.Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 1372 cod. civ., per indebita variazione del prezzo contrattuale, pattuito a corpo, a prezzo a misura; ulteriormente evidenzia che l’appalto era stato aggiudicato sulla base di preventivo senza computo metrico, che l’appaltatore procedeva ai
lavori secondo gli stati di avanzamento, tenendo conto del preventivo di spesa e sostiene che il prezzo complessivo della ristrutturazione era dato dalla somma delle fatture emesse per Euro 98.472,00; dichiara che la sentenza, nella parte in cui pretende di determinare il corrispettivo dovuto all’appaltatore con il calcolo del prezzo unitario relativo alle opere eseguite non rispetta il principio secondo il quale nell’appalto a corpo il dato di riferimento è sempre il prezzo a corpo, per cui è da quel prezzo che va detratto il costo dei lavori non eseguiti.
5.Con il quinto motivo il ricorrente deduce sia la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. dell’art. 116 cod. proc. civ. sia l’omesso esame ex art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. di fatto decisivo, riferito al da to che l’aggiudicazione dell’appalto era avvenuta sulla base di mero preventivo e i lavori erano stati eseguiti tenendo conto di quel preventivo, secondo i vari stati di avanzamento approvati dal committente; evidenzia come il percorso argomentativo della sentenza risulti incoerente e illogico, laddove dichiara che l’appaltatore non ha reso intellegibili i prezzi unitari, in quanto il corrispettivo era a corpo, senza considerare che il committente non aveva contestato il prezzo globale e non aveva indicato opere non eseguite.
6.Con il sesto motivo il ricorrente deduce ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo e l’anomalia motivazionale concretantesi in contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili; evidenzia che dapprima la sentenza dichiara che il committente, non provvedendo al pagamento delle fatture n. 2/2008 e 12/2008, aveva contestato l’esecuzione delle opere e di seguito dichiara che le opere erano state consegnate e accettate.
7.Il secondo e il quinto motivo, formulati in termini ammissibili nei limiti in cui risultano fondati, impongono l’accoglimento del ricorso, con assorbimento di tutti gli altri motivi e delle altre questioni poste dal ricorrente.
8.In primo luogo, il secondo motivo di ricorso è fondato, in quanto la sentenza è incorsa nel la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. lamentata.
E’ già stato enunciato e deve essere data continuità al principio secondo il quale i fatti addotti da una parte possono considerarsi ammessi quando l’altra parte abbia svolto difese logicamente incompatibili con la volontà di negarne l’esistenza (Cass. Sez. 3 10 -22025 n. 3429 Rv. 673777-01, Cass. Sez. 2 7-5-2018 n. 10864 Rv. 648031-01, Cass. Sez. 3 9-6-1999 n. 5699 Rv. 527232-01). Nella fattispecie è vero che l’opponente aveva dedotto la genericità della fattura e in questo modo aveva contestato l’entità del credito, ma nel contempo aveva lamentato i vizi dei lavori, aveva prodotto propria perizia di parte nella quale erano descritti i vizi lamentati e aveva anche depositato ricorso per accertamento tecnico preventivo in corso di causa, nel quale aveva descritto i vizi dei lavori. Quindi è logicamente insuperabile il dato che, nel momento in cui ha elencato e descritto una serie di vizi dei lavori, imputandoli all’appaltatore così da ch iederne la descrizione nei suoi confronti, il committente COGNOME ha riconosciuto che quei lavori erano stati eseguiti dall’appaltatore . Diversamente, la sentenza ha affermato ‘a nulla potendo rilevare l’affermazione di parte, priva di riscontri, che i vizi riscontrati si riferissero proprio a quanto oggetto di pretesa creditoria’, così eseguendo una affermazione non solo illogica, ma ult eriormente viziata dalla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.; infatti è evidente che il creditore non aveva interesse a lamentare l’esistenza dei vizi e a ottenerne la descrizione se non per il fatto che si trattava di vizi delle opere eseguite dall’appaltatore. Era privo di rilevanza l’ulteriore dato che i vizi riguardassero le opere già pagate o quelle oggetto della domanda di pagamento proposta in causa in quanto, a fronte dell’ammissione dell’esecuzione dei lavori, il giudice avrebbe dovuto procedere ad accertare la debenza del corrispettivo
residuo richiesto; a tal fine, avrebbe dovuto anche accertare se i lavori eseguiti fossero già stati integralmente pagati.
9 .E’ altresì fondato il quinto motivo di ricorso, laddove deduce il vizio nella motivazione della sentenza ex art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. , in quanto la sentenza dichiara che l’appaltatore avrebbe dovuto rendere ‘giudizialmente intellegibili i prezzi unitari’ delle opere e subito dopo dà atto ‘dell’oggettiva ed incontestata assenza di un computo metrico nonché dell’aggiudicazione dell’appalt o avvenuta sulla base di un mero preventivo’. In questo modo dapprima la sentenza presuppone che nel contratto di appalto il compenso fosse stato pattuito a misura, così che l’accordo delle parti fosse stato nel senso che le opere sarebbero state pagate sulla base delle quantità effettivamente poste in opera. Non interessa in particolare rilevare che l ‘affermazione che l’appaltatore avrebbe dovuto rendere ‘giudizialmente intellegibili i prezzi unitari’ è i n linea generale erronea a fronte del disposto dell’art. 1667 cod. civ., secondo il quale se il corrispettivo non è determinato dalle parti è calcolato in base alle tariffe o agli usi o in mancanza è determinato dal giudice; ciò che interessa, ed è stato espressamente valorizzato nel motivo di ricorso, è che tale affermazione si pone in insuperabile contraddizione con quanto immediatamente dopo osservato, in quanto la mancanza del computo metrico e l’aggiudicazione dell’appalto sulla base del preventivo erano elementi indi canti che l’appalto era stato pattuito a corpo. Quindi, la motivazione della sentenza sul punto risulta affetta da illogicità insuperabile, che si risolve nell’omesso esame del fatto decisivo riferito al fatto che le parti avevano concluso il contratto sulla base del preventivo; ciò nel senso che la sentenza, seppure dia formalmente atto della conclusione del contratto sulla base del preventivo, non ne trae alcuna conseguenza, perché non accerta se le parti avessero voluto concludere un contratto di appalto a misura o a corpo.
Diversamente, il giudicante avrebbe dovuto svolgere tale accertamento, necessario al fine di procedere di seguito all’accertamento dell’esistenza del diritto dell’appaltatore a ottenere corrispettivo residuo per le opere eseguite in ragione del l’ammissione del committente e non pagate.
10.Il primo, il terzo, il quarto e il sesto motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del secondo e del quinto motivo, in quanto involgono questioni il quarto motivo l’accertamento che l’appalto fosse a corpo o a misura, il primo, terzo e il sesto motivo l’individuazione delle opere consegnate e del corrispettivo spettante- che saranno oggetto del giudizio di rinvio.
11.Di conseguenza la sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il quinto motivo di ricorso, assorbiti il primo, il terzo, il quarto e il sesto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione