Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 3784 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 3784 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26637/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
nonchè
REGIONE LAZIO , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO C/O UFFICI AVVOCATURA ENTE,
presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso SENTENZA del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE n. 167/2022 depositata il 31/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza n.167/2022 resa pubblica in data 31.8.2022, ha respinto, previa riunione dei procedimenti, tre ricorsi proposti dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Si trattava, in particolare:
-del ricorso n. 45/2021 RG avverso il parere regionale negativo al rilascio della concessione demaniale di porzione arenile del Lago di Albano (provvedimento n. 16638 del 29.9.2020 emesso dRAGIONE_SOCIALE Regione Lazio);
-del ricorso n. 156/2021 avverso la determinazione n. 113/2021 del Comune di Castelgandolfo avente ad oggetto il rigetto dell’istanza di concessione demaniale;
-del ricorso n. 157/2021 contro l’avviso n. 5/2021 del 30.3.2021 pubblicato sul BURL n. 37 del 13.4.2021, avente ad oggetto l’avvenuta ripresa in possesso del Lotto n. 10 del P.U.A. (Piano di Urbanizzazione degli Arenili).
Il rigetto dei tre ricorsi è stato motivato dal RAGIONE_SOCIALE rilevando -per quanto interessa:
che la società ricorrente aveva occupato senza titolo l’area demaniale ove è ubicato il compendio immobiliare ‘ La Playa ‘, come da verbale 9.7.2020 redatto dal funzionario comunale e sottoscritto dall’amministratore unico della società e che pertanto la Regione aveva sospeso il procedimento concessorio (ex art. 21 quater legge n. 2441/1990);
-che dagli atti di PG risultava un’ingerenza da parte della ricorrente nella gestione del complesso La Playa senza alcuna autorizzazione amministrativa, ma solo in virtù di una ‘ pattuizione negoziale col precedente gestore ‘;
-che risultavano pertanto violate le disposizioni sul divieto di occupazione di area demaniale senza titolo nonché le norme regionali in forza delle quali sono stati adottati gli atti impugnati (art. 26 comma 1 lett. e del regolamento regionale n. 10/2014 sull’uso esclusivo dell’area in concessione e art. 24 sul subentro);
3 Contro tale sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione sulla base di un’unica censura, contrastata con separati controricorsi dRAGIONE_SOCIALE Regione Lazio e dal Comune di Castelgandolfo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La società denunzia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 cpc, l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato, a suo dire, dall’insussistenza dell’occupazione abusiva dell’area e dRAGIONE_SOCIALE attivazione di essa ricorrente per ottenere una regolare concessione demaniale. Osserva inoltre che il RAGIONE_SOCIALE non avrebbe considerato che il parere regionale doveva essere solo di natura tecnico-idraulica. Rimprovera inoltre RAGIONE_SOCIALE Regione di avere dato per accertati fatti penalmente rilevanti, invadendo in tal modo la sfera riservata al giudice penale, quando invece non pendevano iscrizioni di indagini. La Regione, inoltre, sempre secondo l’assunto della società ricorrente, avrebbe ostacolato l’avvio di una attività legittima che avrebbe incrementato le Casse dell’Erario.
Il motivo è infondato.
Come già affermato da queste SSUU, al ricorso proposto avverso una sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche emessa dopo l’11-8-2012, è applicabile la disciplina risultante dalle modifiche apportate dall’art. 54 del d.1.. 22-6-2012 n. 83, convertito con modificazioni dRAGIONE_SOCIALE legge. 7-8-2012 n. 134, che, sostituendo il previgente n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ammette il ricorso solo per ” omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ” (cfr. Sez. U, Sentenza n. 67 del 07/01/2016).
Secondo un altro consolidato principio affermato sempre dalle SSUU e richiamato da altre pronunce di legittimità, l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831).
Nel caso in esame, il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del RAGIONE_SOCIALE per omesso esame circa un fatto decisivo, seppur -come si è visto -astrattamente ammissibile, è tuttavia infondato, perché nella sentenza impugnata non è dato riscontrare il vizio denunziato.
A parte, infatti, l’inammissibilità di alcune censure mosse direttamente contro la Regione e non già contro la sentenza impugnata (cfr. ricorso pagg. 5 e 6 laddove si rimprovera all’ente territoriale di avere esorbitato dalle proprie competenze e di avere ostacolato, dopo anni di indisturbata illegalità, l’avvio di una attività legittima fonte di introiti per le casse pubbliche), rileva la Corte che la critica si incentra esclusivamente sulla valutazione dei fatti di causa e sollecita un non consentito nuovo esame del merito della controversia, esame che invece risulta adeguatamente compiuto dal giudice delle acque.
Il RAGIONE_SOCIALE, infatti, ha considerato -escludendola -l’asserita legittimità dell’occupazione di zona demaniale (v. pag. 4 della sentenza impugnata) richiamando il verbale del 9.7.2020 redatto dal funzionario del Comune di Castelgandolfo e sottoscritto dall’amministratore della società, nonché gli atti di PG che, in disparte il rilievo penalistico degli stessi, attestavano comunque l’ingerenza della società nella gestione del complesso demaniale senza autorizzazione. Ha inoltre evidenziato l’irrilevanza dei rapporti interni col precedente concessionario, nonché la
necessità dell’autorizzazione per il subentro, autorizzazione nel caso in esame mancante.
In conclusione, il ricorso va respinto, con inevitabile addebito di spese RAGIONE_SOCIALE parte soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi €. 4.000,00 in favore di ciascuno dei due controricorrenti, oltre €. 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 21.11.2023. Il Presidente