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Obblighi informativi banca: doveri dopo l’acquisto

La Corte di Cassazione stabilisce che gli obblighi informativi della banca non cessano con la vendita di un prodotto finanziario. In un caso riguardante obbligazioni poi fallite, la Corte ha sancito che l’intermediario ha il dovere di comunicare al cliente ogni aggravamento del rischio, specialmente in presenza di garanzie contrattuali specifiche che implicano un monitoraggio post-vendita. La sentenza chiarisce che il dovere di diligenza e trasparenza persiste anche dopo l’acquisto.

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Obblighi informativi banca: la responsabilità non finisce con la vendita

Gli obblighi informativi della banca verso il proprio cliente terminano al momento della sottoscrizione di un investimento, o proseguono anche dopo? Questa è la domanda cruciale a cui la Corte di Cassazione ha dato una risposta chiara con una recente ordinanza, rafforzando la tutela degli investitori. La Corte ha stabilito che i doveri di diligenza e trasparenza imposti agli intermediari finanziari non si esauriscono con l’acquisto dei titoli, ma persistono, imponendo alla banca di informare il cliente su eventuali e significativi peggioramenti del profilo di rischio dell’investimento.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla domanda presentata dagli eredi di un investitore contro un istituto di credito. L’investitore aveva acquistato nel maggio 1998 delle obbligazioni emesse da una nota società finanziaria internazionale, sulla base di un contratto quadro stipulato nello stesso anno. A seguito del successivo fallimento della società emittente, gli eredi avevano agito in giudizio per far dichiarare la nullità del contratto quadro e del conseguente ordine di acquisto.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, dichiarando la nullità del contratto del 1998 per non conformità a una normativa del 2007. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione, ritenendo il contratto del 1998 valido poiché conforme alla normativa vigente all’epoca (ratione temporis). La Corte territoriale aveva inoltre escluso che la banca avesse violato gli obblighi informativi, sia al momento dell’acquisto (dato il rating positivo dei titoli) sia successivamente, negando l’esistenza di un dovere di informazione post-vendita.

La Decisione della Cassazione sugli Obblighi Informativi della Banca

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato la validità del contratto quadro del 1998, ribadendo che la sua legittimità va valutata secondo le norme in vigore al momento della stipula. Tuttavia, ha accolto il motivo di ricorso relativo alla violazione degli obblighi informativi della banca nella fase successiva all’acquisto.

Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione degli obblighi di diligenza e trasparenza previsti dall’art. 21 del Testo Unico della Finanza (TUF). Secondo la Suprema Corte, questi doveri non si estinguono con la conclusione dell’operazione, ma impongono all’intermediario di continuare a informare il cliente. Tale obbligo si concretizza nella necessità di comunicare tempestivamente specifiche circostanze, come notizie particolari o analisi interne, che indichino un aggravamento del rischio dell’investimento e che la correttezza professionale suggerisca di divulgare.

Il Ruolo della Garanzia Contrattuale Specifica

Nel caso di specie, l’obbligo informativo post-vendita era ulteriormente rafforzato dalla circostanza che l’acquisto era avvenuto nell’ambito di un progetto denominato “garanzia specifica”. La Corte ha interpretato questa clausola non come un mero slogan pubblicitario, ma come un vero e proprio impegno contrattuale. Tale garanzia implicava l’assunzione da parte della banca di uno specifico obbligo di monitoraggio sull’andamento del titolo e di conseguente informazione al cliente in caso di peggioramento delle prospettive di redditività.

La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame che tenga conto del principio affermato: la banca aveva il dovere di informare il cliente del deterioramento delle condizioni dell’emittente, un dovere derivante sia dai principi generali di correttezza e diligenza, sia dagli specifici impegni contrattuali assunti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la propria decisione sul principio che la relazione tra intermediario e cliente è improntata a un generale dovere di protezione. Gli obblighi di cui all’art. 21 del TUF persistono anche dopo il collocamento dei titoli. L’intermediario deve operare in modo che i clienti siano “sempre adeguatamente informati”. Questa non è un’attività generica di monitoraggio di tutti i titoli sul mercato, ma un dovere specifico che si attiva quando la banca viene a conoscenza di informazioni rilevanti, non di dominio pubblico, o quando sviluppa analisi interne che evidenziano un peggioramento del rischio. L’errore della Corte d’Appello, secondo la Cassazione, è stato quello di negare a priori l’esistenza di un tale obbligo post-vendita. Tale errore è risultato ancora più grave data la presenza della clausola di “garanzia specifica”, che la Corte ha qualificato come fonte di un’obbligazione contrattuale autonoma di monitoraggio e informazione, vincolante per l’istituto di credito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un punto fermo nella tutela degli investitori. Stabilisce che gli obblighi informativi della banca non sono un adempimento burocratico da esaurire al momento della firma, ma un impegno continuativo che si estende per tutta la durata dell’investimento, quantomeno in presenza di segnali di allarme noti all’intermediario. La sentenza valorizza inoltre le clausole contrattuali che, pur presentate in forma promozionale, possono assumere la natura di vere e proprie garanzie vincolanti, imponendo alla banca doveri aggiuntivi di monitoraggio e comunicazione. Per gli investitori, ciò significa poter contare su una protezione più estesa, che non li lascia soli di fronte al mutare delle condizioni di mercato successive alla sottoscrizione del prodotto finanziario.

Un contratto di investimento stipulato anni fa è valido se non rispetta le normative più recenti?
Sì, la sua validità deve essere giudicata sulla base delle leggi in vigore al momento della sua sottoscrizione (principio del ratione temporis). Le normative successive non hanno efficacia retroattiva per invalidare contratti precedentemente stipulati.

La banca ha l’obbligo di informare il cliente se il rischio di un titolo aumenta dopo l’acquisto?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che gli obblighi di diligenza e trasparenza persistono anche dopo la vendita. La banca deve comunicare al cliente le informazioni rilevanti su un peggioramento del rischio, specialmente se ne viene a conoscenza tramite canali non pubblici o analisi interne.

Che valore legale ha una clausola come la “garanzia Patti Chiari” o simili?
Secondo la Corte, tali clausole non sono solo slogan pubblicitari, ma possono costituire veri e propri impegni contrattuali. In questo caso, la clausola ha generato uno specifico obbligo per la banca di monitorare l’investimento e informare il cliente di ogni peggioramento, trasformando un dovere generale in un’obbligazione contrattuale vincolante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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