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Obbligo informativo intermediario: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un’investitrice contro una banca, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il caso verteva sulla presunta violazione dell’obbligo informativo dell’intermediario nell’acquisto di titoli ad alto rischio e fondi speculativi. La Corte ha stabilito che l’intermediario aveva adempiuto ai suoi doveri informativi, avendo correttamente profilato la cliente come esperta e con alta propensione al rischio e avendola avvertita dell’inadeguatezza dell’operazione per dimensione. La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso in quanto miravano a un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Obbligo informativo dell’intermediario: limiti e responsabilità secondo la Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sull’obbligo informativo dell’intermediario finanziario. La vicenda, che ha visto contrapposta un’investitrice a diversi istituti bancari, ruota attorno alla presunta violazione dei doveri informativi legati all’acquisto di titoli ad alto rischio e fondi speculativi. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo i confini della responsabilità della banca quando il cliente è stato adeguatamente profilato come esperto e con alta propensione al rischio.

I fatti di causa e il percorso giudiziario

Una risparmiatrice aveva citato in giudizio due intermediari finanziari per ottenere la declaratoria di nullità o la risoluzione dei contratti di investimento relativi all’acquisto di obbligazioni di un noto istituto bancario americano, poi fallito, e di quote di fondi comuni speculativi.

In primo grado, il Tribunale aveva accolto le sue domande, dichiarando la nullità degli ordini per un vizio di forma: la mancata sottoscrizione del contratto-quadro da parte dell’intermediario. Di conseguenza, le banche erano state condannate alla restituzione delle somme investite.

Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato completamente la decisione. Richiamando un fondamentale intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 898/2018), ha stabilito che, per la validità del contratto-quadro, è sufficiente la sola firma dell’investitore. Nel merito, la Corte territoriale ha escluso ogni inadempimento da parte degli intermediari, rigettando tutte le domande dell’investitrice.

La decisione della Corte d’Appello e l’obbligo informativo dell’intermediario

La Corte d’Appello ha escluso la responsabilità della banca sulla base di una serie di accertamenti di fatto. In primo luogo, ha ritenuto che l’intermediario avesse assolto il suo dovere informativo prima dell’investimento. La cliente era stata profilata come investitrice esperta, con un’elevata propensione al rischio e significative disponibilità finanziarie. Inoltre, la banca l’aveva avvertita dell’inadeguatezza dell’operazione per dimensione, anche se non per tipologia di rischio. Secondo i giudici, il default della banca emittente nel 2008 era un evento imprevedibile ex ante, e non si poteva pretendere che l’intermediario fornisse informazioni su rischi non ancora manifestatisi.

Per quanto riguarda i fondi speculativi, la Corte ha osservato che la cliente aveva sottoscritto i moduli d’ordine, dichiarando di aver letto i regolamenti e di essere consapevole della natura speculativa degli strumenti, che prevedevano anche vendite allo scoperto e uso della leva finanziaria.

Il ricorso in Cassazione: i motivi e la loro inammissibilità

L’investitrice ha presentato ricorso in Cassazione basato su tre motivi principali, tutti dichiarati inammissibili dalla Suprema Corte.

Primo motivo: La violazione dell’obbligo informativo sui titoli a rischio

La ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente esentato la banca dall’obbligo informativo intermediario specifico solo perché aveva profilato la cliente e segnalato l’inadeguatezza per dimensione. La Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile perché mirava a un riesame del merito della vicenda, criticando l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice d’appello, attività preclusa in sede di legittimità.

Secondo motivo: La forma dei contratti sui fondi

Il secondo motivo contestava l’applicazione del principio delle Sezioni Unite n. 898/2018, sostenendo che i contratti dei fondi prevedevano una specifica clausola che richiedeva una conferma scritta da parte della SGR, nella specie mancante. Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità, evidenziando che si trattava di una critica all’interpretazione del contratto fatta dalla Corte d’Appello, un’attività di merito che avrebbe dovuto essere contestata con specifiche censure sulle regole di ermeneutica contrattuale.

Terzo motivo: L’informativa sui fondi speculativi

Infine, la ricorrente denunciava la violazione degli obblighi informativi relativi ai fondi comuni, in particolare per la mancata informazione sul rating e sull’effettivo grado di rischio. La Corte ha respinto la censura, sottolineando che i giudici di merito avevano accertato che l’intermediaria aveva trasmesso le informazioni disponibili sulla natura speculativa degli investimenti, adeguati al profilo di rischio elevato della cliente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in quanto i motivi sollevati non denunciavano reali violazioni di legge, ma si traducevano in una richiesta di rivalutazione dei fatti già esaminati dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se la motivazione di quest’ultimo è logica e coerente. I giudici hanno chiarito che l’accertamento sull’adempimento o meno degli obblighi informativi da parte della banca costituisce un’indagine di fatto. Poiché la Corte d’Appello aveva motivato in modo esauriente le ragioni per cui riteneva adempiuti tali obblighi, non vi era spazio per una censura in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida alcuni principi chiave in materia di intermediazione finanziaria. In primo luogo, conferma che la corretta profilazione del cliente è un elemento centrale per valutare l’adempimento dell’obbligo informativo dell’intermediario. Un investitore classificato come esperto e con alta propensione al rischio non può successivamente lamentare la natura rischiosa di un investimento di cui era stato messo a conoscenza. In secondo luogo, la decisione sottolinea che l’obbligo informativo non può estendersi a eventi futuri e imprevedibili, come un default sistemico. Infine, la sentenza ribadisce la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare le prove e i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti.

Per la validità di un contratto di investimento è necessaria anche la firma dell’intermediario o basta quella del cliente?
No, secondo un principio consolidato e richiamato nella decisione (Cass. S.U. n. 898/2018), per il requisito della forma scritta del contratto-quadro è sufficiente la sola sottoscrizione da parte dell’investitore, a condizione che una copia del contratto gli sia stata consegnata.

Se un cliente viene profilato come esperto e con alta propensione al rischio, l’intermediario è esonerato dal fornire informazioni specifiche sui rischi?
No, l’intermediario non è esonerato, ma l’adeguatezza dell’informazione viene valutata anche in base a tale profilo. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la banca avesse adempiuto ai suoi obblighi informando il cliente della natura speculativa degli strumenti e avvertendolo dell’inadeguatezza dell’operazione per dimensione, ritenendo tali informazioni sufficienti per un investitore con quel profilo.

L’intermediario ha l’obbligo di informare il cliente su un aumento del rischio di un titolo già acquistato?
La sentenza non afferma un obbligo generale e continuo di informazione successiva all’acquisto per un contratto di mera negoziazione. La Corte ha ritenuto che, nel caso specifico, l’obbligo informativo si fosse esaurito con l’esecuzione delle singole compravendite e ha escluso che il rapporto si fosse trasformato in una consulenza o gestione patrimoniale che avrebbe implicato doveri informativi successivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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