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Obblighi informativi: la banca deve risarcire

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un istituto di credito al risarcimento dei danni a favore di alcuni risparmiatori per l’acquisto di obbligazioni ad alto rischio. La decisione si fonda sulla violazione degli obblighi informativi da parte della banca. Secondo la Corte, l’inadempimento informativo crea una presunzione legale del nesso di causalità con il danno subito dall’investitore, e la semplice propensione al rischio di quest’ultimo non è sufficiente a esonerare l’intermediario dalle sue responsabilità.

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Obblighi informativi: la banca deve risarcire se il cliente non è consapevole

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale a tutela dei risparmiatori: la violazione degli obblighi informativi da parte di un intermediario finanziario fa scattare una presunzione di responsabilità per le perdite subite dal cliente. Anche se l’investitore ha una generica propensione al rischio, la banca non può sottrarsi al dovere di fornire informazioni specifiche e dettagliate sul prodotto finanziario proposto. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I fatti di causa: un lungo percorso giudiziario

La vicenda trae origine dall’acquisto, nel lontano 2001, di obbligazioni ad alto rischio emesse da una nota società, poi risultata insolvente. Un gruppo di risparmiatori, avendo subito la perdita totale del capitale investito, citava in giudizio la banca intermediaria, accusandola di aver violato i propri doveri di diligenza e corretta informazione.

Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso:
1. Primo Grado: Il Tribunale accoglieva la domanda dei risparmiatori, condannando la banca al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.
2. Appello: La Corte d’Appello ribaltava la decisione, respingendo la domanda degli investitori.
3. Primo Ricorso in Cassazione: La Suprema Corte accoglieva il ricorso dei risparmiatori, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte. Il motivo? La banca non aveva adempiuto in modo specifico ai suoi obblighi informativi, considerando la natura del prodotto, la provenienza dell’emittente e l’assenza di rating.
4. Giudizio di Rinvio: La Corte d’Appello, uniformandosi ai principi della Cassazione, condannava la banca a restituire le somme investite.

È contro quest’ultima decisione che la banca ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, che ha dato origine all’ordinanza in commento.

Il ruolo cruciale degli obblighi informativi dell’intermediario

Il cuore della controversia ruota attorno alla portata degli obblighi informativi che gravano sull’intermediario. La banca sosteneva di aver fornito la documentazione necessaria e che gli investitori, sottoscrivendo l’ordine di acquisto, avevano dichiarato di essere consapevoli dei rischi. Inoltre, secondo l’istituto di credito, la pregressa operatività degli investitori in titoli rischiosi dimostrava la loro propensione al rischio, rendendo irrilevante un’eventuale carenza informativa.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa linea difensiva, ribadendo che l’informazione dovuta al cliente non può essere generica. L’intermediario deve fornire indicazioni specifiche su:
* La natura e le caratteristiche peculiari del titolo;
* La rischiosità del prodotto finanziario;
* L’identità precisa del soggetto emittente;
* Il rating dell’operazione (o la sua assenza);
* Eventuali carenze informative (cd. “grey market”);
* Il pericolo imminente di default dell’emittente.

Una dichiarazione generica, sottoscritta dal cliente, di aver compreso i rischi non è sufficiente a provare l’assolvimento di tali doveri.

Le motivazioni

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso della banca, ha chiarito diversi punti fondamentali. In primo luogo, l’inadempimento degli obblighi informativi genera una presunzione legale del nesso di causalità tra la mancata informazione e il danno subito dall’investitore. Spetta quindi all’intermediario fornire la prova contraria, dimostrando che il cliente avrebbe comunque effettuato l’investimento anche se fosse stato pienamente e correttamente informato.

In secondo luogo, tale prova contraria non può consistere nella semplice dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta da operazioni passate. La Corte sottolinea che anche l’investitore più speculativo ha il diritto di poter valutare la sua scelta nell’ambito di tutte le opzioni disponibili sul mercato, sulla base di informazioni complete e corrette. L’asimmetria informativa tra banca e cliente deve essere colmata, e questo è lo scopo primario della normativa di settore.

La Corte ha ritenuto che la banca non avesse fornito prove concrete per superare questa presunzione. La condotta omissiva dell’intermediario è stata considerata di per sé idonea a cagionare il pregiudizio lamentato, ovvero la perdita del capitale investito, un danno accertato nel giudizio di merito e non seriamente contestato.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico a tutela dei risparmiatori. Gli intermediari finanziari non possono limitarsi a un adempimento formale dei loro doveri, ma devono assicurarsi che il cliente abbia una comprensione effettiva e specifica dei rischi legati a ogni singola operazione. La firma di moduli standard non basta a liberare la banca dalla responsabilità. Questa decisione ribadisce che la trasparenza e la correttezza informativa non sono meri orpelli, ma elementi essenziali del rapporto tra banca e cliente, la cui violazione comporta precise conseguenze risarcitorie.

La firma di un modulo generico sulla consapevolezza dei rischi esonera la banca dalle sue responsabilità?
No. Secondo la Corte, una dichiarazione generica sottoscritta dal cliente non costituisce prova dell’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione specifici che incombono sull’intermediario. L’informazione deve riguardare nel dettaglio la natura, la rischiosità, l’emittente e il rating del prodotto.

Se un investitore ha già effettuato in passato investimenti rischiosi, la banca è tenuta a fornirgli informazioni dettagliate?
Sì. La Corte ha stabilito che una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte pregresse, non attenua né elimina gli obblighi informativi della banca. Anche l’investitore speculativo deve poter valutare la sua scelta sulla base di informazioni complete e adeguate.

In caso di violazione degli obblighi informativi, chi deve provare il nesso tra la mancanza di informazione e il danno?
La violazione degli obblighi informativi fa sorgere una presunzione legale che il danno sia conseguenza di tale inadempimento. Grava quindi sull’intermediario (la banca) l’onere di fornire la prova contraria, dimostrando che l’investitore avrebbe compiuto la stessa scelta anche se fosse stato correttamente informato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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