Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34211 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34211 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Oggetto: mediazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15229/2023 R.G. proposto da COGNOME, elettivamente domiciliato in MARIANO COMENSE PINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende con procura speciale in atti.
-RICORRENTE – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, con procura speciale in atti.
-CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza della Corte d’appello di MILANO n. 1499/2023, depositata il 09/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.9.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1499/2023 la Corte d’appello di Milano, respingendo l’appello di NOME COGNOME, acquirente dell’immobile indicato in atti, ha confermato la pronuncia di primo grado con cui era stata respinto la domanda di risoluzione del contratto di mediazione e di restituzione della provvigione.
La pronuncia ha escluso che la RAGIONE_SOCIALE, che aveva intermediato l’affare, avesse violato gli obblighi informativi con riferimento alle condizioni del locale cantina oggetto di acquisto, affermando che i compratori erano stati edotti della presenza di acqua sul pavimento dovuta ad una imperfetta chiusura di una finestra e che l’amministratore non aveva mai comunicato alla società la necessità di interventi straordinari con riferimento alle cantine o all’impianto fognario , non essendo la resistente in condizione di conoscere le cause dei difetti dell’immobile .
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato con successiva memoria. Lo RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritenendo l’impugnazione manifestamente infondata.
Su opposizione del ricorrente, che ha chiesto la decisione, è stata fissata l’udienza in camera di consiglio.
Con l ‘ unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia il travisamento o l’errata valutazion e delle prove, asserendo che: a) neppure i proprietari erano al corrente dei lavori da eseguirsi e nulla potevano aver riferito al mediatore; b) la società convenuta, che aveva impedito ogni contatto con l’ amministratore, assicurando l’assenza di difetti, era stata edotta dei problemi al momento della consegna del certificato energetico; d) nulla sapevano i venditori del malfunzionamento della finestra, indicata quale causa del deposito di acqua, per cui era palese la violazion e dell’o bbligo di rendere le necessarie informazioni sulle condizioni dell’immobile compravenduto.
Il ricorso è infondato.
La Corte di merito ha ritenuto credibili le dichiarazioni di due testi, che avevano riferito che l’acquirente era stato posto a conoscenza delle probabili cause della presenza di acqua sul pavimento della cantina dovute al malfunzionamento di una finestra, e che l’amministratore compulsato dalla società – aveva comunicato la necessità di interventi straordinari che non avrebbero comunque interessato il locale, sostenendo che il mediatore non era in condizione di conoscere, né era a conoscenza delle cause dei fenomeni, astrattamente imputabili ai più vari fattori.
La ritenuta assenza di responsabilità della resistente per violazione dei doveri informativi non è -quindi effetto dell’errata percezione del contenuto delle prove orali e documentali, ma è l’esito del giudizio di credibilità e prevalenza delle deposizioni sugli altri elementi, espressione del libero apprezzamento del giudice.
Il travisamento della prova si configura nei soli casi in cui il giudice abbia tratto dagli elementi probatori acquisiti un’informazione probatoria del tutto diversa da quella reale e perciò presuppone una svista concernente il fatto probatorio in sé, e non la verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto stesso; il rimedio è, in tal caso, la revocazione per errore di fatto se ricorrono i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. su. 5792/2024).
Non può avere ingresso, infine, una diversa lettura del quadro probatorio sulla base di elementi contrari di natura indiziaria (il fatto che i venditori non abitavano nello stabile e nulla potevano riferire alla mediatrice) e documentali (il verbale assembleare del 3.12.2012 con cui erano stati deliberati interventi alla rete fognaria quale c onferma che l’amministratore era edotto delle cause dei problemi
alla cantina) , essendo il controllo di legittimità volto esclusivamente a verificare, sotto il profilo logico e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui è riservato il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011; Cass. 9097/2017; Cass. 29404/2017; Cass. 32505/2022).
Quanto al l’omesso esame di risultanze istruttorie, escluso un errore di percezione del contenuto delle prove, opera la preclusione di cui all’art. 348 ter, commi IV e V, c.p.c. , essendo la sentenza basata sulle stesse ragioni, inerente alle questioni di fatto, su cui si fonda la decisione di primo grado.
La violazione del dovere di diligenza professionale, dedotta in ricorso sul presupposto, smentito dalla Corte di merito, che la società mediatrice fosse a conoscenza della necessità di intervenire sull’impianto fognario per evitare il ristagno di acqua nelle cantine ed avesse intenzionalmente omesso di informarne il cliente, non può -pertanto- ritenersi sussistente.
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese.
Poiché l’impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell ‘art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass. S.u. 27433/2023; Cass. s.u. 27195/2023; Cass. s.u. 27947/2023).
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 1800,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, nonché di € 1.800,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e dell’ulteriore importo di € 600,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione