Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7877 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7877 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16161 R.G. anno 2021 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME NOME COGNOME , rappresentati e difesi dall’avvocato NOME e dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliat i presso quest’ultimo ;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliat o presso l’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 676/2021 depositata il 31 marzo 2021 della Corte di appello di Bologna.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 gennaio 2024
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza del 27 giugno 2017 il Tribunale di Modena ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dal RAGIONE_SOCIALE in liquidazione contro NOME COGNOME, amministratore della società fallita, e contro i sindaci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME: domanda diretta ad ottenere la condanna solidale dei convenuti al ristoro di un pregiudizio patrimoniale quantificato in euro 976.394,65, pari alla differenza tra l’attivo ed il passivo fallimentare.
Il Tribunale ha osservato che la responsabilità dei convenuti era fondata, in via principale, sul mancato accertamento dell’integrale perdita del capitale della società, almeno alla data di approvazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2008 e, in secondo luogo, sulla tardiva richiesta di fallimento. Ha rilevato il Giudice di prima istanza che nondimeno dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in corso di causa era emerso che, contrariamente a quanto dedotto dalla curatela, sussistevano le condizioni per lo stanziamento delle imposte anticipate relative ai compensi di amministratore (euro 41.250,00) e alle perdite fiscali (euro 199.075,00), oltre che ad altre voci (euro 3.601,00). In più, nonostante non fosse corretta l’iscrizione delle imposte anticipate sugli interessi passivi non deducibili e nonostante l’analisi della situazione patrimoniale e finanziaria avesse dovuto indurre la società, in sede di redazione del bilancio al 31 dicembre 2008, a svalutazioni di crediti per un ammontare compreso tra euro 181.282,00 ed euro 202.907,00, alla data del 31 dicembre 2008 sussisteva un patrimonio netto residuo di euro 411.281,00 che, anche ridotto di euro 49.956,00 (per imposte anticipate sugli interessi passivi) e di euro 202.907,00 (per svalutazione di crediti), si manteneva positivo per euro 158.418,00. Di qui, ad avviso del Tribunale, l’eventuale configurazione della fattispecie prevista dall’art. 2446 c.c., ma non di quella
dell’integrale perdita del capitale sociale. La pronuncia si è soffermata, poi, sui rilievi critici alla consulenza tecnica formulati dalla curatela spiegando come gli stessi dovessero ritenersi privi di fondamento.
– Proposto appello, la Corte di Bologna ha riformato la sentenza di primo grado e condannato gli eredi di NOME COGNOME al risarcimento del danno, liquidato in euro 170.000,00, oltre interessi. La statuizione di condanna si fonda sull’illegittimo rimborso del finanziamento di euro 170.000,00 che il detto COGNOME, quale amministratore della società, aveva disposto in proprio favore. Dopo aver evidenziato che il Giudice di primo grado non aveva preso in esame la questione, «menzionata in appello» dal RAGIONE_SOCIALE, la Corte distrettuale ha concluso nel senso che il credito relativo al rimborso andava postergato ai sensi dell’art. 2467 c .c .; in conseguenza – si legge nella sentenza di appello -, « l’illegittimo suo rimborso ha determinato la diminuzione del patrimonio di RAGIONE_SOCIALE di euro 170.000,00, dovendosi presumere che tale danaro sarebbe andato ad incrementare il patrimonio attivo e liquidabile in favore dei creditori sociali». La Corte di merito, per il resto, ha reputato infondate le do glianze del RAGIONE_SOCIALE relative all’ille gittime appostazioni contabili attive e negato che ai sindaci potesse essere imputato alcunché con riguardo al rimborso del finanziamento di cui si è appena detto.
– Avverso tale pronuncia ricorrono per cassazione, con due motivi, NOME, NOME e NOME COGNOME, nonchè NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME. Resiste con controricorso la curatela. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo è così rubricato: «Violazione o erronea applicazione, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., degli artt. 112, 342 e 346 c.p.c., per avere la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accolto una parte della domanda del RAGIONE_SOCIALE ( id est : quella relativa al rimborso del finanziamento soci
disposto dall’ amministratore unico in proprio favore quale socio) che non era stata accolta dal Giudice di primo grado e che la procedura appellante non aveva ripresentato, tanto meno con uno specifico motivo d’appello, nel relativo gravame ».
Il secondo mezzo reca questa titolazione: «Violazione, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., del disposto di cui all’art.2467 c.c. per avere la Corte di appello di Bologna ritenuto sussistente il presupposto della postergazione del credito dell’amministratore unico per il finanziamento soci in assenza dei requisiti richiesti dalla norma, richiamando documenti del tutto irrilevanti ed un documento prodotto tardivamente dal fallimento. Omesso esame, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere, inoltre, la Corte di appello di Bologna trascurato di considerare che l’istruttoria espletata nel corso del giudizio di primo grado aveva consentito di escludere, nel periodo rilevante ai sensi dell ‘art. 2467 c.c., lo squilibrio economico finanziario della società, come peraltro recepito nella sentenza del Tribunale di Modena, il cui capo non è stato minimamente censurato ed è pertanto passato in giudicato».
2. ─ Il primo motivo è fondato e ciò determina l’assorbimento del secondo.
Si ricava dalla sentenza impugnata (pagg. 4 s.) che nessuno dei motivi di appello concerneva il tema del rimborso del finanziamento e del regime di postergazione del credito relativo.
La sentenza di primo grado, d’altro canto, non ebbe a pronunciarsi su tale profilo della vicenda occorsa: la pronuncia della Corte di merito non menziona alcun passaggio della decisione del Tribunale in cui sia stata affrontata la questione relativa al rimborso del finanziamento e l’esame di quest’ultima pronuncia ─ resa possibile dalla natura processuale del vizio denunciato ─ conferma che il primo Giudice non ebbe a rendere alcuna statuizione sul punto.
Ora, l’omessa pronuncia su una domanda (o su un punto di essa) non può essere oggetto di mera riproposizione ex art. 346 c.p.c. ma deve essere denunciata, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., con la formulazione di uno specifico motivo di appello, mediante il quale si deduca l’errore commesso dal giudice di primo grado, sebbene la specificazione delle ragioni poste a fondamento di tale motivo possa esaurirsi nell’evidenziare l’omessa decisione sulla domanda ritualmente proposta (Cass. 12 febbraio 2016, n. 2855). Il tema che qui interessa avrebbe dovuto essere dunque investito da impugnazione da parte della curatela fallimentare: ciò che non è però avvenuto.
Mette conto di aggiungere che l’atto di appello dell’odierno controricorrente non avrebbe soddisfatto nemmeno l’onere di riproposizione della domanda attrice , per come contemplato dall’art. 346 c.p.c.: onere cui la Corte di appello pare alludere, allorquando conferisce rilievo alla semplice menzione, in appello, della relativa questione. Ribadito che, venendo in questione un’omessa pronuncia, era comunque necessario impugnare la sentenza di primo grado, deve osservarsi che in materia di procedimento civile, in mancanza di una norma specifica sulla forma nella quale l’appellante che voglia evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c. deve reiterare le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse: tuttavia, pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (Cass. 13 novembre 2020, n. 25840; Cass. 11 maggio 2009, n. 10796). Ebbene, il controricorrente, nel proprio atto di appello, ebbe a ricordare che nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado era stato evidenziato che NOME COGNOME si era appropriata della somma di euro 170.000,00: somma corrispondente a quanto a lui spettante a titolo di rimborso di
un finanziamento operato in favore della società il 3 luglio 2008. Tale rilievo risulta inserito in una parte dell’atto in cui si dà conto dello svolgimento della vicenda processuale . E’ conseguentemente escluso che nella circostanza la curatela fallimentare ebbe a manifestare l’intendimento di ottenere una pronuncia sulla detta domanda. Né rileva che la questione fosse stata nuovamente affrontata dall’attuale controricorrente nella comparsa conclusionale di appello (così la sentenza impugnata, a pag. 11) , giacché l’onere di riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, va adempiuto con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza (Cass. Sez. U. 21 marzo 2019, n. 7940).
3 . -La sentenza va quindi cassata; con decisione nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c., sono respinte le domande attrici.
-Quanto alle spese di giudizio, quelle di legittimità vanno poste a favore dei controricorrenti; analoga decisione si impone con riguardo a quelle del giudizio di merito. Esse sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande attrici; condanna parte controricorrente al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna lo stesso RAGIONE_SOCIALE controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di merito in favore dei ricorrenti odierni, liquidandole, per il primo grado in euro 11.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, e per l’appello in euro
12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione