Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18550 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18550 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2730/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
-contro-
COMUNE DI MANTOVA, in persona del legale rappres. p.t, rappres. e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
RAGIONE_SOCIALE società unipersonale, in persona del legale rappres. p.t., rappres. e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrenti-
avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Brescia n° 938/2020 pubblicata in data 15/09/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16.05.2025
dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza del 16 maggio 2017 il Tribunale di Mantova rigettava la domanda della RAGIONE_SOCIALE di opposizione ad una serie di diffide e conseguenti ingiunzioni comunicate il 23.6.2014 – emesse a norma del r.d. n. 638/1910 – per gli anni 2010, 2012 e 2014, per la somma complessiva di euro 173.290,00 per canoni riferiti all’occupazione abusiva da parte della stessa società, di un’area di mq 193,00 sul lungolago Mincio in Mantova, notificate il 6.10.2014 dalla RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto del Comune di Mantova; in subordine, era stato chiesto di accertare quanto effettivamente dovuto in riferimento alla effettiva occupazione, applicando le tariffe corrette in riferimento all’area in oggetto, tenuto conto della buona fede e della correttezza della Vintage.
Con sentenza del 15.9.2020, la Corte territoriale rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE, osservando che: era da condividere la decisione del Tribunale che aveva affermato che ‘ poiché è contestata l’occupazione abusiva di un’area comunale, non vi è dubbio come la stessa sia riconducibile al gestore dell’attività occupante essendo irrilevante l’intestatario dell’autorizzazione regionale che, come si vedrà, è del tutto estranea alla materia del contendere. Tale è del resto il dettato del regolamento comunale secondo il cui art. 17 risponde il titolare dell’azienda commerciale dell’atto ampliativo o, in subordine, dall’occupante di fatto, anche abusivo, ossia la società RAGIONE_SOCIALE che gestisce il RAGIONE_SOCIALE ‘; al riguardo era del tutto priva di rilievo la circostanza che ad essere titolare della concessione non fosse la RAGIONE_SOCIALE, in quanto l ‘area per la quale era stato richiesto il pagamento del
canone da parte del Comune di Mantova, individuata dal mappale 75, non rientrava, infatti, in quella oggetto della concessione rilasciata dalla Regione Lombardia al terzo Rojas; pur dandosi atto che, in effetti, il giudice di prime cure non si era pronunciato sulla legittimazione della RAGIONE_SOCIALE a costituirsi nel giudizio per chiedere il rigetto dell’opposizione, tale legittimazione derivava, nonostante la scadenza del contratto con il Comune di Mantova – per il servizio di accertamento, liquidazione e riscossione del canone per l ‘occupazione del suolo pubblico -dall’avere essa stessa provveduto all’accertamento e alla notifica dell’intimazione oggetto dell’impugnazione relativa alle annualità per le quali era agente della riscossione nel vigore del contratto di concessione del servizio; con riferimento alle altre censure, era sufficiente rilevare che negli atti di accertamento risultavano riportati sia i metri quadri dell’area occupata abusivamente che le tariffe applicate, nonché il riferimento al Regolamento cosap – nel quale erano indicati i criteri di calcolo nonché le zone di applicazione delle tariffe e, quindi, tutti i dati idonei al fine di quantificare la pretesa patrimoniale esercitata per conto del Comune – che, in quanto atto normativo comunale pub blicato all’albo pretorio, era conoscibile da chiunque, sia il riferimento all’avviso di accertamento notificato alla Vintage (che mai ha contestato di averlo ricevuto), nel quale erano analiticamente esposte tutte le voci, sicché gli atti di accertamento erano adeguatamente motivati; correttamente il Tribunale aveva affermato che la proprietà del mappale 75, foglio 28, in capo al Comune non fosse stata oggetto di contestazione ( con l’atto di citazione Vintage si era infatti limitata a sostenere che l’area di 193 mq rientrava in quella più ampia oggetto di concessione dal 1983 rilasciata al Rojas dalla Regione, individuata con il mappale 76, sostenendo quindi che tutta l’area da e ssa occupata fosse ricompresa nel mappale 76 e non già nel mappale 75, senza mettere in dubbio la titolarità di quest’ultimo mappale in capo al Comune); del resto,
come giustamente precisato dal Tribunale, la proprietà del mappale 75 in capo al Comune risultava provata alla luce dell” atto di cessione risalente 13/3/1909 (doc. 6 a pag. 2 dove è citato il mapp. 255 e dalla mappa del precedente catasto doc. 7) ‘ da cui ‘ emerge come, nel raffronto con l’att uale doc. 8), l’allora mappale 255 è oggi diventato il 75 ‘, affermazione non adeguatamente censurata dall’appellante; inoltre, nella perizia di parte datata 16.09.2014 prodotta da Vintage il perito si era limitato ad affermare di avere eseguito un rilievo da cui risulterebbe che l’occupazione sarebbe conforme alla concessione, ma alla perizia non risulta allegata alcuna planimetria o rilievo a conferma di tale affermazione; ciò rendeva, pertanto, superfluo l’espletamento della chiesta ctu volta ad accertare se il mappale 75 sia nella titolarità del Comune e se esso risulti occupato dall’esercizio commerciale RAGIONE_SOCIALE; il fatto che l’area oggetto di occupazione fosse diversa da quella oggetto della concessione regionale, rendeva del tutto prive di rilievo le obiezioni dell’appellante in ordine al fatto che il Comune avesse richiesto in concessione gratuita alla Regione il mappale 76 e che Vintage avesse occupato in buona fede anche il mappale 75 eseguendovi lavori di ristrutturazione; contrariamente a quanto affermato dall’appellante, la questione relativa alla appartenenza del mappale 75 al demanio o al patrimonio indisponibile o disponibile del Comune di Mantova, con conseguente non assoggettabilità al regolamento Cosap in quest’ultima ipotesi (essendo esso applicabile, ai sensi dell’art. 15, solo alle strade, corsi, piazze o ai beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile del Comune di Mantova), mai è stata sollevata nel corso del giudizio di primo grado; parimenti, l’eccezione relativa alla illegittimità degli atti comunali di regolamentazione dei canoni COSAP e la conseguente domanda di disapplicazione previa declaratoria di illegittimità degli stessi per eccesso di
potere era nuova, in quanto tardivamente proposta per la prima volta solo nel grado d’appello.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con due motivi, illustrati da memoria. Il Comune di Mantova e l’RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso, illustrati da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia, ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., violazione dell’art. 97 Cost., in relazione ai principi della buona fede e del legittimo affidamento, e delle norme di cui alla l. 7/8/1990 n. 241 e succ. mod., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Al riguardo, la società RAGIONE_SOCIALE lamenta che la Corte di Appello di Brescia avrebbe esaminato frettolosamente il terzo motivo di appello, non cogliendo che avrebbe dovuto statuire sulla ‘ rivendicata buona fede, ovvero dell’affidamento ingeneratosi nel soggetto privato sulla legittima occupazione del mappale 75 ‘ , e argomenta tale affermazione richiamando i principi di cui alla L. n. 241/1990.
Il secondo motivo denunzia, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e violazione e falsa applicazione del regolamento comunale per l’applicazione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche con conseguente violazione degli artt. 822 e segg. del codice civile.
In particolare, la ricorrente afferma che: la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere inammissibile, perché presentata per la prima volta in appello, la questione se l’area occupata senza titolo dalla stessa appartenga al demanio, al patrimonio indisponibile, o al patrimonio disponibile, in quanto, secondo la stessa, essa era già stata introdotta innanzi al Tribunale di Mantova; la censura proposta in primo grado, secondo cui per l’area de qua
non troverebbero applicazione le tariffe cosap, perché il relativo regolamento comunale non sarebbe applicabile ‘ ad un’area di sponda lacustre ‘, avrebbe dovuto essere intesa nel senso che la medesima area apparterrebbe al patrimonio disponibile, perché ‘… in caso contrario non sarebbe dato di capire perché la Vintage in primo grado abbia contestato l’applicazione del Regolamento Comunale ‘.
Il primo motivo è inammissibile.
In primo luogo, la questione della lesione dell’affidamento che la ricorrente avrebbe subito per aver confidato nell’aver occupato in buona fede la p.lla di 193 mq., ritenendola oggetto della concessione, è nuova, non emergendo tale doglianza dalla sentenza e dagli atti di causa.
Inoltre, il motivo è diretto al riesame dei fatti inerenti alla medesima questio ne; al riguardo, la Corte d’appello ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva affermato che la proprietà del mappale 75, foglio 28, in capo al Comune non fosse stata oggetto di contestazione , atteso che con l’atto di citazione Vintage si era infatti limitata a sostenere che l’area di 193 mq. rientrava in quella più ampia oggetto di concessione dal 1983 rilasciata al Rojas dalla Regione, individuata con il mappale 76, sostenendo quindi che tutta l’area da essa occupata fosse ricompresa nel mappale 76 e non già nel mappale 75.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile perché non attinge la ratio della decisione impugnata, giacché non è smentita la novità della questione dibattuta, tanto più vera alla luce delle considerazioni sviluppate dalla sentenza di primo grado che ha reputato priva di motivazione la censura in ordine alla pretesa inapplicabilità delle tariffe.
Va anche evidenziata l’inammissibilità della censura, ex art. 360, n.5, cpc, per doppia conforme.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 7.400,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il 16