Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28765 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28765 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/10/2025
QUATTROCCHI ROSARIA;
– intimata – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE DI CATANIA n. 4276/2024, pubblicata il 9/09/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 10.01.2023, NOME COGNOME conveniva innanzi al Giudice di Pace di Acireale AVV_NOTAIO, al fine di sentir accertare e dichiarare l’inadempimento dell’obbligazione assunta da parte della convenuta a seguito della stipula -per mezzo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24500/2024 R.G. proposto da:
NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
di procuratore speciale -di una vendita immobiliare avvenuta con rogito del 20.10.2020, in forza della quale NOME COGNOME, venditrice, assumeva a proprio carico ogni onere e spese relativi alla pratica edilizia in sanatoria gravante sull’unità immobiliare oggetto del contratto di vendita.
Il Giudice di Pace di Acireale accoglieva la domanda attorea e, per l’effetto, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore della parte attrice, della somma di € 4.993,25 (comprensiva delle correlate spese di istruttoria), nonché delle spese di lite.
La sentenza veniva impugnata da NOME COGNOME innanzi il Tribunale di Catania, che -con sentenza n. 4276/2024 – rigettava l’appello , così argomentando:
-l’eccezione di intervenuta prescrizione a ndava rigettata, in quanto la prescrizione era stata interrotta con atto di diffida del 9.03.2022 a mezzo raccomandata con il quale l’appellata – ricevuta in data 7.05.2012 da parte del RAGIONE_SOCIALE di Aci Sant’Antonio notizia del mancato completamento della pratica in sanatoria – invitava formalmente l’odierna appellante all’adempimento della suddetta obbligazione;
non poteva trovare accoglimento l’eccezione di nullità ed inopponibilità alla mandante NOME dell’obbligazione contrattuale contestata per assenza di potere di rappresentanza del mandatario: nel caso di specie, la clausola contenuta nel rogito con cui parte appellante assumeva l’obbligo di farsi carico di qualsiasi onere e spesa inerenti la pratica di edilizia in sanatoria non eccedeva in alcun modo i poteri conferiti da COGNOME al mandatario ( ex art. 1711 cod. civ.), atteso che l’obbligazione in questione (completamento della pratica in sanatoria) era necessaria al compimento degli atti per i quali il mandato era stato conferito ( ex art. 1708 cod. civ.), né poteva considerarsi autonoma o non connessa al contratto di compravendita immobiliare stipulato,
stante la necessità che l’unità immobiliare, oggetto del contratto, fosse conforme alla destinazione d’uso cui era effettivamente destinata all’attualità .
Avverso tale pronuncia di appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi e illustrandolo con memoria.
E’ rimasta intimata NOME COGNOME.
A seguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su motivo di appello, nonché vizio di motivazione; art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 111 cost., nonché 112, 115, 116, 132 cod. proc. civ.
Ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel calcolare il termine decennale di prescrizione del diritto di credito, che sarebbe dovuto decorrere dalla data del rogito (20.01.2010) e non da quella successiva in cui l’acquirente (e non la venditrice) ebbe notizia dal RAGIONE_SOCIALE di Aci Sant’Antonio del mancato completamento della pratica, in quanto la stessa circostanza era già nota all’acquirente al momento della sottoscrizione del rogito. Pertanto, alla luce di questa ricostruzione temporale, il termine doveva considerarsi già spirato alla data di notifica della citazione (10.01.2023), ma anche alla precedente data della raccomandata inviata dal legale della COGNOME (9.03.2022). In secondo luogo, la ricorrente evidenzia che il giudice di merito ha errato nell’indicare come data di inizio di decorrenza del termine di prescrizione il 20.01.2010, per poi riconoscere effetto
interruttivo alla diffida del 9.03.2022, in quanto, così ricostruita la vicenda, detto termine doveva già ritenersi spirato.
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale, come del resto messo in rilievo nella proposta del Consigliere delegato, nel calcolare i tempi di decorrenza della prescrizione decennale, ha implicitamente assunto che il dies a quo utile a tali fini fosse rappresentato dalla data in cui il RAGIONE_SOCIALE di Aci Sant’Antonio aveva inviato all’acquirente -appellata raccomandata di notifica del mancato completamento della pratica in sanatoria, il cui obbligo era stato contrattualmente assunto dalla venditrice. Tale data (7.05.2012) costituiva, già per il primo giudice, il giorno in cui il diritto dell’acquirente poteva essere fatto valere (ai sensi dell’art. 2935 cod. civ.). Detto assunto è stato evidentemente condiviso dal giudice di seconde cure, che dalla data della suddetta raccomandata ha fatto decorrere i tempi della prescrizione, interrotti dall’acquirente in data 9.03.2022 con l’atto di diffida inviato alla venditrice (v. sentenza p. 3, ultimo capoverso), che può consistere in « … ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore … » , ai sensi dell’a rt. 2943, ultimo comma, cod. civ.
Né ha pregio la tesi, sulla quale la ricorrente ritorna anche nella memoria illustrativa, in virtù della quale l’ acquirente aveva contezza degli adempimenti per il completamento della pratica in sanatoria, sollecitati dalla raccomandata del RAGIONE_SOCIALE di Aci Sant’Antonio, già al momento del rogito: trattandosi di obbligo assunto dalla venditrice, come meglio si dirà oltre , l’acquirente aveva atteso invano l’adempimento e aveva avuto notizia della sua inerzia solo alla data di ricevimento della più volte menzionata diffida del RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo si denuncia, in via subordinata, la carenza di potere del procuratore speciale e la conseguente nullità o
inopponibilità alla mandante dell’obbligazione assunta, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1708, 1711 cod. civ.
La ricorrente sostiene che la clausola con cui parte appellante si assumeva l’obbligo di farsi carico di qualsiasi onere e spesa inerenti alla pratica di edilizia in sanatoria eccedeva i poteri conferiti dalla venditrice NOME al procuratore: infatti, l’obbligazione di completamento della sanatoria non risultava essere in alcun modo strumentale al contratto di compravendita né, dunque, consequenziale al mandato a vendere, atteso che nessuna norma impone, quale condizione di validità ed efficacia di una compravendita immobiliare, il completamento di una pratica di sanatoria solo avviata, e tantomeno nessuna norma pone tale obbligo a ineludibile carico del venditore.
2.1. Anche questo motivo è privo di fondamento.
La Corte territoriale ha tratto il suo convincimento – in merito all’obbligazione assunta dalla venditrice e al potere rappresentativo del procuratore – sia dalla lettura della clausola contrattuale, con cui la venditrice-appellante aveva riconosciuto l’obbligo di farsi carico di qualsiasi onere e spesa inerente la pratica edilizia in sanatoria, sia dalla formulazione della procura conferita.
Secondo il giudice d’appello, poiché la clausola relativa al pagamento degli oneri di sanatoria non aveva una sua autonomia, ma era connessa al contratto di compravendita, e poiché il mandato includeva la facoltà di convenire clausole e condizioni di ogni genere, ratificando comunque l’operato del procuratore, era condivisibile l’avviso del primo giudice circa l’interpretazione della volontà negoziale in senso conforme con la disciplina del mandato, in base alla quale il contratto di rappresentanza comprendeva non solo gli atti per i quali era stato conferito, ma anche quelli che erano necessari al loro
compimento (art. 1708 cod. civ.), avendo il mandatario come onere quello di non eccedere i limiti fissati nel mandato (art. 1711 cod. civ.): v. sentenza p. 4, 3°-4° capoverso; p. 5, 1°-3° capoverso.
Si tratta di un’interpretazione plausibile della volontà contrattuale espressa sia nel contratto di vendita, sia nella procura speciale, non censurata con il presente mezzo di grave sotto il profilo della violazione dei canoni ermeneutici.
Giova in proposito ricordare che compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o meno l’interpretazione del contratto contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una autonoma rilettura delle dichiarazioni negoziali poste a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria interpretazione a quella dei giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento, da essi reso manifesto nella motivazione della sentenza impugnata, non violi le regole della logica o le regole legali di interpretazione dei contratti (v., tra le tante, Cass. n. 16987/2018; Cass. n. 28319/2017), ciò che – come dianzi evidenziato – nel caso di specie non è dato riscontrare.
Spettava, dunque, alla ricorrente specificare i canoni ermeneutici in concreto inosservati e il punto e il modo in cui il giudice di merito si fosse da essi discostato.
La ricorrente, di contro, si è limitata a lamentare l’assenza di obblighi di legge sulla questione della regolarizzazione della pratica edilizia in sanatoria, senza verificare e contestare l’assunzione volontaria dell’obbligo da parte della venditrice, all a luce dei criteri di interpretazione del contratto dettati dalla legge.
Del resto, che sussistano obblighi di legge in ordine alla completamento della pratica di concessione edilizia in sanatoria è
stabilito dall’art. 39, comma 4, legge 23 dicembre 1994, n. 724, ove al quinto inciso si legge «Se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in modo non veritiero e palesemente doloso, le costruzioni realizzate senza licenza o concessione edilizia sono assoggettate alle sanzioni richiamate agli articoli 40 e 45 della legge 28 febbraio 1985, n. 47». A sua volta, l ‘art. 40 della legge urbanistica contiene una disposizione diretta a sanzionare con la nullità la mancata inclusione, negli atti tra vivi ad effetti reali, gli estremi del titolo abilitativo dell’immobile; sanzione che rapp resenta un’ipotesi di nullità «testuale» (Cass., Sez. Un., n. 8230/2019), a completamento di una norma imperativa di «ordine pubblico», dettata nell’interesse generale e non disponibile dalle parti.
Correttamente, dunque, il Tribunale di Catania ha escluso che l’obbligazione di cui si discute (il completamento della pratica edilizia in sanatoria) potesse considerarsi autonoma o non connessa al contratto di compravendita immobiliare stipulato (v. sentenza p. 5, righi 10-13).
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo controparte svolto attività difensiva.
Le Sezioni unite di questa Corte (cfr. ordinanze nn. 27433/2023 e 28540/2023) hanno stabilito il principio per cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la
condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente, nel caso di specie limitata al solo pagamento in favore della cassa delle ammende, ai sensi del comma 4 dell’art. 96 cod. proc. civ., non essendosi controparte costituita nel presente giudizio.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ., al pagamento della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 15 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME