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Obblighi informativi intermediario: la sentenza

La Corte d’Appello di Genova ha parzialmente riformato una sentenza di primo grado, confermando la responsabilità di un intermediario finanziario per la violazione degli obblighi informativi. La decisione ribadisce che l’onere di provare di aver agito correttamente grava sulla banca. Tuttavia, la Corte ha ridotto il risarcimento dovuto ai clienti, poiché questi ultimi, avendo trasferito una parte dei titoli oggetto di causa, non sono stati in grado di dimostrare il danno e il nesso di causalità diretto con l’inadempimento dell’intermediario per quella specifica operazione.

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Obblighi Informativi dell’Intermediario Finanziario: Analisi di una Sentenza

Gli obblighi informativi dell’intermediario finanziario rappresentano un pilastro fondamentale per la tutela del risparmiatore. Quando una banca o un consulente non fornisce informazioni chiare, corrette e complete, le conseguenze per il cliente possono essere devastanti. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova offre un’analisi dettagliata di questi doveri, chiarendo i confini della responsabilità della banca e il ruolo delle azioni del cliente nella determinazione del risarcimento. Il caso esaminato riguarda due risparmiatrici che hanno citato in giudizio il proprio istituto di credito per gravi inadempienze nella gestione dei loro investimenti.

I Fatti di Causa

Due clienti si erano rivolte alla propria banca per realizzare una complessa operazione immobiliare e finanziaria. Il piano, consigliato dall’istituto, prevedeva la vendita di un immobile per finanziare l’acquisto di un altro, con il supporto di un mutuo e l’investimento del ricavato in azioni emesse dalla stessa banca. Le operazioni, tuttavia, si sono rivelate fallimentari, generando perdite significative per le clienti. Queste ultime hanno quindi avviato una causa legale, accusando la banca di aver violato i propri doveri informativi, di aver agito in palese conflitto di interessi e di averle indotte ad acquistare titoli ad alto rischio (“azioni spazzatura”).

La Decisione del Tribunale e i Motivi d’Appello

In primo grado, il Tribunale di Genova aveva dato parzialmente ragione alle risparmiatrici, condannando la banca a restituire ingenti somme a titolo di risarcimento per la risoluzione di alcuni contratti di acquisto titoli. L’istituto di credito ha impugnato la decisione, presentando diversi motivi di appello. In sintesi, la banca sosteneva che:
1. Il giudice avesse erroneamente valutato le domande delle attrici.
2. Fosse stata applicata una normativa non più in vigore (delibera Consob del 1998 invece di quella del 2007).
3. Il Tribunale non avesse verificato se le clienti fossero ancora proprietarie dei titoli al momento della decisione.
4. La sentenza avesse disposto la risoluzione del contratto, mentre la domanda principale era di nullità.
5. Fossero state ingiustamente respinte le richieste di cancellare frasi ritenute offensive dall’atto di citazione.

Il tema centrale della controversia ruotava attorno alla presunta violazione degli obblighi informativi dell’intermediario.

Analisi della Corte d’Appello e gli Obblighi Informativi

La Corte d’Appello ha rigettato gran parte dei motivi di appello della banca, confermando i principi cardine a tutela dell’investitore. La Corte ha stabilito che la banca non era riuscita a fornire la prova di aver adempiuto correttamente ai suoi doveri. In particolare, è stato ribadito un principio fondamentale: l’onere di dimostrare di aver fornito al cliente tutte le informazioni necessarie sulla natura, i rischi e il conflitto di interessi legati a un’operazione grava sempre sull’intermediario. La Corte ha inoltre confermato che la normativa applicata dal primo giudice era corretta e che il linguaggio usato dalle clienti, sebbene forte (“malafede”, “scellerate”), era funzionale alla dialettica processuale e non meritevole di cancellazione.

le motivazioni

Il cuore della decisione della Corte d’Appello risiede nell’analisi degli effetti della violazione degli obblighi informativi dell’intermediario. La Corte ha chiarito che, secondo un orientamento consolidato, tale violazione non comporta la nullità del contratto, bensì una responsabilità per inadempimento che può portare alla risoluzione del contratto stesso e all’obbligo di risarcire il danno.

Tuttavia, la Corte ha parzialmente accolto uno dei motivi di appello della banca, con un impatto significativo sull’importo del risarcimento. I giudici hanno osservato che, per una delle operazioni di acquisto più consistenti, le clienti avevano successivamente trasferito le azioni presso un altro istituto di credito. Questa azione ha, di fatto, interrotto il nesso di causalità tra l’inadempimento originale della banca e il danno lamentato. Le clienti, pur avendo subito una violazione dei loro diritti all’informazione, non sono state in grado di dimostrare quale fosse stato il danno economico effettivo derivante da quell’operazione, poiché avevano disposto autonomamente dei titoli. Di conseguenza, la Corte ha riformato la sentenza, riducendo l’importo che la banca doveva restituire, escludendo la somma relativa ai titoli trasferiti.

le conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, consolida il principio della massima tutela per l’investitore, ponendo a carico dell’intermediario finanziario un rigoroso onere della prova riguardo all’adempimento degli obblighi informativi e di trasparenza. La banca non può limitarsi a sostenere di aver agito correttamente; deve dimostrarlo con prove concrete.
In secondo luogo, la decisione evidenzia un aspetto cruciale per chi intende agire in giudizio: la necessità di provare non solo l’inadempimento della controparte, ma anche il danno subito e il legame diretto (nesso di causalità) tra i due. Le azioni compiute dall’investitore dopo l’operazione contestata, come la vendita o il trasferimento dei titoli, possono influenzare l’esito della causa, rendendo più complesso dimostrare l’entità del pregiudizio economico e, di conseguenza, ottenere un risarcimento completo.

Su chi ricade l’onere della prova in caso di violazione degli obblighi informativi da parte di un intermediario finanziario?
Risposta: Secondo la sentenza e la giurisprudenza costante, l’onere della prova ricade interamente sull’intermediario finanziario. È la banca, o l’istituto di credito, che deve dimostrare attivamente di aver fornito al cliente tutte le informazioni corrette e complete sulla natura dell’investimento, sui rischi connessi e su eventuali conflitti di interesse.

La violazione degli obblighi informativi causa la nullità del contratto di investimento?
Risposta: No. La Corte chiarisce che la violazione degli obblighi informativi non determina la nullità del contratto. Essa costituisce un grave inadempimento contrattuale che può portare a due conseguenze: la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno patito dall’investitore.

Cosa succede se l’investitore vende o trasferisce i titoli oggetto della controversia prima di chiedere il risarcimento?
Risposta: L’investitore rischia di non ottenere il risarcimento per quella specifica operazione. La sentenza spiega che, trasferendo i titoli, il cliente interrompe il “nesso di causalità” tra l’inadempimento della banca e il danno. Per ottenere il risarcimento, l’investitore deve provare il danno specifico subito e il suo legame diretto con la violazione dell’intermediario. Se il cliente ha già disposto dei titoli, questa prova diventa estremamente difficile, se non impossibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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