Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11029 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11029 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
Oggetto: intermediazione finanziaria
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13618/2021 R.G. proposto da Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME COGNOME controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 5554/2020, depositata il 10 novembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 10 novembre 2020, che, in riforma della ordinanza del locale Tribunale, ha dichiarato
risolto per inadempimento della predetta società l’ordine di acquisto disposto da NOME COGNOME il 26 settembre 2005 delle quote del «Fondo Obelisco» e condannato la società medesima al pagamento in favore di quest’ultimo della somma di euro 105.600,00, oltre interessi;
della sentenza impugnata si evince che con l’atto introduttivo del giudizio NOME COGNOME aveva chiesto la risoluzione per inadempimento del contratto di deposito titoli e di negoziazione concluso con la Poste Italiane s.p.a., nonché dell’acquisto delle quote del predetto «RAGIONE_SOCIALE» dalla stessa negoziato , con condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni, allegando la mancata consegna del documento sui rischi generali e del prospetto informativo , l’assenza di informazioni significative e l ‘i nadeguatezza dell’operazione ;
in essa si dà atto che il giudice di prime cure aveva respinto sia la domanda di risoluzione, giudicata ammissibile solo con riferimento al contratto-quadro, in ragione dell ‘assenza del carattere della gravità degli inadempimenti dedotti, sia quella risarcitoria, evidenziando che l’investitore era stato informato della natura dell’operazione e che la stessa era adeguata rispetto al profilo di rischio dichiarato;
la Corte di appello ha accolto il gravame premettendo la risolvibilità (anche) dei singoli ordini di acquisto di strumenti finanziari e valutando che l’intermediaria non aveva assolto all’obbligo di fornire una dettagliata illustrazione delle caratteristiche del prodotto offerto;
-dichiarata la risoluzione dell’ordine di acquisto, ha, quindi, condannato la società al risarcimento del danno, liquidato in misura pari alla perdita del capitale investito, detratte le cedole medio tempore riscosse, oltre interessi moratori;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME
la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 e 1460 cod. civ. e 21 t.u.f. per aver la sentenza impugnata ritenuto legittima la risoluzione dei singoli ordini di acquisto;
sostiene, in proposito, che la domanda di risoluzione può avere a oggetto solo l’accordo quadro;
il motivo è infondato;
l’inadempimento degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario ben può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro, quanto quella dei singoli ordini, nella misura in cui si riveli idoneo a determinare un’alterazione dell’equilibrio contrattuale, atteso che l’assolvimento di tali obblighi costituisce il ponte endocontrattuale di passaggio tra la funzione di investimento, come resa dal contratto quadro, e i singoli investimenti, come inevitabilmente espressi dai singoli ordini, consistendo, in questa «cinghia di trasmissione», la protezione sostanziale che il sistema vigente viene ad assicurare all’investitore (cfr. Cass. 16 agosto 2023, n. 24648; Cass. 31 marzo 2021, n. 8997; Cass. 7 luglio 2017, n. 16861);
con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 29, Reg. Consob 1° luglio 1998, n. 11522, per aver la Corte di appello ritenuto che l’intermediario non avesse assolto l’onere probatorio di informare l’investitore sull’inadeguatezza dell’operazione;
evidenzia, sul punto, che aveva fornito all’investitore tutte le informazioni in merito alla natura dell’investimento e alla sua rischiosità, consegnandogli il regolamento del Fondo e il prospetto informativo, e aveva rappresentato allo stesso i profili di inadeguatezza dell’operazione in relazione ai rischi connessi al tipo di investimento prescelto , nonché l’esistenza del conflitto di interess e;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello, pur dando atto della consegna del prospetto
informativo, ha ritenuto che l’intermediario non avesse assolto a gli obblighi informativi sullo stesso gravante, non avendo provveduto a illustrare i profili di rischio dell’operazione e omettendo la comunicazione delle informazioni conoscibili e l’indicazione di tutte le specifiche ragioni per cui l’investimento non era adeguato, ritenendo insufficiente la mera indicazione che si trattasse di un «titolo a rischio» e che sussistesse il «conflitto di interessi» dell’intermediario;
orbene, la doglianza in esame, nel contestare l ‘accertamento operato dal giudice di merito, si risolve in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie dallo stesso effettuata che, essendo a questi riservata, non può essere sindacata in relazione al paradigma della violazione o falsa applicazione della legge (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
-con l’ultimo motivo la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. e 23 t.u.f., nonché della motivazione apparente, contraddittoria e incomprensibile, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente il nesso di casualità tra le violazioni dedotte e il danno lamentato;
il motivo è inammissibile;
-la Corte territoriale ha, in proposito, affermato che « dall’inadempimento dell’obbligo informativo consegue in via presuntiva l’accertamento del nesso di causalità del danno subit o dall’investitore (cfr. Cass. Civ. n. 12544/17)»;
-una siffatta motivazione consente di individuare l’ iter argomentativo seguito dal giudice, per cui si sottrae alla censura di apparenza della motivazione, avuto riguardo al ribadito principio secondo cui il sindacato di legittimità sulla motivazione si è ormai ridotto alla verifica del rispetto del cd. minimo costituzionale che nel caso in esame risulta essere presente (cfr. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; nello stesso senso, più recentemente, Cass. 16 maggio 2024, n. 13621; Cass. 11 aprile 2024, n. 9807; Cass. 7 marzo 2024, n. 6127);
quanto alla prospettata violazione o falsa applicazione della legge, si osserva che l ‘ apprezzamento del giudice di merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito (cfr. Cass. 19 aprile 2021, n. 10253; Cass.17 gennaio 2019, n. 1234);
-la concretizzazione dei parametri di gravità, precisione e concordanza, ossia la loro traduzione instrumenti operativi per la soluzione delle concrete controversi e costituisce, dunque, oggetto di un giudizio di fatto, il cui sindacato da parte del giudice di legittimità è circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.;
pertanto, la doglianza in esame, risolvendosi nella critica del giudizio inferenziale operato dalla Corte territoriale, non può essere esaminata da questa Corte, essendo rimessa alla valutazione esclusiva del giudice di merito e difettando l’allegazione di elementi indiziari decisivi non esaminati;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 4.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 4 aprile 2025.