Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18780 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18780 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1907/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALEa CORTE di CASSAZIONE, pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE) e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALEa CORTE di CASSAZIONE,
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 2960/2020 depositata il 03/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio NOME COGNOME prospettando che, a seguito RAGIONE_SOCIALEa morte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME , socio di maggioranza e amministratore unico RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, la compagine sociale RAGIONE_SOCIALEa società era stata costituita dalla moglie NOME COGNOME, titolare di una quota del 35,5%, dal figlio NOME COGNOME per il 32,25% e dal figlio NOME COGNOME per il residuo 32,25%; che l’intero capitale era costit uito principalmente da una prestigiosa villa unifamiliare ubicata in INDIRIZZO, con affaccio panoramico; che nell’aprile 2003 l’allora socio NOME COGNOME, senza alcuna autorizzazione, aveva occupato la villa per adibirla a sua stabile abitazione esclusiva, pur mantenendo la sua residenza anagrafica a Napoli e malgrado l’immobile fosse destinato alla vendita per dirimere situazioni di conflitto tra gli eredi; che il convenuto aveva occupato la villa senza corrispondere alcuna somma, senza effettuare l ‘ordinaria manutenzione e senza neppure ottemperare né al versamento degli oneri condominiali, né al pagamento RAGIONE_SOCIALEe imposte con ciò tenendo una condotta talmente grave da condurre la società a deliberare la sua esclusione dalla compagine sociale; tutto ciò premesso la società convenne in giudizio NOME COGNOME per
sentirlo condannare al rilascio RAGIONE_SOCIALE‘immobile e al risarcimento dei danni per l’illegittima occupazione per il periodo 1/6/2003 -31/5/2009;
il COGNOME si costituì in giudizio chiedendone la sospensione stante la pendenza RAGIONE_SOCIALEa causa di impugnazione RAGIONE_SOCIALEa delibera con la quale era stato escluso dalla compagine sociale e chiese comunque il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda;
il Tribunale adito, ammesse prove testimoniali e CTU al fine di calcolare il valore locatizio RAGIONE_SOCIALE‘immobile, accolse la domanda, condannando il COGNOME al rilascio RAGIONE_SOCIALE‘immobile e al pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di € 10.081,11 oltre interessi a titolo di risarcimento dei danni e di € 89.116,00 oltre interessi legali a titolo di indennità di occupazione dal 2008;
NOME COGNOME propose appello principale e la società appello incidentale e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 3926 pubblicata in data 3/9/2020, ha rigettato entrambi i gravami, compensando per metà le spese del grado e condannando l’appellante principale alle spese per l’altra metà ;
avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
la società RAGIONE_SOCIALE (già denominata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE) resiste con controricorso;
il AVV_NOTAIO ha formulato proposta di definizione anticipata del giudizio nel senso RAGIONE_SOCIALEa inammissibilità del ricorso;
a seguito RAGIONE_SOCIALEa comunicazione RAGIONE_SOCIALEa proposta, la parte ricorrente ha chiesto tempestivamente tramite il difensore munito di nuova rituale procura la decisione del ricorso. Il Collegio rileva, peraltro, che alla richiesta di definizione ed alla conseguente fissazione RAGIONE_SOCIALEa trattazione
ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1. c.p.c., parte ricorrente non ha fatto seguire deposito di memoria, che, invece, è stata depositata dalla controparte. La mancanza di deposito RAGIONE_SOCIALEa memoria e, dunque, l’assenza di deduzione RAGIONE_SOCIALEe contestazioni avverso il tenore RAGIONE_SOCIALEa proposta, poiché la richiesta di definizione di cui al secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis c.p.c. non deve essere motivata, non implica che questo Collegio debba definire il giudizio condividendo automaticamente l’esito indicato dalla proposta. Tanto deriva dalla circostanza che il giudizio di cassazione, quando viene formulata la proposta di definizione anticipata ed ha luogo la richiesta di decisione, rimane un giudizio nel quale la decisione dev’essere resa e dunque motivata dal Collegio, il quale, dunque deve anzitutto indicare se condivide le ragioni RAGIONE_SOCIALEa proposta e solo se le condivide definire il giudizio in conformità, altrimenti dovendo decidere comunque esprimendo la diversa valutazione che merita il ricorso e, quindi, la conseguente decisione.
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1803 c.c. 1809, 2° co. c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 1810 c.c. (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.) il ricorrente lamenta che la corte del merito non ha accolto il motivo di appello con cui aveva chies to l’accertamento RAGIONE_SOCIALEa sussistenza di un giusto titolo detentivo derivante dalla destinazione RAGIONE_SOCIALE‘immobile a casa familiare; la corte non ha rilevato che egli aveva convissuto con la madre e che aveva continuato ad occupare la casa familiare anche dopo il trasferimento RAGIONE_SOCIALEa madre ad Avellino, non avendo egli costituito un nucleo familiare autonomo; la corte avrebbe dovuto concludere che, in mancanza di risoluzione RAGIONE_SOCIALE‘originario contratto di comodato, il comodatario era rimasto nella casa familiare e ch e, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1809 c.c., essendo il termine correlato alla
finalità abitativa, il contratto avrebbe potuto dirsi risolto solo in caso di un sopravvenuto urgente ed imprevisto bisogno del comodante;
con il secondo motivo -omessa pronunzia sul motivo di impugnazione RAGIONE_SOCIALEa nullità RAGIONE_SOCIALEa CTU e RAGIONE_SOCIALEa sentenza ex art. 112 cpc ed art. 195 co. 3 cpc (360, co. 1 n. 4 c.p.c.)- il ricorrente lamenta la pretesa omissione di pronuncia sulla nullità RAGIONE_SOCIALEa consulenza;
il Collegio ritiene che quanto trasfuso nella proposta sia pienamente condivisibile;
si rileva che la proposta di definizione ha avuto il seguente tenore:
<>;
questo riportato essendo stato il tenore RAGIONE_SOCIALEa proposta di definizione, si deve rilevare che, effettivamente, il primo motivo, pur riproducendo e dunque evocando nelle pagine 11-13 una parte RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, di seguito, nella parte che dovrebbe esprimere la critica, non individua le parti di essa che dovrebbero implicare la dedotta violazione e nemmeno la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALEe norme indicate nella intestazione. L’illustrazione si risolve solo nel prospettare, come pure osservato dalla proposta di
definizione una sollecitazione a rivalutare risultanze fattuali RAGIONE_SOCIALEe quali, RAGIONE_SOCIALEe quale, peraltro, nemmeno si fornisce -ed è questo rilievo aggiuntivo l’indicazione specifica nei termini prescritti dall’art. 366 n. 6 per come interpretato (nel testo applicabile ratione temporis ) dalla giurisprudenza di questa Corte;
il motivo è stato dunque correttamente valutato inammissibile; la sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado e ritenuto che, pur essendo stata la villa adibita a casa familiare del defunto RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, dopo la morte del medesimo le quote RAGIONE_SOCIALEa società erano cadute in successione ma non vi era mai stato un tacito consenso RAGIONE_SOCIALEa società all’occupazione esclusiva RAGIONE_SOCIALE‘immobile da parte di NOME COGNOME; in particolare l’occupazione doveva considerarsi sine titulo dal 2008, anno in cui la madre NOME COGNOME, con cui il figlio NOME aveva convissuto per un breve periodo, aveva lasciato la villa per trasferirsi ad Avellino; da quel momento l’occupazione esclusiva, cui la società non aveva mai prestato acquiescenza, era divenuta a tutti gli effetti sine titulo con il conseguente diritto RAGIONE_SOCIALEa stessa alla immediata restituzione RAGIONE_SOCIALE‘immobile e al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità sostitutiva del canone locativo dovuto per l’intero periodo di illegittima occupazione; a fronte di questa motivazione che, peraltro, è del tutto conforme alla motivazione del giudice di primo grado e basata sugli stessi elementi di fatto, il ricorrente, come condivisibilmente esposto nella proposta ‘mira, nella sostanza ad un riesame RAGIONE_SOCIALEe risultanze probatorie e comunque del merito RAGIONE_SOCIALEa causa, precluso in questa sede di legittimità (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054), pur denunciando la violazione e la falsa applicazione di legge ‘;
riguardo al secondo motivo, parimenti si condivide quanto rilevato dalla PDA, non senza doversi aggiungere che la deduzione RAGIONE_SOCIALEa
violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c., non evocato espressamente, ma sottesa alla deduzione di omessa pronuncia su un motivo di appello, è in manifesta contraddizione con l’individuazione di una motivazione che avrebbe deciso su di esso. Non solo: avendo in ques t’ultima la corte ritenuto che le doglianze sulla nullità RAGIONE_SOCIALEa c.t.u. non erano fondate perché la relazione del c.t.u. era stata esaustiva, nonostante il lamentato inserimento degli allegati di cui si discorreva, è palese che tutto l’argomentare del motivo, del tutto eccentrico rispetto all’omessa pronuncia sul motivo di appello, si risolve -come ha detto la proposta -in un dissenso sulla valutazione RAGIONE_SOCIALEa c.t.u., non consentito sulla base dei limiti imposti dalle evocate sentenze RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite. Il Collegio rileva che non è condivisibile (date le indicazioni figuranti in chiusura del ricorso, che localizzano gli atti di riferimento) il rilievo ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 366 n.6 c.p.c. fatto dalla PDA, ma esso è meramente aggiuntivo ed ininfluente ai fini de lla condivisione RAGIONE_SOCIALE‘esito indicato dalla proposta.
E’ significativo, peraltro, che parte ricorrente si sia astenuta dal depositare memoria argomentativa del suo dissenso dalla proposta di definizione;
conclusivamente il Collegio dichiara definito il giudizio nei termini di cui alla proposta e, dunque, dichiara inammissibile il ricorso, con la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
la condivisione del tenore RAGIONE_SOCIALEa proposta determina le conseguenze accessorie indicate dal terzo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis c.p.c., per cui si provvede come dal dispositivo;
si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento di una somma a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
Il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEa parte resistente de lle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 4.000 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15%; condanna altresì il ricorrente al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEa resistente RAGIONE_SOCIALEa somma di € 4000 ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 96, terzo comma, c.p.c.; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di € 1000 a favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa per le ammende.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Terza Sezione