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Obbligazione solidale eredi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un’erede, divenuta socia per fatti concludenti, al pagamento dell’intero debito sociale riconosciuto in un’assemblea. L’obbligazione solidale, sorta da un accordo tra soci per ripianare le passività, prevale sulla divisione pro quota dei debiti ereditari, in quanto la sua fonte non è la successione ma l’impegno assunto in qualità di socia.

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Obbligazione solidale eredi: la Cassazione decide

L’ordinanza in esame affronta un’importante questione al confine tra diritto successorio e diritto societario, chiarendo la natura dell’obbligazione solidale assunta da un’erede che, agendo anche in qualità di socia, si impegna a ripianare i debiti di una società. La Suprema Corte di Cassazione stabilisce che un accordo sottoscritto tra soci per estinguere le passività sociali crea un’obbligazione nuova e autonoma, che non segue le regole della divisione dei debiti ereditari.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di una donna, erede insieme ai suoi figli delle quote di una società (S.n.c.) appartenute al marito defunto. Un altro socio le aveva ingiunto il pagamento di 66.000,00 euro, somma che egli aveva anticipato per saldare i debiti della società. Tale impegno al pagamento era stato formalizzato in un verbale di assemblea, in cui la donna, rappresentando sé stessa e i figli, aveva riconosciuto il debito e accettato di rimborsarlo.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione della donna, revocando il decreto ingiuntivo. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo valido l’impegno assunto. Secondo i giudici di secondo grado, la donna, partecipando all’assemblea come socia (anche per conto dei figli), si era obbligata a corrispondere l’intera somma. L’assenza di una specifica ripartizione del debito nel verbale implicava, secondo la Corte, una responsabilità solidale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Contro la sentenza d’appello, la socia ha proposto ricorso in Cassazione, basandosi su cinque motivi principali:
1. Errata interpretazione dello statuto: La ricorrente sosteneva di non poter essere considerata socia, poiché erano decorsi i termini statutari per l’ingresso degli eredi nella società.
2. Violazione delle norme sull’obbligazione solidale: Il debito, a suo dire, era di natura ereditaria e doveva quindi essere diviso pro quota tra gli eredi (art. 752 c.c.), non imputato per intero a lei.
3. Incompetenza del giudice ordinario: Lo statuto sociale prevedeva una clausola compromissoria per le controversie relative al contratto sociale, che avrebbe dovuto deferire il caso a un collegio arbitrale.
4. Omessa pronuncia: La Corte d’Appello non si era pronunciata sull’eccezione di carenza di legittimazione attiva del socio creditore.
5. Natura non vincolante del verbale: Il verbale d’assemblea, secondo la ricorrente, era un atto meramente descrittivo e non idoneo a far sorgere obbligazioni dirette.

L’obbligazione solidale e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sulla distinzione tra debiti ereditari e obbligazioni sociali.

La fonte dell’obbligazione: Accordo tra soci, non successione

Il punto centrale della decisione riguarda la natura del debito. La Cassazione ha stabilito che l’obbligo di pagamento non derivava dalla successione ereditaria, ma dall’accordo specifico formalizzato nel verbale di assemblea. Si trattava di un’intesa tra soci per regolare i rapporti interni e procedere alla liquidazione della società. Di conseguenza, non si applica la regola della divisione pro quota dei debiti ereditari, ma le norme sulle obbligazioni contrattuali. L’impegno assunto dalla donna, anche in nome dei figli, ha dato vita a un’obbligazione solidale, in base alla quale il creditore poteva legittimamente richiedere a lei l’adempimento per l’intero importo (art. 1292 c.c.).

La qualità di socia per fatti concludenti

La Corte ha inoltre ritenuto irrilevante il superamento dei termini statutari per l’ingresso degli eredi. La qualità di socia della ricorrente e dei suoi figli non derivava dall’applicazione dello statuto, ma da una serie di comportamenti concludenti: la partecipazione all’assemblea, la discussione sulla gestione della società e, soprattutto, la sottoscrizione di un accordo vincolante per la sua liquidazione. Queste azioni hanno manifestato in modo inequivocabile la volontà di assumere lo status di soci.

Rigetto delle eccezioni procedurali

Infine, la Corte ha respinto le eccezioni di natura processuale. La clausola arbitrale non era applicabile perché la controversia non riguardava l’esecuzione del contratto sociale, ma il recupero di un credito basato su un accordo distinto. Le presunte omissioni di pronuncia sono state ritenute infondate, poiché le eccezioni della ricorrente erano state implicitamente rigettate dalla Corte d’Appello nel momento in cui ha accolto l’impugnazione della controparte.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine: la netta distinzione tra la fonte successoria e quella contrattuale di un’obbligazione. L’accordo del 31 luglio 2006 non era un atto di gestione di un patrimonio ereditario, ma una decisione presa da soggetti che agivano in qualità di soci per risolvere una questione interna alla società. Pertanto, l’obbligazione che ne è scaturita è disciplinata dalle norme del codice civile sulle obbligazioni in generale e, nello specifico, dall’art. 1292 c.c. sull’obbligazione solidale. La Corte ha chiarito che l’assunzione di un debito in un contesto societario, anche da parte di un erede, fa sorgere una responsabilità personale e solidale, a meno che non sia diversamente pattuito.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: quando un erede assume la qualità di socio, anche per fatti concludenti, e partecipa a un accordo per ripianare i debiti sociali, l’obbligo che ne deriva ha natura contrattuale e non ereditaria. Questo comporta l’applicazione della regola della solidarietà passiva, consentendo al creditore di agire per l’intero importo nei confronti di uno qualsiasi dei coobbligati. La decisione sottolinea l’importanza della chiarezza e della specificità negli accordi societari, specialmente quando coinvolgono la successione nelle quote.

Un debito assunto da un erede per conto di una società è considerato ereditario?
No. Secondo la Corte, se l’obbligazione nasce da un accordo specifico tra soci volto a regolare i debiti della società, la sua fonte è contrattuale e non successoria. Di conseguenza, non si applicano le regole sulla divisione dei debiti ereditari.

Se un erede firma un accordo per un debito sociale anche per conto di altri coeredi, risponde per l’intera somma?
Sì. In assenza di una diversa pattuizione che specifichi la ripartizione del debito, l’obbligazione è considerata solidale. Ciò significa che il creditore può esigere l’intero pagamento da uno qualsiasi dei debitori, il quale potrà poi agire in regresso verso gli altri coobbligati per ottenere la loro parte.

Si può diventare soci di una società di persone semplicemente partecipando alle sue attività, anche se lo statuto prevede termini specifici per l’ingresso?
Sì. La Cassazione ha confermato che la qualità di socio può essere acquisita anche tramite ‘comportamenti concludenti’, ovvero attraverso azioni che manifestano in modo inequivocabile la volontà di agire come socio, come la partecipazione a un’assemblea e la sottoscrizione di accordi vincolanti per la società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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