Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17162 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17162 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21815/2021 R.G. proposto da COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
Oggetto: Intermediazione finanziaria -Adempimento obblighi informativi – Prova
R.G.N. 21815/2021
Ud. 10/06/2025 CC
elettivamente domiciliati in LECCE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 402/2021 depositata il 22/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 402/2021, pubblicata un data 22 febbraio 2021, la Corte d’appello di Catania, nella regolare costituzione degli appellati CONCETTINA COGNOME e NOME COGNOME e nella contumacia degli altri appellati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa n. 8/2018, pubblicata il giorno 15 gennaio 2018, e, per l’effetto, ha respinto la domanda originariamente pr oposta da CONCETTINA NOME COGNOME e NOME COGNOME gravando delle spese del doppio grado sia questi ultimi sia gli altri appellati contumaci.
CONCETTINA NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano convenuto RAGIONE_SOCIALE chiedendo che venisse
dichiarata la risoluzione di due contratti di investimento conclusi con la convenuta nelle date, rispettivamente, del 21 ottobre 2004 e del 3 novembre 2004 e che la convenuta medesima venisse condannata alla restituzione della somma di € 100.000,00 nonché al risarcimento dei danni.
Costituitasi regolarmente la società RAGIONE_SOCIALE ed intervenuti nel giudizio NOME COGNOME MODICA, NOME COGNOME ed NOME COGNOME il Tribunale di Ragusa, in accoglimento della domanda, aveva dichiarato la risoluzione dei contratti di investimento, condannando RAGIONE_SOCIALE alla ripetizione della somma di € 100.000,00 oltre rivalutazione ed interessi e gravandola delle spese di lite, mentre aveva dichiarato inammissibile l’intervento di NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarando sul punto le spese irripetibili.
La Corte d’appello, dopo aver disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello in quanto contenente domande nuove in violazione dell’art. 345 c.p.c., ha accolto, in primo luogo, il motivo di gravame con il quale l’appellante contestava la decisione di prime cure nella parte in cui quest’ultima aveva ritenuto sussistente una violazione degli obblighi informativi di cui agli artt. 24 D. Lgs. n. 58/1998 e 27 e ss. Regolamento Consob n. 11522/1998.
La Corte, infatti, dopo aver evidenziato la circostanza della sottoscrizione, da parte degli appellati, della clausola in calce al modulo d’ordine contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione, ha concluso, da un lato, che tale sottoscrizione valeva a far presumere l’assolvimento degli obblighi informativi previsti in capo all’intermediario e, dall’altro lato, che gli appellati, nonostante avessero mosso numerose contestazioni sul punto, non avevano in alcun modo
precisato quali specifiche informazioni sarebbero state omesse dall’intermediario.
La Corte d’appello ha poi accolto il motivo di gravame relativo alla regolamentazione delle spese di lite degli intervenuti nel giudizio di primo grado, richiamando la declaratoria di inammissibilità di tale atto di intervento e ritenendo applicabile l’art . 91 c.p.c.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania ricorrono con unico atto sia CONCETTINA NOME COGNOME e NOME COGNOME sia NOME COGNOME, NOME COGNOME sia NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (questi ultimi quali eredi di NOME COGNOME).
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. (condanna alle spese di giudizio della parte soccombente) e dell’art. 291 c.p.c. (dichiarazione di contumacia degli intervenienti non ammessi in primo grado); Motivazione apparente sulla disposta condann a degli ‘intervenienti’ alla refusione delle spese e onorari giudiziali per entrambi i gradi di giudizio, sic et simpliciter ‘in ragione della loro soccombenza’; denu ncia omissione delle ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e ‘per relationem’, a quanto erroneamente il primo giudice abbia disposto e a quanto parte appellante abbia lamentato, senza alcuna esplicitazione al riguardo, né
alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito’ .
Si argomenta che:
-‘gli ‘intervenienti’ non hanno mai assunto la qualità di parti processuali poiché le loro istanze di intervento si sono infrante contro la pronuncia di inammissibilità del primo giudice’ ;
-conseguentemente, ‘la dichiarazione di contumacia disposta con sentenza dalla C. A. di Catania, che presuppone la assenza ingiustificata nel giudizio di gravame dei soggetti che erano parte in causa innanzi al giudice di prime cure, è illegittima’ ;
-la motivazione adottata dalla Corte d’appello sarebbe ‘apparente e carente’ perché non esporrebbe le ragioni del proprio convincimento, ‘senza alcuna esplicitazione al riguardo, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito e che ha condotto al dispositivo di condanna in solido con gli appellati’ ;
-gli intervenienti non avrebbero dato causa al giudizio.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., ‘Inammissibilità della ‘domanda riconvenzionale’ e della eccezione di ‘errata qualificazione giuridica della fattispecie’; violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 167 c.p.c., comma 2, e 345 c.p.c. comma 1. Motivazione apparente.’ .
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di inammissibilità ex art. 345 c.p.c. sollevata dagli odierni ricorrenti in relazione a domande nuove che sarebbero state formulate in sede di gravame dall’odierna controricorrente.
Sostengono i ricorrenti che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l’odierna controricorrente avrebbe formulato vere e
proprie domande riconvenzionali, peraltro prive di conferma probatoria.
La Corte territoriale, quindi, non solo sarebbe incorsa in errore di qualificazione delle difese della controricorrente ma avrebbe adottato sul punto una motivazione ‘illogica’.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, comma 1, lettera a), b), D. Lgs. n. 58 del 1998, (TUF); dell’art. 28, comma 2, e dell’art. 29, comma 1, del Reg. Consob 11522/98, tutte da considerarsi norme imperative ex art. 1418 c.c. ‘Doveri dell’interme diario di corretta informazione e adeguatezza dell’investimento proposto alla clientela’. Falsa applicazione degli artt. 24 D. Lgs. n. 58/1998 e 27 Reg. CONSOB n. 11522/98, (errore di sussunzione) la fattispecie in scrutinio non è riconducibile alla norma richiamata dalla Corte di Catania’ .
La decisione impugnata viene censurata in quanto si sarebbe venuta a fondare sopra una errata lettura di massime di questa Corte, omettendo di considerare che le pronunce richiamate sono state adottate con riferimento ad investitori esperti o qualificati, e non risulterebbero quindi pertinenti con riguardo alla posizione degli odierni ricorrenti, del tutto inesperti e non capaci di valutare la rischiosità di un investimento ad alto rischio, come quello posto concretamente in essere.
I ricorrenti contestano l’idoneità della sottoscrizione apposta sul modulo prestampato a costituire idonea prova dell’adempimento da parte dell’intermediario degli obblighi informativi cui è tenuto, traducendosi la dichiarazione contenuta nei moduli in una mera clausola di stile ed imponendosi invece l’esigenza di verificare nel concreto l’adempimento degli obblighi informativi.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., ‘Motivazione, assente, apparente circa la eccezione di nullità dei contratti e degli ordini di acquisto per ‘Conflitto di interessi,’ oggetto del dibattito processuale, in relazione pure all’art. 112 c.p.c. ed all’art. 27 del Regolamento Consob 11522/98, i n attuazione dell’art. 21, comma 1, lettera c) del TUF.’ .
I ricorrenti impugnano la decisione della Corte catanese in quanto la stessa avrebbe radicalmente omesso di valutare il profilo della nullità degli ordini per conflitto di interessi, profilo che i ricorrenti avrebbero invece sollevato in sede di atto introduttivo del giudizio di primo grado e riproposto in sede di appello.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., ‘Motivazione assente, apparente, circa la eccepita firma e consegna del ‘contratto quadro’, ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., e falsa applicazione dell’art. 28, comma 1, lettera b) – Reg. CONSOB (testo applicabile ratione temporis) anche in relazione all’ art. 21, comma 1, lett. b) (testo invariato) e art. 23, comma 1, D.Lgs. n. 58/1998′ .
Si censura ulteriormente la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe omesso di rilevare la nullità dei due contratti di investimento a causa dell’assenza di sottoscrizione di un valido ‘contratto quadro’.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione preliminare della controricorrente in ordine all’assenza delle procure speciali rilasciate da parte di NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME.
L’esame del fascicolo telematico, infatti, evidenzia la presenza in atti di due distinte procure -una rilasciata da COGNOME NOME COGNOME NOME ed un’altra rilasciata da NOMECOGNOME NOME
NOME e NOME -le quale presentano entrambe i necessari caratteri di specialità (Cass. Sez. U Sentenza n. 2075 del 19/01/2024; Cass. Sez. U – Sentenza n. 2077 del 19/01/2024), tali da far ritenere che entrambi gli atti costituisceno idoneo conferimento di mandato alle liti.
3. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte, anche recentemente, ha fissato il principio per cui l’interventore adesivo diventa parte del giudizio, con la conseguenza che l’attore, in caso di soccombenza, ben può essere condannato a rifondergli le spese del giudizio (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 20659 del 24/07/2024; Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 1650 del 19/01/2022; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 1589 del 19/01/2022).
Alla luce di tale principio -ma, a ben vedere, alla luce degli stessi principi generali discendenti dal codice di rito l’intervento in giudizio svolto in prime cure da parte di alcuni degli odierni ricorrenti -ed avente i caratteri dell’intervento autonomo, avendo gli intervenuti azionato direttamente una propria autonoma pretesa nei confronti dell’odierna controricorrente -ha determinato per ciò solo l’assunzione, da parte dei medesimi, della veste di parti del giudizio, avendo infatti già il giudice di prime cure statuito sulle domande degli intervenienti, seppur con pronuncia in rito di inammissibilità.
Dall’intervento in giudizio, quindi, è scaturita l’esigenza dell’odierna controricorrente di svolgere difese anche nei confronti degli interventori e, conseguentemente, l’obbligo per il giudice di merito di regolare le spese anche dell’intervento in giudizio, obbligo che, peraltro, è stato regolarmente assolto anche dal giudice di prime cure senza che gli odierni ricorrenti abbiano proposto appello avverso una statuizione che -anche nella forma della declaratoria di irripetibilità
delle spese medesime – riconosceva loro implicitamente la veste di parti.
Quindi, esclusa radicalmente la fondatezza della tesi per cui i ricorrenti non sarebbero mai stati parte del giudizio -non essendo tale conseguenza desumibile neppure dalla declaratoria di inammissibilità dell’intervento, la quale postula anch’essa la veste di parte del giudizio -va conseguentemente affermata la piena legittimità della decisione della Corte territoriale nella parte in cui, in riforma della decisione di prime cure ha provveduto a regolare le spese di lite anche in relazione a coloro, tra gli odierni ricorrenti, che erano intervenuti nel giudizio di primo grado.
Tale decisione , fondata com’era sulla piana applicazione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., non necessitava di ulteriore motivazione, sussistendo, semmai, onere di motivazione con riguardo alla diversa ipotesi di non integrale applicazione del medesimo art. 91 c.p.c.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Il mezzo, invero, si limita a richiamare genericamente l’ atto di appello dell’odierna controricorrente, senza procedere tuttavia alla minima riproduzione del contenuto del medesimo e senza neppure localizzare la comparsa di costituzione e risposta della controricorrente, e cioè gli atti da cui si sarebbe dovuta evincere la novità delle eccezioni rispetto all’atto di appello.
Emerge in tal modo un’ assoluta carenza di specificità ex art. 366 c.p.c., la quale vale anche a precludere la possibilità di esame diretto degli atti, dipendendo l’esercizio di tale ultimo potere dall’ammissibilità del mezzo (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021; Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n.
27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012).
Altrettanto inammissibile è l’anodina censura di motivazione apparente, la quale si sostanzia con evidenzia in un mero sindacato del merito della decisione, come tale inammissibile (Cass. Sez. U Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).
5. Il terzo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360bis , n. 1), c.p.c. in quanto la decisione impugnata ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi per confermare o mutare orientamento.
Conformandosi pienamente -ed espressamente all’orientamento di questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11578 del 06/06/2016; Cass. Sez. 1 – , Sentenza n. 19417 del 03/08/2017; Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 10111 del 24/04/2018; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 23570 del 27/10/2020), la Corte territoriale ha osservato che: 1) la sottoscrizione da parte degli odierni ricorrenti dell’ordine di acquisto contenente espressa segnalazione di elevata rischiosità dell’investimento valeva a far presumere che l’intermed iario avesse assolto al dovere di informazione; 2) tale presunzione avrebbe potuto essere superata dall’allegazione, da parte del cliente, che uno specifico dovere informativo non era stato assolto, insorgendo in questo caso nuovamente l’obbligo dell’intermediario di dar prova di aver assolto a tale obbligo; 3) nel caso specifico i ricorrenti ‘non affatto allegato quali specifiche informazioni sarebbero state omesse’ .
Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito -si ripete: del tutto conforme alle indicazioni provenienti da questa Corte di legittimità -viene dai ricorrenti contestato, da un lato, negando –
ancora una volta genericamente -che la sottoscrizione sul modulo informativo possa valere a costituire prova dell’adempimento degli obblighi informativi e, dall’altro lato, contestando in via di mero fatto e quindi inammissibilmente -la veste di invest itori ‘non inesperti’ attribuita dalla decisione impugnata ai ricorrenti medesimi.
Il quarto motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
In primo luogo, infatti, il motivo, pur richiamando anche l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., non individua alcuna concreta violazione o falsa applicazioni di previsioni di legge, deducendo nel concreto unicamente un ipotetico vizio di omessa statuizione ex art 112 c.p.c.
Sotto tale profilo -e cioè la deduzione di error in procedendo secondo l’ipotesi, pure invocata, di cui all’art. 360, n. 4), c.p.c. il motivo risulta radicalmente privo di specificità ex art. 366 c.p.c., in quanto omette di richiamare il minimo contenuto essenziale degli atti, precludendo a questa Corte di esercitare la propria funzione nomofilattica anche mediante l’esame diretto degli atti, come già rammentato in sede di esame del secondo motivo.
Inammissibile, infine, è anche il quinto motivo di ricorso.
In primo luogo, il profilo dedotto nel motivo di ricorso non risulta essere stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha adeguatamente dedotto di averlo sollevato nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione , essendosi i ricorrenti limitati -ancora una volta -ad operare un mero richiamo agli atti del giudizio di merito, senza circostanziare tale richiamo.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata,
il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
Constatazione, quest ‘ultima , che vale anche ad escludere il vaglio di qualsiasi condotta di non contestazione ex art. 115 c.p.c., peraltro dedotta anche in questo caso in modo apodittico e senza adeguata indicazione delle difese della controricorrente da cui dovrebbe emergere tale condotta di non contestazione.
In secondo luogo, lo stesso motivo di ricorso viene ad indicare (genericamente) quale primo atto nel quale sarebbe stata dedotta la nullità la comparsa conclusionale del giudizio di appello, senza che tuttavia i ricorrenti vengano a dedurre -come sarebbe stato loro onere che, nel corso del giudizio di merito, erano emersi gli elementi che avrebbero dovuto indurre il giudice a ravvisare detta nullità (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 30885 del 19/10/2022).
Quanto all’applicazione del principio per cui la nullità del contratto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e quindi può essere dichiarata anche in sede di legittimità, si deve osservare che tale rilievo risulta nella specie precluso perché postulerebbe un
accertamento derivante da nuove indagini in fatto (Cass. Sez. 3 Ordinanza n. 4175 del 19/02/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 21243 del 09/08/2019; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 40896 del 20/12/2021).
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 7.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 10 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME