Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2051 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G.N. 7466-2018 proposto da:
NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, giusta procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 173/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 03/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/02/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Su richiesta della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Ancona, sezione di Osimo, emetteva decreto con il quale ingiungeva al signor NOME COGNOME il pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE istante, in base a fattura del 28/01/2004, della somma di euro 6.156,00 oltre interessi, dovuta per lavori iniziati presso la sua abitazione.
NOME COGNOME proponeva opposizione eccependo di aver dovuto recedere dal contratto avendo rilevato gravi vizi nell’esecuzione delle opere commissionate e chiedeva in via riconvenzionale il ristoro dei danni materiali patiti per l’eliminazione dei vizi nella misura di euro 2600,00.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si costituiva contestando l’assunto attoreo assumendo di essere stata estromessa dal cantiere quando non erano ancora completate le opere di rifinitura e di pulizia e chiedendo il rigetto dell’opposizione e della domanda risarcitoria.
Con sentenza n. 127/2010 il Tribunale di Ancona, sezione di Osimo, rigettava l’opposizione confermando il decreto opposto per la mancanza di prova di vizi lamentati denunciati tardivamente in violazione dell’art. 1667 c.c.
Nei confronti di tale decisione proponeva appello il COGNOME.
Nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 173/2017, accoglieva l’appello e per l’effetto revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannava l’appellante alla rifusione in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 2.096,00 con interessi dalla domanda al saldo e regolava le spese di giudizio, dichiarando la RAGIONE_SOCIALE appellata tenuta alla restituzione in favore del COGNOME delle maggiori somme ricevute in esecuzione della sentenza gravata.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in sei motivi.
NOME COGNOME non ha svolto difese in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo (‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1667 comma 2 e 2697 c.c. – avvenuta decadenza dalla garanzia ‘ ) il ricorrente censura la sentenza di seconde cure, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere questa apprezzato la tempestività della denuncia dei vizi attraverso l’allontanamento dell’impresa dal cantiere prima della definitiva consegna dei lavori, posto che da tale comportamento non è emersa la prova dell’osservanza del termine di 60 giorni dalla scoperta del vizio per la denuncia, come previsto dall ‘a rt. 1667 comma 2° c.c.
2.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61 e 116 c.p.c. per avere ritenuto la Corte di Appello di Ancona provate le circostanze della sussistenza dei vizi e della necessità di interventi correttivi all’opera eseguita dal ricorrente sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio inammissibile ed esplorativa. Censura altresì la sentenza impugnata, con riguardo all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c., per l’omessa, insufficiente e contradd itoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo questa preso in considerazione i rilievi svolti avverso la nomina del CTU.
Sostiene in particolare il ricorrente che la CTU è stata ammessa nonostante che lo stato dei luoghi, con riferimento ai lavori eseguiti dal ricorrente, fosse stato completamente mutato
dal l’attuale intimato , con la loro demolizione, già prima dell’instaurazione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e in totale assenza di contraddittorio. Di conseguenza la CTU è stata redatta non all’esito di una verifica diretta dello stato dei luoghi ma solo sulla base di rilievi fotografici forniti dal tecnico di parte.
3.Con il terzo motivo il ricorrente contesta, ex art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dolendosi che la Corte territoriale abbia erroneamente valorizzato le perizie di parte COGNOME, utilizzate per confermare la non perfetta esecuzione a regola d’arte delle opere appaltate.
4.Il quarto motivo -rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. con riferimento alle risultanze della prova per test i’ critica la sentenza impugnata, ex art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., per avere la stessa ritenuto provate le circostanze della sussistenza dei vizi anche sulla base delle dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME e, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., per omessa motivazione sul punto.
5.Il quinto motivo deduce, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. Sostiene il ricorrente che la prova dell’imperfezione dell’opera d oveva essere fornita dal committente-opponente e che la domanda dello stesso andava respinta a causa del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte d i questi.
Con il sesto motivo il ricorrente chiede la restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di appello.
-Il primo motivo è infondato.
La Corte distrettuale, in presenza di una dichiarazione del COGNOME, riconosciuta dalla appellata, che può integrare denunzia dei vizi (‘il lavoro fatto non piaceva’), ha apprezzato la tempestività di questa ‘ attraverso l’allontanamento dell’impresa dal cantiere prima della definitiva consegna dei lavori ‘.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte ‘ in tema di appalto, ai fini della decadenza dal diritto di far valere la garanzia per i vizi dell’opera, il dies a quo del relativo termine coincide, ai sensi dell’art. 1667, comma 2, c.c., con il giorno della scoperta dei vizi, che presuppone la consegna dell’opera ‘ (Cass. n. 1748/2018; Cass. n. 6970/1982; Cass. n. 1177/1972).
Non essendo intervenuta nella specie la consegna dell’opera il committente è legittimato ad esperire gli ordinari rimedi contrattuali, trovando applicazione la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine (Cass. n. 4511/2019).
Sebbene con questa precisazione, che implica correzione di motivazione sul punto, la sentenza gravata appare immune dal lamentato vizio di violazione dell’art. 1167 comma 2 c.c., nè sussiste la contestata violazione dell’art. 2697 c.c. per non avere il committente fornito ‘ elementi utili … per condurre al previo accertamento del giorno in cui è avvenuta la scoperta degli asseriti vizi ‘ , non ponendosi nella specie questione di decorrenza del termine per inoltrare la denunzia dei vizi.
8.I motivi secondo, terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente perché hanno tutti ad oggetto il seguente passaggio motivazionale della sentenza [‘ Quanto al merito, le verifiche tecniche successive sia d’ufficio tramite le risultanze della CTU che documentate dalle parti (perizie COGNOME e COGNOME) e
le dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME hanno confermato la non perfetta esecuzione a regola d’arte delle opere appaltate e la necessità di interventi correttivi eseguiti proprio dall’impresa RAGIONE_SOCIALE e dalla stessa fatturati ‘] del quale contestano, rispettivamente -e atomisticamente -la valutazione della CTU, delle perizie di parte e della prova per testi, per violazione dell’art. 116 c.p.c.
I motivi sono tutti volti inammissibilmente a censurare le valutazioni compiute dal primo giudice sulla base delle risultanze istruttorie: ed infatti, pur avendo dedotto un vizio di violazione di norma processuale, il ricorrente lamenta, in sostanza, l’erronea ricostruzione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito.
Hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, ‘ la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ‘ (Cass. Sez. Un. n. 20867/2020).
La Corte d’Appello, dopo aver valutato le risultanze della CTU e delle perizie di parte, nonchè le prove testimoniali raccolte in giudizio, ha ritenuto provata, con apprezzamento in fatto qui non sindacabile perchè adeguatamente argomentato, la mancata esecuzione a regola d’arte delle opere appaltate.
La censura ex art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c. contenuta nel mezzo di ricorso non è correttamente prospettata, posto che non è riconducibile all’attuale paradigma della norma, dato che fa leva sulla omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione , riproponendo il superato testo dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. e comunque manca ‘l’individuazione del fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) ‘ che, secondo la giurisprudenza di questo Giudice, integra il contenuto del disposto (Cass. Sez. Un. 8053/2014 e, tra le tante successive, Cass. n. 22786/2018), essendo le doglianze del ricorrente anche a questo riguardo rivolte alla valutazione degli esiti dell’istruttoria compiuta .
I motivi devono dunque essere respinti.
9.Il quinto motivo è infondato.
E’ su fficiente a rigettare la dedotta censura richiamare la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, ‘ in tema di inadempimento del contratto di appalto, spetta all’appaltatore, che agisca in giudizio per ottenere il pagamento del corrispettivo, di provare l’esatto adempimento della propria obbligazione, ove il committente ne eccepisca l’inadempimento (Cass. n. 98/2019). E, ancora: ‘ In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali dettate dal
Ric. 2018 n. 07466 sez. S2 – ud. 15-02-2023
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legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 cod. civ., ma non derogano al principio generale che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta che l’appaltatore, il quale agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, abbia l’onere – allorché il committente sollevi l’eccezione di inadempimento di cui al terzo comma di detta disposizione – di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (Cass. n. 936/2010).
Di conseguenza, la Corte distrettuale non ha fatto alcuna scorretta applicazione dell’art. 2697 c.c. e la giurisprudenza di legittimità richiamata dal ricorrente nel ricorso appare impropriamente invocata, essendo posta con riferimento a casi di specie differenti.
10.In conclusione, il ricorso va respinto (il sesto mezzo di ricorso non può dirsi tale e la sentenza impugnata non deve essere cassata).
Nulla da provvedere in ordine alle spese, non avendo l’intimato svolto difese in questa sede.
11.Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda