Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 14676 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 14676 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
Oggetto: (A) sentenza di rettificazione ex art. 204 r.d. 1775/33 – impugnabilità per cassazione – ammissibilità condizioni. (B) Obbligazioni di valore – mora – domanda di pagamento di ‘interessi e rivalutazione’ -pronuncia che liquida i soli interessi rigetto implicito RAGIONE_SOCIALE domanda di rivalutazione esclusione – conseguenze.
sul ricorso n. 2461/23 proposto da:
-) NOME COGNOME , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche 11 novembre 2022 n. 211;
viste le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 12 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Nel 1971 l’allora RAGIONE_SOCIALE (che in seguito si trasformerà in RAGIONE_SOCIALE) occupò un’area di
circa due ettari nel territorio del Comune di Gioia Tauro, di proprietà RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, al fine di costruire una strada.
NOME COGNOME, cessionario dei crediti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, nel 1983 convenne quest’ultimo dinanzi al Tribunale di Palmi, assumendo che l’occupazione del fondo e la sua irreversibile trasformazione avvennero sine titulo, e chiedendo la condanna dell’ente convenuto al pagamento dell’indennità dovuta ed al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Palmi con sentenza n. 434/98 declinò la propria competenza in favore di quella del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche.
Nel 2014 NOME COGNOME ripropose la domanda di pagamento dell’indennità e di risarcimento del danno dinanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli, il quale tuttavia con sentenza 28.12.2020 n. 4552 rigettò la domanda ritenendo l’attore privo di legittimazione attiva.
La sentenza fu appellata dal soccombente.
Con l’atto d’appello NOME COGNOME chiese:
affermarsi che egli era, per effetto di cessione, il titolare dei crediti indennitari e risarcitori di cui aveva chiesto l’adempimento;
condannarsi il RAGIONE_SOCIALE al pagamento di varie somme e per vari titoli, e per l’esattezza: il valore commerciale del fondo irreversibilmente trasformato; l’indennità di occupazione illegittima; il risarcimento del danno da mancata utilizzazione del fondo ‘ secondo le colture ed i manufatti ivi esistenti e per la forzata interruzione dell’attività d’impresa ivi esercitata’ ; la rivalutazione monetaria e gli interessi sulle somme sopra indicate (così l’atto d’appello, p. 7) .
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con sentenza 10.2.2022 n. 30 accolse parzialmente il gravame, condannando il RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dell’attore di euro 12.911,57 oltre accessori . Sebbene la sentenza non lo dichiari espressamente, dalla motivazione si desume che il Tribunale Superiore delle Acque ritenne che tale fosse il valore commerciale del fondo.
In particolare, dopo avere affermato che NOME COGNOME era effettivamente il creditore del RAGIONE_SOCIALE, il TSAP così motivò la decisione nel merito:
-) premise che ‘ la domanda è fondata nei limiti di seguito esposti’ ;
-) ritenne che la consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado fosse inutilizzabile, perché fondata su congetture;
-) ritenne che il valore commerciale del fondo dovesse desumersi da un documento preparatorio d’un accordo tra le parti, poi non andato a buon fine;
-) nulla osservò esplicitamente sulla domanda di risarcimento del danno da lucro cessante, su quella di pagamento dell’indennità di occupazione temporanea e sulla richiesta di rivalutazione.
Con atto notificato il 10.4.2022 NOME COGNOME chiese la rettificazione RAGIONE_SOCIALE suddetta sentenza, ai sensi dell’art. 204 del r.d. 11.12.1933 n. 1775. Dedusse che la sentenza del TSAP conteneva due errori rettificabili ai sensi RAGIONE_SOCIALE suddetta previsione, e cioè:
-) non avere provveduto sulle domande di condanna del RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’indennità di occupazione (legittima ed illegittima); di risarcimento del danno da mancata utilizzazione del fondo e di pagamento RAGIONE_SOCIALE rivalutazione monetaria e degli interessi;
-) non avere liquidato le spese di consulenza.
Con sentenza 11.11.2022 n. 211 il TSAP rettificò la propria sentenza 30/22 solo nella parte concernente le spese di c.t.u..
Nella parte restante ritenne che la sentenza non avesse omesso di pronunciarsi su alcune delle domande attoree, ma le avesse implicitamente rigettate .
Ciò sul rilievo che la motivazione era preceduta dall’ incipit ‘ la domanda è fondata nei limiti di seguito esposti’ .
Da tale espressione – osserva la sentenza impugnata – si desume che il TSAP, avendo ben presente il quadro di tutte le domande attoree, intese accoglierne alcune, e rigettarne altre.
La sentenza 211/22 del TSAP è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito RAGIONE_SOCIALE motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Sulla istanza di interruzione del processo.
Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il difensore del RAGIONE_SOCIALE ha chiesto ‘ dichiararsi l’interruzione del giudizio ‘, adducendo che il RAGIONE_SOCIALE controricorrente è stato soppresso con legge regionale RAGIONE_SOCIALE 10.8.2023 n. 39.
1.1. La richiesta è manifestamente inammissibile. Il giudizio di legittimità, infatti , è caratterizzato dall’impulso d’ufficio e non di parte, e ad esso non s’applicano gli istituti RAGIONE_SOCIALE sospensione e dell’interruzione ( ex multis , Sez. 2 – , Ordinanza n. 30785 del 06/11/2023, Rv. 669228 – 01; Sez. 3 – , Ordinanza interlocutoria n. 11300 del 28/04/2023, Rv. 667406 – 01; Sez. 1 – , Ordinanza n. 3630 del 12/02/2021, Rv. 660567 – 01; ma così già Sez. 3, Sentenza n. 831 del 28/04/1962, Rv. 251333 – 01).
1.2. Va da sé che la sentenza pronunciata in sede di legittimità dopo la perdita RAGIONE_SOCIALE capacità di una delle parti sarà opponibile al successore od avente causa di questa, vale a dire o al Commissario Liquidatore del RAGIONE_SOCIALE , ovvero alla Gestione Separata del RAGIONE_SOCIALE, nel caso di sopravvenuta chiusura RAGIONE_SOCIALE liquidazione, ex art. 36, comma 2, penultimo periodo, RAGIONE_SOCIALE suddetta legge regionale.
2. Sull’eccezione di inammissibi lità del ricorso.
Sia la Procura AVV_NOTAIO, sia il C onsorzio, hanno eccepito l’ inammissibilità del ricorso.
Sostengono che la sentenza del TSAP non è impugnabile per cassazione se non nei casi previsti dalla legge, tra i quali non rientrerebbe ‘l’omessa pronuncia’. Tale vizio, infatti, va fatto valere col ricorso per rettificazione ex art. 204 del r.d. 1775/33.
2.1. L’eccezione è infondata.
Il ricorrente ha impugnato per cassazione la sentenza del TSAP pronunciata all’esito del giudizio di rettificazione. A tale sentenza il ricorrente ascrive non già il vizio di omessa pronuncia. Il ricorrente sostiene che la sentenza qui impugnata, rigettando il ricorso per rettificazione, avrebbe commesso un error in procedendo , consistito nell’avere ritenuto implicitamente rigettate un gruppo di domande che, invece, si assume non essere state neppure esaminate. Un errore, dunque, consistito nel travisamento del contenuto RAGIONE_SOCIALE sentenza di cui si era chiesta la rettificazione.
2.2. Il ricorrente dunque in questa sede per un verso non sta prospettando un vizio di ‘omessa pronuncia’, e per altro verso sta censurando un errore processuale RAGIONE_SOCIALE sentenza pronunciata all’esito del giudizio di rettificazione. Ma la sentenza pronunciata all’esito del giudizio di rettificazione, ove se ne assuma l’erroneità in punto di diritto, può e deve essere impugnata per cassazione, al pari di qualsiasi altro provvedimento non appellabile, definitivo e decisorio, come già ritenuto da questa Corte (così, sia pure obiter dictum, Sez. U, Sentenza n. 6591 del 14/12/1981, Rv. 417440 – 01; nello stesso senso Sez. U, Sentenza n. 1824 del 02/02/2015).
L’eccezione di inammissibilità del ricorso va dunque rigettata in applicazione del seguente principio di diritto:
‘la sentenza conclusiva del giudizio di rettificazione ex art. 204 r.d. 1775/33, se erronea in punto di diritto, può essere impugnata per cassazione’ .
3. Sul primo motivo di ricorso.
Col primo motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia violato gli artt. 112 e 132 c.p.c., nonché l’art. 517 c.p.c. del 1865. Prospetta tali vizi sia ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., sia ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c..
Nell’illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente il TSAP ha ritenuto che la sentenza da rettificare avesse esaminato, ed implicitamente rigettato, le domande di risarcimento del danno, di pagamento dell’indennità di occupazione temporanea e di rivalutazione monetaria.
Quelle domande – prosegue il ricorrente – non potevano dirsi rigettate né esplicitamente (mancando qualsiasi riferimento ad esse nella motivazione), né implicitamente, poiché l’accoglimento di esse non era affatto incompatibile con le restanti parti RAGIONE_SOCIALE sentenza d’appello.
3.1. Il motivo è fondato.
Il principio di diritto affermato dalla sentenza impugnata è corretto: il rigetto d’un capo di domanda può essere anche implicito, se l’accoglimento di esso sia incompatibile con le complessive statuizioni contenute nella sentenza.
Presupposto del rigetto implicito è dunque la nozione di incompatibilità vuoi logica, vuoi giuridica, tra la domanda che si assume non esaminata e la sentenza impugnata.
Questo principio è risalente e pacifico. Fu affermato già da Sez. 1, Sentenza n. 1735 del 26/06/1963, Rv. 262670 – 01, e costantemente ribadito in seguito.
Tralatizia è divenuta la massima secondo cui ‘ è configurabile la decisione implicita di una questione ( … ) o di un’eccezione (… ) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (Sez. 3 – , Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023, Rv. 667614 01; Sez. 3 – , Ordinanza n. 24953 del 06/11/2020, Rv. 659772 – 01; Sez. 2 – , Ordinanza n. 12652 del 25/06/2020, Rv. 658279 – 01; Sez. 5 – , Ordinanza n. 7662 del 02/04/2020, Rv. 657462 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2334 del 03/02/2020, Rv. 656762 – 01; Sez. 5 – , Ordinanza n. 2153 del 30/01/2020, Rv. 656681 – 01; Sez. 2 – , Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 01; Sez. 1 – , Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017, Rv. 645538 – 01; Sez. U, Sentenza n. 1328 del 14/06/1967, Rv. 327893 – 01).
3.2. Nel caso di specie, tuttavia, non può condividersi la valutazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, secondo cui la sentenza da rettificare avrebbe non già trascurato, ma implicitamente rigettato le domande di condanna al pagamento dell’indennità d’occupazione temporanea, del lucro cessante e RAGIONE_SOCIALE rivalutazione monetaria.
3.2.1. Quanto alla prima di tali domande (condanna al pagamento dell’indennità d’occupazione temporanea) , il relativo credito, se sussistente, sarebbe stato autonomo ed indipendente sia rispetto alla domanda di indennizzo per l’irreversibile trasformazione del fondo, sia rispetto alla domanda di risarcimento del danno da lucro cessante. Infatti è teoricamente ben possibile che possa sussistere il credito per l’indennità di occupazione, ma non quello per il risarcimento del danno da lucro cessante (ad es., se il fondo fosse risultato incolto).
Pertanto la decisione sulla domanda di risarcimento del danno per la perdita del fondo non era né logicamente, né giuridicamente incompatibile col rigetto RAGIONE_SOCIALE domanda di condanna al pagamento dell’indennità d’occupazione.
3.2.2. Anche la domanda di risarcimento del danno da perdita dei proventi del fondo non può dirsi ‘implicitamente rigettata’ dalla sentenza n. 30/22 del Tribunale Superiore delle Acque.
In quella sentenza, infatti, l’intera motivazione spesa per pervenire alla stima del danno fa ripetutamente riferimento al ‘ valore concordato del bene’ irreversibilmente trasformato (p. 6, capoversi quarto, quinto e settimo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata). Ma il concetto di ‘valore del bene’ non può includere, sintatticamente prima che giuridicamente, quello di lucro cessante. Ed anche il riferimento alla ‘ carenza probatoria generale in capo all’attore’ (p. 6, sesto capoverso), per il contesto nel quale è inserito, oggettivamente può avere il solo significato di carenza di prova del danno emergente, e non anche del lucro cessante.
3.2.3. Neanche la domanda di condanna dell’ente debitore al pagamento RAGIONE_SOCIALE rivalutazione, infine, si sarebbe potuta ritenere ‘implicitamente’ rigettata dalla sentenza n. 30/22.
Con l’atto introduttivo del giudizio NOME COGNOME aveva domandato la condanna del RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno ed al pagamento degli indennizzi sopra indicati, ‘ con la maggiorazione sulle somme RAGIONE_SOCIALE svalutazione monetaria intervenuta e degli interessi legali sulle somme così rivalutate’ (così il ricorso introduttivo, p. 4; l’istanza fu reiterata con l’atto d’appello, p. 7).
La sentenza 30/22 del Tribunale Superiore delle Acque tuttavia, dopo avere stimato il (solo) danno pari al valore del fondo, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE al pagamento sul relativo importo degli ‘interessi legali’ con decorrenza dalla data (12.12.2008) dell’atto con cui il precedente proprietario del fondo ed il RAGIONE_SOCIALE stilarono una bozza di accordo poi non concluso (atto che, come s’è detto, il Tribunale Superiore ritenne l’unico elemento utilizzabile per la stima del danno).
Ovviamente non spetta a questa Corte sindacare se tale modalità di liquidazione del danno da mora sia stata corretta o meno. Quel che rileva, tuttavia, è che il Tribunale Superiore, dovendo stimare nel 2022 un danno verificatosi nel 1983, lo ha liquidato in base ad una prova documentale del 2008, cioè di venticinque anni successiva all’avverarsi del danno .
Così giudicando, dunque, la sentenza n. 30/22 ha mostrato di ritenere (questa volta sì, implicitamente) che il credito di NOME COGNOME fosse un credito di valore e non di valuta: diversamente, infatti, avrebbe dovuto applicare il principio nominalistico (art. 1277 c.c.) e liquidare il danno in moneta del 1983.
Tuttavia nelle obbligazioni di valore la rivalutazione e gli interessi assolvono funzioni ben diverse, come ripetutamente affermato da questa Corte: la prima ha lo scopo di riportare il patrimonio del danneggiato nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato se non ci fosse stato il fatto illecito; i secondi invece hanno lo scopo di ristorare il danno da perduta possibilità per il creditore di investire la somma dovutagli e ricavarne un lucro finanziario (così Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995, Rv. NUMERO_DOCUMENTO, in seguito
sempre conforme; ex permultis, più di recente, Sez. 3, Sentenza n. 9950 del 20.4.2017, in motivazione).
Da quanto esposto consegue che una volta chiesta, dal creditore di una obbligazione di valore, la condanna del debitore al pagamento di ‘ interessi e rivalutazione’, la sentenza che accordi al creditore i primi ma taccia sulla seconda (o viceversa) non costituisce un rigetto implicito RAGIONE_SOCIALE domanda non esaminata. Infatti, poiché rivalutazione ed interessi per quanto detto assolvono funzioni diverse, non sono tra loro legate da un nesso di implicazione reciproca bilaterale. Il giudice infatti potrebbe in teoria accordare la rivalutazione ma non gli interessi (ad es., se ritenesse che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe investito l’importo dovutogli e non ne avrebbe ricavato alcun lucro); oppure il contrario (ad es., se ritenesse che nell’intervallo tra la mora e la sentenza non si siano verificati fenomeni inflattivi o addirittura il denaro si sia apprezzato).
Se dunque il creditore d’una obbligazione di valore domandi la condanna del debitore al pagamento di ‘rivalutazione ed interessi’, formula ‘ una precisa domanda deve ricevere dal giudice di merito una precisa risposta ‘ , come già ritenuto da questa Corte (così Sez. 3, Sentenza n. 3173 del 18/02/2016, § 5.3. dei ‘Motivi RAGIONE_SOCIALE decisione’) .
Se, dunque, nella ipotesi sopra delineata il giudice liquidasse gli interessi senza nulla disporre in merito alla rivalutazione, non pronuncerebbe su ‘tutta la domanda’, ed incorrerebbe nella violazione dell’art. 112 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio affinché il Tribunale Superiore, nell’esaminare ex novo il ricorso per rettificazione proposto da NOME COGNOME, provveda sulle domande da questi proposte con l’atto d’appello e non esaminate dalla sentenza del medesimo Tribunale Superiore del 10.2.2022 n. 30, ovvero:
-) la domanda di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione ;
-) la domanda di condanna al risarcimento del danno da lucro cessante per perdita dei frutti ed interruzione dell’attività d’ impresa ;
-) la domanda di rivalutazione monetaria sulle somme accordate all’appellante .
Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.q.m.
(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale Superiore delle Acque, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, addì 12 marzo 2024.