Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30848 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30848 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
Oggetto: Preliminare di vendita Risoluzione e riduzione del prezzo Offerta.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34543/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, in persona del liquidatore giudiziario NOME COGNOME e del liquidatore della società stessa, e RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME.
-ricorrenti – contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
-intimati –
Avverso la sentenza n. 1022 resa dalla Corte d’Appello di Firenze, pubblicata il 29/4/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con distinti atti di citazione, ambedue notificati il 30/03/2000, NOME COGNOME e NOME COGNOME da una parte, e NOME COGNOME dall’altra, convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Firenze, Sezione distaccata di Pontassieve, la RAGIONE_SOCIALE onde ottenere il trasferimento coatto ex art. 2932 cod. civ. degli immobili, facenti parte dell’edificio posto in Barberino del Mugello e costituenti oggetto di rispettivi contratti preliminari, e accertarne giudizialmente il giusto minor prezzo da essi dovuto, esponendo, quanto ad COGNOME e COGNOME, che, al momento della stipula degli atti definitivi di trasferimento, era emersa la sussistenza di gravosi vincoli a carico dell’edificio e dunque delle singole unità esclusive, a favore di uno dei condomini, titolare di diritti concessi proprio dalla parte promittente la vendita e non denunciati, e, quanto a NOME COGNOME, che erano emersi dei vizi nelle opere edili svolte dalla cooperativa nell’unità immobiliare a lui promessa in vendita. Quest’ultimo chiese, altresì, che venisse accertato l’ammontare dei lavori da lui eseguiti a sua cura e spese, sebbene fossero inclusi e conteggiati nel capitolato allegato alla promessa di vendita, con proporzionale riduzione del prezzo.
Con sentenza n. 1/05, il Tribunale, dopo aver dichiarato l’inammissibilità della domanda riconvenzionale svolta dalla cooperativa, rigettò quella di COGNOME NOME e COGNOME NOME e accolse parzialmente quella di COGNOME NOME, riducendo il prezzo pattuito nel preliminare di € 4.615,62.
In seguito ad appello interposto da tutti gli attori del primo grado, la Corte d’Appello di Firenze rigettò sia il gravame proposto, sia l’appello incidentale svolto dalla RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 121/2010, che, impugnata dai medesimi davanti a questa Corte, con notifica sia al fallimento della cooperativa, sia alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in concordato preventivo, fu cassata da questa Corte con sentenza n. 3855/2016, che, accogliendo il quarto
motivo di ricorso, rinviò ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze.
Il giudizio di gravame, instaurato da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME con citazione in riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. del 28/03/2017, si concluse, nella resistenza del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore, e della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in concordato preventivo, che propose a sua volta appello incidentale condizionato per i danni, con la sentenza n. 1022/2019, pubblicata il 29/04/2019, con la quale la Corte d’Appello di Firenze dispose in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME il trasferimento della piena proprietà del bene immobile oggetto della promessa di vendita del 7/3/1998, subordinando l’effetto traslativo al versamento delle residue somme dovute, detratti gli acconti versati, dispose, in favore di NOME COGNOME il trasferimento della piena proprietà del bene oggetto della promessa di vendita del 14/07/1998 per il residuo prezzo dovuto da preliminare, detratta la somma di euro 4.615,62 e gli acconti versati, respinse l’appello incidentale della CRAGIONE_SOCIALE in liquidazione e concordato preventivo, ordinò al Conservatore dei Registri Immobiliari di trascrivere la sentenza, respinse la richiesta di condanna ex art. 96 cod. proc. civ. nei confronti degli appellanti, compensò le spese legali di tutte le parti in causa di tutti i gradi di giudizio e condannò tutte le parti al pagamento delle spese della c.t.u., ponendole per il 50% a carico di COGNOME e COGNOME e per il restante 50% a carico di COGNOME e Fallimento, ciascuno per la metà.
Contro la predetta sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, illustrato anche con memoria. COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME sono rimasti intimati.
Considerato che :
1.1 Col primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 394 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 384 cod. proc. civ. e all’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito non si erano attenuti al principio di diritto affermato da questa Corte nella sentenza n. 3855/16, secondo cui, proposte cumulativamente e contestualmente domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di vendita e domanda di riduzione del prezzo per vizi della res , l’offerta del prezzo prevista dal secondo comma dell’art. 2932 cod.civ. non è necessaria quando il pagamento non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo, avendo accolto la domanda degli attori, trasferendo la proprietà dell’immobile, senza prima accertare l’esigibilità della prestazione del pagamento del prezzo e la sussistenza o meno, in capo agli attori, dell’obbligo di fare l’offerta ai sensi del secondo comma dell’art. 2932 cod. civ.. Ad avviso della ricorrente, entrambi gli attori avrebbero, invero, dovuto fare l’offerta, giacché entrambi i contratti ponevano a loro carico l’obbligo di pagare il saldo del prezzo pattuito entro un certo lasso di tempo dalla consegna delle unità immobiliari, avvenuta per entrambi venti anni prima, ossia il 20/4/1999, e non dal rogito, adempimento che era rimasto inadempiuto quanto ad COGNOME e COGNOME e adempiuto tardivamente e per un importo inferiore, pari a 50 milioni di lire (e non 50.000,00 euro, come affermato in sentenza), e, dunque, in ragione di ciò rifiutato.
1.2 Il primo motivo è fondato.
Si osserva, innanzitutto, come questa Corte, con la sentenza n. 26/2/2016, n. 3855, resa nel medesimo giudizio tra le stesse parti, dopo avere rigettato i primi tre motivi, proposti dai promissari acquirenti in merito alla sussistenza di vincoli e oneri gravanti sugli immobili compromessi, aveva dato risposta alla censura con la quale i medesimi ricorrenti avevano lamentato la violazione dell’art.
2932 cod.civ., per avere i giudici di merito ritenuto che l’ammissibilità e fondatezza della domanda di esecuzione specifica di concludere il contratto fosse ravvisabile soltanto se la parte attrice avesse offerto l’adempimento della propria obbligazione negli stessi termini stabiliti nel contratto rimasto ineseguito, affermando che il promissario acquirente, proposta congiuntamente l’azione costitutiva ex art. 2932 cod. civ., diretta all’emissione della sentenza che stia in luogo del consenso negoziale mancato, e quella di riduzione del prezzo per vizi della cosa promessa in vendita, non è tenuto a procedere previamente all’offerta, quale condizione dell’azione, ai sensi del secondo comma dell’art. 2932 cod. civ., allorché il pagamento del prezzo debba seguire o essere coevo alla stipula del contratto definitivo, non essendo tale adempimento necessario quando il pagamento, quale che risulti il prezzo ancora dovuto all’esito dell’accertamento sull’esistenza dei vizi della cosa venduta, non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo.
Orbene, i giudici di merito, dopo avere citato il predetto principio, hanno accolto la domanda proposta dai promissari acquirenti senza neppure esaminare cosa prevedessero i contratti preliminari dagli stessi sottoscritti in ordine ai termini fissati per il pagamento del saldo del prezzo, salva la posizione di NOME COGNOME rispetto al quale hanno affermato, con riguardo agli interessi, che quelli dovuti da quest’ultimo avrebbero dovuto essere calcolati sulla somma dovuta, decurtata di quella di 50.000,00 euro da lui offerta banco judicis e rifiutata dalla controparte.
In tal modo, i giudici di merito non si sono attenuti affatto al principio di diritto, al quale erano vincolati, che era stato affermato da questa Corte proprio in merito a questo specifico profilo e rispetto al quale non vi era stato, peraltro, alcun precedente accertamento sui presupposti di fatto da esso assunti come pacifici o già definitivamente accertati in sede di merito (Cass., Sez. 3,
13/7/2006, n. 15952; Cass., Sez. 1, 14/1/2019, n. 636), atteso che, come si legge nella sentenza di legittimità, la domanda di esecuzione in forma specifica era stata rigettata in quanto non era stata offerta l’esecuzione della controprestazione pattuita dalle parti, ritenuta non compatibile con un’azione di riduzione del prezzo, senza che venisse, però, accertato se il pagamento fosse esigibile prima della stipula del definitivo.
I giudici di merito, così facendo, si sono del resto posti in contrasto coi principi affermati da questa Corte in merito all’operatività dell’offerta di cui alla norma in esame, secondo cui, ai fini dell’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., è sufficiente la semplice offerta non formale di esecuzione della prestazione in qualsiasi forma idonea a manifestare la relativa volontà soltanto se le parti abbiano previsto il versamento del prezzo o del residuo dello stesso contestualmente alla stipula del contratto definitivo, potendosi detto requisito dirsi integrato anche con la stessa domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, in quanto in essa implicito (in questi termini Cass., Sez. 2, 5/6/2018, n. 14372), mentre se detto versamento deve precedere la conclusione del contratto definitivo, la parte è obbligata, alla scadenza del termine pattuito, al pagamento, da eseguirsi nel domicilio del creditore (artt. 1183 e 1498 cod. civ.) o da offrirsi formalmente nei modi previsti dalla legge (artt. 1208 e 1209 cod. civ.), non sussistendo, in tale ipotesi, nessuna ragione che giustifichi la sussistenza dell’offerta informale, giacché, in caso contrario, colui che è tenuto al pagamento è da considerarsi inadempiente e non può ottenere il trasferimento del diritto, ove la controparte sollevi l’eccezione di cui all’articolo 1460 cod. civ. (Cass., Sez. 2, 29/10/2018, n. 27342; Cass., Sez. 2, 13/12/2007, n. 26226; Cass., Sez. 2, 19/8/1998, n. 8196).
Per quanto detto, la censura deve trovare accoglimento.
Col secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 111 Cost. per motivazione inesistente, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano del tutto omesso di motivare sul duplice accertamento afferente, per un verso, all’esistenza dei vizi della cosa venduta, altrimenti non avrebbe avuto senso la domanda quanti minoris , e, per altro verso, all’esigibilità o meno del pagamento del residuo prezzo prima della conclusione del contratto definitivo, altrimenti non sarebbe stata possibile la stessa esistenza del cumulo delle domande, sicché l’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica era rimasta priva di argomentazioni idonee a rendere percepibile il fondamento della decisione.
Col terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 2932 cod.civ., in relazione agli artt. 1482, 1489 e 1490 cod.civ., per omessa motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto che il prezzo dovuto da NOME COGNOME andasse diminuito della misura di euro 4.615,62, così sostanzialmente asserendo l’esistenza di vizi della cosa compromessa e legittimando la domanda di riduzione del prezzo, mentre non avevano considerato che sull’esistenza di vizi vi era stata una pronuncia di rigetto passata in giudicato, sicché quell’importo non era collegato alla sussistenza di oneri o diritti reali o personali idonei a diminuire il godimento del bene, ma al minor costo dei lavori eseguiti dallo stesso nell’appartamento compromesso.
I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto afferenti al medesimo thema decidendum della omessa decisione e motivazione sui vizi della cosa venduta, sono entrambi inammissibili.
Risulta dalla sentenza impugnata che il Tribunale, con sentenza n. 1/05, aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda
riconvenzionale della C.RAGIONE_SOCIALE, rigettato quella proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME e accolto parzialmente soltanto quella di NOME COGNOME, riducendo il prezzo della misura di euro 4.615,62, che la Corte d’Appello aveva respinto sia l’appello principale, sia quello incidentale e che il giudizio di cassazione aveva rigettato i primi tre motivi, afferenti agli oneri asseritamente gravanti sugli immobili compromessi, accogliendo soltanto la censura riguardante, come si è visto, la reiezione delle domande di adempimento in forma specifica sotto il profilo dell’offerta di pagamento del prezzo, mentre né nella sentenza di appello, né nella pronuncia di legittimità si fa cenno alla riduzione del prezzo di vendita in favore di NOME COGNOME
Le censure, per la loro genericità, non consentono però di verificare se, rispetto alle questioni sollevate dai promissari acquirenti in ordine ai vizi dei beni compromessi e soprattutto in ordine alle ulteriori doglianze proposte da NOME COGNOME sulla mancata esecuzione di alcune opere, da lui realizzate poi a sue spese, si fosse già formato un giudicato e se, dunque, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, fosse o meno tenuta a pronunciarsi, in contrasto col principio secondo cui, ai fini della verifica dell’avvenuta impugnazione, o meno, di una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, la S.C. ha sì il potere-dovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se, rispetto alla questione su cui si sarebbe formato o meno il giudicato, la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa, ma solo se il ricorrente non solo deduca di aver ritualmente impugnato la statuizione, ma – per il principio di autosufficienza – indichi elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell’atto di appello a questo preciso proposito, non essendo tale vizio rilevabile
ex officio (Cass., Sez. 1, 15/3/2019, n. 7499; Cass., Sez. 1, 27/2/2017, n. 4908).
In ragione di ciò, deve dichiararsi l’inammissibilità delle censure.
5.1 Col quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 1224 cod.civ., in relazione anche all’art. 1220 cod.civ., e la violazione dell’art. 2932 cod.civ., anche in relazione all’art. 1224 cod.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano affermato che le somme residue dovute alla parte venditrice avrebbero dovuto essere maggiorate dei soli interessi legali, esclusa la somma di € 50.000,00 per la parte residua dovuta da COGNOME NOME, avendo la promittente venditrice rifiutato l’offerta di quell’importo banco judicis in primo grado, calcolate dalle rispettive scadenze, indicate nei preliminari al saldo effettivo, e che non potesse essere accolta alcuna ulteriore domanda del fallimento in ordine agli interessi di cui alla clausola n. 9 del preliminare, in quanto tutte le domande riconvenzionali di quest’ultimo erano state respinte da provvedimenti inoppugnabili. La ricorrente, dopo aver precisato che l’offerta banco judicis era avvenuta per l’importo di lire 50 milioni e non di € 50.000, ha obiettato che non potesse parlarsi di mora del creditore ex art. 1220 cod. civ. quando l’offerta fosse stata inferiore alla somma dovuta, come nella specie, essendo invece necessario il pagamento della totalità dell’importo dovuto, comprensivo di interessi e spese maturate fino all’offerta stessa, e che, in tal caso, la stessa non potesse produrre alcun effetto negativo sul calcolo degli interessi, attraverso la sua detrazione dall’importo su cui calcolarli. Inoltre, la sentenza definitiva che tenesse luogo del contratto definitivo non era idonea a modificare le pattuizioni contenute nel preliminare, che, anzi, avrebbero dovuto essere richiamate nello stesso provvedimento, sicché anche la misura degli interessi, pattuita nella clausola n. 9 che richiamava, per gli
interessi di mora, il tasso medio applicato dagli istituti di credito, avrebbe dovuto trovare applicazione nella specie.
5.2 Il quarto motivo, riguardante l’offerta di pagamento, è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
6.1 Col quinto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 111 Cost., relativamente alle domande proposte dal fallimento e dalla RAGIONE_SOCIALE.r.lRAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., per avere i giudici di merito respinto l’appello incidentale condizionato – col quale era stata chiesta la condanna di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nel caso di denegato accoglimento delle loro domande ex art. 2932 cod. civ., a versare immediatamente alla società RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo le somme residue dagli stessi ancora dovute in forza degli atti preliminari di vendita ‘rispettivamente in data 7/3/1988 e 14/7/1998, maggiorate della somma di euro 77.906,10 per Aiazzi e COGNOME e di euro 39.696,03 per COGNOME, per il risarcimento dei danni’, ‘condizionando il trasferimento dei beni all’effettivo pagamento di siffatte somme’, in ogni caso, a versare alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo sempre le somme predette o quelle maggiori o minori che risulteranno di giustizia, a titolo di risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ., condizionando sempre il trasferimento dei beni all’effettivo pagamento di siffatte somme’ e, in ogni caso, ‘al pagamento degli interessi nella misura prevista dalla clausola n. 9 dei contratti inter partes e quindi al tasso risultante dall’allegato 8 delle produzioni dalla RAGIONE_SOCIALE, a far data dalla scadenza delle singole rate e comunque dalla messa in mora del 22/9/1999′ e quindi al ‘pagamento di ulteriori € 72.161,41 o € 69.516,19 il signor COGNOME e € 79.488,60 o € 76.572,85 i signori COGNOME e COGNOME interessi calcolati alla data del 31/01/2018, oltre i successivi maturandi’ -, sostenendo che si fosse formato il giudicato in
seguito alla sentenza della Corte di Cassazione per i motivi precedentemente esposti e sancendo, nel dispositivo, l’inammissibilità della domanda, senza dar conto dei motivi per i quali aveva deciso in siffatto modo.
6.2 Il quinto motivo è infondato.
In disparte la contraddittorietà della denuncia, in un unico motivo, dei distinti vizi dell’omessa pronuncia e dell’omessa motivazione, atteso che il primo implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 5, 5/3/2021, n. 6150; Cass., Sez. L, 18/6/2014, n. 13866), la censura è certamente infondata.
I giudici di merito hanno infatti chiaramente preso posizione sul ricorso incidentale condizionato proposto dai liquidatori della società e lo ha respinto, ritenendolo improponibile per i ‘ motivi già precedentemente enunciati in ordine al giudicato formatosi a seguito della sentenza della Cassazione ‘, allorché aveva respinto le richieste riguardanti ‘ gli interessi legali di cui alla clausola n. 9 del preliminare ‘ in quanto ‘ tutte le domande riconvenzionali del Fallimento erano state respinte con provvedimenti ormai inoppugnabili ‘.
La correttezza di tale argomentazione è, del resto, chiaramente traibile dalla stessa descrizione dello svolgimento del processo contenuta nella sentenza impugnata, allorché è detto che, con la sentenza n. 1/05, il Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilità
della domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE, che, con la sentenza n. 121/2010, la Corte d’Appello aveva rigettato l’appello incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, che soltanto gli attori in primo grado (ossia NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) avevano proposto ricorso per cassazione, notificandolo al fallimento della RAGIONE_SOCIALE, nel frattempo fallita, e alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, mentre le altre si erano limitate a resistere con controricorso, che questa Corte, con la sentenza n. 3855/2016, aveva cassato la sentenza in relazione al solo quarto motivo, respinti gli altri, e rinviato ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze e che, soltanto in questa sede, i liquidatori della società, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano svolto appello incidentale condizionato, proponendo le azioni per le quali viene ora proposto il motivo in esame.
Appare allora evidente come le argomentazioni dei giudici, se lette nella loro integralità, diano chiaramente conto delle ragioni per le quali hanno considerato coperte da giudicato tutte le domande proposte dalla società, essendo state le stesse respinte nei gradi di merito, senza che sulle relative decisioni fosse stato proposto ricorso per cassazione.
Né, alla luce di quanto affermato in sentenza, può dirsi violato il principio del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., il quale, come noto, può individuarsi nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, e dunque di totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di
rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. 5, 6/5/2020, n. 8487; Cass., Sez. 6 – 3, 08/10/2014, n. 21257; Cass., Sez. 6 – 3, 20/11/2015, n. 23828; Cass., Sez. 2, 13/08/2018, n. 20721; Cass., Sez . 3, 12/10/2017, n. 23940), situazioni queste certamente insussistenti nella specie.
7.1 Col sesto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 96 cod. proc. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano omesso di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento proposta ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., senza considerare che questa era autonoma rispetto ad altre domande ed era fondata sul fatto che le controparti avevano occupato il bene da oltre vent’anni senza pagarne il prezzo e senza corrispondere gli oneri condominiali, continuando a proporre domande per vizi inesistenti e tali considerati dai giudici di merito, così da commettere un abuso del diritto finalizzato a procrastinare l’utilizzo del bene senza pagare il dovuto.
7.2 Il sesto motivo è infondato.
Occorre innanzitutto ricordare come la responsabilità processuale aggravata ex art. 96, comma secondo, cod. proc. civ., postuli, oltre alla consapevolezza dell’infondatezza della pretesa, l’accertamento in concreto della violazione del canone della normale prudenza dell’uomo di media diligenza secondo un giudizio di probabilità o prevedibilità dell’accoglimento della domanda, spettando in ogni caso la relativa valutazione al giudice di merito (Cass., Sez. 3, 12/10/2021, n. 27689; Cass., Sez. 3, 9/11/2017, n. 26515).
Con la censura in esame, la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sulla relativa domanda proposta, ma non tiene conto del fatto che i
giudici di merito hanno preso in esame la questione, ritenendo che non vi fossero i presupposti di legge per la condanna ex art. 96 cod. proc. civ., ciò che comporta la reiezione della censura.
8. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo, l’inammissibilità del secondo e del terzo, l’assorbimento del quarto e l’infondatezza del quinto e del sesto, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso limitatamente al primo motivo, dichiara l’inammissibilità del secondo e del terzo, l’assorbimento del quarto e l’infondatezza del quinto e del sesto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2/10/2024.