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Obbligazione solidale affitto: chi paga se uno va via?

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un contratto di locazione con più inquilini, se l’obbligazione è solidale e un conduttore recede, quello che rimane è tenuto a versare l’intero canone. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva ridotto l’obbligo del conduttore rimasto, chiarendo che il principio dell’obbligazione solidale affitto prevale sulla circostanza che una stanza sia rimasta inutilizzata.

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Obbligazione Solidale nell’Affitto: Cosa Succede se un Coinquilino Lascia l’Appartamento?

La condivisione di un appartamento è una pratica comune, ma cosa accade quando uno dei coinquilini decide di andarsene? Chi è responsabile per il pagamento dell’intero canone di locazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: il principio dell’obbligazione solidale affitto. Questa decisione chiarisce che, in presenza di un vincolo di solidarietà, il conduttore che rimane nell’immobile è tenuto a coprire l’intera somma dovuta al locatore, anche se prima la spesa era divisa.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di sfratto per morosità presentata da una locatrice nei confronti di una delle sue due inquiline. Il contratto di locazione era stato stipulato congiuntamente da due persone per un intero appartamento, con l’obbligo di versare un canone mensile di 900 euro. In un secondo momento, una delle due co-conduttrici comunicava la propria intenzione di recedere dal contratto. A seguito del recesso, l’inquilina rimasta iniziava a versare alla proprietaria solo la metà del canone pattuito, ritenendo di non essere responsabile per la quota della coinquilina che se n’era andata.

Il Tribunale di primo grado dava ragione alla locatrice, dichiarando la risoluzione del contratto per grave inadempimento e condannando l’inquilina al pagamento delle somme arretrate e al rilascio dell’immobile. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, accogliendo il ricorso dell’inquilina. Secondo i giudici di secondo grado, la locatrice non aveva provato di aver messo a disposizione della conduttrice rimasta la stanza liberata dalla ex coinquilina, e quindi non poteva pretendere il pagamento dell’intero canone. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della locatrice, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici hanno individuato un “salto logico” nel ragionamento della corte territoriale. Se il contratto di locazione prevede un’obbligazione solidale affitto, la conseguenza diretta è che ciascun debitore (inquilino) è responsabile per l’adempimento dell’intera obbligazione. Pertanto, il recesso di uno dei condebitori non estingue né riduce l’obbligazione del debitore rimasto, il quale diventa l’unico soggetto tenuto al pagamento dell’intero canone.

Le Motivazioni della Sentenza: il Principio dell’Obbligazione Solidale nell’Affitto

La motivazione centrale dell’ordinanza si fonda sull’articolo 1292 del Codice Civile, che definisce le obbligazioni solidali. La Corte di Cassazione ha chiarito che la Corte d’Appello, pur riconoscendo la natura solidale dell’obbligazione, ha errato nel far derivare dalla mancata prova della consegna della stanza una riduzione del canone.

Secondo gli Ermellini, vi sono due sole alternative:
1. Il contratto prevede un’obbligazione solidale per l’intero immobile: in questo caso, quando un conduttore recede, l’altro rimane obbligato per l’intero importo.
2. Il contratto è, fin dall’origine, una locazione di singole stanze: in tal caso, ogni inquilino è debitore solo pro quota.

Nel caso di specie, essendo stata accertata la natura solidale dell’obbligazione per l’intero appartamento, la Corte d’Appello non poteva trasformarla in un’obbligazione pro quota basandosi su una presunta mancata consegna della stanza. La questione della disponibilità della stanza diventa irrilevante di fronte alla struttura giuridica del contratto. L’inquilina rimasta, se avesse voluto, avrebbe potuto agire in regresso nei confronti della ex coinquilina per recuperare la sua parte di affitto, ma non poteva unilateralmente ridurre il pagamento al locatore.

La Corte ha inoltre respinto il ricorso incidentale dell’inquilina, che contestava di non aver potuto sindacare la legittimità del recesso della co-conduttrice. La Cassazione ha affermato che solo il locatore è titolare del potere di accettare o meno il recesso anticipato di un conduttore.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito per chi stipula contratti di locazione in condivisione. È fondamentale leggere attentamente le clausole contrattuali, in particolare quelle relative alla solidarietà passiva.

Per gli inquilini, la lezione è chiara: firmare un contratto con un’obbligazione solidale affitto significa assumersi la responsabilità per l’intero canone, anche in caso di abbandono da parte di un coinquilino. Prima di firmare, è essenziale avere piena fiducia nei propri co-conduttori o negoziare clausole diverse.

Per i locatori, questa decisione rafforza la tutela offerta dalla clausola di solidarietà, confermando che possono legittimamente pretendere l’intero canone dall’inquilino rimasto, semplificando la gestione del rapporto contrattuale in caso di recesso parziale.

Se un co-inquilino recede dal contratto di affitto, l’altro è obbligato a pagare l’intero canone?
Sì, se il contratto di locazione prevede un’obbligazione solidale per l’intero immobile, il conduttore che rimane è tenuto a versare l’intero canone al locatore. Il recesso di un co-debitore non riduce l’obbligazione per chi resta.

Il co-inquilino rimasto può opporsi al recesso dell’altro?
No. Secondo la Corte, solo il locatore è il soggetto legittimato ad accettare o contestare il recesso anticipato da parte di un conduttore. Il conduttore rimasto non ha un potere di veto o di controllo sul recesso altrui.

Se il locatore riserva una stanza per un familiare, si crea un contratto a favore di terzi?
Non necessariamente. Nel caso esaminato, la Corte ha stabilito che la mera riserva di una stanza per la figlia della locatrice non qualificava il contratto come ‘a favore di terzi’, poiché non creava una posizione giuridica autonomamente azionabile da parte della figlia. Di conseguenza, non era necessaria la sua partecipazione al giudizio (litisconsorzio necessario).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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