Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6473 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6473 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2000/2024 R.G. proposto da: COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, EMAIL; -ricorrente- contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME, NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE CONDOMINIO ‘PARCO AMBROSIO’, COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4740/2023, depositata il 07/11/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME, assumendo di essere comproprietari di un locale ad uso deposito sito al piano interrato del fabbricato condominiale denominato ‘INDIRIZZO‘ in Nola, concesso in locazione per uso deposito alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, poi diventata RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti RAGIONE_SOCIALE), subentrata alla RAGIONE_SOCIALE, convenivano, dinanzi al Tribunale di Nola, la RAGIONE_SOCIALE, la Società assicuratrice RAGIONE_SOCIALE e la Società RAGIONE_SOCIALE, con le quali erano rispettivamente garantiti per la responsabilità per danni la RAGIONE_SOCIALE e il Condominio di Parco Ambrosio, per sentire accertare la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per la causazione dell’incendio sviluppatosi il giorno 7 maggio 2004 nel predetto locale e per sentirla condannare in solido con le indicate compagnie assicurative al risarcimento dei danni provocati al locale di loro proprietà nonché alle parti comuni condominiali ed alle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva di terzi.
Spiegavano intervento volontario, con distinti atti, alcuni condomini che chiedevano il risarcimento del danno cagionato dall’incendio ai loro appartamenti. Il Tribunale di Nola, disposta la riunione del giudizio a quello proposto dal Condominio Parco Ambrosio e rigettate le istanze di sospensione, per la pendenza di
procedimento penale dinanzi al Tribunale di Napoli per l’ipotizzato reato di incendio doloso a carico di NOME COGNOME ed espletata C.T.U., con sentenza n. 901/2016, dichiarava la responsabilità, per i danni a terzi, dei proprietari -eredi NOME e della conduttrice, in solido tra loro, ai sensi dell’art. 2051 cod.civ., dichiarava che la compagnia di assicurazioni del condominio, Allianz S.p.A., era tenuta ad indennizzare il condominio, i proprietari – eredi NOME, nonché i condomini intervenuti, per i danni conseguenti all’incendio, per l’effetto condannava i proprietari – eredi COGNOME, la conduttrice RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME in proprio e la Allianz S.p.A., tenuta in forza della polizza globale, al risarcimento dei danni, liquidati in favore del condominio nonché in favore degli stessi COGNOME e di ogni singolo condomino, in relazione a quelli subiti per la proprietà esclusiva, condannava la conduttrice RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME in proprio al risarcimento dei danni in favore dei proprietari locatori- eredi NOMECOGNOME per la ritardata restituzione dei locali, in conseguenza della risoluzione del contratto di locazione.
La Corte d’appello di Napoli, all’esito del giudizio promosso, in via principale, da Allianz S.p.ARAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME, in proprio, con la sentenza n. 4740/2023, dichiarata la cessazione parziale della materia del contendere tra Allianz S.p.ARAGIONE_SOCIALE, il Condominio ‘Parco Ambrosio’ e i singoli condomini intervenuti in giudizio, ha rigettato l’appello incidentale proposto dal COGNOME, in proprio e nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, ha disatteso l’azione di ripetizione proposta RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME in proprio e nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME in proprio e quale rappresentate legale della RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando quattro motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunzia <>.
Premesso il fatto incontestato che il locale da cui si era sviluppato l’incendio era utilizzato come deposito di capi di abbigliamento, parte ricorrente deduce la violazione del giudicato interno formatosi sul punto, avendo il giudice a quo ritenuto applicabile la disciplina di prevenzione di cui al n. 38, del d.m. 16 febbraio 1982, riguardante gli ‘Stabilimenti ed impianti ove si producono, lavorano e/o detengono fibre tessili e tessuti naturali e artificiali, tele cerate, linoleum e altri prodotti affini, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg, che attiene , invece, agli opifici e agli impianti di trasformazione di cose, aziende.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta <>, avendo la corte territoriale sostituito le domande ed eccezioni proposte dalle parti con altre diverse, essendo la sentenza d’appello fondata su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti.
Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della <>.
La realtà fattuale pacificamente ritenuta e condivisa da tutte le parti in causa e dalla sentenza di primo grado – lo svolgimento di attività di semplice deposito vestiti nel locale andato a fuoco – non impugnata o contestata e confermata dalla CTU svolta in primo
grado sarebbe stata erroneamente sussunta dalla sentenza di appello nell’attività di cui al n. 48 del d.m. 16 febbraio 1982 anziché in quella prevista al n. 88, là dove ha ritenuto che, in virtù dell’attività svolta, avrebbe comunque dovuto chiedere il parere preventivo antincendio secondo quanto previsto dal d.m. di riferimento, perché, se è vero che l’attività di deposito di fibre tessili, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di Nola in sentenza, non rientra nell’attività disciplinata dalla previsione n. 70, essa va comunque ricondotta nella categoria di attività di cui al n. 38 riguardante gli ‘Stabilimenti ed impianti ove si producono, lavorano e/o detengono fibre tessili e tessuti naturali e artificiali, tele cerate, linoleum e altri prodotti affini, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg’, per le quali il decreto ministeriale citato prevede l’obbligo di richiedere il parere preventivo alla sola condizione che presso i locali sia prodotta o detenuta una quantità di materiale tessile in massa superiore a 5.000 kg (come nella fattispecie in esame).
La corte territoriale avrebbe erroneamente assimilato il deposito merci, quale è quello per cui è causa, ad un opificio, traendone conseguenze erronee che hanno dato vita ad una <>.
4) Con il quarto motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo <>.
La corte d’appello, nell’ipotizzare lo svolgimento nel deposito locato di una attività equiparabile a quella di uno stabilimento o un impianto, avrebbe inammissibilmente emesso una statuizione priva di qualsiasi corrispondenza nei fatti di causa e fondata, esclusivamente, su una circostanza non dedotta in giudizio da nessuna delle parti, la quale se fosse effettiva o reale dovrebbe presumersi acquisita per conoscenza personale dai giudici,
disattendendo il principio secondo cui la decisione deve essere adottata iuxta alligata et probata .
5) I motivi che possono essere esaminati congiuntamente, perché da prospettive differenti riguardano la stessa questione, sono complessivamente infondati.
E’ opportuno in primo luogo precisare che la corte d’appello, premesso che la disciplina di prevenzione antincendio è contenuta nel d.m. 16 febbraio 1982, come modificato dal d.p.r. n. 151/2011, il quale contiene una suddivisione in categorie delle varie attività con riferimento alle quali, in presenza di certe condizioni, è obbligatorio richiedere il suddetto parere preventivo, ha ritenuto che il tribunale avesse erroneamente ricondotto l’attività svolta dalla NU.BA. a quella di cui al n. 70 del d.m. 16 febbraio 1982 relativa a ‘locali adibiti a depositi di superficie lorda superiore a 1000 mq con quantitativi di merci e materiali combustibili superiori complessivamente a 5.000 kg’, in quanto il deposito locato, interessato dall’incendio, non presentava tali parametri di grandezza; nondimeno, ha ritenuto che l’attività di deposito di fibre tessili rientrasse nell’ipotesi disciplinata dal n. 38, riguardante gli ‘Stabilimenti ed impianti ove si producono, lavorano e/o detengono fibre tessili e tessuti naturali e artificiali, tele cerate, linoleum e altri prodotti affini, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg’; ipotesi per le quali il decreto ministeriale citato prevede l’obbligo di richiedere il parere preventivo alla sola condizione che presso i locali sia prodotta o detenuta una quantità di materiale tessile in massa superiore a 5.000 kg, come nella fattispecie in esame.
È evidente, dunque, che la conclusione della corte territoriale ha preso le mosse dalla premessa che l’obbligo di acquisire il parere preventivo antincendio derivasse dalla mera detenzione nel deposito delle fibre tessili -i capi di vestiario -in quantità di massa superiore a 5000 kg: circostanza quest’ultima non contestata da parte ricorrente.
Vani e inefficaci sono allora i tentativi di confutare tale decisione deducendo: a) la violazione del giudicato (primo motivo), non solo perché il giudicato interno non si determina sul fatto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia (Cass. 14/12/2024, n. 32563), ma anche perchè la questione sub judice era se la NU.BA avesse oppure no l’obbligo, essendo il locale dalla stessa detenuto utilizzato come deposito di capi di abbigliamento, di chiedere il parere preventivo antincendio; b) la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (secondo motivo) che ricorre solo là dove cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto: ipotesi qui non ricorrente; c) l’errore di sussunzione di una quaestio facti all’origine di un errore di diritto, la falsa applicazione di legge (terzo motivo), perché l’errore di sussunzione, basato sul convincimento che la corte territoriale abbia equiparato il deposito con l’opificio, non si confronta con la ratio decidendi dell’impugnata sentenza che ha inequivocamente ritenuto che la mera detenzione -quindi non ha affatto ipotizzato che nel deposito si svolgesse un’attività di trasformazione e di lavorazione di fibre tessili -comportasse l’obbligo di acquisire il parere preventivo antincendio, come del resto prevede la norma applicata che non solo fa riferimento alla produzione e alla lavorazione di fibre tessili ma anche alla loro detenzione in uno stabilimento: espressione quest’ultima che ben poteva essere utilizzata per definire il locale adibito a deposito; d) la violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. (quarto motivo), perché, come si è già anticipato, la ratio decidendi dell’impugnata sentenza non è stata colta da parte ricorrente, atteso che il giudice a quo non ha mai affermato né ipotizzato che nel deposito si svolgesse un’attività industriale, di trasformazione o lavorazione di fibre tessili.
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese, in favore del controricorrente, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, in favore del controricorrente, che liquida in euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 27 gennaio 2025 dalla