Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15668 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15668 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC – 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 02499/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Contro
Intesa Sanpaolo s.p.a. RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
E contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1471/2020, pubblicata il 16 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘ il consorzio ‘) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Padova, l’ ha condannata a pagare in favore di RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE (in prosieguo , breviter: ‘il cliente’), in solido con la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. (oggi Intesa Sanpaolo s.p.a. e in prosieguo, breviter : ‘la banca’) la somma di euro 1.802.624,91, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno conseguente alla violazione degli obblighi informativi su di essi ricadenti in relazione alle transazioni avvenute su due conti di deposito e amministrazione titoli sottoscritti tra la banca e il cliente nell’anno 2006 e gestite secondo i parametri contenuti nel c.d. ‘ Guida pratica’ per le obbligazioni a basso rischio e basso rendimento predisposte dal consorzio, cui nelle more la banca aveva comunicato al cliente di aver aderito.
La banca, in posizione sostanzialmente adesiva a quella del ricorrente consorzio, ha a sua volta impugnato la sentenza di appello proponendo ricorso incidentale affidato a undici motivi.
Il cliente ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che il consorzio, proponendo l ‘adesione della formula ‘Patti Chiari’ , si era unilateralmente assunto l’obbligazione di fornire a chiunque spettasse (ovvero alla platea dei clienti investitori il cui portafoglio di investimento sarebbe stato in futuro agganciato a tali condizioni generali per effetto dell’adesione dei vari intermediari specializzati al consorzio medesimo) informazioni ci rca l’effettiva bassa rischiosità degli investimenti, con annesso obbligo di fornire tempestive informazioni in ipotesi di perdita di valore dei titoli o di modifica del valore di rendimento, del cui inadempimento, nella specie accertato, doveva rispondere; b) che, in relazione alle violente oscillazioni del rendimento dei titoli Lehman acquistati dalla banca e detenuti dal cliente in portafoglio, il consorzio aveva omesso di comunicare la predetta situazione, come risultava acclarato dalla consulenza tecnica disposta e acquisita in atti, che dava conto della significatività di dette oscillazioni , quand’anche circoscritte alla sola oscillazione dell’ indicatore di rendimento ‘VaR’; c) che i predetti inadempimenti erano attribuibili anche alla responsabilità della banca intermediaria, in quanto destinataria diretta degli obblighi informativi, poiché controparte contrattuale del cliente in relazione al contratto avente a oggetto l’acquisto dei titoli per cui è causa.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale lamenta:
Primo motivo «1) La violazione dell’art. 132 c.p.c. e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1989 c.c., vizi rilevanti ai sensi dell’ art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha qualificato la fattispecie come promessa al pubblico ex art. 1989 c.c. e laddove ha ricostruito i termini dell’impegno assunto nei confronti deli risparmiatori destinatari della Guida relativa alla lista OBBRR.
Il motivo è infondato.
A ben vedere, la qualificazione dell’impegno contrattuale assunto dal consorzio effettuata dalla Corte territoriale (si vedano le pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata) prescinde del tutto dalla peculiarità della qualificazione del vincolo come promessa unilaterale. Ciò che con tale qualificazione i giudici del merito hanno concordemente voluto sottolineare è che oggetto dell’ attività del consorzio era l’individuazione di investimenti a basso rischio, da proporre a una platea indistinta di clienti degli intermediari finanziari che aderivano al sodalizio. Nessuna conseguenza giuridica, oltre che questo dato fenomenologico, la Corte territoriale ha inteso trarre dalla qualificazione dell’impegno come promessa al pubblico: né in tema di immediatezza del vincolo obbligatorio (perché la Corte di appello correttamente individua tale origine non già nelle promessa la pubblico, ma nell’oggetto stesso del consorzio, che è nato proprio per fornire agli intermediari bancari un pacchetto di investimento a basso rischio da proporre alla clientela), né in tema di modalità della sua formazione (l’ enfasi è posta dalla sentenza impugnata non tanto sull ‘ immeditata vincolatività per effetto della pubblicizzazione della promessa -come invece è
tipico della disciplina declinata dall’art. 1989 cod. civ. bensì sull ‘ indifferenziazione della platea dei potenziali clienti, che tuttavia, come detto, la sentenza correttamente non pone in diretto collegamento negoziale con il consorzio, ma per il tramite della banca aderente al consorzio, realizzando così un collegamento di secondo grado che, tuttavia, poco ha a che fare con la promessa al pubblico.).
Conclusivamente, benché la sentenza impugnata vada corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. nei sensi appena detti in tema di qualificazione del rapporto negoziale esistito inter partes , le sue conclusioni sono comunque corrette, avendo in ogni caso essa concluso per l’esistenza di un collegamento negoziale tra il consorzio e i clienti per il tramite della banca aderente al consorzio medesimo.
b) Secondo motivo « L’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, vizio rilevante ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c. – La violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., vizi rilevanti ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove non ha considerato le allegazioni del consorzio circa la provenienza da un soggetto terzo (la Banca d’Italia) delle valutazion i sul rischio del mercato (con metodologia c.d. ‘sotto soglia’) ed ha negato valore probatorio alla c.t.u. depositata in analogo giudizio innanzi al tribunale di Milano, con ciò violando i parametri normativi di valutazione delle prove.
Il motivo è inammissibile.
Il vizio di motivazione è denunciabile in cassazione ai sensi del l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. solo per anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). L’irrilevanza delle risultanze processuali ai fini dell’applicazione del sindacato sulla motivazione è stata ulteriormente precisata nel senso che il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame di un fatto storico -da intendere quale specifico accadimento in senso storiconaturalistico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; id. sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; id. Sez. 2, Ordinanza n. 20610 del 09/07/2021), principale o secondario, rilevante ai fini del decidere e oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018), nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l’omessa valutazione di deduzioni difensive. Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
2) Il ricorso incidentale lamenta:
2.1) «Primo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 o 4 c.p.c.: errores in iudicando o, alternativamente, nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 324, 329, 334 c.p.c., nonché degli artt. 2909 c.c. e 12 disp. sulla legge generale, per avere la Corte d’appello affermato A) che il giudice di primo grado aveva accolto ‘ la domanda nei confronti di Cariveneto, riconoscendola inadempiente rispetto agli obblighi derivanti dall’iniziativa RAGIONE_SOCIALE, siccome richiamati nell’ordine di investimento e perciò operanti direttamente nel rapporto contrattuale tra intermediario e cliente ‘ ( sentenza impugnata, pag. 25), benché, al contrario la sentenza di primo grado avesse inequivocabilmente escluso l’inadempimento di Cariveneto, ritenendo inadempiente il solo Consorzio agli obblighi soltanto dallo stesso Consorzio assunti ‘ non solo tramite la pubblicizzazione del progetto relativo alla lista delle obbligazioni a basso rischio e basso rendimento e dell’opuscolo menzionato, ma direttamente in sede di conferimento dell’ordine di investimento: e infatti nel contenuto di quel modulo che attiene direttamente al rapporto di deposito titoli intercorso tra Cariveneto ed APS, che vengono menzionati espressamente CPC e la lista ‘ (cfr. sentenza di primo grado, pagg. 37-38); e B) per aver affermato che il Tribunale aveva ritenuto assorbita la questione generale ‘ degli obblighi informativi di legge ‘ (cfr. sentenza impugnata, pag. 26), benché il Tribunale avesse invece espressamente dichiarata assorbita la sola domanda fondata sulla contestata ‘ colpevole omissione di informazioni verso la fine dell’estate 2008, quando a specifica richiesta dell’investitore la banca intermediaria avrebbe sottovalutato l’effettivo rischio dell’investimento in titoli Lehman ‘ (cfr. sentenza di primo grado, pag. 38)».
Il motivo è infondato.
L’appello ha, come è noto, un effetto pienamente sostitutivo della sentenza di primo grado.
Ciò significa che il giudice di secondo grado è libero di qualificare il rapporto devoluto con il gravame, del tutto a prescindere dalle modalità con cui analoga attività è stata svolta dal giudice di primo grado.
Nella determinazione di ciò che è devoluto in appello viene in rilievo l’eventuale formazione del c.d. ‘giudicato interno’, che si determina per la mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte di chi sia stato, rispetto a essa, parzialmente o totalmente soccombente.
La parte vincitrice in appello, come l’odierno cliente controricorrente, non ha evidentemente alcun onere di impugnare la sentenza che le ha attribuito ragione, salvo naturalmente la facoltà di riproporre in appello anche le argomentazioni difensive che il giudice di primo grado non abbia recepito, pur avendo accolto comunque la domanda sotto altri profili.
Va ricordato, infatti, che nell’ambito del devolutum (che nella specie riguardava tutti i profili di responsabilità attribuiti dal tribunale al consorzio e alla banca per i rispettivi profili e per effetto dell’ impugnazione da queste proposta) il giudice di appello non è certo vincolato alla ricostruzione effettuata dal giudice di primo grado, ma ha piena facoltà di riqualificare tanto la domanda che le prove acquisite al processo, al fine di pervenire a motivare il proprio convincimento esplicitato nel dispositivo (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 36272 del 28/12/2023).
Tanto consente di ritenere che il motivo in esame pretende di attribuire valenza di ‘giudicato’ non già a domande o capi di
domanda non riproposti in appello, ma al ragionamento valutativo espresso nella sentenza di primo grado; ciò che, con ogni evidenza, non è corretto, alla luce di quanto appena considerato. Quanto al preteso ‘ assorbimento ‘ della prospettazione del cliente attore in primo grado, va rilevato che questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 26507 del 14/09/2023) ha affermato che tale istituto può ritenersi sussistente solo in due specifiche ipotesi: l’assorbimento “proprio” che postula che la decisione della domanda assorbita divenga superflua per effetto della decisione sulla domanda assorbente, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse all’esame della domanda rimasta assorbita; l’assorbimento “improprio”, che presuppone che la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto della domanda formulata e dichiarata assorbita. Quale che sia la forma di assorbimento, la relativa declaratoria implica la specifica indicazione, da parte del giudice, dei presupposti in fatto e in diritto che la legittimano sicché, ove ciò non avvenga, si è in presenza di una omissione di pronuncia, comportante la nullità della decisione sul punto.
Nella fattispecie in esame, alla luce dei cennati principi, non si è in presenza di alcun assorbimento, ma semplicemente di una diversa qualificazione della responsabilità degli originari convenuti, effettuata dal giudice di appello nei consentiti limiti di ciò che gli era stato devoluto per effetto dell’impugnazione della sentenza di primo grado da parte dei soccombenti in quel grado; ciò che ha portato, e ben vedere, alla conferma della sentenza di primo grado, sebbene e del tutto legittimamente -con diversa motivazione.
2.2.) «Secondo motivo ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. (subordinato al primo, parte B): nullità della sentenza per violazione dell’art. 346 c.p.c. per aver ritenuto riproposta ed assorbita una pretesa risarcitoria fondata sulla violazione ‘ degli obblighi informativi di legge ‘, benché l’appellata non avesse riproposto neppure una più limitata doglianza di mancata informativa dichiarata assorbita dal Tribunale».
Il motivo, espressamente subordinato al precedente, è infondato
per le medesime ragioni ivi esplicitate.
2.3) «Terzo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (subordinato al primo, parte B e al secondo): violazione dell’art. 21, per avere la Corte d’appello affermato che l’art. 21 TUF imponga all’intermediario di fornire una adeguata informazione anche dopo l’intermediazione di un’operazione, benché la norma lo preveda solo al momento dell’intermediazione».
Il motivo è infondato.
Questa Corte (già con sentenza Sez. 1, Sentenza n. 21890 del 27/10/2015) ha affermato che gli obblighi di diligenza e trasparenza, gravanti sull’intermediario ex art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998, persistono in capo all’intermediario anche dopo il collocamento dei titoli negoziati, avendo egli l’obbligo di «acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che questi siano sempre adeguatamente informati» ; un’attività il cui oggetto non concerne genericamente l’andamento dei titoli, ma anche la comunicazione al cliente di specifiche circostanze quali, ad esempio, la conoscenza da parte della banca di notizie particolari e non riservate, o l’esito di analisi economiche, condotte dalla stessa banca, che l’obbligo di correttezza suggerisca di divulgare.
Ciò consente di affermare che, se è vero che non grava sulla banca che abbia sottoscritto un contratto di deposito titoli a custodia e amministrazione uno specifico obbligo di fornire al cliente specifiche informazioni successive alla concreta erogazione del servizio, ciò che è proprio del contratto di gestione del portafoglio titoli (si vedano Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4602 del 22/02/2017; Sez. 1, Sentenza n. 16318 del 03/07/2017), tuttavia sussiste un obbligo di informare il cliente sulle caratteristiche che il titolo possiede al momento del suo acquisto, in tal modo consentendo al cliente di orientare consapevolmente le sue decisioni di investimento.
Nella specie, la Corte territoriale ha espressamente motivato (pagg. 19 e ss. della sentenza impugnata) le ragioni per cui ha ritenuto che la banca fosse solidalmente responsabile con il consorzio per l’ omessa comunicazione al cliente del peggioramento delle previsioni di redditività delle obbligazioni acquisite in portafoglio con la garanzia di bassa rischiosità conseguente all’adesione alla Guida Pattichiari. E proprio la peculiarità della garanzia di bassa rischiosità, propria di tale pacchetto di investimento, è stata individuata come fonte di diretta responsabilità per il consorzio e di solidale responsabilità dell’intermediario bancario aderente, essendo risultato accertato che la peculiarità della garanzia di basso rendimento spostava, per entrambi i responsabili, l’onere di monitoraggio e di tempestiva informazione anche nella fase successiva al mero collocamento delle obbligazioni per cui è causa.
2.4) Quarto motivo ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. (subordinato al primo): nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 e 115 c.p.c. per avere la Corte d’appello
di Venezia totalmente omesso di motivare il proprio convincimento sul giudicato della sentenza di primo grado, benché oggetto di controversia e benché la sentenza di primo grado non contenesse affatto le statuizioni attribuitele dalla Corte d’appello ed anzi contenesse statuizioni difformi; convincimento da cui è scaturita l’affermazione del proprio potere giurisdizionale di decidere la controversia nei confronti di Cariveneto per causae petendi (i.e. degli ‘ obblighi derivanti dall’iniziativa Pattichiari ‘ e per violazione ‘ dell’obbligo di costanza ed adeguata informazione del cliente, prescritto dall’articolo 21 TUF ‘) diverse dall’unica accolta dal Tribunale e dall’unica ritenuta assorbita dal Tribunale, pure in assenza di appello incidentale.».
Il motivo è infondato, dovendo farsi rinvio a quanto esplicitato a commento del primo motivo del ricorso incidentale. Il giudice di appello è libero di qualificare la domanda anche diversamente da quanto fatto dal giudice di primo grado, nei limiti di quanto devoluto alla sua cognizione. Limiti che, come già detto, nella specie non erano minimamente ristretti dalla formazione di alcun giudicato interno, né sulla domanda, né sulle questioni oggetto del preteso assorbimento che, come parimenti già detto, non sussiste.
2.5) «Quinto motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (subordinato ai precedenti): per violazione degli artt. 1321, 1372, 1374 nonché degli artt. 1363, 1366, 1371 c.c. e 21, comma 1, lett. b TUF, per avere la Corte di merito attribuito valenza negoziale (i.e. impegno di Cariveneto di informare tempestivamente il cliente di una variazione significativa del livello di rischio del titolo acquistato) ad una frase (‘ Il cliente sarà tempestivamente informato se un titolo facente parte dell’elenco subisce una variazione significativa del livello di rischio ‘) non contenente alcun
impegno ed estrapolata dalla più ampia annotazione in calce all’ordine di acquisto di obbligazioni corporate Lehman Brothers del 25 agosto 2016, priva di contenuti negoziali avendo inequivocabilmente la funzione di richiamare l’attenzione del cliente su alcuni degli aspetti dell’iniziativa del Consorzio ‘ Elenco obbligazioni a basso rischio-rendimento ‘ di cui pure il cliente si dichiarava informato in detta annotazione; e ciò sull’erroneo convincimento che è un obbligo in tal senso sarebbe stato comunque a carico dell’intermediario in forza dell’art. 21 TUF».
Il motivo è infondato poiché, come detto a commento del terzo motivo di ricorso, l’estensione dell’obbligo informativo anche nella fase successiva al collocamento è, nella specie, del tutto corretta.
2.6) Sesto motivo ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. (subordinato ai precedenti): nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 e 115 c.p.c. per avere la Corte d’appello di Venezia totalmente omesso di motivare il proprio convincimento sulla responsabilità diretta di Cariveneto per aver ‘ assunto direttamente nei confronti della cliente l’obbligo informativo, relativo alle variazioni del profilo di rischio del titolo ‘ (cfr. sentenza impugnata, pag. 26) con riferimento ad entrambe le operazioni di investimento effettuate dalla Finanziaria rispettivamente il 25 agosto 2016 e il 17 novembre 2006 e di cui ha, perciò, accolto le pretese risarcitorie confermando la condanna del primo grado fondata su tutt’altra causa petendi , benché solo l’ordine del 25 agosto 2016, e non anche l’ordine del 17 novembre 2006, contenesse la frase ‘ Il cliente sarà tempestivamente informato se un titolo facente parte dell’elenco subisce una variazione significativa del livello di rischio ‘ , da cui, secondo la
Corte di Venezia, sarebbe sorta detta assunzione di responsabilità diretta».
Il motivo è infondato, alla luce di quanto già evidenziato a commento del terzo motivo di ricorso derivando, come già detto, l’obbligo informativo non da specifiche condizioni contrattuali, ma dall’art. 21 del T.U.F., come declinato alla luce della specifica garanzia di bassa rischiosità contenuta nei c.d. Pattichiari.
2.7) «Settimo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, comma 1, 1364 e 1371 c.c. nell’interpretazione della promessa al pubblico del Consorzio contenuta nella ‘G uida Pratica ‘ effettuata dalla Corte di merito».
Il motivo è infondato per le medesime ragioni indicate a commento del primo motivo del ricorso principale.
2.8) «Ottavo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: per violazione degli artt. 115, 183, VI comma n. 1 c.p.c., per aver ritenuto non provate le specifiche circostanze allegate dal Consorzio con la costituzione nel giudizio di primo grado benché non specificamente contestate dalla Finanziaria, né con l’atto di citazione, né con la prima memoria ex articolo 183, VI comma c.p.c.».
Il motivo, in disparte l’interesse a ricorrente riguardando questioni non sollevate dalla parte direttamente interessata, è anche inammissibile, vertendo in effetti non già sulla c.d. relevatio ab onere probandi conseguente alla qualificazione del fatto come ‘non contestato ‘, ma , in effetti, sulla selezione del materiale probatorio ritenuto utilizzabile dal giudice del merito ai fini del decidere, ciò che appartiene alla sua esclusiva valutazione, con il solo limite dell ‘ esplicitazione del relativo giudizio in una
motivazione riconoscibile come tale e superiore al minimo costituzionale, nella specie del tutto sussistente e, peraltro, nemmeno specificamente contestata nella censura in esame.
2.9) «Nono motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (subordinato al settimo e all’ottavo): violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 1223 c.c. per avere la Corte di merito affermato che non fosse a carico della Finanziaria l’onere di provare il nesso causale tra l’omessa informazione del Consorzio ed il danno lamentato, ma Cariveneto a dover fornire la prova dell’insussistenza del nesso causale; e ciò benché l’omessa informazione del Consorzio non concernesse neppure il rischio che aveva cagionato il danno lamentato dalla Finanziaria».
Il motivo è infondato. La Corte territoriale non ha violato il criterio astratto di riparto dell ‘ onere della prova, ma ha correttamente osservato che, una volta ritenuta la sussistenza del nesso causale tra la condotta della banca e il danno lamentato, quest’ultima non avesse offerto la prova liberatoria, secondo il meccanismo della responsabilità contrattuale previsto dall’art. 1218 cod. civ.
2.10) «Decimo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 o 4 c.p.c. (concorrente con il nono): violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, 334 nonché art. 2909 c.c., o, alternativamente, nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione delle predette norme, per avere la Corte veneziana violato il giudicato della sentenza di primo grado che aveva deciso sul presupposto dichiarato che l’onere della prova del nesso causale era a carico della Finanziaria, statuendo, al contrario, che l’onere della prova doveva essere a carico di Cariveneto, benché la Finanziaria non avesse proposto appello incidentale sul punto».
Il motivo è infondato, laddove pretende che si possa formare il ‘ giudicato interno’ su una valutazione giuridica (il rispetto dell’onere della prova rispetto alla domanda dedotta in lite), dovendo ancora una volta richiamarsi le superiori considerazioni svolte a commento dei precedenti motivi di ricorso che pongono analoghe questioni.
2.11) «Undicesimo motivo ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c. (subordinato al nono ed al decimo): violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 342 c.p.c. nonché art. 1227, comma 1, c.c. per avere la Corte di merito rigettato una questione rilevabile d’ufficio (il concorso di colpa del creditore) per asserite genericità delle allegazioni che le avrebbero impedito di individuare la condotta concorrente della finanziaria e perché, sempre secondo la Corte di merito, il legittimo affidamento di un creditore l’adempimento del proprio debitore escluderebbe l’applicazione dell’articolo 1227, 1 comma, c.c.».
Il motivo è infondato, tanto nella parte in cui lamenta il mancato esercizio di un potere officioso, giacché dalla stessa narrativa della censura si evince che, in effetti, la valutazione sul concorso di colpa del creditore è stata effettuata dalla sentenza impugnata, quanto perché, nella sua sostanza, ciò che viene criticato non è l’ applicazione astratta della disciplina dell’art. 1227 cod. civ., ma il suo esito nel caso concreto; in tale termini, tuttavia, la censura si rileva inammissibile, perché ciò che in effetti essa contestata è proprio la valutazione dei fatti che hanno indotto la Corte territoriale ad affermare in fatto l’ esclusività della responsabilità degli odierni ricorrenti e, per l’effetto , a escludere alcun concorso causale del creditore nella causazione del danno.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; condanna il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Intesa Sanpaolo s.p.a. a rifondere ad APS Holding s.p.a. le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 20.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno