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Obbligo informativo: la Cassazione sul dovere di verità

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’omissione di informazioni cruciali, come un contenzioso sulla proprietà di un asset strategico, viola l’obbligo informativo fin dal deposito della domanda di concordato preventivo con riserva. Tale condotta, secondo i giudici, integra un atto di frode ai danni dei creditori, giustificando l’arresto della procedura e la conseguente dichiarazione di fallimento, anche senza una specifica intenzione di ingannare. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva revocato il fallimento, riaffermando la centralità della trasparenza per tutelare il consenso informato dei creditori.

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Obbligo informativo: la Cassazione sul dovere di verità nel concordato

L’obbligo informativo nel concordato preventivo rappresenta un pilastro fondamentale per la tutela dei creditori. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: la trasparenza è un dovere che sorge fin dal primo momento, e la sua violazione può avere conseguenze drastiche, come la dichiarazione di fallimento. La sentenza analizza il caso di una società che, avendo presentato una domanda di concordato ‘con riserva’, aveva omesso di comunicare l’esistenza di un’importante causa pendente relativa alla proprietà di un asset strategico. Vediamo insieme i dettagli della vicenda e le conclusioni dei giudici di legittimità.

I Fatti di Causa

Una società in stato di liquidazione presentava al tribunale una domanda di concordato preventivo con riserva, chiedendo contestualmente l’autorizzazione a vendere con urgenza un pacchetto azionario di maggioranza di una società controllata. Il tribunale autorizzava la vendita. Tuttavia, emergeva successivamente che la società debitrice non aveva informato il tribunale dell’esistenza di un contenzioso pendente, giunto fino in Cassazione, che contestava la titolarità di una quota significativa (25,5%) di quel pacchetto azionario.
Il tribunale di primo grado, ritenendo tale omissione una violazione degli obblighi informativi e un atto di frode ai danni dei creditori, dichiarava l’improcedibilità della domanda di concordato e, conseguentemente, il fallimento della società.

La Decisione della Corte d’Appello

In sede di reclamo, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, revocando il fallimento. Secondo i giudici di secondo grado, l’omissione non era così grave per diverse ragioni:
1. In un concordato con riserva, non essendo ancora stati presentati piano e proposta, non si poteva configurare una violazione degli obblighi informativi finalizzati al voto dei creditori.
2. L’informazione omessa era rilevante principalmente per l’autorizzazione alla vendita, esigenza che lo stesso tribunale aveva confermato autorizzando una nuova vendita a condizioni identiche subito dopo aver dichiarato il fallimento.
3. Non era stato provato che l’omissione avesse causato conseguenze patrimoniali negative.
4. La condotta non poteva qualificarsi come ‘atto di frode’ perché non era idonea a ingannare i creditori sulla convenienza della soluzione concordataria.
Contro questa sentenza, la curatela fallimentare proponeva ricorso in Cassazione.

Il Pieno Obbligo Informativo Concordato fin dalla Domanda

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della curatela, cassando con rinvio la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno chiarito che l’obbligo informativo nel concordato non è un dovere a geometria variabile, ma sorge con pienezza fin dal deposito della domanda iniziale, anche se presentata ‘con riserva’. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di sottovalutare la portata di tale dovere.
La Cassazione ha affermato che tutte le informazioni necessarie a delineare la consistenza patrimoniale dell’impresa devono essere fornite subito, perché servono a permettere ai creditori di comprendere, fin dall’inizio, ‘di quali entità si discute’. Nascondere un contenzioso che può incidere drasticamente sul valore dell’attivo significa fornire una rappresentazione scorretta della realtà patrimoniale, minando alla base il rapporto di fiducia con il ceto creditorio.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha smontato punto per punto la tesi della Corte d’Appello, delineando i contorni dell’atto di frode. In primo luogo, ha chiarito che l’atto di frode va inteso in senso oggettivo: non è necessario provare un piano preordinato per ingannare (dolo specifico), ma è sufficiente la consapevolezza di tacere un fatto rilevante (dolo generico). La condotta è fraudolenta quando è ‘potenzialmente decettiva’, cioè idonea a influenzare il giudizio dei creditori e a pregiudicare il loro consenso informato sulle reali prospettive di soddisfacimento.
L’omessa comunicazione di una lite giudiziaria che mette a rischio una parte consistente dell’attivo principale è, per sua natura, un’informazione capace di ‘alterare la corretta percezione dei creditori circa la convenienza e la fattibilità della soluzione concordataria’. È un fatto che, se conosciuto, avrebbe potuto indurre gli organi della procedura e i creditori a valutazioni completamente diverse. Pertanto, secondo la Cassazione, tale omissione integra pienamente la fattispecie dell’atto di frode previsto dalla legge fallimentare, giustificando l’immediato arresto del procedimento concordatario.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione stabilisce che la trasparenza è un prerequisito non negoziabile per l’accesso e la prosecuzione della procedura di concordato preventivo. Anche nella fase iniziale ‘con riserva’, il debitore ha il dovere di rappresentare in modo completo e veritiero la propria situazione patrimoniale, includendo ogni elemento, come un contenzioso, che possa incidere sul valore degli asset. Omettere tali informazioni non è una semplice leggerezza, ma una condotta che integra gli estremi dell’atto di frode, con la conseguenza radicale della dichiarazione di fallimento. La sentenza rinforza la tutela del ceto creditorio, il cui consenso deve sempre basarsi su dati completi e veritieri.

Quando inizia l’obbligo informativo completo nella procedura di concordato preventivo con riserva?
L’obbligo di fornire informazioni complete e veritiere sulla situazione patrimoniale sorge fin dal momento del deposito del ricorso iniziale, anche se la proposta e il piano vengono presentati in un momento successivo.

L’omissione di informazioni su una causa pendente può essere considerata un ‘atto di frode’?
Sì. Secondo la Corte, nascondere situazioni di fatto, come un contenzioso, che sono idonee a influenzare il giudizio dei creditori e ad alterare la loro percezione sulla convenienza della proposta, costituisce un atto di frode ai loro danni.

È necessario dimostrare l’intenzione di ingannare i creditori per configurare un atto di frode?
No. La Corte ha chiarito che per integrare l’atto di frode non è necessaria una volontaria preordinazione a ingannare (dolo specifico), ma è sufficiente la mera consapevolezza di aver taciuto un fatto rilevante (dolo generico) che ha una valenza potenzialmente decettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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