Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3371 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 805-2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio del l’ avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME
-intimati –
avverso la sentenza n. 2160/2023 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 7/11/2023;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 1.8.2016 la società RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio COGNOME Diego, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Vicenza, proponendo domanda di regolamento del confine tra i fondi delle parti.
Si costituiva NOME NOMECOGNOME resistendo alla domanda e chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento dell’intervenuta usucapione, a proprio favore, del complesso immobiliare insistente sui mappali 603, 876, 875, 692, 1032, 1016 e 1360, inclusi i fabbricati distinti dalle particelle 1363 e 1364, intestato in parte a RAGIONE_SOCIALE ed in parte a RAGIONE_SOCIALE In subordine, sempre in via riconvenzionale, il COGNOME spiegava domanda di accessione invertita, ex art. 938 c.c., ed in ulteriore subordine invocava l’applicazione dell’art. 936 c.c.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE proprietaria dei mappali 692 e 1032, chiedendo l’accoglimento della domanda riconvenzionale del COGNOME, relativamente ai beni immobili suindicati.
Si costituiva anche COGNOME NOME, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, e confermando l’intervenuta maturazione, in capo al COGNOME, dell’usucapione di tutto il compendio immobiliare di cui è causa.
Con sentenza n. 1265/2022 il Tribunale rigettava la domanda riconvenzionale del COGNOME evidenziando la natura indeterminata del
suo oggetto e, comunque, il mancato conseguimento della prova della sussistenza dei requisiti previsti per il riconoscimento dell’invocata usucapione del compendio immobiliare oggetto di causa; il difetto del presupposto per l’applicazione dell’art. 938 c.c., in assenza di occupazione parziale del fondo attiguo da parte del costruttore, a fronte della ravvisata esistenza soltanto di una piscina totalmente interrata, di alcune strutture per ricovero di attrezzi e di una piccola tettoia; la mancanza della dimostrazione delle spese sostenute, in relazione alla domanda ex art. 936 c.c. Accoglieva invece la domanda principale, regolando il confine in coerenza con quanto proposto dal C.T.U.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 2160/2023, la Corte di Appello di Venezia rigettava i gravami separatamente proposti da COGNOME Diego, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME avverso la decisione di prime cure, che confermava, osservando che la relazione con la res vantata dal COGNOME aveva avuto inizio in forza della tolleranza legata ai rapporti societari e familiari esistenti tra le parti, e segnatamente tra l’attore in riconvenzionale e la società RAGIONE_SOCIALE
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOME COGNOME affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Gli altri intimati, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
A seguito della proposta di definizione anticipata, formulata ai sensi di quanto previsto dall’art. 380 bis c.p.c., la parte ricorrente, con istanza in data 2.5.2024, corredata da nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte Corte n. 9611/2024 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024, Rv. 670667), non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe trascurato di pronunciarsi sulla domanda di usucapione dei beni appartenenti a RAGIONE_SOCIALE, che il COGNOME aveva proposto in prime cure e coltivato con i motivi di gravame.
La censura è fondata.
La Corte di Appello, dopo aver dato atto che la domanda di usucapione era stata proposta in relazione sia ai beni appartenenti a RAGIONE_SOCIALE che a quelli appartenenti a RAGIONE_SOCIALE, che essa era stata riproposta con i motivi di gravame, e che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato autonomamente la decisione di prime cure, lamentando proprio il mancato riconoscimento dell’intervenuta usucapione, in favore del COGNOME, dei beni appartenenti alla detta società, distinti dai mappali 692 e 1032 (cfr. in particolare, punto n. 5 delle conclusioni del COGNOME, riportate a pag. 2, e punto n. 4 di quelle di RAGIONE_SOCIALE, riportate a pag. 3), ha escluso la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’usucapione, configurando l’attore in riconvenzionale come mero
detentore, sulla scorta della valorizzazione del rapporto di tolleranza derivante dai legami di parentela esistenti tra il COGNOME NOME, il padre, NOME NOME, già amministratore di RAGIONE_SOCIALE e la madre, COGNOME NOME, insieme ai quali il medesimo COGNOME NOME aveva abitato nel compendio immobiliare oggetto di causa (cfr. pagg. 5 e ss. della sentenza impugnata).
In tal modo, la Corte distrettuale ha totalmente omesso di considerare la diversa posizione processuale assunta da RAGIONE_SOCIALE che non solo non si era opposta all’accoglimento della domanda riconvenzionale, ma (anzi) aveva espressamente affermato che il COGNOME NOME aveva usucapito i beni a lei catastalmente intestati, costituiti dai mappali 692 e 1032. La motivazione della decisione impugnata, infatti, poggia sulla ravvisata esclusione della condizione di possessore, in capo al COGNOME NOME, sulla scorta dei suindicati rapporti societari e parentali, i quali tuttavia si riferiscono al rapporto corrente tra il detto attore in via riconvenzionale e la società RAGIONE_SOCIALE, che aveva agito in primo grado invocando il regolamento dei confini. A tale iniziale domanda aveva fatto seguito la riconvenzionale di usucapione, proposta dal COGNOME non soltanto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, ma anche di RAGIONE_SOCIALE La domanda spiegata dall’attore in via riconvenzionale, quindi, era duplice: per una parte, essa era diretta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, mentre per altra parte era rivolta in danno di RAGIONE_SOCIALE Relativamente a quest’ultima parte, la Corte di Appello ha omesso di pronunciarsi, incorrendo nel lamentato vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c., senza peraltro avvedersi che la predetta RAGIONE_SOCIALE aveva a sua volta proposto appello avverso la decisione di prime cure, invocandone la riforma proprio in senso favorevole al Danieli, e dunque riconoscendo, limitatamente ai cespiti di pertinenza di detta società, l’intervenuta usucapione in favore dell’odierno ricorrente.
Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza di un evento idoneo a realizzare l’interversione nel possesso, a fronte della pacifica utilizzazione dell’intero complesso immobiliare oggetto di causa per scopo abitativo, prima da NOME NOME, e poi dal figlio, NOME, odierno ricorrente.
Per quel che concerne il rapporto processuale corrente tra ricorrente e RAGIONE_SOCIALE, la censura è inammissibile, posto che nella fattispecie si configura una ipotesi di cd. doppia conforme, con conseguente preclusione della possibilità di dedurre il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Va evidenziato, al riguardo, che non si ravvisa, nel caso di specie, una decisione di seconde cure fondata su una ratio diversa da quella posta a sostegno della sentenza di prima istanza, in quanto sia il Tribunale che la Corte di Appello hanno ravvisato il mancato conseguimento, da parte del Danieli, dei presupposti di fatto richiesti dall’ordinamento per il riconoscimento dell’usucapione, rappresentati dal possesso uti dominus protratto per un periodo di oltre venti anni. Il Tribunale, infatti, ha escluso la sussistenza di detti elementi ritenendo che le prove acquisite non avessero dimostrato l’esercizio del possesso ultraventennale, e la Corte di Appello ha, a sua volta, escluso la configurabilità del possesso utile ad usucapionem , sulla base dell’assunto che la relazione con la cosa aveva avuto inizio in forza della tolleranza legata ai rapporti societari e parentali esistenti tra l’attore in via riconvenzionale, il padre, già amministratore di RAGIONE_SOCIALE, e -per quanto di ragione- la madre, NOME. Entrambe le motivazioni attengono alla ravvisata inesistenza della condizione di possesso uti dominus richiesta dall’art. 1158 c.c. e dunque sono fondate sulla medesima ratio decidendi. La
disposizione preclusiva di cui all’art. 348 ter c.p.c., dunque, è pienamente operante nel caso di specie, relativamente al rapporto processuale corrente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Nei riguardi, invece, del distinto rapporto corrente tra il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE, la censura è evidentemente assorbita per effetto dell’accoglimento del primo motivo, poiché il giudice del rinvio dovrà valutare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento, in favore del COGNOME, dell’usucapione dei terreni già appartenenti a RAGIONE_SOCIALE, anche alla luce del riconoscimento della pretesa del primo desumibile dalla condotta processuale di quest’ultima società.
Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 101 c.p.c. e della nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe deciso la controversia dando rilievo a rapporti familiari e societari che non erano mai stati discussi nel corso del giudizio di merito.
La censura è infondata, in relazione al rapporto processuale corrente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Per configurarsi violazione dell’art. 101 c.p.c. occorre che il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su una questione che non aveva mai costituito oggetto del contraddittorio tra le parti. Nel caso di specie, invece, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’usucapione invocata dall’odierno ricorrente rientrava a pieno titolo nel thema decidendum della causa; la Corte di Appello, dunque, nell’escludere la configurabilità del possesso, ricostruendo il rapporto con la res in termini di detenzione, non si è affatto pronunciata su una questione non compresa nell’ambito del contraddittorio esercitato tra le parti.
Quanto invece al rapporto corrente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la censura è assorbita dall’accoglimento del primo motivo.
In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso, con parziale assorbimento degli altri due, limitatamente al rapporto processuale corrente tra Danieli e RAGIONE_SOCIALE In relazione, invece, al distinto rapporto processuale corrente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, il secondo motivo va dichiarato inammissibile ed il terzo va rigettato.
La sentenza cassata va di conseguenza cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione.
Il giudice del rinvio dovrà riesaminare il merito della controversia, limitatamente al solo rapporto corrente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e dunque con esclusivo riferimento ai beni di proprietà di quest’ultima, per accertare se, anche alla luce della condotta processuale serbata dalla società convenuta, odierna intimata, e dal riconoscimento della pretesa del COGNOME ravvisabile nel contenuto dell’impugnazione proposta autonomamente da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di prime cure, si possano configurare i presupposti per il riconoscimento, in favore dell’odierno ricorrente, dell’invocata usucapione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, con parziale assorbimento del secondo, che dichiara nel resto inammissibile, e del terzo, che rigetta per la restante parte. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda