Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5354 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31813 R.G. anno 2019 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO, domiciliat i presso l’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
Trenti;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 3086/2019 depositata l’11 luglio 2019 della Corte di appello di Milano.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 20 marzo 2005, COGNOME NOME deduceva di avere conferito incarico, in data 23 febbraio 2000, all’RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -di acquistare obbligazioni della Provincia di Buenos Aires 10,75% e obbligazioni Argentina 10%, a fronte delle quali aveva sostenuto l’esborso della somma di euro 167.552,00; rilevava altresì che nel dicembre 2001 si era verificato il noto default con l’azzeramento dei titoli; domandava che il Tribunale di Como dichiarasse alternativamente la nullità degli ordini di acquisto per difetto di forma e per violazione di norme imperative, l’annullamento dei medesimi ordini di acquisto per violazione dell’art. 1395 c.c. e la risoluzione del rapporto di mandato in essere tra le parti, nonché degli ordini di acquisto sopra citati, per inadempimento dell’istituto di credito; chiedeva altresì la condanna di controparte alla restituzione delle somme versate e al risarcimento dei danni sofferti.
La successiva sentenza del Tribunale di Como, con cui erano rigettate le domande attrici, era impugnata da NOME COGNOME.
2. -Nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte di appello di Milano, con sentenza depositata il 21 febbraio 2012, respingeva il gravame. Riteneva il Giudice distrettuale essere infondato l’assunto dell’appellante secondo cui la banca non aveva adempiuto agli obblighi di informazione che su di essa gravavano: rilevava, in proposito, che NOME aveva ricevuto e sottoscritto, nella fase iniziale dell’operazione, il documento sui rischi generali, oltre che l’informativa relativa all’acquisto di prodotti finanziari negoziati fuori dai mercati regolamentati; osservava, inoltre, che il profilo di rischio dell’investitore poteva considerarsi adeguato alle operazioni oggetto di causa; aggiungeva che in occasione dell’acquisto dei bond argentini la banca aveva fornito al cliente specifica informazione sui rischi connessi a tale tipo di investimento. La Corte di Milano riteneva poi insussistente il
conflitto di interessi dedotto dall’appellante, osservando come lo stesso era stato prospettato quale mera conseguenza dalla negoziazione in contropartita diretta.
-Contro tale sentenza NOME proponeva ricorso per cassazione. Al ricorso resisteva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Questa Corte, con sentenza n. 9066 del 2017, cassava la pronuncia impugnata con riguardo al tema dell’adempimento dell’obbligo informativo gravante sull’intermediario . Osservava, in particolare, che la Corte di appello avrebbe dovuto correlare l’adempimento del suddetto obbligo informativo a comunicazioni circostanziate riferite al titolo negoziato.
4 . -In sede di rinvio la Corte di appello di Milano pronunciava, in data 11 luglio 2019, sentenza con cui respingeva la domanda attrice.
– Avverso detta decisione ricorrono per cassazione, facendo valere cinque motivi di impugnazione, gli eredi di NOME COGNOME, nel frattempo deceduto. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo si oppone la violazione degli artt. 28 e 29 reg. Consob n. 11522/1998 e dell’art. 21 t.u.f. (d.lgs. n. 58/1998). Si rileva che le informazioni che è tenuto a fornire l’intermediario devono sostanziarsi nella rappresentazione all’investitore della natura, della quantità e della qualità dei prodotti finanziari, oltre che nella formulazione delle indicazioni atte a dar conto della loro rischiosità; per stessa ammissione dei testimoni escussi, nessuna di queste informazioni era stata però fornita a NOME COGNOME.
Col secondo mezzo si oppone il difetto di motivazione con riferimento alla mancata considerazione di una prova oggetto di discussione tra le parti. Si deduce che dall’esame di un documento prodotto in primo grado emergeva che quantomeno in occasione del secondo acquisto, nel settembre 2001, era stata la banca a presentare
un bouquet di titoli all’interno dei quali l’investitore scelse proprio le obbligazioni della Repubblica Argentina. Si assume essere pertanto non comprensibile la decisione impugnata, la quale aveva trascurato del tutto il documento in questione nonostante fosse stato espressamente richiamato dalle parti in contesa.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 2697 c.c. e 23 t.u.f.. Si lamenta che la Corte di appello abbia escluso la responsabilità risarcitoria di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE anche sulla base della mancata prova del nesso causale «fra una omessa indicazione -costituente un profilo di rischio non conosciuto e quindi non accettato -e il danno lamentato». Si censura detto passaggio della motivazione, in quanto il difetto del nesso eziologico sarebbe stato affermato senza valutare preventivamente se gli obblighi gravanti sull’intermediario fossero stati nella specie correttamente adempiuti e senza verificare se, al momento di effettuare l’investimento, il cliente disponesse di tutte le informazioni necessarie per valutare il rischio di perdere il proprio capitale.
Col quarto motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione degli artt. 21 e 23 t.u.f.. Ci si duole che la Corte distrettuale non abbia considerato che, una volta allegato l’inadempimento e provato il danno da parte dell’investitore, la relazione eziologica tra il primo e il secondo è da considerare esistente in via presuntiva.
Il quinto mezzo oppone la violazione dell’art. 21 t.u.f., degli artt. 26 e 29 reg. Consob n. 11522/1998 e degli artt. 1722 e 1727 c.c.. Si deduce che la Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che la sentenza di cassazione con rinvio si era occupata del profilo della inadeguatezza dell’investimento e si rileva che, in ogni caso, con riferimento alla detta tematica, la Corte di appello avrebbe errato nell’applicare la normativa pertinente, giacché le due operazioni non risultavano essere conformi, né per tipologia, né per oggetto, né per valore, agli altri investimenti effettuati all’epoca dall’originario attore.
2. – Si osserva quanto segue.
2.1. Il Giudice del rinvio ha conferito anzitutto rilievo ad alcune, precise, circostanze: il fatto che NOME manifestava una sicura conoscenza dei mercati finanziari (egli affermava di essere «collegato con le borse estere, sceglieva direttamente i titoli sui quali investire in piena autonomia e consapevolezza e chiedeva all’impiegato di effettuare le operazioni, speculava sulle variazioni dei prezzi dei titoli, stabiliva autonomamente il prezzo di acquisto e vendita in tempo reale») (sentenza impugnata, pag. 7); la rappresentazione, allo stesso originario attore, da parte dell’intermediario, del rischio insito nell’acquisto di obbligazioni argentine (avvertenza questa, che fu accompagnata, in occasione del primo investimento, dal riferimento alla «difficile situazione politica del paese» (sentenza, pagg. 7 s.); la volontà, espressa da COGNOME, che pure era stato notiziato del «rischio-paese», di voler effettuare le operazioni, rivendicando il diritto di scegliere autonomamente i titoli da acquistare (sentenza, pag. 9). La stessa Corte di appello, dopo aver evidenziato, altresì, che l’operazione era stata posta in essere fuori dai mercati regolamentati e che il soggetto emittente risultava essere noto, ha rilevato non essere stata indicata, dalla parte appellante, «quale informazione specifica stata omessa e che se fornita avrebbe dissuaso il COGNOME dagli investimenti»: ne ha tratto la conclusione che non sussisteva prova del nesso eziologico «fra una omessa specifica indicazione -costituente un profilo di rischio non conosciuto e quindi non accettato – e il danno lamentato» (sentenza impugnata, pagg. 10 s.).
2.2. La pronuncia di questa Corte da cui si è originato il giudizio di rinvio recava l’enunciazione del seguente principio di diritto: in tema di intermediazione finanziaria, al cliente deve essere fornita una informazione specifica e circostanziata sul prodotto finanziario oggetto della negoziazione, non essendo sufficienti, a tal fine, né la consegna del prospetto generale dei rischi degli investimenti in strumenti finanziari, previsto dall’art. 28, 1° co., lett. b) reg. Consob n.
11522/1998, né altre comunicazioni di tipo generico e standardizzato.
Infatti, laddove la diffusione di strumenti finanziari presso il pubblico avvenga mediante la prestazione di «servizi di investimento» (art. 1, comma 5,. t.u.f.), cioè attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini, a condizioni diverse a seconda dell’acquirente e del momento in cui l’operazione è eseguita, la tutela del cliente è affidata all’adempimento, da parte dell’intermediario, di obblighi informativi specifici e personalizzati, ai sensi degli artt. 21 t.u.f. e 26 ss. reg. Consob n. 11522/1998 (Cass. 18 marzo 2019, n. 7575 e Cass. 3 maggio 2016, n. 8733 per cui tale regola vale anche nel caso di periodo di grey market ; Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039). In tale ottica si è ritenuto, di recente, che l’obbligo di informazione attiva, posto a carico dell’intermediario ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’art. 28, comma 2, del regolamento Consob n. 11522 del 1998, secondo la disciplina previgente al d.lgs. n. 164 del 2007, impone all’intermediario di fornire informazioni non generiche sulla specifica operazione che l’investitore intende compiere, sicché, in caso di acquisto di obbligazioni di uno Stato straniero, egli deve fornire informazioni sul grado di rischio di insolvenza di tale Stato, derivante dalle condizioni dell’emittente e dalle prospettive future dello stesso, aggiornate al momento in cui è compiuta l’operazione, eventualmente facendo ricorso agli indici di valutazione delle principali agenzie di rating (Cass. 6 luglio 2023, n. 19104).
Né rileva che l’investi tore abbia consuetudine con operazioni speculative: nella prestazione del servizio di negoziazione di titoli, l’accertata propensione al rischio del cliente che non rivesta le caratteristiche dell’investitore abilitato o professionale non elimina gli obblighi informativi dell’intermediario ma li qualifica, anzi, in modo peculiare, nel senso che l’esperienza dell’investitore e le sue scelte devono orientare la selettività delle informazioni da fornire, dirigendosi verso quelle specifiche e non generalmente o facilmente accessibili del
prodotto, tenuto conto che tanto più elevato è il rischio dell’investimento tanto più puntuali devono essere le informazioni da fornire, essendo necessario verificare se le decisioni d’investimento si siano fondate sulla conoscenza effettiva dei rischi conoscibili del prodotto (Cass. 27 aprile 2018, n. 10286).
Ora, la Corte di appello ha ritenuto di escludere la responsabilità della banca intermediaria senza però avere positivo riscontro della specificità del corredo informativo di cui si è detto. Per un verso essa si è limitata a registrare la segnalazione, da parte dell’intermediario , della rischiosità delle operazioni, la quale era stata genericamente motivata, con riferimento alla prima operazione (ad essa soltanto), con la «difficile situazione politica del paese», omettendo così di considerare che quella relativa alla rischiosità è una indicazione del tutto vaga, giacché ricomprende una gamma molto ampia di situazioni: da quella che coinvolge titoli che possono avere occasionalmente rendimenti negativi (e tradursi, quindi, nel complesso, in modeste perdite) a quelle in cui il prodotto finanziario sconta quella gravissima vulnerabilità che dipende da uno scenario connotato dalla potenziale insolvibilità dell’emit tente (la quale è in grado di generare, come nella fattispecie è accaduto, la to tale vanificazione dell’investimento) . Al contempo, la Corte territoriale ha esaltato la propensione al rischio dell’investitore e la sua conoscenza del mercato finanziario, ritenendo, a torto, che tali evenienze valessero a d attenuare l’obbligo dell’intermediario di operare in modo che il cliente sia sempre adeguatamente informato, come prescrive l’art. 21, comma 1, lett. b), t.u.f..
Non entra qui in questione l’accertamento di fatto del la Corte di appello; i ricorrenti non confutano, infatti, gli esiti della prova testimoniale esperita dalla Corte del rinvio. In presenza di una tale contestazione, il ricorso dovrebbe certamente dichiararsi inammissibile, come suggerito dalla controricorrente, che ha svolto, sul punto una eccezione pregiudiziale; viene qui in gioco ben altro: e cioè la
rispondenza della pronuncia ai principi sopra richiamati.
2.3. La sentenza è censurabile anche per un’altra ragione .
Ove ha rimarcato che gli appellanti non avevano precisato quale informazione specifica, tale da dissuadere NOME dagli investimenti, fosse stata omessa da parte della banca, la Corte di appello ha finito per introdurre, in sede di rinvio, un tema , inerente all’allegazione dell’inadempimento, che doveva restarvi estraneo, visto che nella sentenza di cassazione con rinvio era stato enunciato un principio di diritto , quanto all’obbligo, da parte dell’intermediario, di fornire una informazione specifica e circostanziata sul prodotto finanziario oggetto della negoziazione, che si poneva a valle del tema vertente su ciò che all’investitore competeva di prospettare per vedere accolta la propria domanda. In altri termini, ciò che si chiedeva al Giudice del rinvio era di accertare se fossero state fornite informazioni sufficientemente puntuali sul prodotto finanziario oggetto di negoziazione: la Corte di appello era dunque investita di uno scrutinio quanto al grado di specificità delle informazioni rese; e tale specificità non poteva che correlarsi ai profili di cui si era dibattuto in sede di legittimità, ove l’allora ricorrente aveva lamentato: che la banca aveva omesso di evidenziare come il bond argentino fosse incorso, durante l’anno ─ e segnatamente nel periodo in cui il proprio cliente stava acquistando il secondo lotto di obbligazioni ─ , in pesanti declassamenti da parte delle società di rating ; che la controricorrente avrebbe quindi dovuto segnalare per iscritto e in modo chiaro che sussisteva, anche nell’immediato, un’elevata probabilità di default ; che, in relazione alla prima operazione, l’istituto bancario aveva omesso «addirittura di consegnare l’informativa» e che solo in occasione del secondo acquisto era stato trasmesso un documento avente ad oggetto i «rischi connessi a investimenti in prodotti finanziari strutturati di Paesi emergenti o ad alto rendimento» (con ciò evidenziando, nella sostanza, che nessun ragguaglio era stato fornito quanto al prodotto finanziario acquistato).
La Corte di appello non poteva conseguentemente attribuire rilievo alla incompletezza del quadro delle allegazioni de ll’investitore: profilo, questo, che doveva restare estraneo al giudizio di rinvio. Infatti, il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla «regola» giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, e attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se in ipotesi non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità della stessa (per tutte: Cass. 3 marzo 2022, n. 7091; Cass. 22 agosto 2018, n. 20887): tant’è che il giudice del rinvio, al quale la Corte di cassazione abbia rimesso la causa a seguito di annullamento della decisione ex art. 360, n. 3) c.p.c., incorre nella violazione dell’art. 384 c.p.c. laddove giudichi i rapporti sulla base di un criterio diverso da quello indicato dalla Corte stessa (Cass. 4 ottobre 2022, n. 28734).
Dopodiché, è appena il caso di ricordare che compete all’intermediario l’onere di provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte e, sotto il profilo soggettivo, di aver agito con la specifica diligenza richiesta (Cass. 24 maggio 2019, n. 14335; in tal senso pure: Cass. 19 gennaio 2016, n. 810; Cass. 6 marzo 2015, n. 4620; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22147; Cass. 17 febbraio 2009, n. 3773): nella fattispecie spettava quindi a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dimostrare di aver fornito specifiche informazioni sui prodotti finanziari da acquistare.
Solo una volta che l’intermediario a vesse omesso di provare l’adempimento all’obbligo informativo si sarebbe potuto porre il problema del nesso eziologico tra l’inadempimento e il danno. E, con
riferimento a tale profilo, la controversia deve intendersi regolata dal principio per cui al riscontro dell’inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue l’accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento e il danno patito dall’investitore: accertamento che spetta all’intermediario superare, dimostrando che il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quand’anche l’investitore avesse ricevuto le informazioni omesse (Cass. 17 aprile 2020, n. 7905; in senso conforme: Cass. 28 luglio 2020, n. 16126; Cass. 11 novembre 2021, n. 33596; cfr. pure Cass. 12 maggio 2023, n. 12990). Non incombeva quindi sugli eredi la prova del nesso eziologico intercorrente tra l’inadempimento e il danno occorso.
– In conclusione, vanno accolti, il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso; il secondo e il quinto restano assorbiti.
– La sentenza impugnata è cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione