Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14049 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14049 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29453-2020 proposto da:
DI NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 33/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/03/2020 R.G.N. 655/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 29453/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, in parziale riforma della pronuncia del tribunale ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare a NOME COGNOME la residua quota dell’indennità di preavviso pari ad € 31.474,87 oltre accessori di legge ed ha confermato nel resto la sentenza, regolando le spese del giudizio come in dispositivo.
In particolare la Corte ha rigettato i due motivi di appello relativi agli storni provvigionali.
L’agente COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da successiva memoria; Italia Online ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art . 360, n. 3 c.p.c. in relazione al risarcimento del danno, avendo la Corte di appello errato sotto un duplice profilo, nel mancato accertamento dell’inadempimento della preponente e nel ritenere non provato il danno.
2.- Con il secondo motivo si sostiene la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e del contratto e degli accordi economici collettivi ex art. 360, n. 3 c.p.c. in relazione agli storni effettuati in corso di rapporto di lavoro; la Corte di appello non ha adeguatamente valutato i fatti e la prova documentale e l’onere della prova in ordine alla sussistenza dei motivi dello storno era a carico della preponente, che non lo aveva assolto.
3.- Il primo motivo di ricorso sul preteso risarcimento del danno è inammissibile.
In particolare, la censura che investe il mancato accertamento
dell’illiceità del comportamento ovvero il fatto che la Corte non abbia accertato prima l’inadempimento è priva di rilevanza e non si confronta con la ratio decidendi della sentenza, avendo la Corte d’appello ritenuto assorbente e pregiudiziale la mancata prova del danno; essendo evidentemente inutile l’accertamento dell’an in mancanza di prova del quantum .
4.La censura che investe il quantum è pure essa inammissibile sotto vari aspetti.
Anzitutto perché la Corte d’appello non ha violato alcuna disposizione normativa nell’affermare che il danno dovesse essere provato in maniera analitica ed in concreto (‘il collegio osserva che le doglianze dell’appellante investono i mesi di gennaio febbraio 2017. Per tale esiguo periodo, ogni danno eventualmente provocato dalla società tramite comportamenti illegittimi e contrari a buona fede avrebbe dovuto essere provato in modo analitico, non potendosi affidare la prova del danno medesimo ad un mero elenco di clienti che aveva effettuato ordini nel 2016 senza alcuna prova in ordine a quali attività, in concreto, sarebbero state precluse al Di NOME, né quali affari egli avrebbe potuto procurare alla proponente così da individuare in concreto il danno provocato’).
5.- Peraltro, le doglianze sollevate su tale aspetto, al di là della rubrica con cui si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, investono in realtà la motivazione della sentenza (“non si comprendono francamente le ragioni per la quale la Corte di Milano ha ritenuto di non accogliere tale criterio”); addirittura si impugna la motivazione addotta dal primo giudice, ritenendola come limitata a una generica contestazione e senza determinare l’importo eventualmente ritenuto corretto sulla base dell’equità.
Com’è noto , la motivazione è invece censurabile in cassazione solo per lesione del minimo costituzionale ovvero secondo la
nota declinazione che le Sezioni Unite ne hanno dato per ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’ per ‘motivazione apparente’, ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e per ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, tutte ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.
6. Inoltre, si sostiene, il che è inammissibile in questa sede di legittimità, che il danno sarebbe stato dimostrato in entrambi i gradi di giudizio: ‘il danno per l’agente ammonta alle provvigioni perse per effetto della mancata attività di promozione per tale rinnovi”.
Si tratta evidentemente di contestazione riferita agli accertamenti di merito e di allegazione di circostanze di fatto che non possono essere fatte valere in cassazione, tantomeno veicolandole come vizi di diritto e violazioni di norme sostanziali. Per di più in un caso di c.d. ‘ doppia conforme ‘ .
2.- Anche il secondo motivo deve essere disatteso, là dove si sostiene che la Corte avrebbe negato il diritto dell’agente a vedersi restituite le provvigioni stornate dalla proponente senza alcuna giustificazione ( ‘la Corte non avrebbe valutato adeguatamente i fatti relativi alla prova documentale ed ha applicato erroneamente le norme di diritto’ ), senza però neanche indicare quali siano le norme che sarebbero state violate.
Il secondo motivo si risolve pertanto in una contestazione di mero fatto inammissibile in sede di legittimità. La Corte di merito ha invero affermato che il termine di 30 giorni previsto contrattualmente per la proposizione di eccezioni relative agli estratti provvigionali fosse del tutto congruo, considerando che la liquidazione delle provvigioni e l’invio dell’estratto conto avevano cadenza trimestrale. Il ricorrente aveva a disposizione sia l’estratto provvigionale periodico sia la situazione
provvigionale con l’indicazione degli affari procurati dall’agente, per cui non poteva ritenersi che non avesse tutti gli strumenti per valutare la correttezza degli storni provvigionali, che peraltro erano indicati anche nel documento 12 prodotto da parte ricorrente (dati di sintesi annuale) parimenti mai contestati dall’appellante. Inoltre, dal 2009 in poi mai il Di Chiara ebbe ad effettuare alcuna contestazione nei confronti della proponente circa gli storni operati.
Valeva inoltre l’insegnamento della sentenza della Cass. n. 14767/2000 secondo cui l’agente poteva anche impugnare i singoli rapporti obbligatori, tuttavia in questo caso era onerato di indicare specificamente quali fossero i singoli rapporti da cui derivavano addebiti o accrediti, ma il COGNOME Chiara nulla aveva dedotto in proposito.
3.- La lettura della vicenda contrattuale e la conclusione presa dalla Corte territoriale appare quindi fondata sulla interpretazione complessiva degli atti processuali ed è argomentata in modo congruo ed esaustivo. Essa si sottrae del tutto alle censure irritualmente sollevate col ricorso in oggetto.
Pertanto sulla scorta delle premesse svolte il ricorso va complessivamente rigettato.
5.Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo in favore della parte controricorrente. Segue il raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 4.000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e
accessori di legge,. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 26.3.2025