Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4283 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4283 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30614/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e di fesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
COGNOME NOMECOGNOME rappres. e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrenti-
-nonché-
COGNOME NOMECOGNOME rappres. e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti; -ricorrenti incidentali-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente all’incidentale – avverso la sentenza d ella Corte d’appello di Lecce, n. 939/2020, pubblicata in data 30.09.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23.01.2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
il Tribunale di Lecce accoglieva il ricorso ex art. 19 d.lgs. n. 5/2003, proposto da NOME, NOME e NOME COGNOME, condannando la banca MPS s.p.a. al pagamento della somma di euro 107.000,00 a titolo di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione dei doveri di diligenza, ex artt. 1175, 1176, 2236, c.c., 21 Tuf, 27, 28, 20 Reg. Consob in relazione all’acquisto di obbligazioni Cirio Holding Luxemburg s.a. concluso nel febbraio 2001, per responsabilità precontrattuale.
Con sentenza del 3.2.12, la Corte territoriale accoglieva l’appello della banca, rigettando la domanda degli attori, osservando che: il Tribunale era incorso nel vizio d’ultrapetizione, atteso che gli attori non avevano agito a titolo di responsabilità precontrattuale- avendo invece chiesto l’accerta mento della nullità del contratto per la violazione degli obblighi informativi, e il conseguente risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c.-; non era stata provata la mancata informazione relativa all’acquisto delle obbligazioni Cirio, risalente al 2001, atteso che solo nel 2003 la Consob aveva impugnato il bilancio della Cirio, sicché non sussistevano, nel 2001, elementi di conoscenza in ordine ad una possibile situazione di dissesto e di insolvenza della società emittente i titoli; la violazione degli obblighi informativi nella fase precedente la conclusione del contratto non ne poteva determinare la nullità, in
quanto non attinenti ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale; in data 29.12.17, la Cassazione accoglieva il ricorso della banca, cassava la sentenza impu gnata e rinviava alla stessa Corte d’appello , argomentando dal rilievo che la MPS non aveva adempiuto gli obblighi informativi a suo carico- di cui agli artt. 21 Tuf, ratione temporis , e 28, par. 2, e 29 reg. Consob n. 11522/98 -tanto più incisivi nella fattispecie in considerazione del prodotto, della provenienza dell’emittente e dell’assenza di rating .
In particolare, la Cassazione rilevava che la Corte d’appello aveva effettuato un controllo astratto, riferendosi genericamente all’esistenza di un contratto scritto e di copiosa documentazione, tra cui il documento dei rischi degli investimenti, senza dare alcuna indicazione sul contenuti degli stessi, attribuendo un rilevo preminente alla sottoscrizione del contratto e all’ordine di negoziazione del prodotto finanziario, atti inidonei a fornire la prova di aver informato i clienti, a fronte della loro co ntestazione, alla luce dell’art. 23, uc., Tuf che disciplina l’informazione in ordine alle caratteristiche specifiche del prodotto finanziario.
Con sentenza del 30.9.2020, la Corte territoriale, definendo il giudizio di rinvio, rigettava l’appello della Banca MPS, condannandola a restituire agli attori la somma di euro 160.761,84 oltre interessi, decurtata dalle cedole eventualmente corrisposte, osservando che: premesso che le violazioni contestate dagli attori riguardavano la fase attuativa del rapporto obbligatorio, relativamente alla responsabilità contrattuale dell’ intermediario, in sede d’acquisto dei titoli non fu consegnato nessun documento agli attori circa le caratteristiche specifiche delle obbligazioni acquistate; nessuna prova di tale adempimento era stata fornita, essendo al riguardo irrilevante l’abitualità degli attori nel compiere operazioni finanziarie ad alto
rischio, specie considerando che già nel 1999 erano ravvisabili indici di squilibrio finanziario della Cirio, che avrebbero potuto allertare l’operatore; risultava pertanto irrilevante la prova orale articolata sul punto dalla banca, dovendo l’obbligo informativo riguardare non solo le indicazioni generali di ciascun prodotto finanziario, ma anche gli indici speci fici legati all’emittente, al mercato, al rating , segnalandone l’assenza.
Banca MPS s.p.a. ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con cinque motivi, illustrati da memoria. I Politi resistono con controricorso, illustrato da memoria, formulando ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
RITENUTO CHE
Il primo motivo del ricorso principale prospetta la questione d’incostituzionalità degli artt. 62 -72 l. n. 98/2013, di conversione con modifiche del d.l. 21.6.13, n. 69riguardante l’istituzione de i giudici ausiliari delle Corti d’appello -in relazione all’art. 106, c. 2, Cost., e deduce nullità della sentenza impugnata per vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.c.
Al riguardo, la ricorrente, rilevato che membro del collegio della Corte di merito era l’avv. COGNOME quale giudice ausiliario, lamenta l’insussistenza dell’eccezionali ragioni e dei limiti temporali che la Corte Cost. aveva individuato al fine di far salve le ipotesi di supplenza dei magistrati onorari nei collegi dei Tribunali (sentenze nn. 99 del 7.12.94, 156/63 e 103/98), dato che il sistema introdotto dal predetto d.l. non era un rimedio eccezionale, ma una misura strutturale volta a colmare le vaca nze d’organico della magistratura.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2697 cc, 115 cpc, per aver la Corte d’appello ritenuto che la situazione economica della Cirio fosse compromessa già anteriormente all’acquisto dei titoli, e che fosse
irrilevante l’abituale operatività degli attori nell’acquistare titoli rischiosi, il cui profilo di rischio era invece riferibile ad esperti investitori.
Inoltre, la ricorrente si duole che la Corte territoriale: non abbia ritenuto rilevanti le prove documentali dedotte, considerando che al momento della sottoscrizione dell’ordine d’acquisto erano state rese all’investitore dettagliate informazioni relative alle caratteristic he dei titoli acquistati; abbia ritenuto irrilevanti le prove orali dedotte dalla banca, aventi ad oggetto le informazioni sulle caratteristiche dei titoli rese all’acquirente ; non aveva tenuto conto del fatto che ogni contestazione rel ativa al difetto d’informativa era da considerare assorbita dall’espressa dichiarazione , sottoscritta in sede di conferimento degli ordini d’acquisto dei titoli , circa la consapevolezza della natura, dei rischi e del le implicazioni dell’operazione d’investimento.
Il terzo motivo denunzia omesso esame di fatto decisivo, atteso che la Corte d’appello non è si pronunciata in merito alle eccezioni della banca relative al mancato accoglimento delle istanze istruttorie.
Il quarto motivo denunzia violazione dell’a rt. 112 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto l’inadempimento contrattuale della banca, c ondannando quest’ultima al risarcimento dei danni, rispetto alla domanda introduttiva che invece non aveva ad oggetto istanze risarcitorie, di natura contrattuale, ma la restituzione della somma investita, in ragione dell’inadempimento contrattuale e, in subor dine, la nullità del contratt o d’acquisto dei titoli per mancanza dell’oggetto.
Il quinto motivo denunzia violazione degli artt. 23 d.lgs. n. 58/98, e 2697 c.c., per aver la Corte d’appello affermato la sussistenza del nesso causale tra l’inadempimento e il danno, pur in mancanza di prova,
ritenendo dunque prodotto un danno in re ipsa derivante dall’inadempimento degli obblighi informativi.
L’unico motivo del ricorso incidentale denunzia violazione del DM n. 55 del 2.4.2014, per aver la Corte d’appello liquidato le spese del giudizio di Cassazione e di quello del giudizio di rinvio, in maniera non conforme alle tariffe, considerate nel valore medio.
RITENUTO CHE
Il primo motivo non configura una critica in senso stretto, bensì un’istanza di rimessione della prospettata questione di cos tituzionalità, che non può essere accolta alla stregua della giurisprudenza di questa Corte.
Al riguardo, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 41 del 2021, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quelle disposizioni, contenute nel d.l. n. 69 del 2013 (conv. con modif. nella l. n. 98 del 2013), che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo “status” di componente dei collegi nelle sezioni delle corti di appello, queste ultime potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili (Cass., n. 32065/21; n. 4268/2020).
Il secondo motivo è infondato. Va osservato che dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario finanziario, preordinato al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente
consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; tale prova, tuttavia, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati (Cass. 16126/2020: in attuazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato una banca al risarcimento dei danni subiti da un cliente per l’acquisto di bond Cirio, avendo ritenuto determinante per la formazione del consenso di quest’ultimo l’inadempimento ai propri obblighi informativi da parte dell’istituto di credito, che non aveva dedotto l’intervento di fattori causali esterni, autonomamente idonei a determinare l’evento dannoso).
Inoltre, il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass., n. 29730/2020; N. 3601/2006).
Nella specie, la banca lamenta l’e same delle risultanze probatorie da parte della Corte d’appello , con doglianze dirette a contestare la motivazione adottata, a censurare l’omesso esame di documenti che, invece, sono stati esaminati e interpretati unitamente agli altri elementi acquisiti per pervenire alla decision e di accoglimento dell’appello.
Al riguardo, va osservato che, in tema d’intermediazione finanziaria, la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza circa le informazioni ricevute sulla rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, pur non costituendo dichiarazione confessoria (in quanto rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo), può comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario (Cass., n. 4620/2015).
In tema di intermediazione finanziaria, la pluralità degli obblighi (di diligenza, di correttezza e trasparenza, di informazione, di evidenziazione dell’inadeguatezza dell’operazione che si va a compiere) previsti dagli artt. 21, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 58 del 1998, 28, comma 2, e 29 del Reg. CONSOB n. 11522 del 1998 (applicabile “ratione temporis”) e facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie, convergono verso un fine unitario, consistente nel segnalare all’investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere (cd. “suitability rule”). Tale segnalazione deve contenere specifiche indicazioni concernenti: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del soggetto emittente, non essendo sufficiente la mera indicazione che
si tratta di un “Paese emergente”; 3) il “rating” nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali carenze di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di “grey market”); 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente “default” dell’emittente (Cass., n. 1376/2016; n. 12544/2017).
Nella specie, le dichiarazioni dell’investitore, come riportate nel ricorso (pag. 26) di ‘ essere stato esaustivamente informato sulla natura, su rischi e sulle implicazioni dell’operazione riportata nel presente ordine e di averne richiesto l’esecuzione nella più completa consapevolezza ‘, sono incongrue rispetto alle generiche indicazioni afferenti ai titoli in questione- v. pag. 17 del controricorso- che non contengono i riferimenti di cui alla segnalata giurisprudenza di legittimità.
Pertanto, la critica afferente alla valutazione delle dichiarazioni sottoscritte dall’investitore nell’ordine di acquisto non sono condivisibili , avendo la Corte d’appello motivato attraverso una corretta ricognizione dei principi in materia.
Né ha pregio la doglianza relativa alla mancata assunzione delle prove orali articolate – come riportate nel ricorso- per mancato assolvimento onere ex art. 366 n. 6 cpc, perché i relativi motivi non sono stati interamente trascritti nel ricorso.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la Corte d’appello ha deciso le varie eccezioni della banca, senza omettere nessuna valutazione pertinente. Circa tale censura valgono inoltre le considerazioni di cui al precedente motivo.
Il quarto motivo è infondato, in quanto, sebbene la domanda degli attori avesse avuto ad oggetto l’accertamento della violazione degli obblighi informativi della banca e la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità precontrattuale, la
pronuncia di condanna al risarcimento per responsabilità contrattuale non configura un vizio d’ultrapetizione, trattandosi solo di diversa qualificazione giuridica del titolo di responsabilità connesso al medesimo fatto costitutivo, (la violazione degli obblighi informativi relativi all’acquisto di prodotti finanziari) , quale prerogativa che spetta al giudice.
I n ogni caso c’è difetto di interesse perché il quantum liquidato è restitutorio.
Il quinto motivo è infondato in ragione della consolidata giurisprudenza di questa Corte, a tenore della quale, in materia di contratti di intermediazione finanziaria, l’inottemperanza dell’intermediario agli obblighi informativi cui è tenuto fa insorgere la presunzione di sussistenza del nesso di causalità tra detto inadempimento e il pregiudizio lamentato dall’investitore, la cui prova contraria, a carico del primo, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio da parte dell’investitore, desunta anche da scelte rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli siano stati segnalati (Cass., n. 12990/23; n. 7288/2023; n 19891/2022; n. 18153/2020).
Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto che la banca non avesse dimostrato di aver adempiuto i suoi obblighi informativi, come detto, anche con riguardo al contenuto delle dichiarazioni rese dall’investitore nel modulo d’acquisto dei titoli.
Inoltre, in tema di risarcimento del danno per la perdita del capitale investito dovuta all’acquisto di un prodotto finanziario, grava sull’intermediario l’onere di provare, ex art. 23 d.lgs n. 58 del 1998, di
aver adempiuto positivamente agli obblighi informativi relativi non solo alle caratteristiche specifiche dell’investimento ma anche al grado effettivo di rischiosità, mentre grava sull’investitore l’onere di provare il nesso causale consistente nell’allegazione specifica del deficit informativo nonché a fornire la prova del pregiudizio patrimoniale dovuto all’investimento eseguito, potendosi fornire la prova presuntiva del nesso causale tra l’inadempimento ed il danno lamentato. Ne consegue che la prova dell’avvenuto puntuale adempimento degli obblighi informativi non può essere ritenuta ininfluente in considerazione dell’elevata propensione al rischio dell’investitore dalla quale desumere che quest’ultimo avrebbe comunque accettato il rischio ad esso connesso dal momento che l’accettazione consapevole di un investimento finanziario non può che fondarsi sulla preventiva conoscenza delle caratteristiche specifiche del prodotto, in relazione a tutti gli indicatori della sua rischiosità (Cass., n. 4727/2018; n. 7905/2020; n. 33596/2021).
Nella specie, tale condotta omissiva, pertanto, è normalmente idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall’investitore, il che, tuttavia, non esclude la possibilità di una prova contraria da parte dell’intermediario circa la sussistenza di sopravvenienze che risultino atte a deviare il corso della catena causale derivante dall’asimmetria informativa (v. Cass., n. 3914/2018; n.19322/2023 ) .
Ora, data la presunzione del nesso causale in questione, derivante dalla prova della mancata informazione resa sui titoli acquistati, la banca non ha fornito la prova contraria, come già detto (in ordine al secondo motivo), mentre non è parimenti fondata la critica riguardante il danno in concreto, considerando che esso è stato ravvisato nella perdita di valore dei titoli, come è stato accertato nel giudizio di merito, e non seriamente contestato dalla banca.
L’unico motivo del ricorso incidental e è inammissibile, in quanto i ricorrenti lamentano che la liquidazione delle spese, sia nel giudizio di cassazione che in quello di rinvio non abbia rispettato le tariffe, ma allegando genericamente che essa si sarebbe attestata al di sotto della media. Invero, in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Cass., n. 19989/2021; n. 89/2021).
Circa il regime delle spese, considerando la reciproca soccombenza, sussistono giusti motivi per compensarle di un terzo, ponendo a carico della ricorrente principale i restanti due terzi.
P.Q,M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Compensa le spese del giudizio per un terzo e condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della parte controricorrente, per i restanti due terzi delle spese, che liquida per l’intero nella somma di euro 8.400,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente e dei controricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 23 gennaio 2025.