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Omologazione forzosa: il termine per la domanda

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34377/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione. Una società aveva richiesto l’omologazione prima che fosse scaduto il termine di 90 giorni concesso all’Amministrazione Finanziaria per aderire alla proposta di transazione fiscale. La Suprema Corte ha dichiarato la domanda inammissibile, chiarendo che il decorso di tale termine è un presupposto necessario per poter adire il tribunale. La richiesta presentata prima di tale scadenza è prematura, poiché la condizione della mancata adesione, che giustifica l’intervento del giudice, non si è ancora verificata.

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Omologazione Forzosa: Il Termine di 90 Giorni è Invalicabile

La Corte di Cassazione ha delineato con chiarezza i confini procedurali per la richiesta di omologazione forzosa di un accordo di ristrutturazione con transazione fiscale. Con una recente ordinanza, ha stabilito che la domanda al tribunale può essere presentata solo dopo che sia decorso il termine di 90 giorni concesso all’Amministrazione Finanziaria per esprimersi sulla proposta. Una decisione che rafforza le garanzie procedurali e chiarisce un passaggio fondamentale per le imprese in crisi.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata aveva presentato una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti che includeva una transazione fiscale, rivolta all’Amministrazione Finanziaria. Anziché attendere la risposta o il silenzio dell’ente, la società aveva depositato presso il tribunale una domanda per ottenere l’omologazione forzosa dell’accordo prima che scadesse il termine di 90 giorni previsto dalla legge per l’adesione da parte del creditore pubblico.

L’Amministrazione Finanziaria si era opposta, eccependo l’inammissibilità della domanda proprio per il mancato rispetto di tale termine. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto il reclamo dell’ente, ritenendo che il termine non impedisse il deposito della domanda, ma solo l’adozione della decisione finale da parte del giudice.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Omologazione Forzosa

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione di merito, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria. Il punto centrale della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 182-bis della legge fallimentare. La norma prevede che, in caso di mancata adesione da parte dell’amministrazione finanziaria, il tribunale possa comunque omologare l’accordo (la cosiddetta omologazione forzosa o cram down fiscale) se la proposta è più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. La stessa norma, però, specifica che l’eventuale adesione deve intervenire ‘entro novanta giorni dal deposito della proposta’.

Secondo la Cassazione, questo termine non è un mero intervallo di attesa per la decisione del giudice, ma un presupposto procedurale per la stessa presentazione della domanda. In altre parole, la domanda di omologazione fondata sulla mancata adesione del Fisco può essere legittimamente proposta solo quando tale mancata adesione si è consolidata, ovvero dopo lo spirare dei 90 giorni senza un riscontro.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la sequenza procedimentale ha una sua logica stringente che non può essere alterata. La domanda di omologazione presuppone l’esistenza di un accordo (con l’adesione dei creditori) o, nel caso dell’omologazione forzosa, la sua mancata formazione a causa del dissenso o del silenzio di un creditore pubblico. Pertanto, chiedere l’omologazione prima che l’ente abbia avuto tutto il tempo a disposizione per decidere significa presentare una domanda priva di uno dei suoi presupposti fondamentali.

Presentare la domanda in anticipo, infatti, priverebbe l’Amministrazione Finanziaria del pieno esercizio del suo potere decisionale, costringendola a difendersi in un giudizio attivato prematuramente. Il termine di 90 giorni serve a formare il presupposto stesso della domanda: solo il suo decorso infruttuoso consente di affermare che l’accordo non si è perfezionato secondo la via ordinaria, aprendo così la strada all’intervento sostitutivo del tribunale.

Affermare il contrario, come aveva fatto la Corte d’Appello, creerebbe un disallineamento procedurale e una lesione del diritto di difesa e del contraddittorio dei creditori destinatari del cram down.

Le Conclusioni

La pronuncia stabilisce un principio chiaro e di notevole impatto pratico: un’impresa che intenda avvalersi dell’istituto dell’omologazione forzosa nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria o degli enti previdenziali deve attendere la scadenza del termine di 90 giorni dal deposito della proposta prima di poter presentare la relativa domanda in tribunale. L’unica eccezione si verifica qualora l’ente esprima un dissenso esplicito prima della scadenza. Questo principio garantisce il corretto svolgimento della procedura, tutela il diritto di valutazione del creditore pubblico e previene l’instaurazione di contenziosi prematuri, definendo con certezza i tempi e i presupposti di uno degli strumenti più importanti per la risoluzione della crisi d’impresa.

Quando può essere presentata la domanda di omologazione forzosa in caso di silenzio dell’Amministrazione Finanziaria?
La domanda può essere presentata solo dopo che è scaduto il termine di 90 giorni dal deposito della proposta di transazione fiscale, se l’ente non ha manifestato la sua adesione.

Cosa succede se la domanda di omologazione forzosa viene depositata prima della scadenza dei 90 giorni?
Secondo la Corte di Cassazione, la domanda è inammissibile. Il mancato rispetto del termine costituisce un vizio procedurale che impedisce al giudice di esaminare il merito della richiesta.

Il termine di 90 giorni è un presupposto per la domanda o solo per la decisione finale del tribunale?
La Corte ha chiarito che il decorso del termine di 90 giorni è un presupposto di ammissibilità della domanda stessa. Non si tratta di un semplice termine dilatorio per la decisione, ma di un elemento che deve essersi già verificato al momento della presentazione del ricorso al tribunale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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