Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4786 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4786 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 32412 anno 2020 proposto da:
NOME COGNOME, Ditta individuale, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso.
ricorrente
contro
COMUNE DI NAPOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME COGNOME giusta procura in atti, elettivamente domiciliato presso la Casa Comunale in Napoli, INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 2590/2020 pubblicata in data 14/07/2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato in data 17/12/2014 COGNOME NOME, quale conduttrice dello Chalet giallo, sito in Napoli alla INDIRIZZO in virtù di contratto di locazione con decorrenza 1/9/1999, proponeva opposizione avverso l’avviso di accertamento contenente l’invito al pagamento di euro 115.274,81 per occupazione abusiva di uno spazio esterno prospiciente il detto chalet.
A sostegno del ricorso deduceva che il Comune di Napoli, con delibera numero 1380 del 07/05/1999, aveva approvato l’assegnazione in locazione dei nuovi chalet, tra i quali è lo Chalet giallo all’interno della restaurata villa comunale, comprensiva delle aree esterne di pertinenza (mq 120 per lo Chalet giallo). Pertanto, proprio in virtù della citata delibera, la ricorrente era stata autorizzata ad occupare liberamente e legittimamente l’area esterna, pari a metri quadri 120. Il Tribunale di Napoli rigettava l’opposizione rilevando che la delibera numero 1380/1999 non poteva legittimare l’utilizzo dell’area esterna, non potendo la stessa rivestire il valore di un contratto di locazione né di un provvedimento concessorio. La signora NOME COGNOME proponeva gravame avverso la sentenza del Tribunale che veniva respinto dalla Corte di appello di Napoli.
La Corte distrettuale, in primo luogo, riteneva che il tribunale avesse correttamente qualificato la domanda formulata dalla ricorrente, esaminando compiutamente le eccezioni proposte dalla signora COGNOME ossia verificando la legittimità dell’occupazione dell ‘ area esterna sulla base della delibera numero 1380/1999 negando alla stessa il valore di provvedimento legittimante l’occupazione anche alla luce del
contratto di locazione successivamente stipulato tra le parti che non comprendeva lo spazio esterno, ritenendo non provata la qualifica di bene rientrante nel patrimonio disponibile del Comune, con conseguente applicazione del Cosap.
Ad avviso della Corte di appello la debenza del Cosap si fondava sul contratto di locazione in cui si precisa espressamente che non rientra nella locazione l’area esterna prospiciente i locali che potranno essere oggetto di separato provvedimento di concessione in quanto non costituente pertinenza dei locali medesimi, con conseguente negazione della natura di bene rientrante nel patrimonio disponibile del Comune proprio in quanto soggetto a provvedimento concessorio ai fini della sua utilizzabilità da parte dei privati.
Il chiaro contenuto del contratto di locazione esclude in radice quanto indicato nella delibera comunale con cui l’amministrazione ‘si impegna a riassegnare in locazione’ alla signora COGNOME lo Chalet giallo costituito da una superficie di vendita di mq 27; una superficie di deposito di mq 5; una superficie di servizi igienici di mq 9; una superficie esterna di mq 120.
La sentenza veniva impugnata dalla signora COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso il Comune di Napoli.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte di Appello rigettato la domanda contenuta nell’atto di appello, ritenendo che il contendere abbia avuto ad oggetto la questione se il rapporto locativo tra le parti sia limitato all’immobile in cui si
svolge l’attività di pertinenza della predetta società o sia esteso anche all’area di pertinenza ad esso.
Ed invero, la domanda formulata dalla ricorrente non ha ad oggetto il contratto di locazione, ma la questione relativa alla applicabilità del Cosap all’area esterna a fronte di una delibera comunale che qualificava detta area come bene disponibile, avendola identificata congiuntamente allo Chalet giallo ai fini della assegnazione in locazione alla signora COGNOME.
Ad avviso della ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe erroneamente qualificato la domanda valutando il solo contratto di locazione senza accertare se all’area esterna potesse applicarsi o meno la Cosap sulla scorta della delibera n. 1380/99 che, si ripete, qualificava ad avviso della ricorrente l’area in questione come bene appartenente al patrimonio disponibile del Comune e quindi esente dal Cosap.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 822, 826, 828 c.c. e art 12 L. n. 241/90 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la Corte di Appello erroneamente applicato le norme in materia di demanialità dei beni anziché di patrimonio disponibile ed indisponibile.
La corte distrettuale in particolare qualifica come demaniale l’area in questione, in quanto ha affermato che la delibera di G.C. n. 1380/1999 non è idonea ad escludere la demanialità dell’area. (La corte invero sostiene che il bene non appartiene al patrimonio disponibile perché il suo uso è subordinato al provvedimento concessorio). Inoltre, ad avviso del ricorrente la circostanza che il contratto non ha previsto la locazione dell’area esterna non equivale a qualificare l’area come demaniale.
La sentenza sarebbe altresì viziata da un ulteriore profilo di
illegittimità laddove non tiene conto che il contratto di locazione non si è conformato alla delibera di assegnazione del bene comprensivo dell’area esterna alla signora COGNOME (in realtà la delibera impegna il comune che ha dato esecuzione alla stessa so lo con esclusione dell’area esterna che per essere legittimamente usata necessita di un autonomo contratto di locazione).
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli articoli 2699, 2700, 1591 c.c. nonché degli articoli 115, 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma primo, n.3 c.p.c. per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto provata la demanialità dello spazio esterno allo chalet, sostenendo che la delibera del Comune di Napoli non costituisce prova documentale preminente rispetto al contratto di locazione per quanto attiene alla qualificazione dello spazio esterno quale patrimonio disponibile dell’ente, nonché la violazione dell’articolo 63 del decreto legislativo 446/97 per avere la Corte d’appello ritenuto che all’area esterna pertinenziale per natura e qualità potesse essere applicato il Consap.
Con il quarto ed ultimo motivo si deduce la violazione dell’articolo 2967 c.c. e degli articoli 115, 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 5 c.p.c. per avere la Corte d’appello ritenuto assolto l’onere della prova da parte della resistente. In particolare, l’avviso di pagamento risulta illegittimo perché dalla semplice lettura dell’articolo 3 del regolamento Cosap l’area esterna non rientra tra i beni tipizzati dalla norma ed in particolare nell’ambito della nozione di suolo pubblico, come qualificata dalla Corte di appello.
I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente attenendo a frammenti di un’unica censura concernente la natura dell’area esterna allo Chalet ai fini della applicazione
del Cosap.
Va premesso che le censure sono tutte incentrate sulla questione della prevalenza della delibera di Giunta Comunale rispetto al successivo contratto di locazione.
La Corte di Appello ha correttamente ritenuto assoggettabile a Cosap l’area in questione , nella misura in cui è stato stipulato fra le parti un contratto di locazione ad hoc in esecuzione del deliberato con il quale l’amministrazione si era impegnata a riassegnare i beni, compresa l’area esterna alla signora COGNOME.
L ‘amministrazione ha dato concreta esecuzione all’atto prodromico al contratto solo con riferimento allo Chalet e non all’area esterna di mq . 120 che, pertanto, è stata contrattualmente esclusa dalla locazione. Ciò in quanto l’area appartenente al patrimonio indisponibile del Comune non poteva essere data in uso al privato, se non in virtù di un provvedimento concessorio cui sarebbe acceduto un atto convenzionale per la regolamentazione dei rapporti fra le parti.
Orbene, in assenza di provvedimento ampliativo di natura concessoria, il bene è legittimamente rimasto nella piena disponibilità giuridica del Comune, con conseguente obbligo del privato che l’ha occupato abusivamente in ordine al pagamento del canone di occupazione di suolo pubblico.
D’altra parte, correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto che, se si ritiene che l’area esterna è al di fuori del territorio della villa comunale, non può effettivamente escludersi che essa abbia natura di suolo pubblico, non potendo, in tutta evidenza, sorreggere la diversa conclusione del ricorrente la previsione di cui all’ultima parte dell’articolo 3 del regolamento COSAP, che espressamente si riferisce a spazi ed aree
ricadenti all’interno di parchi e giardini pubblici.
Se, di contro, si ritiene che l’area esterna allo chalet si trov i all’interno della villa comunale, la natura di suolo pubblico della stessa non è esclusa dalla previsione di cui al citato articolo 3 del regolamento COSAP. Quest’ultimo fa, infatti, riferimento a spazi ed aree utilizzate per l’erogazione dei servizi a domanda individuale e tale non può essere considerata l’area esterna di uno chalet. Infatti, l’elencazione dei servizi (pubblici) a domanda individuale è contenuta nel D.M. 31 dicembre 1983 (Mi nistero dell’Interno), emanato in attuazione della legge n. 131/1983 e tra questi non figurano affatto gli chalet. Essi, infatti, sono: case di riposo e di ricovero, alberghi e bagni pubblici, asili nido, giardini zoologici e botanici, impianti sportivi (piscine, campi da tennis, di pattinaggio e simili), mense, mercati e fiere, parcheggi custoditi e parchimetri, teatri e musei, trasporti funebri e illuminazioni votive.
In conclusione, i tre motivi vanno respinti.
Per quanto concerne il quarto ed ultimo motivo è da rilevarsi la sua inammissibilità stante la doppia pronuncia conforme che esclude la censurabilità della pronuncia di secondo grado ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte
del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,