Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8561 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8561 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
sul ricorso n. 27677/2019, nella causa
TRA
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, elett. domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difesa , unitamente all’ AVV_NOTAIO, con procura speciale in atti;
-ricorrente-
-contro-
COGNOME NOME; COGNOME NOME, elett.te domic. presso l’AVV_NOTAIO , che li rappres. e difende unitamente all’AVV_NOTAIO , con procura speciale in atti;
-controricorrenti – udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con citazione del 2009 NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) esponendo che: il primo aveva sottoscritto il 29.1.08 presso la filiale di Bassano della suddetta banca un contratto di servizi di deposito e custodia e/o amministrazione di titoli e strumenti finanziari e di negoziazione per conto proprio, esecuzione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari; la seconda aveva acceso il 3.6.2008 un conto corrente e relativo conto-titoli; entrambi avevano acquistato, nel periodo dal 6.2 al 10.6.2008, su suggerimento dei funzionari della banca – aderente al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – obbligazioni Lehman Brothers, per la somma complessiva di euro 320.000,00 tramite otto ordini d’acquisto; l’apertura della procedura concorsuale americana, il 15.9.08, aveva determinato il default della banca emittente e la perdita del capitale investito; era stata ricevuta comunicazione dalla banca intermediaria, in pari data, relati va all’uscita del titolo in questione dall’elenco delle obbligazioni a basso rischio -rendimento del RAGIONE_SOCIALE, per aver raggiunto una significativa variazione del livello di rischio.
Gli attori esponevano altresì che la banca convenuta: aveva prospettato l’acquisto dei titoli in questione come investimento a rischio molto contenuto, in quanto inseriti nell’elenco delle obbligazioni a basso rischio-rendimento del suddetto RAGIONE_SOCIALE; aveva omesso ogni comunicazione sulle vicende riguardanti la banca americana, sebbene già dal 2007 la grave situaz ione finanziaria di quest’ultima dovesse essere nota alla convenuta; aveva incentivato la concentrazione dell’investimento su un unico strumento finanziario; aveva omesso di fornire informazioni sulla natura e sui rischi dell’investimento , e
sull’andamento dei titoli nel periodo successivo all’acquisto, e concluso operazioni inadeguate ex art. 29 reg. Consob 1998.
Gli attori deducevano, altresì, la violazione degli artt. 21 ss. d.lgs. 58/98, 28 e 29 Regolamento Consob 1998, e dell’ob bligo di fonte negoziale assunto dalla convenuta, chiedendo la risoluzione degli ordini d’investimento ex art. 1453 c c, e la condanna della RAGIONE_SOCIALE al rimborso del capitale investito e al risarcimento dei danni, patrimoniali e non.
Si costituiva la convenuta eccependo l’infondatezza della domanda.
Con sentenza del 2012, il Tribunale, all’esito della c.t.u. rigettò la domanda, osservando che: non si era verificato nessun inadempimento contrattuale o violazione di norme imperative da parte della banca; non era stato dimostrato il nesso di causalità tr a l’inadempimento della banca dell’obbligo informativo concernente la rischiosità dell’investimento e il danno dedotto, in quanto la convenuta non aveva potuto prevedere l’evenienza del default della Lehman Brothers.
Con sentenza del 13.2.19, la Corte d’appello di Venezia, decidendo l’appello proposto dagli attori, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, pronunciava la risoluzione degli otto contratti d’investimento conclusi con la banca convenuta – ora BPM s.p.a. – condannando quest’ultima a restituire la somma di euro 95.000,00 in favore dello COGNOME, della somma di euro 45.000,00 in favore della COGNOME e della somma di euro 180.000,00 in favore di entrambi gli appellanti, oltre interessi legali, con detrazione proporzionale da ciascuno dei suddetti importi della somma complessiva di euro 161.948,59, oltre interessi legali dai singoli accrediti al saldo, nonché della somma di euro 5.325,73 oltre interessi legali.
La Corte territoriale osservava, per quanto d’interesse, che: la banca convenuta aveva assunto lo specifico obbligo d’informare
tempestivamente gli appellanti dell’eventuale significativa variazione del livello di rischio, cioè del VaR dei titoli in questione, oltre che del possibile peggioramento del giudizio assegnato ai medesimi dall’agenzie di rating, sulla base della clausola apposta sui singoli ordini d’acquisto sottoscritti , e confermata dalla banca dopo l’esecuzione di ciascuna operazione sulle ricevute d’acquisto, a tenore della quale ‘ il titolo fa parte delle obbligazioni a basso rischio-rendimento RAGIONE_SOCIALE ‘, clausola che testualmente rinviava all’elenco del RAGIONE_SOCIALE, con l’ulteriore impegno della banca aderente di fornire ai propri clienti tutte le informazioni, prima, durante e per tutta la durata dell’investimento; la comunicazione ricevuta dalla banca il 16.9.08 secondo la quale i titoli per cui è causa non rientravano più nell’elenco delle obbligazioni a basso rischio-rendimento inerente al suddetto RAGIONE_SOCIALE, ed avevano raggiunto una significativa variazione del livello di rischio, perdendo il rating A – confermava la tesi che tali informative erano contrattualmente dovute, trattandosi di obbligo informativo distinto da quello inerente al mutamento del rating dell’emittente, posto che la permanenza dei titoli Lehman nell’elenco del RAGIONE_SOCIALE era subordinata alla persistenza di tutti i parametri, qualitativi e quantitativi, per cui se un titolo avesse perso anche uno dei suoi requisiti fondamentali sarebbe stato espunto dal suddetto elenco; l’obbligo infor mativo sul monitoraggio del VaR dei titoli costituiva dunque specifico obbligo contrattuale assunto dalla banca, che s’aggiungeva agli obblighi gravanti sull’intermediario a norma degli artt. 21 d.lgs. 58/98 e 28 reg. Consob 1998; la comunicazione sull’aumento de l rischio era stata tardiva, e in violazione dell’obbligo pattizio di comunicare tali variazioni entro 2 giorni; la tesi dell’inadempimento contrattuale dell’intermediario era stata confermata dalle conclusioni del c.t.u., il quale aveva accertato che
variazioni significative del VaR delle due tipologie di titoli in questione si erano verificate nel periodo dal 6.2.08 al 10.6.08, permanendo stabilmente sino al giorno antecedente alla dichiarazione del default dell’emittente, e che la banca intermediaria avrebbe potuto acquisire conoscenza di tali variazioni del livello di rischio, in quanto operatore specializzato ; l’inadempimento in questione era di non scarsa importanza, ex art. 1455 c.c. , considerando la rilevanza dell’interesse degli appellanti alla tempestiva comunicazione del superamento del VaR delle obbligazioni Lehman Brothers, tenuto conto della scelta d’investire in obbligazioni a basso rischio facendo affida mento nelle informazioni sul livello del rischio successive alla conclusione dei contr atti; alla statuizione d’appello non ostava il tenore delle conclusioni rassegnate dagli appellanti all’udienza di precisazione delle conclusioni del primo grado, laddove era stata chiesta la risoluzione dei contratti per inadempimento, da parte della banca, degli obblighi sanciti dal TUF e dai regolamenti Consob, non anche con riferimento alla violazione dell’obbligo contrattuale, in quanto nella citazione era chiara la deduzione de ll’inadempimento contrattuale riguardo ai predetti obblighi specifici assunti con la clausola suddetta, quale autonoma causa petendi ; era infondato l’appello incidentale condizionale della banca appellata, anche in ordine – per quanto interessa – alla mancata domanda di restituzione dei titoli in questione, azionabile in separato giudizio, una volta pronunciata la risoluzione degli ordini d’investimento.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione con sei motivi, illustrati da memoria. COGNOME e COGNOME resistono con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 190 e 345, c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto ammissibile il mutamento della causa petendi della parte convenuta nella comparsa conclusionale in primo grado, non ritenendo nuova la domanda formulata nella stessa comparsa volta a far valere nei confronti della banca l’inadempimento dell’obbligo informativo , avente fonte negoziale, individuato nell’adesione al RAGIONE_SOCIALE, domanda nuova in quanto caratterizzata da diversa causa petendi rispetto alle domande formulate nell’atto introduttivo.
Al riguardo, la ricorrente assume che: nell’atto di citazione era stata propo sta la domanda d’inadempimento della banca per non aver ottemperato agli obblighi d’informazione di fonte esclusivamente legale, prescritti dagli artt. 21 d.lgs. 58/98 e 28 Regolamento Consob 11522/98; il giudizio era stato promosso contestando alla banca di avere venduto le suddette obbligazioni Lehman nella consapevolezza dell’imminente default dell’emittente, e di aver dunque violato la normativa in materia di corretta informaz ione dell’investitore, mentre la sentenza d’appello avrebbe accolto una domanda del tutto diversa introdotta solo con la comparsa conclusionale di primo grado.
Il primo motivo è infondato. Invero, la Corte d’appello , dopo aver premesso che nell’atto di citazione gli attori avevano esposto che la banca convenuta aveva prospettato l’acquisto dei titoli in questione come investimento a rischio molto contenuto, in quanto inseriti nell’elenco delle obbligazioni a basso rischio -rendimento del RAGIONE_SOCIALE, ha espressamente affermato, a pag. 8, che gli attori ‘ dedussero, quindi, la violazione degli art. 21 d.lgs. 58/98, 28 e 29 regolamento Consob 11522/1998 e dell’obbligo di fonte negoziale assunto dalla RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la pronuncia di risoluzione degli ordini di investimento
ai sensi dell’art. 1453 c.c., nonché la condanna della convenuta al rimborso del capitale investito e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti…’
Risulta inoltre che, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, già nell’atto di citazione di primo grado gli attori avevano dedotto la violazione dell’obbligo informativo successivo all’acquisto dei titoli di fonte convenzionale (v. in particolare pag. 3 dell’at to di citazione davanti al tribunale) basato sulla clausola apposta in calce alle attestazioni relative alle operazioni di acquisto dei titoli effettuate. Dunque, non soltanto con la comparsa conclusionale era stata dedotta tale causa petendi , poi coltivata anche in appello .
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 1362 c .c. e, in subordine, omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione, per aver la Corte territoriale ritenuto che l’avvertenza contenuta negli ordini d’acquisto delle obbligazioni (a tenore della quale ‘ il titolo fa parte delle obbligazioni a basso rischio-rendimento RAGIONE_SOCIALEcRAGIONE_SOCIALE..in base agli andamenti del mercato il titolo negoziato potrà uscire dall’elenco successivamente alla data dell’ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato se un tito lo facente parte dell’elenco subisce una variazione significativa del livello di rischio ‘) fosse chiara nel prevedere l’obbligo della banca d’informare l’investitore tempestivamente della variazione del rischio, sulla base del relativo tenore letterale, e della missiva della banca del 15.9.08 (con la quale la banca informò i clienti dell’uscita dei titoli acquistati dal predetto elenco per aver raggiunto una significativa variazione del livello del rischio), documenti che, secondo la Corte territoriale, richiamerebbero il parametro del VaR.
Al riguardo, la ricorrente lamenta, in particolare, che la Corte di merito abbia ritenuto che la predetta clausola contenga un espresso riferimento al VaR che, invece, non sarebbe desumibile
dall’interpretazione degli ordini d’acquisto dei titoli in questione, e che la clausola in questione non sia stata oggetto di un’interpretazione complessiva delle varie proposizioni in essa contenute, dalla quale si desumerebbe il solo obbligo di comunicare la fuoriuscita del titolo dall’elenco RAGIONE_SOCIALE C RAGIONE_SOCIALE, ma non anche l’obbligo di monitorare l’andamento del titolo e di informare l’investitore del mutamento delle condizioni di rischio dell’investimento, sotto il profilo del parametro VaR.
La ricorrente assume, ancora, che tale interpretazione sistematica troverebbe conferma nella condotta della stessa banca la quale aveva comunicato il 15.9.2008 la fuoriuscita dei titoli acquistati dal suddetto elenco.
In subordine, la banca si duole dell’insufficiente e contraddittoria motivazio ne della Corte d’appello , avendo essa omesso di valutare decisivi elementi testuali contenuti negli ordini d’acquisto.
Il secondo motivo è inammissibile perché diretto a ribaltare l’interpretazione del giudice di secondo grado, in ordine al contenuto della clausola pattizia inserita negli ordini d’acquisto delle obbligaz ioni Lehman, senza dedurre una specifica, effettiva, violazione dei criteri ermeneutici.
Invero, la ricorrente assume che la Corte territoriale non avrebbe effettuato un’interpretazione complessiva e sistematica delle varie proposizioni di cui si compone la suddetta clausola, dalla quale si desumerebbe il solo obbligo di comunicare la fuoriuscita del titolo dall’elenco RAGIONE_SOCIALEcRAGIONE_SOCIALE, ma non anche l’obbligo di monitorare l’andamento del titolo , e di informare l’investitore del mutamento delle condizioni di rischio dell’investimento, sotto il profilo del parametro VaR.
Al riguardo, va osservato che, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass., n. 27136/17; n. 17168/12).
Nella specie, la doglianza attiene, in sostanza, al riesame dell’a ttività interpretativa della Corte d’appello non avendo la ricorrente esplicitato le ragioni per le quali la Corte territoriale avrebbe violato i canoni legali ermeneutici, limitandosi a criticare l’ambito dell’interpretazione della suddetta clausola contrattuale (in relazione alla lamentata ritenuta sussistenza del l’obbligo di monitorare l’andamento del titolo , e di informare l’investitore del mutamento delle condizioni di rischio dell’inve stimento, sotto il profilo del parametro VaR).
Invero, secondo l’interpretazione della Corte d’appello, l’ob bligo di comunicare l’ esclusione dei titoli dal predetto elenco era strettamente connesso al monitoraggio degli stessi attraverso l’uso del citato parametro.
Il terzo motivo deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia sulle eccezioni della banca, e dunque violazio ne dell’artt. 112 e 345 c.p.c.
In particolare, la ricorrente lamenta che la Corte d’appello non avrebbe pronunciato sull’eccezione sollevata nella comparsa conclusionale in secondo grado, con la quale era stato dedotto che solo con la comparsa
conclusionale del maggio 2017 gli appellanti avevano allegato tardivamente un ulteriore profilo d’inadempimento della banca , in ordine alla violazione dell’obbligo di comunicare agli investitori la variazione del rischio del titolo Lehman con riferimento al parametro del VaR.
Il terzo motivo è infondato per argomenti non dissimili da quelli esposti in ordine al primo motivo. Invero, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale non avrebbe pronunciato sull’eccezione di tardività della domanda d’inadempimento -fondata sulla violazione dell’obbligo informativo afferente alla variazione del livello di rischio dei titoli – che gli appellanti avrebbero formulato nella comparsa conclusionale in appello.
In realtà, come detto, la Corte territoriale, premesso che gli attori avevano dedotto espressamente , nell’atto di citazione, l’inadempimento della banca anche per la violazione del suddetto obbligo informativo pattizio inserito negli ordini d’acquisto del le obbligazioni per cui è causa, ha così escluso qualunque novità della domanda per modifica della causa petendi .
Inoltre -e comunque – il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (giurisprudenza costante: cfr., da ult., Cass. 321/2016).
Il quarto motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell ‘art . 132, n.4, c.p.c. e degli artt. 118 disp. att. c.p.c., e 111 Cost. per omessa motivazione o motivazione apparente, nonché omesso esame di fatto decisivo, per non aver il giudice di secondo grado, nel recepire le conclusioni del c.t.u., precisato cosa debba intendersi per significativa variazione del livello del rischio, avendo emesso una
motivazione al riguardo apodittica, fondata su una mera quantificazione matematica del dato relativo al superamento, o meno, del VaR.
Il motivo è inammissibile. Anzitutto, la Corte di merito non ha motivato in maniera apodittica, avendo recepito le deduzioni del c.t.u. fondate sull’andamento di mercato del VaR. , illustrandone le argomentazioni e ritenendole corrette in base ai quesiti formulati.
Invero, la doglianza è genericamente diretta a ribaltare l’interpretazione della Corte d’appello riguardante il significato da attribuire all’espressione contenuta nella clausola pattizia ‘ significativa variazione del livello del rischio ‘.
Al riguardo, occorre rilevare che il contenuto di un obbligo contrattuale può certamente essere definito anche mediante espressioni o concetti elastici, che in quanto tali non si prestano a una previa, precisa determinazione quantitativa, onde il loro operare in concreto è affidato alla discrezionalità del giudice di merito esercitata caso per caso. L’esercizio di tale discrezionalità è censurabile in sede di legittimità soltanto se il giudice sia incorso in violazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, cpc) oppure abbia trascurato l’esame di fatti decisivi dei quali si sia al riguardo discusso davanti a lui (art. 360, n. 5, cpc) e, in ogni caso, a condizione -altrimenti si tratterebbe di censura puramente astratta e perciò inammissibile in quanto tale -che il ricorrente spieghi in cosa si sarebbe dovuto tradurre, a suo avviso, il corretto esercizio della discrezionalità di cui trattasi: cosa, in altri termini, avrebbe dovuto il giudice decidere in alternativa a quanto ha invece deciso.
Del che, però, non vi è traccia alcuna nel ricorso che ci occupa.
Il quinto motivo deduce omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 1455 c .c., per aver la Corte d’appello ritenuto l’inadempimento ascritto alla banca di non scarsa
importanza, in ragione dell’interesse degli investitori alla tempestiva comunicazione del superamento del VaR, motivando in maniera insufficiente nella parte in cui ha ravvisato nella violazione dell’obbligo d’informare tempestivamente gli investitori della significat iva variazione del rischio dei titoli in questione i presupposti della risoluzione degli ordini d’acquisto per non scarsa importanza.
Al riguardo, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare l’ele vato profilo di rischio degli investitori, tale da superare il vaglio di adeguatezza degli acquisti ex art. 29 Reg. Consob 11522/98, che avrebbe escluso la valutazione di gravità dell’inadempimento, e non avrebbe tenuto conto del fatto che le scelte di investimento degli appellanti smentivano quanto motivato dalla Corte territoriale circa l’interesse degli appellanti alla tempestiva comunicazione del superamento del VaR dei titoli oggetto di causa, per cui non sarebbe stato possibile, in capo agli attori, alcun affidamento sulle variazioni del suddetto parametro.
Il motivo è inammissibile in ordine alla doglianza riguardante l’insufficiente motivazione circa la valutazione della gravità dell’inadempimento, sulla scorta della formulazione dell’art. 360, c.1, n.5, applicabile ratione temporis.
Parimenti inammissibile è la critica relativa all’omesso esame di fatto decisivo riguardo alla valutazione di adeguatezza degli investimenti in questione, perché priva di decisività.
La cda ha motivato tale accertamento (v. pag. 25 della sentenza impugnata) facendo leva sull’affidamento degli investitori sulle informazioni promesse sulla variazione del livello di rischio, posto che essi avevano scelto i titoli in questione proprio in quanto titoli a basso rischio.
Va premesso che un fatto -il cui esame si assuma trascurato dal giudice di merito, che pertanto sarebbe incorso nel vizio di cui all’art. 360, n. 5, cpc -può dirsi decisivo allorché, se esso fosse stato considerato, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (giurisprudenza consolidata: cfr., da ult. Cass., n. 3960/2018).
Ora, il fatto non considerato dalla Corte territoriale sarebbe, ad avviso della ricorrente, la elevata propensione al rischio degli attori; tale circostanza, però, è tutt’altro che decisiva.
Infatti, che gli attori fossero disposti ad effettuare investimenti anche rischiosi non toglie che, nella specie, essi avevano tuttavia optato -con scelta evidentemente insindacabile -per un investimento a basso rischio: dunque, che essi avrebbero confermato l’investimento nello stesso titolo anche in presenza di un significativo aumento del suo livello di rischio, è tutt’altro che una certezza, bensì soltanto una delle possibili conclusioni che avrebbe potuto trarre il giudice di merito.
D’altra parte , in tema di intermediazione finanziaria, l’onere probatorio a carico dell’intermediario di aver adempiuto agli obblighi informativi nei confronti del cliente sussiste indipendentemente dalla valutazione di adeguatezza dell’operazione; la carenza di prova di avere dato adeguate informazioni, peraltro, determina una presunzione in ordine alla esistenza di un danno risarcibile a carico del cliente, posto che l’inosservanza dei doveri informativi da parte dell’intermediario è, in ogni caso, fattore di disorientamento dell’investitore, che condiziona le sue scelte di investimento (Cass., n. 7288/23; n. 19891/22).
Nella specie, sebbene venga in rilievo un obbligo informativo di origine pattizia, cioè diverso da quelli avente fonte legale o nel regolamento Consob, è applicabile comunque il principio citato, circa l’irrilevanza
della valutazione di adeguatezza degli investimenti attesa l’inosservanza dello specifico obbligo informativo per cui è causa.
Il sesto motivo denunzia violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1458 c.c., per aver la Corte territoriale , all’esito della pronuncia di risoluzione degli ordini d’acquisto dei titoli Lehman, disposto, per l’effetto delle restituzioni dovute, la detrazione dal capitale investito da restituire agli investitori delle cedole (interessi accreditati) incassate dagli appellanti e di ogni altra somma percepita a seguito dei riparti effettuati nell’ambito della procedura concorsuale statunitense (cd. Eleven Chapter), senza però disporre anche la restituzione dei titoli obbligazionari, nonostante la domanda di restituzione sia stata espressamente proposta dalla banca fin dal primo grado.
Il motivo è inammissibile perché dalle conclusioni trascritte nella sentenza impugnata, risulta che la domanda non era stata riproposta. Tale risultanza non è smentita dalla ricorrente, la quale neppure deduce espressamente di aver riproposto detta domanda. Al cospetto di ciò, non ha alcun rilievo la denuncia dell’errore, in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello, nel negare che la domanda di restituzione fosse stata avanzata dalla banca nel giudizio di primo grado.
Il ricorso va in conclusione rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 8.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.