Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10894 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10894 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24069-2020 proposto da
COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura rilasciata in calce al ricorso notificato, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-resistente con procura –
per la cassazione della sentenza n. 46 del 2020 del la CORTE D’APPELLO DI BRESCIA, depositata il 22 aprile 2020 (R.G.N. 316/2019).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 24069/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 15/01/2025
giurisdizione Contributi dovuti alla Gestione separata. Sospensione della prescrizione.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 46 del 2020, depositata il 22 aprile 2020, la Corte d’appello di Brescia ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Mantova, ha respinto l’opposizione dell’avvocata NOME COGNOME contro l’avviso di addebit o che le aveva ordinato il pagamento dei contributi dovuti per l’anno 2011 alla Gestione separata.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato, per quel che ancora rileva, che la mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi, destinato al calcolo dei contributi dovuti, configura un occultamento doloso del debito, idoneo a sospendere il corso della prescrizione (art. 2941, n. 8, cod. civ.). L’inadempimento di un obbligo funzionale al sistema di autoliquidazione si risolve in un mendacio, anche alla luce de gl’interessi pubblicistici che l’obbligo persegue.
-L’avvocata NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, articolando sette motivi.
-L’INPS si è limitato a conferire procura in calce al ricorso notificato.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia nullità della sentenza, per contraddittorietà della motivazione. La Corte di merito, pur dando conto delle controversie insorte sull’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata, avrebbe ritenuto consapevole e intenzionale il comportamento tenuto.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione e/o della falsa applicazione dell’art. 43 cod. pen., in relazione all’art. 2941, n. 8, cod. civ. , e imputa alla sentenza d’appello di avere affermato la sussistenza del dolo, a fronte di una questione interpretativa complessa e tutt’altro che univoca e in difetto di un comportamento cosciente e deliberato, preordinato a sacrificare l’altrui interesse.
3. -Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la nullità della sentenza, per contraddittorietà della motivazione, in relazione ai princìpi che governano l’onere della prova (art. 2697 cod. civ.). I giudici d’appello, pur considerando necessaria l’indagine sulla sussistenza del dolo, avrebbero riconosciuto il coefficiente psicologico, in mancanza d’ogni verifica e d’ogni dimostrazione ad opera dell’Istituto.
4. -Con la quarta doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 43 cod. pen., in relazione all’art. 27 Cost., e assume che la Corte d’appello, pur predicando un comportamento doloso, abbia avallato la tesi della responsabilità oggettiva e del dolus in re ipsa .
5. -Con la quinta censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. La Corte di merito non avrebbe erroneamente rilevato l’insanabile nullità dell’avviso di addebito. Nessuna obbligazione contributiva sorgerebbe in presenza di un reddito accertato inferiore alla soglia di esenzione di Euro 5.000,00.
6. -Con il sesto motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente censura la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 116, comma 8, lettera a ), della legge 23 dicembre 2000, n. 388. La sentenza d’appello incorrerebbe nell’ulteriore error in iudicando di applicare il regime dell’evasione, in luogo di quello dell’omissione,
l’unico appropriato in ragione dell’opinabilità delle questioni, che solo successivamente sarebbero state chiarite da questa Corte.
-Con la settima censura, la ricorrente chiede, infine, che le spese siano poste a carico dell’INPS o, in via gradata, che siano compensate in considerazione del perdurante contrasto della giurisprudenza in ordine all’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata.
-I primi quattro motivi possono essere scrutinati congiuntamente, per l’inscindibile connessione che li lega.
Essi pongono, sotto profili in larga parte convergenti, la questione dell’occultamento doloso del debito contributivo e si dimostrano fondati, nei termini di séguito esposti.
-Questa Corte, nel puntualizzare le enunciazioni di principio di Cass., sez. lav., 7 marzo 2019, n. 6677, ha chiarito a più riprese che non si può configurare alcun automatismo tra l’omessa compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi, deputata al calcolo della contribuzione dovuta, e l’occultamento doloso del debito, suscettibile di sospendere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n. 8, cod. civ. (Cass., sez. VI-L, 30 novembre 2021, n. 37529).
La condotta dolosa di occultamento del debito postula, invero, un comportamento intenzionalmente diretto a occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione e idoneo a determinare un impedimento non superabile con gli ordinari controlli.
Una condotta connotata in modo così pregnante richiede un puntuale e rigoroso accertamento di fatto in ordine al coefficiente psicologico del professionista, che non si può evincere dalla circostanza pura e semplice dell’omessa compilazione del quadro RR, in difetto di altri elementi che avvalorino il contegno doloso e contraddicano la valenza significativa delle notevoli incertezze sulla sussistenza e sulla latitudine dell’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata (Cass., sez. lav., 6 novembre 2024, n. 28594).
10. -La sentenza impugnata s’incentra , invece, s ull’automatismo che questa Corte ha in molteplici occasioni censurato, in quanto idoneo ad incidere sulla stessa corretta sussunzione della fattispecie di legge.
La Corte territoriale evoca, in ultima analisi, una situazione di dubbio e si limita a porre l’accento sul contegno omissivo della ricorrente e sul rango pubblicistico degl’interessi coinvolti .
Nondimeno tali profili, in sé considerati e nella loro connotazione astratta, non integrano gli elementi costitutivi della condotta dolosa richiesta ai fini della sospensione della prescrizione.
11. -Dev’essere disatteso , per contro, il quinto motivo di ricorso, che contesta l’obbligazione contributiva, adombrando una sorta di ‘franchigia’ nell’ipotesi in cui il reddito prodotto non superi l’ammontare annuo di 5.000,00 Euro.
11.1. -Il presupposto interpretativo, da cui muovono le censure, non può essere condiviso.
Se la produzione d ‘ un reddito superiore alla soglia annua di 5.000,00 Euro vale a privare d ‘ ogni rilievo la disquisizione sulla natura abituale oppure occasionale dell ‘ attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione , in quanto fa sorgere comunque l’ obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata al ricorrere degli altri requisiti di legge, l ‘ esiguità del reddito non denota di per sé l ‘ occasionalità dell ‘ attività professionale (Cass., sez. lav., 28 settembre 2023, n. 27531)
La produzione d’un reddito inferiore alla soglia di 5.000,00 Euro, lungi dal determinare quell’esenzione indiscriminata dall’obbligo contributivo che la ricorrente adduce a supporto delle censure, integra soltanto uno degli elementi da ponderare, unitamente agli altri, per escludere il presupposto dell’esercizio abitual e della professione (Cass., sez. lav., 18 febbraio 2021, n. 4419).
11.2. -La Corte di merito, dunque, nel conferire rilievo anche a un reddito inferiore a ll’importo di 5.000,00 Euro, non è incorsa nella
dedotta violazione di legge e le critiche, formulate riguardo a questo profilo, non possono essere accolte.
-Restano assorbiti il sesto e il settimo motivo, concernenti, rispettivamente, il regime sanzionatorio e il riparto delle spese di causa, in quanto tali profili dovranno essere rivalutati all’esito del riesame della controversia.
-In definitiva, sono accolti il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso ed è disatteso il quinto, con assorbimento della sesta e della settima censura.
-La sentenza d’appello è cassata per quanto di ragione e la causa è rinviata alla Corte d’appello di Brescia, che, in diversa composizione, rinnoverà l’esame della fattispecie controversa in conformità ai princìpi ribaditi nella presente ordinanza, provvedendo altresì sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo; rigetta il quinto mezzo; dichiara assorbite la sesta e la settima censura; cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione