Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7757 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7757 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
obblighi informativi
NOME COGNOME
Presidente
S
COGNOME
Consigliere- Rel.
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 26/02/2025 CC Cron. R.G.N. 18884/2020
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 18884/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso; -controricorrenti- avverso la sentenza n. 64/2020 de lla Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, pubblicata il 9.05.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con citazione notificata nel 2009, NOME e NOME COGNOME convenivano innanzi al Tribunale di Bolzano la Cassa di Risparmio di Bolzano s.p.a. chiedendo l’ accertamento della nullità di varie operazioni finanziarie effettuate tra il 27.12.2007 e il 4.1.2008 per carenza della forma scritta, ovvero la risoluzione per inadempimento degli investimenti effettuati e, in ulteriore subordine, del l’annullabilità per vizio del consenso dei relativi contratti d’acquisto.
Costituitasi la convenuta, con sentenza del 21.3.2011 il Tribunale condannava la Cassa a risarcire agli attori le minusvalenze per la somma di euro 241.385,17 subite per effetto della vendita del fondo comune ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘.
Avverso tale sentenza gli attori proponevano appello, limitando la domanda ad alcuni titoli.
Con sentenza del 2014 la Corte territoriale accoglieva parzialmente l’appello principale e l’incidentale, con riferim ento al fondo comune RAGIONE_SOCIALE ritenendo sussistente l’inadempimento precontrattuale dell’intermediaria per non aver sconsigliato l’investimento ad alto rischio nonostante la diversa profilatura risultante dal contrattoquadro, liquidando però un minor danno all’attore NOME rispetto a quanto liquidato dal Tribunale, avendo egli concorso nella produzione del danno con un disinvestimento ‘irrazionale’, mentre liquidava all’altro attore la somma richiesta , osservando altresì che: con riferimento ai titoli Lehman e Landsbanki, le domande erano qualificabili come dirette alla tutela risolutoria/restitutoria e, con riferimento ai titoli Unicredit e BPIM, alla tutela risarcitoria; era da rigettare la domanda relativa ai titoli Lehman e Landsbanki (titoli in default) perché non era stata formulata la domanda risarcitoria, e
quella relativa ai titoli Unicredit e BPMI in quanto il danno era evitabile non vendendoli prima della scadenza.
Avverso tale sentenza gli attori proponevano ricorso per cassazione, mentre la Cassa proponeva ricorso incidentale.
Con ordinanza del 19.4.18, la Cassazione accoglieva il motivo del ricorso principale, dichiarando inammissibile l’incidentale, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale, osservando che: il giudice d’appello aveva erroneamente rigettato la domanda per i titoli Lehman e Landsbanki con argomentazione esclusivamente formale, distinguendo tra domanda restitutoria e risarcitoria, ritenendo che si vertesse in ipotesi di responsabilità precontrattuale; sarebbe stato invece preciso compito della Corte di merito indagare la complessiva volontà degli investitori, verificando se con la richiesta di restituzione delle somme investite intendessero implicitamente chiedere la risoluzione del contrattoquadro, ovvero dei singoli ordini d’acquisto, anche sulla base del r ilievo per cui quest’ultimi erano risolvibili indipendentemente dalla risoluzione del contratto-quadro; in ordine agli altri titoli era da escludere il concorso di colpa dell’investitore nel caso in cui l’intermediario non avesse adempiu to i suoi obblighi informativi nei confronti del clientee quest’ultimo non fosse cliente qualificato o professionale-; nella specie , la Corte d’appello non aveva indagato su quale fosse stata l’incidenza dell’omissione informativa in ordine alla determinazione degli investitori di mantenere i titoli in portafoglio nonostante l’andamento negativo della loro redditività.
Gli attori riassumevano la causa innanzi alla Corte di merito, dando atto d’ulteriori rimborsi parziali in conto capitale medio termine ricevuti in ordine ai titoli Lehman, riproponendo le domande di risoluzione dei contratti d’investimento circa Lehman e Landsbanki, le domande risarcitorie delle perdite subite con riferimento agli altri titoli e al citato
fondo, richiamando le contestazioni formulate nel precedente giudizio d’appello.
Con sentenza del 9.5.2020, la Corte d’appello , in sede di rinvio: dichiarava la risoluzione dei contratti d’investimento aventi ad oggetto i titoli Lehman e Landsbanki, per grave inadempimento della convenuta, condannando gli attori alla restituzione dei titoli alla Cassa e quest’ultima al pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 1.942.676,32 oltre interessi legali, previa detrazione dei rimborsi effettuati medio tempore , pari alla somma di euro 845.009,52 e a quelli eventualmente percepiti fino alla pubblicazione della sentenza, nonché della somma di euro 3.695.689,48 a favore di Kurt oltre interessi, previa detrazione della somma di euro 1.512.203,57 a titolo di rimborsi percepiti, e quelli eventualmente incassati fino alla pubblicazione della sentenza.
Al riguardo, la Corte osservava che: circa i titoli Lehman e Landsbanki, sussistevano i presupposti della risoluzione per grave inadempimento: al riguardo, la banca non aveva adeguatamente valutato se il complessivo investimento fosse di natura tale per cui il cliente possedeva la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del portafoglio dell’investitore, né aveva adeguatamente informato i clienti sulle caratteristiche dell’investimento, anche in ord ine alla non semplice liquidità dei titoli acquistati, all’eccessiva concentrazione nel comparto finanziario, e sull’incompatibilità di durata di alcuni degli investimenti contestati con riferimento al client COGNOME la banca non aveva altresì documentato l’eventuale avviso d’inadeguatezza negli ordini d’investiment o redatti per iscritto, e non aveva rifiutato l’esecuzione degli ordini o richiesto un’espressa autorizzazione, nonostante il giudizio d’inadeguatezza espresso; circa la domande risarcitorie per le
perdite subite nei disinvestimenti dei titoli indicati, l’inadempimento della banca consisteva nella mancata verifica dell’inadeguatezza complessiva delle operazioni d’investimento proposte ed eseguite; alla luce del principio della presunzione di responsabilità gravante sull’intermediario per il mancato assolvimento degli obblighi informativi, non superata nella specie, non rilevava l’applicabilità dell’art. 1227 cc sul concorso di colpa degli investitori, con riferiment o al disinvestimento dei titoli obbligazionari Unicredit e BPIM, non avendo la banca provato di aver tentato di dissuadere le stesse operazioni; la banca non aveva più posto in discussione l’inadeguatezza dell’investimento nel suddetto fondo comune, con riferimento ai profili di rischio degli investitori.
La Cassa di risparmio di Bolzano ricorre per cassazione, avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello, emessa in sede di rinvio dall a Cassazione, con sette motivi, illustrati da memoria.
NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo deduce nullità della sentenza per violazione del giudicato interno, e dei principi in materia di legitimatio ad causam e ad processum . Al riguardo, la ricorrente assume che la parte della sentenza impugnata, nell’affermare che gli attori avevano ordinato i titoli, solo successivamente acquistati dalla banca per poi essere rivenduti agli attori, costituirebbe un giudicato interno in ordine al fatto che i titoli non furono venduti agli attori direttamente dalla Cassa.
Il secondo motivo deduce omesso esame di fatto decisivo, rilevabile d’ufficio, in ordine all’acquisto dei titoli presso terzi soggetti, per cui la Corte d’appello non aveva tenuto conto del fatto che la Cassa aveva agito solo quale intermediaria e non era parte dei contratti d’investimento.
Il terzo motivo denunzia motivazione apparente ed incomprensibile, nonché contrasto irriducibile tra le affermazioni circa la valutazione d’illiquidità dei titoli e il fatto di essere stati negoziati sulla borsa del Lussemburgo ‘ over the counter ‘, nel senso che la quotazione su un mercato regolamentato dall’Unione Europea appariva antitetica rispetto al rilievo dell’illiquidità.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 21 Tuf, 39 e 40 Reg. Consob n. 16190/07, 2697 cc, per aver la Corte territoriale ritenuto che sarebbe stato onere della cassa dimostrare la liquidità dei titoli acquistati, una volta accertato che essi erano stati negoziati presso un mercato regolamentato.
Il quinto motivo denunzia motivazione apparente ed incomprensibile, nonché contrasto irriducibile tra affermazioni, laddove la Corte d’appello , pur avendo accertato che tutti i titoli consigliati dalla banca avevano un alto rating , non inferiore ad A, non avrebbe tenuto conto del profilo di rischio degli attori, i quali avevano dichiarato una media propensione al rischio e il loro elevato livello di competenza
Il sesto motivo denunzia violazione degli artt. 1453, 1455, 2697, cc, per non aver la Corte d’appello valutato la gravità dell’inadempimento della banca, sulla base di tutte le circostanze dalle quali era desumibile l’alterazione dell’equilibrio contrattuale.
Il settimo motivo deduce nullità della sentenza impugnata per violazione del giudicato interno con riferimento agli inadempimenti ascritti alla Cassa circa gli acquisti dei titoli Unicredit e BPIM, sui quali si era formato il giudicato interno sulla questione dell’adeguatezza degli stessi acquisti.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto la sentenza impugnata non ha affermato che la Cassa non fosse parte dei contratti d’acquisto, per cui nessun giudicato sussiste su tale questione. Invero, dagli atti si
desume chiaramente che la Cassa abbia agito quale intermediario nell’acquisto dei titoli e non che abbia venduto titoli da essa detenuti, avendo altresì la Corte territoriale rilevato che gli appellanti non avevano contestato l’accertamento secondo cui la Cassa aveva documentato l’intermediazione nell’acquisto dei titoli oggetto di causa, con la maggiorazione della sola commissione di negoziazione, fatto che escludeva peraltro la sussistenza di un conflitto d’interessi.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile, dato che la Corte d’appello ha chiaramente pronunciato sull’attività d’intermedia zione per l’acquisto dei titoli.
Il terzo motivo è inammissibile. La Corte di merito, nel motivare sull’inadeguatezza degli acquisti, ha argomentato da una serie di elementi, tra i quali il carattere di illiquidità dei titoli, sebbene acquistati sulla borsa del Lussemburgo: e cioè il giudice di merito ha ritenuto in fatto che il detto acquisto avesse ad oggetto titoli illiquidi. Ora, premesso che il vizio di insufficienza della motivazione è ormai espunto dall’ordinamento, tale rilievo, di per sé, non integra apparenza, non plausibilità o irriducibile contraddittorietà delle ragioni formulate, essendo ininfluente sulla questione in esame, avendo la Corte di merito dato atto in fatto dell’illiquidità dei titoli acquistati, sebbene acquistati su un mercato regolamentato dell’UE .
La doglianza non è dunque pertinente alla ratio decidendi.
Il quarto motivo è inammissibile perché non calibrato sull’effettiva motivazione della Corte d’appello, che ha chiaramente affermato che rientra nell’onere informativo gravante sull’intermediario fornire la prova dell’adeguatezza dell’inv estimento, che la sentenza impugnata ha escluso sia stata fornita.
Il quinto motivo è inammissibile, poiché fondato su vizio della motivazione del tutto insussistente; invero, la ricorrente tende, in
realtà, al riesame dei fatti, introducendo anche una questione nuova (il rating dei titoli) e comunque irrilevante, quale la propensione al rischio degli investitori a fronte dell’accertata violazione degli obblighi informativi.
Al riguardo, giova rilevare che, in tema di intermediazione mobiliare, ove il cliente gli affidi il solo incarico di eseguire degli ordini, ma non anche quello di consulenza in relazione alla scelta dei prodotti finanziari da acquistare e di gestione del portafoglio dei titoli stessi, l’intermediario è comunque tenuto – ai sensi degli artt. 1 e 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 e degli artt. 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998 – a fornire al primo adeguate informazioni sia sulle operazioni in sé, sia quanto alla loro adeguatezza rispetto al suo profilo di rischio. Pertanto, ai fini della valutazione di adeguatezza di tali informazioni, nonché delle omissioni in esse ravvisabili, non rileva che il cliente abbia dichiarato, in sede di stipula del contratto quadro di investimento, di possedere un’esperienza “alta” con riferimento ai prodotti finanziari da acquistare ed un’elevata propensione al rischio, né che egli si sia eventualmente rifiutato di dare indicazioni sulla propria situazione patrimoniale (Cass., n. 18702/2016; n. 8333/2018).
Il sesto motivo è inammissibile.
La ricorrente si duole che la Corte d’appello non avrebbe valutato la gravità dell’inadempimento ascritto al soggetto intermediario, circa la violazione degli obblighi informativi, pervenendo ad una pronuncia di risoluzione contrattuale basata su un automatismo.
Va osservato che la valutazione di scarsa gravità dell’inadempimento della banca, effettuata dalla Corte d’appello, è insostenibile in diritto, atteso il rilievo essenziale del dovere di informazione che l’intermediario ha nei confronti di tutti gli investitori, senza alcuna distinzione – non prevista da alcuna norma, né del resto giustificabile
secondo i principi – in base alla loro propensione al rischio ( in tema , Cass., n. 8333/2018, in motivazione ).
In altri termini, la violazione degli obblighi informativi di per sé configura la gravità dell’inadempimento, appunto perché ha inciso in maniera significativa sulle operazioni finanziari dell’investitore, determinando la piena inconsapevolezza dell’investimento.
Il settimo motivo, infine, è del pari inammissibile.
Dagli atti non emerge il giudicato sulla correttezza degli acquisti dei titoli obbligazionari, Unicredit e BPIM, come desumibile dalla motivazione della Cassazione- che aveva cassato la suddetta prima sentenza d’appello -a tenore della quale, una volta accertato l’inadempimento degli obblighi informativi, non era configurabile un qualsiasi concorso di colpa dei clienti nella produzione del danno, ‘ essendo, quindi, compito del giudice in sede di rinvio d’indagare quale sia stata l’incidenza l’incidenza dell’omissione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario nella determin azione degli investitori di mantenere i titoli in portafoglio nonostante l’andamento negativo della loro redditività’.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 14.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 26 febbraio 2025.