Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7763 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20837-2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimato – avverso il DECRETO n. 3090/2017 del TRIBUNALE DI ROMA, depositato il 10/7/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/2/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione avverso lo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza del 2013, chiedendo di esservi ammessa per la somma di €. 290.312, 41, oltre interessi e rivalutazione, per il credito verso la società fallita alla stessa ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e fondato su prestazioni eseguite da quest ‘ ultima in forza di contratto d ‘ appalto dell ‘ 1/3/2012.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.3. Il tribunale, in particolare, ha rilevato che, ‘ a prescindere dalla eccepita inopponibilità della cessione ‘, la società opponente non aveva assolto all ‘ onere di provare l ‘ esistenza del credito azionato dimostrando in giudizio ‘ l ‘ effettiva esecuzione delle prestazioni previste nel contratto del 1.3.2012 ‘, essendosi, piuttosto, limitata a produrre, oltre al contratto, le fatture emesse dalla società cedente, cioè ‘ documenti di mera provenienza unilaterale e dunque non idonei allo scopo ‘ , e l ‘ estratto autentico del registro IVA in cui tali fatture sono state annotate, laddove ‘ l ‘ art. 2710 c.c. non trova applicazione nei confronti del curatore fallimentare ‘ .
1.4. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso spedito per la notifica l ‘ 8/9/2017, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto.
2.1. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
2.2. La ricorrente ha depositato una breve memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha dedotto la nullità del decreto impugnato per avere il tribunale: – omesso di pronunciarsi sull ‘ unica domanda in ordine alla quale era stato chiamato a decidere, e cioè l ‘ inopponibilità, affermata dal giudice delegato, della cessione del credito azionato nei confronti del Fallimento; – posto a fondamento della propria decisione una questione, e cioè la mancata esecuzione delle prestazioni previste nel contratto d ‘ appalto tra l ‘ RAGIONE_SOCIALE e la società fallita dal quale è scaturito il credito poi ceduto
all ‘ opponente, che, non essendo mai stata prospettata dalle parti, era del tutto estranea all ‘ oggetto del giudizio; – rilevato d’ufficio l’inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE alle proprie obbligazioni contrattuali che né la RAGIONE_SOCIALE in bonis né il curatore del fallimento avevano mai contestato, avendo, anzi, pacificamente riconosciuto il loro corretto adempimento.
3.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato per avere il tribunale erroneamente attribuito all’opponente l’onere di provare l’adempimento da parte del cedente RAGIONE_SOCIALE delle prestazioni poste a suo carico dal contratto d’appalto dell’1/3/2012, senza, tuttavia, considerare che: -nei procedimenti aventi ad oggetto rapporti contrattuali, il creditore è tenuto solo a provare, quali fatti costitutivi della sua pretesa, l’esistenza e il contenuto della fonte negoziale o legale del proprio credito; – la società opponente, producendo in giudizio il contratto d’appalto dell’1/3/2012 tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, le fatture conseguenti all’avvenuta maturazione del credito e pacificamente riportate nella contabilità della società fallita nonché il registro IVA delle società cedente, ha pienamente dimostrato in giudizio l’esistenza e il contenuto della fonte negoziale del proprio credito; – sarebbe, dunque, spettato alla RAGIONE_SOCIALE l’onere di contestare l’esatto adempimento dell’RAGIONE_SOCIALE, sua originaria creditrice, alle proprie obbligazioni contrattuali.
3.3. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
3.4. Non può, in effetti, dubitarsi che, nel caso in cui il giudice delegato abbia rigettato la domanda d ‘ ammissione al passivo di un credito verso il fallito, che (si assume) oggetto di cessione in favore dell’istante, per l’affermata carenza di uno
degli elementi costitutivi della fattispecie attributiva in suo favore della pretesa azionata (come l’opponibilità dell’atto di cessione del credito azionato dal preteso cessionario), il giudice dell’opposizione allo stato passivo può (anzi deve) senz’altro verificare, anche d’ ufficio, la sussistenza degli altri elementi costitutivi del credito (come l’effettiva esecuzione da parte dell’appaltatore delle prestazioni che gli attribuiscono il diritto al compenso), asseritamente ceduto; va dunque verificato se l’attore, che ne ha l’onere, abbia o meno fornito in giudizio la necessaria dimostrazione degli stessi; con la conseguenza che, in difetto, può legittimamente essere rigettata la domanda proposta (cfr. Cass. n. 15037 del 2016, in motiv., la quale ha confermato la decisione impugnata che, nella contumacia del curatore, aveva rilevato d’ufficio il difetto di legittimazione attiva della parte opponente sul rilievo che la titolarità del diritto azionato in giudizio è elemento costitutivo della domanda e appartiene al merito della decisione).
3.5. Il principio generale che regola la condanna all’adempimento nei contratti a prestazioni corrispettive comporta, in effetti, che la parte che chiede in giudizio l’esecuzione della prestazione dovuta (come il pagamento del compenso asseritamente maturato o, in caso di fallimento della committente, l’insinuazione al passivo del relativo credito) non dev ‘ essere a sua volta inadempiente, avendo, piuttosto, l’onere di (offrire l’esecuzione della propria, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero) dimostrare di avere adempiuto la propria obbligazione, se essa, come avviene per l’appaltatore, precede l’adempimento di pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta.
3.6. L’applicazione di tale principio al contratto di appalto (cui, per giurisprudenza costante, si estende la disciplina
generale dell’inadempimento del contratto ) comporta, quindi, che l’appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento (o, come nel caso in esame, l’ammissione al passivo) del (credito al) corrispettivo convenuto, ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, e cioè di avere eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa (Cass. n. 3472 del 2008, in motiv.).
3.7. Quanto al resto, non può che ribadirsi come: la valutazione delle prove raccolte, compresa quella asseritamente conseguente alla mancata contestazione dei fatti ex adverso dedotti (Cass. SU n. 2951 del 2016, in motiv.: ‘il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione, in quanto il giudice può sempre rilevare l’inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto ‘ ; Cass. SU n. 11377 del 2015, in motiv.), costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale (rilevante, come nel caso in esame, ai fini della decisione poi assunta) non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio (nel caso in esame neppure invocato come tale) consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie materiale , l’ esame di uno o più fatti storici controversi, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della pronuncia impugnata o dagli atti processuali e che abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero imposto una ricognizione della vicenda storica (come l’esecuzione della prestazione da parte
dell’appaltatore cedente) senz’altro riconducibile all’ipotesi normativa invocata, nel giudizio di merito, dalla parte (il cessionario che ha azionato il diritto al conseguente compenso) poi ricorrente; – l a violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma: non anche quando, come invece pretende la ricorrente, la censura abbia avuto ad oggetto la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, lì dove ha ritenuto (in ipotesi erroneamente) assolto (o non assolto) tale onere ad opera della parte che ne era gravata in forza della predetta norma, che è sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 13395 del 2018).
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
Nulla per le spese di giudizio in difetto di controricorso del Fallimento.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima