LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Obblighi informativi banca: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un istituto di credito per non aver tempestivamente informato i propri clienti della variazione del livello di rischio di obbligazioni acquistate. Secondo la Corte, l’adesione della banca a un consorzio di trasparenza (tipo “Patti Chiari”) crea un obbligo contrattuale specifico di monitoraggio e informazione post-vendita. Di conseguenza, spetta alla banca, e non al cliente, l’onere di provare di aver adempiuto a tali obblighi informativi. La mancata prova di tale adempimento configura un inadempimento contrattuale che dà diritto al risarcimento del danno per l’investitore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Obblighi informativi banca: non solo prima, ma anche dopo l’investimento

Gli obblighi informativi della banca nei confronti dei clienti non si esauriscono al momento della firma del contratto di investimento. Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito che, in determinate circostanze, la banca ha il dovere contrattuale di monitorare i titoli e informare tempestivamente il risparmiatore di eventuali variazioni significative del rischio, anche in assenza di un contratto di gestione patrimoniale. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: L’acquisto di titoli “a basso rischio”

Alcuni risparmiatori avevano acquistato, nel febbraio 2008, obbligazioni emesse da una nota banca d’affari internazionale, poi fallita. L’investimento era stato consigliato da funzionarie di un istituto di credito che aderiva a un’iniziativa interbancaria di trasparenza, denominata “Patti Trasparenti”. In virtù di tale adesione, i titoli in questione erano stati inseriti in un elenco di “obbligazioni a basso rischio e basso rendimento”.

Tuttavia, già nell’aprile 2008, a causa dell’aumento significativo del rischio, le stesse obbligazioni erano state escluse da tale elenco. I clienti, però, non avevano ricevuto alcuna comunicazione in merito da parte della banca. Mesi dopo, il crollo dell’emittente dei titoli aveva azzerato il valore dell’investimento, causando ingenti perdite per i risparmiatori.

La decisione dei giudici di merito

Mentre il Tribunale di primo grado aveva respinto le richieste degli investitori, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado avevano riconosciuto la responsabilità della banca per inadempimento contrattuale. Secondo la Corte d’Appello, l’adesione all’iniziativa “Patti Trasparenti” e le clausole contenute negli ordini di acquisto avevano generato un obbligo specifico per la banca: quello di informare i clienti qualora il titolo avesse subito una “variazione significativa del livello di rischio”.

Gli obblighi informativi della banca secondo la Cassazione

L’istituto di credito ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che l’onere di provare la variazione del rischio gravasse sui clienti. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la responsabilità della banca e fornendo chiarimenti cruciali sugli obblighi informativi della banca.

La Corte ha stabilito che l’adesione a un consorzio come “Patti Trasparenti” non è una mera operazione di marketing, ma crea un “vincolo pattizio specifico”. Questo vincolo comporta per la banca l’assunzione di obbligazioni precise e qualificate, che vanno oltre quelle previste dalla legge per un semplice rapporto di negoziazione titoli. Tali obblighi includono un monitoraggio costante dell’andamento del titolo e una tempestiva informazione al cliente in caso di uscita dello stesso dalle liste di affidabilità.

La ripartizione dell’onere della prova

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ha chiarito che, una volta che il cliente lamenta l’inadempimento dell’obbligo informativo, spetta alla banca dimostrare di aver adempiuto correttamente. Era quindi onere dell’istituto di credito provare di aver costantemente monitorato il titolo e di aver informato tempestivamente i clienti della sua aumentata rischiosità e della sua esclusione dall’elenco. Non spetta al cliente provare la variazione del rischio, ma alla banca dimostrare di aver rispettato gli impegni presi.

La Corte ha sottolineato che tale onere probatorio a carico della banca è giustificato anche dal principio di “vicinanza della prova”: l’intermediario finanziario è il soggetto che ha più facilmente accesso alle informazioni sull’andamento dei mercati e sui rischi dei prodotti finanziari.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sul principio che l’adesione della banca a un regolamento volontario, come quello del consorzio di trasparenza, genera obbligazioni contrattuali aggiuntive. Queste pattuizioni creano un affidamento qualificato nell’investitore, il quale confida non solo nella bassa rischiosità iniziale del prodotto, ma anche in un sistema di monitoraggio continuo da parte dell’intermediario. L’obbligo di informare il cliente di un aumento “significativo” del rischio non è un mero dovere generico, ma una prestazione contrattuale specifica. Di conseguenza, in base ai principi generali sull’inadempimento (richiamando la storica sentenza delle Sezioni Unite n. 13533/2001), una volta che il creditore (il cliente) allega l’inadempimento, spetta al debitore (la banca) provare di aver eseguito correttamente la prestazione, ossia di aver monitorato e informato. La Corte ha ritenuto irrilevanti le ulteriori censure della banca, poiché questa ratio decidendi principale era sufficiente a sorreggere la decisione di condanna.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei risparmiatori e definisce con maggiore chiarezza la portata degli impegni che le banche assumono quando aderiscono a iniziative di trasparenza. La decisione implica che: 1. Gli impegni presi nell’ambito di consorzi di trasparenza hanno valore contrattuale e non sono semplici dichiarazioni d’intenti. 2. La banca ha un dovere attivo di monitoraggio e informazione post-vendita sui prodotti inseriti in tali liste. 3. In un eventuale contenzioso, è la banca a dover provare di aver adempiuto ai suoi obblighi informativi, non il cliente a dover provare il contrario. Gli investitori ottengono così una protezione più forte, potendo fare affidamento non solo sulle informazioni ricevute al momento dell’acquisto, ma anche su una sorveglianza continua da parte dell’intermediario.

Quando una banca aderisce a un consorzio di trasparenza, assume obblighi aggiuntivi verso i clienti?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’adesione a tali iniziative crea uno “specifico vincolo pattizio” che obbliga la banca a un monitoraggio costante dei titoli e a una tempestiva informazione verso il cliente in caso di variazioni significative del rischio, anche al di là di un contratto di gestione patrimoniale.

In caso di variazione del rischio di un titolo, chi deve provare che l’informazione è stata data al cliente?
L’onere della prova grava sulla banca. Una volta che il cliente lamenta la mancata informazione, spetta all’istituto di credito dimostrare di aver adempiuto correttamente e tempestivamente al proprio obbligo informativo, in base al principio di vicinanza della prova.

L’obbligo di informare il cliente sull’andamento del suo investimento esiste solo se c’è un contratto di gestione patrimoniale?
No. In questo caso specifico, la Corte ha stabilito che l’obbligo informativo non derivava dalla legge o da un contratto di gestione, ma dalla fonte negoziale costituita dall’adesione della banca al regolamento del consorzio di trasparenza e dalle clausole inserite negli ordini di acquisto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati