Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31673 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31673 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 2522 del ruolo generale dell’anno 2022 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (C.F./P.I. P_IVA) in persona del legale rappresentante pro tempore , Dr.ssa NOME COGNOME, con sede in Gizzeria (CZ), INDIRIZZO elettivamente domiciliata in Catanzaro INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME ( Cod. Fisc. CODICE_FISCALE; Fax NUMERO_TELEFONO; P.E.C. avv.EMAIL pec.it), del foro di Catanzaro, patrocinante presso le Magistrature Superiori, giusta procura in calce al presente atto. Il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al giudizio presso il proprio indirizzo P.E.C. sopra specificato.
Ricorrente
contro
Regione Calabria (cf. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Presidente della Giunta Regionale e l.r. pro tempore Dr. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata il 2.2.22 in calce al ricorso, nonché in forza di decreto dirigenziale di incarico, dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. NMA GPP CODICE_FISCALE) dell’Avvocatura Regionale (P.E.C. avvocato8.cz @
pec.regione.calabria.it), ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la Delegazione della Regione Calabria, fax NUMERO_TELEFONO, indirizzi di posta elettronica e fax ai quali intende ricevere comunicazioni e notificazioni del presente giudizio.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n° 1459 depositata il 12 novembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza menzionata in intestazione la Corte d’appello di Catanzaro, riformando la decisione del primo grado, rigettava la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE (attrice) contro Regione Calabria (convenuta), onde ottenerne la condanna al pagamento di euro 837.557,24, quale quota del 60% delle prestazioni sociosanitarie rese nell’anno 2014 in favore di soggetti disabili non assistibili a domicilio, poste dalla legge della Regione Calabria a carico del Fondo sociale regionale (il residuo 40% di esse, corrispondente alla ‘ quota sanitaria ‘, era già stato remunerato dall’Asp di Catanzaro mediante gli stanziamenti del Fondo sanitario regionale, mentre la Regione era rimasta totalmente inadempiente).
2 .- Per quello che qui rileva, la Corte territoriale -dopo aver disatteso il primo motivo di gravame (col quale la Regione, soccombente in primo grado, aveva censurato la sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato) -esaminando prioritariamente il terzo motivo d’appello, osservava che il contratto tra Asp, Regione e struttura privata siglato il 22 dicembre 2014 non era stato sottoscritto dalla Regione e che, nondimeno, il primo giudice aveva ritenuto sussistente un’obbligazione ex contractu , in forza della sottoscrizione di una
scrittura 9 giugno 2014, intitolata ‘ Addenda contrattuale all’accordo … per le prestazioni rese nell’anno 2013 ‘.
Passando, quindi, ad esaminare se vi fosse un’obbligazione ex lege , la Corte l’ha esclusa, sulla scorta dell’orientamento di questa Corte di legittimità, citando Cass. 22037/2016, 23067/2016, 11451/2017 e 28024/2019.
Stando, infatti, alle norme di legge ed all’indirizzo della Corte di cassazione, la Regione rimane normalmente estranea alla concreta gestione dei servizi sociosanitari, essendo titolare di competenze riguardanti esclusivamente la sfera della programmazione, del coordinamento e della vigilanza sugli enti operanti nel settore, nonché della ripartizione delle risorse economiche.
Esclusa, dunque, l’esistenza di un’obbligazione ex lege , il credito azionato non trovava titolo nemmeno nella scrittura datata 9 giugno 2014 (intitolata ‘ Addenda contrattuale all’accordo … per le prestazioni rese nell’anno 2013 ‘), poiché essa, sebbene sottoscritta dalla struttura e dal Dirigente regionale del Dipartimento n° 10, Settore Politiche Sociali, era viziata da ‘ carenza di potere ‘ dell’organo pubblico che l’aveva firmata e, pertanto, era inidonea alla costituzione di un valido rapporto negoziale tra Regione e struttura privata.
In ogni caso, essa non appariva destinata a sostituire la Regione quale obbligato al pagamento, ma solo a garantire lo stanziamento delle risorse per il 2014.
Da ultimo, neppure la domanda fondata sull’art. 2041 cod. civ. poteva trovare accoglimento, mancando il carattere residuale dell’azione sancito dall’art. 2042 cod. civ.
3 .- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, fondandolo su tre motivi.
La Regione Calabria ha concluso per la sua inammissibilità e, nel merito, per il suo rigetto.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo RAGIONE_SOCIALE deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 e 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n° 4, dello stesso codice.
Il primo giudice, infatti, all’esito della causa RG 3020/2015, aveva condannato la Regione a pagare a RAGIONE_SOCIALE euro 837.557,24 per le prestazioni rese nel 2014, mentre la Regione, nell’atto di appello, aveva esordito asserendo che ‘ l’appellata, nella qualità di soggetto accreditato, chiedeva che l’Amministrazione venisse condannata al pagamento di € 420.154,27, quale residuo per le prestazioni svolte nell’anno 2013 ‘: prestazioni che costituivano oggetto di un distinto e parallelo giudizio (RG 3019/2015), parimenti instaurato da RAGIONE_SOCIALE contro l’Ente territoriale.
Dunque, poiché l’appello della Regione aveva ad oggetto le prestazioni del 2013 e non quelle del 2014, oggetto del giudizio di primo grado (RG 3020/2015), l’impugnazione della Regione (con la quale chiedeva il rigetto della domanda di condanna per le prestazioni 2013) avrebbe dovuto essere dichiarata integralmente inammissibile.
5 .- Il mezzo è infondato.
Essendo stato formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n° 4, cod. proc. civ., questa Corte è anche giudice del fatto processuale (qui verificabile solo in base alla documentazione digitale dimessa in atti, in quanto il fascicolo non nasce cartaceo).
Ora, con ricorso proposto ex art. 702 bis cod. proc. civ. (oggi abrogato) ed iscritto al RG n° 3020/2015 del tribunale di Catanzaro, il RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la condanna della Regione
convenuta al pagamento delle prestazioni dell’anno 2014, per complessivi euro 837.557,24.
Su tale fatto processuale concorda anche RAGIONE_SOCIALE, che, infatti, alle pagine 34 dell’odierno ricorso per cassazione dà atto che il ricorso RG 3020/2015 riguardava le prestazioni 2014.
Dunque, l’ordinanza del tribunale, con la quale venne accolta la domanda nella causa RG 3020/2015, era perfettamente coerente con le richieste attoree.
È poi avvenuto che la Regione abbia presentato appello avverso l’ordinanza resa in RG 3020/2015 partendo da un presupposto errato e non risultante dagli atti di causa.
Nella citazione di secondo grado, infatti, la Regione ha assunto che RAGIONE_SOCIALE avesse domandato in quel giudizio (RG 3020/2015) il pagamento delle prestazioni 2013: assunzione che non trova rispondenza negli atti del processo.
La Corte territoriale ha, dunque, così correttamente motivato: ‘ Va preliminarmente osservato che la eccezione di extrapetizione proposta dall’appellata’ ( recte : appellante) ‘si appalesa sganciata dal contenuto degli atti di causa, dai quali univocamente emerge che la causa petendi ed il petitum della domanda sono radicati l’una nelle prestazioni rese dalla struttura (…) per l’anno 2014 (…); e l’altro nel pagamento del saldo accreditato per tali prestazioni rimaste in parte insolute. A tale causa petendi ed a tale petitum chiaramente si rivolge la sentenza, provvedendo in maniera aderente al contenuto della domanda ‘.
Ora, Il Gabbiano, in buona sostanza, vorrebbe che dall’erronea assunzione dalla quale è partita la Regione a pagina 1 dell’appello (ossia che il giudizio RG 3020/2015 riguardasse le prestazioni 2013), discendesse l’inammissibilità dell’intera impugnazione, quando l’errore predetto non ha precluso al giudice di secondo grado ed alle stesse parti di trattare la questione delle prestazioni 2014 (e non altre).
Peraltro, come correttamente rileva la controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’erroneo assunto di pagina 1 dell’appello, ‘ ha poi tarato i successivi motivi sul concreto contenuto dell’ordinanza appellata ‘.
In conclusione, non sussiste alcuna inammissibilità dell’appello, né alcuna nullità della sentenza derivante dalla violazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ.
6 .- Col secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 30, lett. d, l.r. Calabria 13 maggio 1996, n. 7 (in relazione all’art. 360, c. 1, n° 3, c.p.c.) ‘.
La Corte avrebbe ritenuto inefficace ai fini della valida costituzione di un rapporto negoziale il contratto stipulato tra la Regione e RAGIONE_SOCIALE il 9 giugno 2014, nonostante fosse stato siglato dal Dirigente regionale del dipartimento n° 10, Settore Politiche sociali, senza considerare che l’art. 30 della legge Regione Calabria n° 7/1996 attribuisce ai Dirigenti di settore il potere di procede all’acquisto di beni e servizi, stipulando i contratti e le relative convenzioni idonee ad impegnare l’ente, nell’ambito delle competenze della rispettiva struttura.
7 .- Il mezzo è inammissibile.
Anzitutto, va precisato che col secondo motivo la ricorrente non deduce un obbligo ex lege della Regione (la cui sussistenza è ormai esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte: ex multis Cass., sez. 2, 14 marzo 2024, n° 6788, con menzione di altri precedenti), ma un obbligo ex contractu .
Così precisato il senso del motivo in esame, esso si appalesa inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza d’appello.
Infatti, anche concedendo l’argomentazione della ricorrente, la Corte territoriale ha esaminato il contratto del 9 giugno 2014, ritenendo che quest’ultimo ‘ in ogni caso (…) non sembra destinato a sostituire la Regione quale obbligato al pagamento, ma a
prevedere che, ai fini di evitare contestazioni sulla copertura contrattuale delle prestazioni effettuate per il 2014, il regime di prorogatio sarebbe stato considerato valido dalla Regione ai fini dello stanziamento delle risorse, ma non come assunzione diretta dell’obbligo di pagamento ‘.
Pertanto, dopo aver escluso -non importa qui stabilire se a torto o a ragione -che il contratto 9 giugno 2014 era viziato da ‘ carenza di potere ‘, la Corte lo ha esaminato nel merito ed ha ‘ in ogni modo ‘ escluso che da quella scrittura potesse derivare l’effetto negoziale invocato da Il Gabbiano, ossia l’obbligazione della Regione Calabria di provvedere al pagamento della quota sociale delle rette direttamente in favore della struttura.
La censura del motivo in esame fa leva invece sull’art. 30 della legge regionale n° 7/1996, in base al quale il Dirigente di Settore procede all’acquisto di beni e servizi, stipulando i contratti e le relative convenzioni idonee e, dunque, ad impegnare l’ente.
Censura fuori fuoco, in quanto la ragione della Corte è consistita nell’interpretare il contratto del 9 giugno 2014 diversamente da quanto suggerisce la ricorrente, come si esporrà nel paragrafo che segue.
8 .- Col terzo mezzo la struttura privata lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 2697 cod. civ.
La Corte avrebbe erroneamente escluso che il contratto 9 giugno 2014 avesse, in ogni modo, la finalità di finanziare le risorse per quell’anno, con conseguente mancanza di efficacia negoziale.
Al contrario, essa avrebbe dovuto considerare il senso letterale delle parole, il comportamento complessivo delle parti e il contenuto complessivo dell’accordo.
Se lo avesse fatto, la Corte sarebbe giunta alla conclusione che le disposizioni in esso contenute avevano determinato un obbligo a carico della Regione, come già argomentato da Il Gabbiano nella comparsa d’appello, nella quale aveva fatto notare che l’obbligo era
sottoposto ad una condizione sospensiva (integrazione delle risorse finanziarie) già da tempo verificata, in quanto il Fondo regionale per le prestazioni sociosanitarie ex art. 49 della legge della regione Calabria n° 47/2011, era stato oggetto di plurimi rifinanziamenti, anche per i debiti pregressi, introdotti con le successive leggi regionali n° 12/2015, n° 40/2016 (art. 9), n° 44/2016 (art. 16, sesto comma).
La Corte, invece, aveva interpretato la scrittura del 9 giugno 2014 facendo malgoverno dei canoni ermeneutici degli artt. 1362 e 1363 cod. civ.
Quanto al comportamento anteatto, la Corte avrebbe omesso di considerare che con legge n° 57/2013 la Regione aveva disposto lo stanziamento di euro 15 milioni sul Fondo sociale.
Quanto alla condotta successiva, il giudice di secondo grado avrebbe omesso l’esame delle leggi regionali già citate.
9 .-Com’è agevole notare, la ricorrente pretende che sia data un’interpretazione diversa alla scrittura 9 giugno 2014, sia in ragione del testo della stessa, sia in base alle leggi regionali menzionate nel mezzo.
Nondimeno, deve rammentarsi che l’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica dei contratti, e la violazione di queste regole non può dirsi esistente sol perché il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra, tra le molteplici interpretazioni del testo contrattuale (per tutte: Cass., sez. 3, 10 maggio 2018, n° 11254).
Ora, l’interpretazione data dalla Corte al testo della scrittura 9 giugno 2014 non appare arbitraria o irragionevole, con la conseguenza che essa costituisce, per l’appunto, una delle possibili spiegazioni del senso dell’accordo.
Quanto, poi, alla violazione del canone ermeneutico consistente nel comportamento complessivo della Regione, desunto dalle leggi
sopra indicate -anche a tacere del fatto che tale comportamento non può evidentemente essere identificato con l’attività normativa -osserva il Collegio che si tratta di disposizioni che finanziano capitoli di spesa del bilancio regionale e che, pur destinati al pagamento di debiti pregressi, non pongono in alcun modo un obbligo di pagamento in capo alla Regione stessa: donde la completa irrilevanza di tali interventi normativi nell’interpretazione della scrittura 9 giugno 2014.
Né all’accoglimento dello stesso sono utili le recenti decisioni (citate nella memoria della ricorrente depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.) Cass., sez. I, 19 aprile 2024, n° 10589 e Cass., sez. I, 7 dicembre 2023, n° 34287 (ben tenute presenti dal Collegio), sol che si consideri che nelle vicende esaminate con tali ordinanze il giudice d’appello aveva ritenuto sussistente l’obbligazione della Regione in base ad un contratto, ma l’aveva limitata ad uno specifico segmento temporale, trascurando di esaminare alcuni dati testuali risultanti dall’accordo stesso, di chiaro segno contrario: sicché, una volta affermato l’obbligo ex contractu , questa Corte ha correttamente cassato le sentenze d’appello, osservando che era stato violato il canone ermeneutico dell’art. 1362 cod. civ. nella limitazione dell’impegno ad un solo semestre del 2012.
Al contrario, nella presente vicenda la ricorrente intende ottenere una diversa e complessiva interpretazione della scrittura sulla base di una rivisitazione generale di essa, che ne affermi l’efficacia negoziale nei confronti della Regione e che è, invece, permessa solo al giudice del merito.
10 .-In conclusione, il ricorso va dichiarato integralmente inammissibile.
Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come
modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2024, nella camera di consiglio