Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12845 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12845 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME del foro di Milano e NOME COGNOME del foro di Roma
-ricorrente –
Contro
COGNOME E COGNOME rappresentate e difese da ll’ Avv. NOME COGNOME del foro di Milano
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 3442/2020, depositata il 21.12.2020, notificata il 22.12.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto:
Intermediazione
finanziaria
obblighi
informativi
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con atto di citazione, le sigg.re COGNOME convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Milano la Banca Popolare Commercio e Industria , chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: « in via principale e nel merito: dichiarare la nullità e/o l’annullabilità e comunque l’invalidità e/o la risoluzione dell’acquisto di obbligazioni Cirio per cui è causa posto in essere dalla Banca convenuta, per contrarietà alle norme imperative di legge ovvero per dolo o per frode alla legge, per inadempimento o per altra causa, e per l’effetto condannare la Banca convenuta alla restituzione in favore delle sig.re COGNOME NOME e COGNOME NOME, di quanto pagato per le Obbligazioni per cui è causa, pari ad € 143.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal di del dovuto al saldo, oltre corresponsione degli interessi anatocistici ex art. 1283 c.c.; In via subordinata: condannare la banca convenuta al risarcimento del danno, nella misura della somma versata per l’acquisto dei titoli obbligazionari pari ad € 143.000,00 o nella diversa misura determinata in corso di causa o ritenuta di giustizia, anche in via equitativa, per la responsabilità precontrattuale, contrattuale o extra contrattuale, per lesione dell’integrità del patrimonio o per altro titolo, oltre interessi al saggio legale e rivalutazione monetaria dal di del dovuto al saldo, oltre corresponsione degli interessi anatocistici ex art. 1283 c.c. ».
─ Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 1808/2018 rigettava integralmente le domande attoree.
─ NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano gravame dinanzi alla Corte di appello di Milano che, con la sentenza qui impugnata, accoglieva l’appello .
─ Per quanto qui di interesse la Corte di merito precisava quanto segue:
i titoli obbligazionari, oggetto del giudizio erano RAGIONE_SOCIALE Luxembourg 7,5% e RAGIONE_SOCIALEV. 7.75%. La procedura
seguita per l’emissione di detti bond non era riconducibile né alle emissioni con offerta pubblica di vendita sul mercato italiano (con conseguente obbligo di redazione di un prospetto informativo da sottoporre all’approvazione della Consob), né alle emissioni sul mercato internazionale cui conseguiva la necessità di dotare l’obbligazione di un rating ufficiale di merito, assegnato da una delle tre principali agenzie (Moody’s, Fitch, Standard & Poor’s). Nel caso fu, invece, seguita una procedura (in Lussemburgo e in Olanda, ma applicando la legislazione inglese) che prevedeva da parte della società emittente l’assegnazione di un semplice mandato a una o più banche d’investimento -i c.d. lead managers -con il compito di comporre il Consorzio di Collocamento e Garanzia costituito da investitori istituzionali, fissare il prezzo delle obbligazioni, la data del lancio, e redigere l’ Offering Circular , documento che -pur non potendo essere considerato un prospetto informativo-, oltre a contenere comunque informazioni relative alla società emittente e ai garanti, conteneva altresì l’impegno dei lead managers a non offrirle in sollecitazione del pubblico risparmio e a collocarle esclusivamente presso investitori professionali, anche alla luce del fatto che dette obbligazioni erano prive di rating ufficiale, essendo state valutate solamente dalle banche capofila dei collocamenti;
b) il mancato ricevimento di adeguata informazione sulle caratteristiche dei titoli e sul rischio emittente trovava conferma già alla luce dell’incontestata mancata acquisizione dell’ Offering Circular da parte della banca appellata, così come la tesi di quest’ultima (id est: di essersi limitata ad eseguire l’ordine di acquisto di dette obbligazioni passato dal sig. COGNOME con compiuta conoscenza e consapevolezza del rischio insito in detto investimento) trovava smentita già nella (quasi) impossibilità che il tecnicismo delle informazioni contenute nell’ Offering Circular (quand’anche acquisite in proprio) potesse risultare di agevole
comprensione per il privato investitore, e nella (quasi) impossibilità che i singoli risparmiatori fossero in grado di conoscere e di commissionare alle banche l’acquisto di titoli in ordine ai quali nemmeno era stato emesso il prospetto informativo, e peraltro nel corso del c.d. grey market (per il bond Cirio Luxemburg l’ordine d’acquisto era del 2.11.2000 e l’obbligazione fu emessa il giorno successivo e per il bond Cirio Del Monte l’ordine d’acquisto era del 1.3.2002 e l’obbligazione fu emessa il 14.3.2002), le cui operazioni erano tipiche e ad esclusivo appannaggio di operatori qualificati;
le circostanze che gli ordini fossero stati impartiti per iscritto e che il cliente avesse già acquistato titoli ad alto rischio non erano dirimenti circa l’accertamento della responsabilità della Banca per l’assenza di effettiva informazione al cliente sulle caratteristiche dei titoli quali privi di rating, sull’esistenza acquisizione e contenuto dell’ offering circular , sull’inesistenza di prospetto informativo, sulla qualità dell’emittente e conseguenti rischi dell’investimento ed, infine, per l’assenza di effettiva informazione al cliente circa la destinazione esclusiva di quei titoli ad investitori istituzionali.
─ Ubi Banca RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con quattro motivi ed anche memoria.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
─ Con il primo motivo: Violazione (art.360, comma 1, n. 3, c.p.c.) degli artt. 112 e 342 c.p.c. il contenuto dell’atto di appello proposto dalle clienti era generico e non si confrontava con le statuizioni di primo grado.
6.1 -La censura si duole della violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. per non aver la Corte dato conto dell’eccezione di genericità dei motivi di appello delle appellanti formulata dalla ricorrente. La
censura è infondata; la Corte ha esaminato nel merito i motivi di appello e, quindi, ha ritenuto implicitamente la censura della Banca appellata non idonea alla pronuncia di inammissibilità dell’appello per genericità.
Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass., n. 15255/2019). Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (in applicazione del principio, la SRAGIONE_SOCIALE. ha rigettato il motivo di ricorso denunciante l’omessa pronuncia sulla dedotta inammissibilità dei motivi d’appello, per difetto di specificità degli stessi, avendo il giudice comunque deciso il gravame nel merito: Cass., n. 452/2015; Cass., n. 24155/2017; Cass., n.20718/2018; Cass., n. 2083/2021; Cass., n. 2151/2021; Cass., n. 36445/2023; Cass., n.25710/2024).
─ Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione (art.360, comma 1, n. 3, c.p.c.) dell’art.2697 c.c. in ordine al principio di distribuzione della prova. La Corte ha ritenuto provata la carenza informativa, nonostante che le clienti non avessero allegato alcuna prova adeguata.
7.1 -La censura è infondata. In linea generale, va premesso che l’inadempimento agli obblighi informativi è stato accertato dalla Corte sulla base degli esiti istruttori che evidenziano il mancato espletamento della procedura per assolvere compiutamente agli obblighi previsti. In tema di intermediazione finanziaria, l’intermediario assolve l’obbligo informativo su di lui gravante ai sensi dell’art. 28 del Reg. Consob n. 11522/1998 allorché raccolga preventivamente, all’atto della sottoscrizione del contratto-quadro, il profilo finanziario dell’investitore e sottoponga a quest’ultimo schede contenenti le caratteristiche descrittive degli strumenti d’investimento recanti la specifica e separata indicazione della rischiosità e della inadeguatezza dell’operazione (Cass., n. 22513/2021; Cass., n. 19104/2023).Questa Corte ha più volte statuito che in caso di contestazione del cliente, che alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sull’intermediario l’onere di provare, con ogni mezzo, che, invece, quelle informazioni siano state fornite, ovvero che non fossero dovute (Cass., n. 4727/2018; Cass., n. 28175/2019; Cass., n. 23570/2023). Ed inoltre, in tema di intermediazione finanziaria, il riscontrato inadempimento della banca agli obblighi di adeguata informazione ingenera una presunzione legale di sussistenza del nesso causale tra l’inadempimento e il danno patito dall’investitore suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; quest’ultima, tuttavia, non può risolversi nella dimostrazione della generica propensione al rischio del cliente, desunta da scelte pregresse intrinsecamente rischiose, dovendo avere ad oggetto la sopravvenienza di fatti idonei a deviare il corso della catena causale derivante dall’asimmetria fra le parti (Cass., n. 12544/2017; Cass., n. 19322/2023.
Ne consegue che non sussiste una non corretta applicazione del principio di distribuzione dell’onere della prova.
8. ─ Con il terzo motivo: Violazione e falsa applicazione (art.360, comma 1, n. 3, c.p.c.) di norme di diritto ed in particolare art. 21 TUF, nonché artt. 28 e 29 del Regolamento Consob n. 1152/1998. La Corte ha omesso di considerare la prova offerta dalla banca e già acquisita nel primo grado sulla alta esperienza delle clienti con una propensione al rischio medio-alta, sul cospicuo patrimonio mobiliare gestito dal delegato NOME COGNOME, altamente qualificato che aveva ricevuto adeguata informazione; sul complesso del profilo soggettivo delle clienti che rendeva l’investimento adeguato; sulla circostanza che la Banca aveva acquistato i titoli da soggetti terzi perché non faceva parte del Consorzio di collocamento; sulla evidenza che la consegna dei prospetti informativi non era necessaria poiché non sussisteva alcuna forma di collocazione dei titoli di debito, attesa l’adeguata specifica informativa sugli investimenti che era stata effettuata.
8.1 -La censura è infondata. In materia di servizi di investimento mobiliare, l’intermediario finanziario è tenuto a fornire al cliente una dettagliata informazione preventiva circa i titoli mobiliari e, segnatamente, con particolare riferimento alla natura di essi ed ai caratteri propri dell’emittente, ricorrendo un inadempimento sanzionabile ogni qualvolta detti obblighi informativi non siano integrati e restando irrilevante, a tal fine, ogni valutazione di adeguatezza dell’investimento (Cass., n. 15936/2018). L’intermediario non è esonerato, pure in presenza di un investitore aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall’assolvimento degli obblighi informativi previsti dal d.lgs. n. 58 del 1998 e dalle relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998 e successive modificazioni, permanendo in ogni caso il suo obbligo di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra
caratteristica del titolo (Cass., n. 18153/2020; Cass., n. 35789/2022).
Ed ancora, il riscontrato inadempimento della banca agli obblighi di adeguata informazione ingenera una presunzione legale di sussistenza del nesso causale tra l’inadempimento e il danno patito dall’investitore suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; quest’ultima, tuttavia, non può risolversi nella dimostrazione della generica propensione al rischio del cliente, desunta da scelte pregresse intrinsecamente rischiose, dovendo avere ad oggetto la sopravvenienza di fatti idonei a deviare il corso della catena causale derivante dall’asimmetria fra le parti (recentemente, Cass., n. 19322/2023; Cass., n. 12990/2023; Cass., n. 7288/2023 ).
– Con il quarto motivo: Violazione (art.360, comma 1, n. 5, c.p.c.) per l’omesso o comunque insufficiente esame di elementi istruttori decisivi per il giudizio. La Corte non ha considerato adeguatamente le prove testimoniali.
9.1 -La censura è inammissibile. Questa Corte per la medesima questione posta sempre per la collocazione sul mercato dei titoli obbligazionari in questione ha statuito che « il dato, asseritamente acquisito in sede di esame testimoniale, per cui il promotore ebbe a suggerire di contenere l’importo da investire in obbligazioni RAGIONE_SOCIALE appare privo di decisività, in quanto non sconfessa l’accertata assenza di informazioni relative ai rischi e alle implicazioni che l’operazione in concreto presentava. Né la ricorrente poteva ritenersi esonerata dall’obbligo informativo in ragione della consapevolezza, in capo all’investitore, dell’alto rendimento del prodotto finanziario: infatti, l’accettazione consapevole di un investimento finanziario non può che fondarsi sulla preventiva conoscenza delle caratteristiche specifiche del prodotto, in
relazione a tutti gli indicatori della sua rischiosità » (Cass., n. 4727/2018).
Da ultimo, nonostante il rilievo assorbente delle considerazioni che precedono, si impongono due precisazioni. Anzitutto, il mancato apprezzamento di una deposizione testimoniale non assurge all’omesso esame di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., giacché quest’ultima previsione fa riferimento a un «fatto storico, principale o secondario» (Cass., Sez. U., n. 8053-8054/2014; Cass., n. 27415/2018) e tale non può di certo considerare il complesso contenuto di una prova acquisita al giudizio. In secondo luogo, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, non anche quando il giudice abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (Cass., Sez. U., n. 20867/2020; Cass., n. 16016/2021), secondo quanto invece pretenderebbe la ricorrente» (Cass., n.423/2025).
-Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 7.200 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima