Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5851 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 5851  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19390/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)  e  COGNOME  (CODICE_FISCALE),  con elezione di domicilio digitale alla PEC dell’avv. COGNOME, EMAIL,
-ricorrente- contro
COGNOME  NOME,  rappresentato e difeso dagli avvocati  COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE),  con  elezione  di  domicilio  digitale  alla  PEC  dell’avv. COGNOME, EMAIL,
-controricorrente- avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  LECCE  n.  337/2020  depositata  il 16/04/2020.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  10/01/2025  dal  Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva convenuto in giudizio il fratello NOME chiedendo che, in ragione dell’avvenuto integrale pagamento da parte sua del prezzo di aggiudicazione per un immobile in Nardò alla vendita all’incanto a cui avevano partecipato assieme i due NOME, con versamento della cauzione di € 10.000,00 da parte del convenuto, il Tribunale di Lecce accertasse l’aggiudicazione dell’immobile in esclusiva all’attore, attesa l’inerzia del convenuto, con le pronunce conseguenti. NOME COGNOME aveva pure formulato domande subordinate, tra le quali vi era quella di scioglimento della comunione, con condanna del convenuto a rimborsare la somma pari alla metà del versato, oltre accessori.
 Costituitosi  ritualmente  il  contraddittorio  il  Tribunale  di  Lecce  aveva  accolto  la domanda  principale  dell’attore,  dichiarandolo  unico  titolare  del  bene  per  il  quale aveva  versato  l’intero  prezzo  di  aggiudicazione  e  condannandolo  a  rimborsare  a NOME COGNOME l’importo di € 5.000,00.
Proposto da NOME COGNOME appello, al quale aveva resistito la controparte con proposizione di appello incidentale, la Corte d’Appello di Lecce aveva pronunciato la sentenza non definitiva n.824/2015, con la quale aveva accolto il primo motivo di appello principale e l’appello incidentale e riformato la sentenza impugnata, rigettando la domanda di accertamento della proprietà esclusiva in capo a NOME COGNOME e dichiarando lo scioglimento della comunione pro indiviso tra le parti, nella misura del 50% pro capite; la causa era stata rimessa in istruttoria per le operazioni divisionali e per le pronunce conseguenti.
 Era  seguita  quindi  la  sentenza  definitiva  con  la  quale  la  Corte  di  merito  aveva assegnato a NOME COGNOME l’immobile in Nardò, condannandolo al versamento del conguaglio  di  €  27.325,00  e  disponendo  che  da  detto  importo  venisse  detratta  la somma anticipata da NOME in favore di NOME, pari a € 17.603,22, oltre interessi dall’esborso alla pronuncia della sentenza.
A fondamento della sentenza definitiva la Corte di merito aveva osservato quanto segue: -il valore del bene all’attualità è stato indicato dal CTU in € 54.650,00, si tratta di immobile non divisibile e nulla osta all’assegnazione a NOME COGNOME, che ne ha fatto richiesta, con conguaglio a favore del condividente pari a € 27.325,00; l’ulteriore questione trattata dalle parti, sulla quale il collegio non ha preso posizione nella sentenza non definitiva, riguarda la richiesta di rimborso della somma di € 17.603,22; ‘ nel corso del giudizio di prime cure NOME NOME allegato e provato di
aver versato i 4/5 del prezzo di aggiudicazione dell’immobile in oggetto, mentre NOME, non solo non ha allegato di aver versato la propria quota parte, eccezion fatta per la cauzione, ma non lo ha neanche provato e/o chiesto di provare’ ; non può essere accolta la richiesta di rimessione in termini dell’appellante principale in relazione all’intervenuta decadenza dalla prova testimoniale, perché la declaratoria di decadenza discende dalla revoca del mandato al difensore, rientrante nelle facoltà della parte, che non può interferire sull’ordinato svolgimento del processo; -l’anticipazione della somma da parte di NOME anche nell’interesse del fratello va inquadrata nella figura del mandato e, ai sensi dell’art.1720 c.c., al mandatario sono dovuti per legge gli interessi sulle somme anticipate, dal giorno degli esborsi o dalla messa in mora.
 Avverso  la  sentenza  della  Corte  d’Appello  di  Lecce  ha  proposto  ricorso  per cassazione NOME COGNOME, affidandolo a quattro motivi, ognuno articolato in più punti  (il  quinto  motivo  non  è  in  concreto  un  motivo  di  ricorso  ma  la  sintesi dell’impugnazione  proposta,  che  si  afferma  volta  all’annullamento  della  condanna alla  restituzione  di  €  17.603,22  oltre  interessi  legali,  riconosciuti  dall’esborso  alla pronuncia):
 -a)  violazione  e/o  falsa  applicazione  di  una  norma  di  diritto,  in  particolare dell’art.1703 ss c.c., dell’art.1720 c.c. e dell’art.116 in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.; -b) violazione e/o falsa applicazione degli art.112 e 161 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.
La richiesta di rimborso proposta da NOME COGNOME non potrebbe trovare fondamento in un contratto di mandato e, conseguentemente, l’art.1720 c.c. sarebbe stato erroneamente applicato, dato che il mandato non potrebbe riguardare attività meramente materiali; ipotizzando comunque l’esistenza di un mandato, che sarebbe da qualificare con rappresentanza, non vi sarebbe dimostrazione dell’intervento della contemplatio domini né vi sarebbe la procura scritta, necessaria vertendosi in materia di immobili.
 la  Corte  di  merito  avrebbe  pronunciato  su  domanda  non  proposta  o  diversa  da quella  formulata,  in  violazione  del  principio  di  corrispondenza  tra  il  chiesto  e  il pronunciato,  non  avendo  mai  controparte  correlato  la  richiesta  di  rimborso  al disposto  dell’art.1720  c.c.;  sarebbe  stato  onere  di  NOME  COGNOME  dimostrare l’avvenuta consegna delle somme di cui ha chiesto la restituzione e il titolo da cui
deriverebbe  l’obbligo  di  restituzione  e,  attesa  la  mancanza  di  riscontri  su  questi profili, la domanda di restituzione doveva essere respinta.
II) Omessa valutazione di fatti storici decisivi risultanti dagli atti di causa ex art.360 n.5 c.p.c.; violazione dell’art.360 n.4 c.p.c. per violazione dell’art.132, comma 2, n.4 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli art.2697, 2721, 2722, 2723, 2725 c.c. in relazione allart.360 n.3 c.p.c.
La Corte di merito avrebbe omesso di valutare più fatti specifici che, se considerati, avrebbero determinato una decisione opposta a quella presa, incorrendo così in errore motivazionale. NOME COGNOME avrebbe non solo offerto di provare ma tempestivamente allegato di aver versato la propria quota di prezzo, mentre la Corte d’Appello avrebbe valorizzato solo le dichiarazioni testimoniali assunte, a favore della controparte, nonostante queste siano state rese dai NOME delle parti, in forte contrasto con il ricorrente come opportunamente documentato. Del resto, risulta documentalmente, dal verbale di deposito delle somme, che fu NOME COGNOME, la cui presenza in aula assieme al fratello risulta dal verbale di assegnazione, a consegnare gli assegni al cancelliere. Gli errori evidenziati si sarebbero riversati sulla ricostruzione del fatto, con commissione di un grave errore di giudizio. Per contro, i documenti prodotti dalla controparte non avrebbero alcuna utilità probatoria (non sarebbe stata prodotta la richiesta di emissione degli assegni circolari; questi porterebbero la data del 26.4.2006; non sarebbe dato sapere a chi fu intestato l’assegno bancario emesso per costituire la provvista degli assegni circolari; non vi sarebbe prova dell’addebito delle somme sul conto corrente della controparte, il cui numero non emergerebbe dagli atti; la distinta di emissione dei due assegni non sarebbe regolare, non vi sarebbe prova che la provvista per gli assegni circolari provenisse dal conto corrente della controparte, sarebbe regola di comune esperienza che la banca non avrebbe emesso i due assegni circolari nella stessa data di deposito dell’assegno bancario senza previa verifica dell’effettiva esistenza della provvista). La motivazione della sentenza sarebbe altresì solo apparente, non tenendo conto degli elementi sopra evidenziati, e sarebbe comunque contraddittoria rispetto alla motivazione della sentenza non definitiva, perché non avrebbe tenuto adeguato conto del verbale di versamento deli assegni.
NOME  COGNOME  avrebbe  altresì  sempre  contestato  l’esistenza  del  credito  della controparte, la quale non avrebbe adempiuto l’onere della prova a suo carico quanto
alla consegna della somma da restituire e alla natura e titolo della pretesa restitutoria azionata.
La  Corte  di  merito  avrebbe  pure  applicato  male  e  in  modo  imprudente  il  disposto dell’art.116 c.p.c., erroneamente evincendo dalle prove acquisite il riconoscimento di un  obbligo  di  rimborso  in  realtà  inesistente  sulla  base  di  un  ipotetico  mandato inesistente e mai invocato.
A tal  fine  la  Corte  d’Appello  avrebbe  altresì  attribuito  decisività  alle  dichiarazioni testimoniali assunte, violando anche l’art.115 c.p.c.
III) Violazione degli art.1282-1284 in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.
In  conseguenza  dell’infondatezza  del  preteso  obbligo  di  rimborso,  non  dovrebbero essere ritenuti dovuti gli interessi riconosciuti alla controparte.
IV) In punto spese, si censura la violazione dell’art.91 c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.
Avrebbero dovuto essere compensate non solo le spese dell’appello ma anche quelle del primo grado, invece rimaste a carico del ricorrente.
Ha proposto controricorso NOME COGNOME, instando per il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato entrambe memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La questione ancora controversa tra le parti riguarda l’effettiva sussistenza in capo a  NOME  COGNOME  dell’obbligo  di  restituire  a  NOME  COGNOME  l’importo  pari  alla metà  del  versamento  effettuato  a  saldo  del  prezzo  dovuto  per  la  coaggiudicazione dell’immobile  in  Nardò,  seguita  da  decreto  di  trasferimento  con  cointestazione  del bene  in  parti  uguali  ai  due  NOME  COGNOME  pronunciato  dal  Tribunale  di  Lecce  il 14.6.2006.
Con il primo motivo NOME COGNOME lamenta che il fondamento offerto dalla Corte d’Appello di Lecce alla pretesa restitutoria formulata da NOME COGNOME sarebbe giuridicamente errato e violerebbe il disposto dell’art.112 c.p.c. -non avendo mai la controparte fatto riferimento alle disposizioni sul mandato e all’art.1720 c.c.-. Nella memoria illustrativa il ricorrente prospetta altresì la violazione del giudicato, sul presupposto che la domanda di restituzione si dovrebbe considerare implicitamente respinta con la sentenza non definitiva, non impugnata dalla controparte, all’esito della quale la causa sarebbe stata rimessa in istruttoria solo per lo svolgimento delle operazioni necessarie alla divisione.
9.1. E’ prima di tutto da escludere la pretesa formazione di un giudicato interno derivante dalla sentenza non definitiva della Corte d’Appello, che nulla ha disposto in ordine alla domanda di restituzione della metà del versato a seguito dell’aggiudicazione immobiliare pure formulata da NOME COGNOME: il giudicato derivante dalla sentenza non definitiva riguarda solo le questioni con la stessa effettivamente esaminate e decise e quelle ad esse necessariamente presupposte, mentre le domande non vagliate non possono essere considerate implicitamente respinte, dovendosi considerare il loro esame solo rinviato al prosieguo del processo e alla sentenza definitiva, in applicazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ex art.112 c.p.c. -i termini del vincolo di giudicato interno rappresentato dalla sentenza non definitiva, e quindi i limiti che ne derivano rispetto al prosieguo del giudizio, sono ancora evidenziati, da ultimo, nell’ordinanza n.19145/2024 che, nel solco di un’interpretazione giurisprudenziale di legittimità consolidata, ha ribadito come ‘ Nel caso di sentenza d’appello non definitiva e di prosecuzione del giudizio per l’ulteriore istruzione della controversia, il giudice resta vincolato dalla pronuncia, ancorché non passata in giudicato, sia per le questioni definite, sia per quelle che costituiscono il presupposto logico necessario del prosieguo, senza alcuna possibilità di adottare una diversa decisione con la sentenza definitiva, pena la violazione del giudicato interno, rilevabile d’ufficio (pure in sede di legittimità) non solo quando la sentenza non definitiva non è stata immediatamente impugnata, né fatta oggetto di riserva di impugnazione differita, ma anche per inosservanza della preclusione derivante dalla decisione non definitiva la cui impugnazione sia stata riservata ‘: è escluso quindi che le questioni non decise o non presupposte ad esse si possano considerare ‘implicitamente definite’-. L’ordinanza per la rimessione in istruttoria non può certo integrare la sentenza non definitiva quanto all’ampiezza del deciso ma dà indicazioni per la prosecuzione del giudizio che possono essere sempre corrette e/o integrate e che non vincolano in alcun modo la decisione finale.
Nel caso di specie, come rilevato dalla Corte d’Appello nella sentenza definitiva, la precedente  pronuncia  non  aveva  esaminato  la  domanda  di  restituzione,  ritenuta ritualmente introdotta, di cui ancora si discute.
9.2.  Precisato  quanto  sopra,  il  motivo  di ricorso  in  esame  è  infondato,  anche  se  va corretta  in  diritto  la  motivazione  del  primo  Giudice  in  ordine  alla  qualificazione giuridica della domanda di restituzione formulata da NOME COGNOME.
Si premette che la contestazione di NOME COGNOME in ordine alla domanda in esame è stata riferita, fin dalla costituzione in giudizio, alla mancata deduzione della fonte dell’obbligazione ad opera di NOME COGNOME: ancora a pag.10 del presente ricorso il ricorrente riporta il contenuto della comparsa di costituzione sottolineando che ‘ In merito al presunto rapporto obbligatorio derivante dalla presunta maggior somma versata dall’attore per l’acquisto in comunione dell’immobile, l’attore doveva dedurre la fonte dell’obbligazione ‘ e che ciò non sarebbe stato fatto; a pag.19 del ricorso NOME COGNOME lamenta che, facendo riferimento al mandato, per il quale peraltro non sarebbero in atti né un contratto di mandato né una procura ad acquistare scritti, la Corte d’Appello avrebbe deciso su una domanda non proposta o comunque diversa rispetto a quella formulata, in violazione del principio di cui all’art.112 c.p.c. Il rilievo di extrapetizione , con conseguente violazione dell’art.112 c.p.c., lamentato dal ricorrente non può essere condiviso.
L’identificazione da parte della Corte di merito delle disposizioni sul mandato e, in particolare, dell’art.1720 c.c., esplicita il potere di qualificazione giuridica della fattispecie oggetto di controversia proprio del Giudice e non travalica i limiti che detta attività incontra, rappresentati dalla tempestiva allegazione dei fatti a tal fine necessari individuati come costitutivi della pretesa (nell’ambito del rispetto della causa petendi ) e dal bene perseguito attraverso il giudizio ( petitum ), di esclusiva spettanza delle parti -in tal senso, con riferimento ad una pluralità di fattispecie, si richiamano esemplificativamente Cass. n.19186/2020, Cass. n.13920/2023, Cass. n.6533/2024, Cass. n.10402/2024, Cass. n.32932/2024-: la Corte di merito ha infatti effettuato la valutazione contestata tenendo conto che la domanda di NOME COGNOME era stata fondata sulla circostanza di fatto, posta dall’interessato come costitutiva della pretesa creditoria azionata, del suo intervenuto pagamento dell’intero residuo ancora dovuto a seguito della coaggiudicazione ai due NOME del bene immobile per l’esito a loro favorevole dell’asta alla quale avevano partecipato assieme, e quindi sulla base degli elementi di fatti ritualmente acquisiti al processo e tenendo conto del materiale probatorio offerto dalle parti.
Le  considerazioni  della  Corte  di  merito  in  ordine  al  fondamento  giuridico  della domanda  di  restituzione  proposta  da  NOME  COGNOME  nelle  norme  regolanti  il mandato  non  appaiono  peraltro  significative:  questo  non  perché  sia  giustificato  il rilievo  del  ricorrente  in  ordine  alla  pretesa  ‘assenza  di  prova’  del  fondamento giuridico della pretesa in esame -non è mai nemmeno stato prospettato nelle sedi di
merito di questo giudizio, prima di tutto in fatto e quindi con allegazione delle circostanze fondanti quali la consegna alla parte che si assume debitrice di una somma con obbligo di restituzione, l’intervento di un rapporto di mutuo tra le parti; appare quindi totalmente irrilevante l’esito di altro ricorso per cassazione, proposto avverso altra sentenza della Corte d’Appello di Lecce nell’ambito di altra controversia pendente tra le stesse parti, di cassazione con rinvio come da prodotta sentenza Cass.n.36446/2023, al quale NOME COGNOME fa riferimento nella memoria illustrativa-, ma perché la qualificazione della fattispecie così operata non si ritiene necessaria.
Sotto il profilo giuridico, sempre nell’ambito dell’attività di corretta qualificazione della domanda propria anche di questa Corte, alla quale la questione è rimessa con il motivo di ricorso in esame, non è infatti necessario il ricorso alle disposizioni che disciplinano il mandato così come non è necessario ricercare altre fattispecie negoziali di inquadramento, essendo sufficiente il riferimento alla disciplina delle obbligazioni solidali, attraverso la valorizzazione della comune posizione dei NOME COGNOME quale parte passiva del rapporto giuridico al quale il pagamento originante la richiesta di restituzione (parziale) inerisce.
NOME COGNOME avevano partecipato alla vendita senza incanto in sede esecutiva presentando un’offerta congiunta e chiedendo la coaggiudicazione dell’immobile, effettivamente seguita con successivo trasferimento della proprietà sul bene a favore di entrambi per quote uguali; l’obbligo di pagare il prezzo all’esito dell’aggiudicazione era sorto pertanto, nell’ambito dell’unico rapporto obbligatorio plurisoggettivo nel lato passivo a loro riferibile, in capo ad entrambi solidalmente (secondo la presunzione di cui all’art.1294 c.c. e, nel caso di specie, non è mai stato nemmeno allegato che detta presunzione, che non è superata per legge nella fattispecie richiamata, sia stata superata nell’ambito di teorici accordi tra le parti); il pagamento effettuato da NOME COGNOME, che vi era tenuto e la cui mancanza avrebbe altresì determinato la perdita della caparra versata, è intervenuto pertanto anche a favore di NOME COGNOME, con diritto di regresso per la quota di quest’ultimo; è questo il fondamento giuridico dell’azione proposta da NOME COGNOME per ottenere la restituzione della parte di prezzo versata corrispondente alla quota di spettanza di NOME COGNOME, per ciò divenuto comproprietario del bene acquistato da entrambi.
Ove fossero intervenuti tra i coobbligati solidali NOME e NOME COGNOME accordi negoziali  volti  a  porre,  nei  rapporti  tra  loro,  a  totale  carico  di  NOME  COGNOME  il pagamento del prezzo di aggiudicazione -pur a vantaggio di entrambi perché appunto comportante l’acquisto per quote uguali della proprietà dell’immobile aggiudicato-, questi  avrebbero  dovuto  essere  allegati  e  provati  dall’interessato  NOME  COGNOME, convenuto per il rimborso della quota di sua spettanza.
9.3. I rilievi di NOME COGNOME in ordine all’assenza di prova dell’effettiva riferibilità a NOME COGNOME del versamento del prezzo dovuto per l’acquisizione dell’immobile aggiudicato, detratta la cauzione pacificamente versata dal ricorrente, per un verso derivano dalla contestazione dello svolgimento dell’istruttoria nelle fasi di merito e dell’interpretazione del materiale probatorio assunto da parte, da ultimo, della Corte d’Appello -che si esaminerà nell’ambito del secondo motivo-, per altro verso contrastano con quanto affermato nel corso del giudizio dallo stesso ricorrente in ordine alla effettiva messa a disposizione da parte di NOME COGNOME, nell’interesse di entrambi, della provvista necessaria al pagamento da effettuare. Si richiama al riguardo, in particolare, l’atto di appello formato nell’interesse di NOME COGNOME in cui, a pag.19, si osserva che ‘ Il fatto poi che l’attore deduca di aver versato una somma di denaro maggiore di quella versata dal convenuto nulla rileva ai fini dell’odierna controversia. Tutt’al più, la questione afferisce ai rapporti interni fra i NOME dove se il signor COGNOME NOME vorrà vedersi restituire la provvista messa a disposizione per l’aggiudicazione del bene, dovrà conseguentemente dedurne la fonte dell’obbligazione ‘: quello che il ricorrente ha sempre messo in discussione non è cioè il fatto in sé dell’avvenuta messa a disposizione del denaro da parte del fratello ma l’assenza di un titolo giustificante la pretesa restitutoria conseguente sul presupposto che la vicenda sub iudice dovesse essere inquadrata nel contesto dei più articolati rapporti controversi tra le parti, riguardanti anche altra acquisizione immobiliare.
Il fondamento giuridico della pretesa di rimborso azionata da NOME COGNOME è da rinvenire  invece  proprio  nei  rapporti  tra  i  NOME  quali  coaggiudicatari  del  bene immobile  in  Nardò  e  conseguentemente  comproprietari  dello  stesso,  come  sopra ricostruiti, senza necessità di dimostrare una fonte dell’obbligazione ulteriore.
10. Il secondo motivo di ricorso per cassazione, formulato anch’esso in più punti, è pure  infondato,  sia  quanto  alla  prospettata  violazione  di  legge  e  alla  nullità  della
sentenza  per  pretesa  violazione  dell’art.132  co  2  n.4  c.p.c.,  sia  quanto  alla  pretesa mancata considerazione di fatti decisivi discussi dalle parti.
10.1. Quanto alla prospettata violazione di legge: NOME COGNOME, che aveva revocato il mandato ai difensori inizialmente nominati, non si era presentato all’udienza istruttoria del 29.10.2010 fissata per rendere l’interrogatorio formale, giustificando solo in seguito l’assenza per motivi di salute (ansia), nè erano stati intimati, nel suo interesse, i testimoni ammessi che avrebbero dovuto essere sentiti per la stessa udienza; pronunciata la decadenza dalla prova orale, l’istanza di rimessione in termini successivamente formulata era stata respinta con motivazione che la Corte d’Appello di Lecce, investita della critica al deciso di primo grado anche su questo profilo, aveva ritenuto condivisibile (la rimessione in termini sarebbe derivata dalla revoca del mandato al difensore, ‘ che rientra nella facoltà della parte che, per converso, ne assume le relative conseguenze, non potendo le stesse ricadere sull’ordinato svolgimento del processo ‘ -così a pag.7 della sentenza impugnata-).
A fronte dell’effettiva mancata comparizione di NOME COGNOME all’udienza del 29.10.2010 e della mancata intimazione dei testimoni ammessi che a quella stessa udienza avrebbero dovuto essere sentiti, la pronuncia di decadenza dalla prova e il rigetto dell’istanza di rimessione in termini rientrano nell’ambito delle valutazioni istruttorie del Giudice di merito e, trovando entrambi supporto normativo -cfr. gli art.232 c.p.c., 104 disp. att. c.p.c. in relazione agli art.250 e 255 c.p.c., nonché l’art.184 bis c.p.c. applicabile con riferimento all’epoca di introduzione del giudizio-, non possono costituire di per sé violazione dei diritti di difesa e del contraddittorio.
Le  critiche  del  ricorrente  sul  punto  riguardano  in  concreto  l’ambito  dell’attività valutativa  istruttoria  del  Tribunale  e  poi  della  Corte  d’Appello,  il  cui  esame,  in assenza di violazione -per quanto sopra detto- delle regole processuali di riferimento, è però precluso in sede di legittimità.
10.2. Quanto alla prospettata omessa considerazione di fatti decisivi oggetto di discussione -che sarebbero: l’assenza di produzione della richiesta di emissione degli assegni circolari; la data degli assegni, 26.4.2006; l’assenza di indicazioni sull’intestatario dell’assegno bancario emesso per costituire la provvista degli assegni circolari; l’assenza di prova dell’addebito delle somme sul conto corrente della controparte, il cui numero non emergerebbe dagli atti; la pretesa irregolarità della distinta di emissione dei due assegni; l’assenza di prova che la provvista per gli assegni circolari provenisse dal conto corrente della controparte. Il ricorrente ha poi
sottolineato la sua partecipazione alle attività conclusesi con  l’aggiudicazione dell’immobile e ha prospettato la consegna dei titoli da parte sua- si osserva quanto segue.
Le circostanze di fatto evidenziate dal ricorrente (che risultano essere state valorizzate in atti con riferimento alla coaggiudicazione del bene immobile in Nardò e alla conseguente correttezza del decreto di trasferimento che attribuiva la comproprietà ai NOME COGNOME in parti uguali, e cioè alla questione controversa risolta a favore di NOME COGNOME con la sentenza non definitiva passata in giudicato) costituiscono al più indizi e non hanno, nemmeno se considerati unitariamente, alcuna univocità e concordanza, e quindi alcuna decisività quantomeno nell’ambito di un ragionamento presuntivo, per affermare che non fu NOME COGNOME ma NOME COGNOME il soggetto che mise a disposizione l’importo necessario per il pagamento del prezzo di aggiudicazione (oltre alla cauzione pagata pacificamente da NOME COGNOME), tanto più tenuto conto delle affermazioni di NOME COGNOME nell’ambito delle difese sopra richiamate svolte in entrambi i gradi di giudizio sul punto.
10.3. Dalle considerazioni svolte consegue  anche  l’infondatezza della pretesa violazione  dell’art.132  co  2  n.4  c.p.c.,  perché  la  Corte  d’Appello  ha  motivato  al riguardo in modo effettivo e non inconciliabilmente contraddittorio, con la conseguenza che si deve escludere l’ipotizzabilità di una motivazione solo apparente.
10.4.  In  conclusione,  quello  che  NOME  COGNOME  vorrebbe  ottenere  nel  contesto delle argomentazioni che sorreggono i vari profili di critica del motivo in esame, è una  rivisitazione  dell’attività  interpretativa  e  valutativa  del  materiale  probatorio acquisito nel corso del giudizio svolta dai Giudici del merito, inammissibile in sede di legittimità.
Il motivo sub 3 è assorbito, perché la sua valutazione presuppone l’accoglimento dei motivi sub 1 e 2, invece respinti.
Con il quarto motivo si contesta la pronuncia sulle spese processuali contenuta nella sentenza della Corte d’Appello di Lecce, che regola solo le spese processuali di secondo grado.
Secondo  il  ricorrente  ciò  comporterebbe  la  conferma  della  pronuncia  sulle  spese contenuta  nella  sentenza  di  primo  grado  per  quella  fase  processuale,  in  modo inappropriato.
Effettivamente la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, dopo aver evidenziato in motivazione che ‘ All’esito complessivo del presente gravame, stante la reciproca parziale soccombenza, consegue la compensazione integrale, tra le parti, delle relative spese ‘, ha disposto in dispositivo la compensazione integrale delle spese del giudizio di gravame, senza nulla statuire per il giudizio di primo grado, pur se la sentenza che lo aveva definito era stata integralmente riformata.
Sul punto la sentenza di appello deve essere quindi cassata con rinvio, in accoglimento  della doglianza di NOME COGNOME, con  rimessione alla Corte d’Appello di Lecce che, in altra composizione, dovrà provvedere in ordine alle spese processuali del primo grado di giudizio.
13. I primi tre motivi di ricorso articolati sono pertanto respinti, mentre viene accolto il quarto, con conseguente  cassazione della pronuncia d’appello sul punto e rimessione  alla  Corte  d’Appello  di  Lecce  che,  in  sede  di  rinvio  e  in  diversa composizione,  dovrà  pronunciarsi  sulle  spese  processuali  del  giudizio  di  primo grado; il Giudice del rinvio provvederà altresì alla liquidazione delle spese processuali anche del presente giudizio di cassazione.
PQM
la Corte respinge i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
Così  deciso  in  Roma  nella  camera  di  consiglio  della  seconda  sezione  civile  della