Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34377 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34377 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 457/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende per legge
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di VENEZIA in n. 436/2023 depositato il 11/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
L’ Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto della Corte d’appello di Venezia di rigetto del reclamo contro l’omologazione forzosa di un accordo di ristrutturazione presentato dalla RAGIONE_SOCIALE, accordo (ad efficacia estesa) contenente una proposta di transazione fiscale.
Ha dedotto quattro motivi.
La società ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
– Col primo motivo la ricorrente denunzia la v iolazione dell’art. 182 -bis, quarto comma, legge fall. in ordine al termine di deposito della domanda di omologazione rispetto al termine di adesione alla proposta.
Col secondo ulteriormente denunzia la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 182-septies legge fall. per mancata partecipazione alle trattative dell’Agenzia delle entrate.
Col terzo prospetta la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 182 -septies legge fall. per applicazione del cram down verso l’Agenzia medesima ed estensione degli effetti ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria.
Col quarto infine deduce la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 182 -bis, ottavo comma, legge fall. per aver la corte d’appello ritenuto alla stregua di modifica non sostanziale la modifica del piano e della proposta apportata dalla società in data 3-4-2023 e 28-4-2023.
II. – Il primo motivo è fondato ed è assorbente di ogni distinta questione.
Dal decreto risulta che l’amministrazione aveva eccepito il mancato rispetto del termine di novanta giorni di cui all’art. 182 -bis per la presentazione della domanda di omologazione in mancanza di adesione.
Va ricordato che la norma – dopo aver stabilito che il tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma dell’art. 182 -bis e quando, anche sulla base
delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria – a ggiunge che ‘ ai fini di cui al periodo che precede, l’eventuale adesione deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento. ‘ .
III. – La questione p rospettata dall’amministrazione a mezzo del reclamo era una questione di inammissibilità della domanda di omologazione poiché legata a una proposta di soddisfacimento ancora suscettibile di esame; e quindi perché la domanda era stata presentata prima della scadenza del termine senza che fosse stata data la possibilità all’amministrazione di determinarsi in un modo o nell’altro .
IV. La corte d’appello ha disatteso la censura osservando che è ben possibile depositare una domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione del debito con transazione non approvata dai creditori istituzionali prima ancora che sia scaduto il termine di cui all’art. 182 -bis, quarto comma, ultima parte, legge fall., in quanto il termine non è delineato come termine dilatorio della presentazione della domanda, quanto piuttosto della adozione del provvedimento giudiziale conclusivo del procedimento di ristrutturazione del debito.
Secondo la corte d’appello la norma sarebbe rispettata quando il tribunale abbia comunque fissato l’udienza di omologazione dopo la maturazione del termine.
V. – La soluzione non può essere condivisa perché in contrasto con la ratio più che col tenore letterale della norma. Ben vero la norma nel suo tenore letterale non è risolutiva, perché lega il termine di novanta giorni al deposito della proposta di soddisfacimento, non alla domanda di omologazione.
Tuttavia, non è consentito svincolare gli elementi della sequenza procedimentale implicitamente validata dal legislatore.
La domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione -anche quando sia del tipo di quello in esame, con transazione fiscale ed eventuale cram down – deve necessariamente essere raccordata con i tempi di perfezionamento
dell’adesione dei creditori, compreso il creditore fiscale.
Deve essere raccordata invero anche col perfezionamento dei tempi di opposizione, che l’art. 182 -bis, quarto comma, fa decorrere dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese.
L’interpretazione data dalla corte d’appello determina un evidente disallineamento nel momento stesso in cui suppone che il termine di novanta giorni sia da collegare a una sorta di semplice (e ovvio) divieto di adottare il provvedimento conclusivo del procedimento di omologazione prima di 90 giorni.
Ma la domanda di omologazione, così come le opposizioni dei creditori e di ogni interessato, presuppongono l’accordo , e dunque l’adesione dei creditori alla proposta . A fronte della possibilità offerta dall’art. 182 -bis di procedere alla omologazione forzosa, ove l’adesione non sia intervenuta nel termine a ciò stabilito dalla legge, presuppone dunque che sia almeno scaduto codesto termine.
È illogico affermare che sia dato al proponente di presentare la domanda di omologazione prima della scadenza di esso: quella domanda difatti sarebbe deprivata di uno dei presupposti che coinvolge il fine concorsuale (si rammenta che l’accordo di ristrutturazione è procedura concorsuale) . Finirebbe per cagionare anche una contrazione delle stesse avverse possibilità di determinazione.
Correttamente l’ Avvocatura dello Stato sottintende come dietro l’interpretazione minimalistica della corte d’appello si annidi una lesione del contraddittorio e del diritto di difesa dei creditori soggetti al cram down.
-Può osservarsi che è in gioco la salvaguardia dello schema procedimentale che conduce agli effetti derivanti dall’accordo di ristrutturazione.
Lo schema è scomponibile in una prima fase stragiudiziale, caratterizzata da trattative e culminata in un accordo o, alternativamente, in una proposta non assentita, e in una seconda fase di carattere giurisdizionale finalizzata all’omologazione .
In esatta linea di continuità (cosa che ne consente la citazione a supporto del regime anteriore, v. Cass. Sez. U n. 12476-20, Cass. Sez. U n. 2061-21, Cass. Sez. n. 8504-21, Cass. Sez. U n. 42093-21, Cass. Sez. U n. 8557-23, Cass. Sez. U n. 7337-24), l a rilevanza dell’aspetto procedimentale è ben chiarita dal ccii in conseguenza del d.lgs. n. 136 del 2024 (decreto correttivo). E n ell’art.
63, terzo comma, del ccii è specificato che la domanda di omologazione (in sé) pu ò essere proposta solo una volta ottenuta l’adesione del creditore o, in difetto, trascorso il termine di novanta giorni dal deposito della proposta di transazione.
La ragione è comune anche all’accordo di ristrutturazione in vigenza della legge fallimentare così da poter essere affermata anche in questo.
Difatti l’accordo di ristrutturazione è basato -concettualmente sull’adesione dei creditori o alternativamente sulla mancanza di adesione nel termine.
Le agenzie fiscali e gli enti previdenziali, proprio perché soggetti al cram down, sono liberi di accettare o meno la proposta avendo però a disposizione un tempo di valutazione dettato dalla legge e non diversamente comprimibile.
VII. – Non costituisce elemento giustificativo l’assunto della corte d’appello secondo il quale, nel concreto, l’Agenzia delle entrate avrebbe avuto già a disposizione tutte le informazioni necessarie per poter assumere una decisione consapevole in relazione alla proposta rivoltale dalla società.
La circostanza è enfatizzata con motivazione generica e inconferente, poiché non implica che non occorresse attendere lo spirare del termine dilatorio per presentare la domanda di omologazione.
Il termine serve alla formazione del presupposto della domanda: solo il decorso del termine consente di affermare , nell’ottica del legislatore, che l’accordo non si è formato secondo la tempistica confacente all’esercizio di una potestà decisionale come quella implicata dalle norme tributarie o previdenziali.
VIII. Per la stessa ragione non rileva che l’Agenzia non avesse dedotto, come ancora dice il decreto impugnato, ‘in quali termini avrebbe potuto diversamente determinarsi’, ovvero in quali termini si sarebbe in concreto altrimenti determinata nell’arco dei novanta giorni.
La sottolineatura replica una sorta di onere della prova di resistenza, la cui invocazione non è tuttavia pertinente dinanzi a uno schema procedimentale quale quello in esame.
Senza il decorso di novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento non può ritenersi esistente neppure l’oggetto dell’omologazione : né l’accordo né la sua mancata formazione.
Diverso sarebbe il caso in cui l’amministrazione avesse fatto pervenire il suo dissenso (esplicito) prima della scadenza del termine.
Ma questa cosa non risulta dal provvedimento impugnato.
IX. -Ne consegue che il primo motivo va accolto.
L’accoglimento determina l’assorbimento dei restanti.
Il giudizio di omologazione può essere deciso direttamente in questa sede con declaratoria di inammissibilità della domanda.
L’insussistenza di precedenti sul tema induce a compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e dichiara inammissibile la domanda di omologazione; compensa le spese dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, addì 11