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Obbligo parere antincendio: anche per i depositi

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di richiedere il parere preventivo antincendio sussiste anche per i locali adibiti a semplice deposito di merci, qualora la quantità di materiale combustibile superi determinate soglie. Il caso riguardava un incendio in un magazzino di abbigliamento, la cui società conduttrice è stata ritenuta responsabile per non aver richiesto il parere, nonostante nel locale non avvenisse alcuna attività di lavorazione. La Corte ha chiarito che la mera detenzione di oltre 5.000 kg di fibre tessili è sufficiente a far scattare tale obbligo, respingendo il ricorso dell’azienda.

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Obbligo Parere Antincendio: Anche per i Semplici Depositi

L’obbligo parere antincendio è una di quelle normative spesso associate a complesse attività industriali o a luoghi affollati. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che tale obbligo può estendersi anche a locali adibiti a semplice deposito merci, a condizione che vengano superate determinate soglie di materiale infiammabile. Questa decisione sottolinea l’importanza di una corretta valutazione del rischio incendio a prescindere dalla natura dell’attività svolta, ponendo l’accento sulla quantità e tipologia dei beni stoccati.

I Fatti di Causa: Un Incendio in un Deposito di Abbigliamento

La vicenda trae origine da un incendio divampato nel piano interrato di un fabbricato condominiale, in un locale adibito a deposito di capi di abbigliamento. I proprietari del locale e altri condomini hanno agito in giudizio contro la società conduttrice del deposito, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale di primo grado ha accertato la responsabilità solidale dei proprietari e della società conduttrice, condannandoli al risarcimento.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, ha confermato la responsabilità della società conduttrice. Il punto cruciale della decisione è stato l’inquadramento dell’attività svolta nel deposito. Sebbene il Tribunale l’avesse erroneamente classificata in una categoria normativa, la Corte d’Appello ha ritenuto che l’attività rientrasse comunque tra quelle soggette all’obbligo parere antincendio ai sensi del D.M. 16 febbraio 1982. Nello specifico, è stato stabilito che la detenzione di un quantitativo di fibre tessili superiore a 5.000 kg faceva scattare l’obbligo di richiedere il parere preventivo, indipendentemente dal fatto che nel locale si svolgesse o meno un’attività di lavorazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La società conduttrice ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su quattro motivi principali:
1. Violazione del giudicato interno: Sosteneva che la natura di ‘semplice deposito’ dell’attività fosse un fatto accertato e non più discutibile.
2. Omessa corrispondenza tra chiesto e pronunciato: Lamentava che la Corte d’Appello avesse fondato la sua decisione su una realtà fattuale non dedotta dalle parti.
3. Errata applicazione della norma (vizio di sussunzione): Contestava l’assimilazione del deposito a un opificio o impianto di trasformazione.
4. Violazione delle norme sulla prova: Affermava che la Corte avesse basato la sua decisione su circostanze non provate e presunte sulla base della conoscenza personale dei giudici.

Le Motivazioni della Suprema Corte sull’Obbligo Parere Antincendio

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, ritenendoli infondati. La ratio decidendi della sentenza è chiara: l’elemento determinante per l’applicazione della normativa antincendio non è la lavorazione del materiale, ma la sua mera detenzione in quantità significative.

La Corte ha spiegato che la normativa di riferimento (punto 38 del D.M. 16 febbraio 1982) si applica agli “Stabilimenti ed impianti ove si producono, lavorano e/o detengono fibre tessili” con quantitativi superiori a 5.000 kg. La congiunzione ‘e/o’ indica che la semplice detenzione è una condizione sufficiente, di per sé, a far sorgere l’obbligo.

I giudici hanno inoltre chiarito che il termine ‘stabilimento’ non deve essere interpretato in senso restrittivo come ‘opificio’, ma può ben includere un locale adibito a deposito. Pertanto, la Corte d’Appello non ha erroneamente equiparato il deposito a una fabbrica, ma ha correttamente applicato una norma che prevede l’obbligo per la semplice detenzione di un ingente quantitativo di materiale tessile. La circostanza, non contestata dalla ricorrente, che nel deposito fossero stoccati oltre 5.000 kg di vestiario, è stata considerata il presupposto fattuale decisivo per confermare la responsabilità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche per tutte le aziende che gestiscono magazzini e depositi. La decisione ribadisce un principio fondamentale della prevenzione incendi: il rischio non deriva solo dai processi di lavorazione, ma anche dall’accumulo di materiali combustibili. Di conseguenza, è essenziale che le imprese non si limitino a considerare la natura della loro attività, ma effettuino un’attenta valutazione dei quantitativi di merci stoccate per verificare se rientrano nelle categorie soggette a controllo e all’obbligo parere antincendio. Ignorare questo aspetto può comportare non solo sanzioni amministrative, ma anche, come in questo caso, gravi responsabilità civili in caso di sinistro.

Un’azienda che utilizza un locale solo come deposito di abbigliamento è tenuta a richiedere il parere preventivo antincendio?
Sì, se la quantità di materiale tessile detenuto supera la soglia di 5.000 kg. La Corte ha chiarito che la mera detenzione di tale quantitativo è condizione sufficiente per far scattare l’obbligo, a prescindere da qualsiasi attività di lavorazione o trasformazione.

Cosa si intende per ‘stabilimento’ ai fini della normativa antincendio in questo contesto?
Secondo la Corte, il termine ‘stabilimento’ può essere interpretato in senso ampio per includere anche un locale adibito a semplice deposito, non essendo limitato a opifici o luoghi dove avviene una produzione industriale. L’espressione viene utilizzata per definire il luogo fisico dove si detiene il materiale.

Perché il ricorso della società è stato respinto nonostante il locale fosse solo un deposito?
Il ricorso è stato respinto perché la norma applicata (D.M. 16 febbraio 1982, punto 38) prevede l’obbligo non solo per la produzione e lavorazione, ma anche per la semplice ‘detenzione’ di fibre tessili oltre i 5.000 kg. Poiché era un fatto non contestato che tale soglia fosse superata, la responsabilità della società per la mancata richiesta del parere è stata confermata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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