Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32984 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32984 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12229/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 2936/2023, depositata in data 26/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Velletri accoglieva parzialmente la domanda di NOME COGNOME avente ad oggetto la condanna della sorella NOME e della madre, NOME COGNOME alla restituzione di somme che asseritamente gli spettavano e condannava NOME COGNOME anche nella qualità di erede di NOME COGNOME nel
frattempo deceduta, a corrispondere all’attore l’importo di euro 65.193,89, ritenendo i crediti restanti non dovutigli, in parte, perché prescritti e, in parte, perché originati da obbligazioni naturali e pertanto irrepetibili ex art. 2034 cod. civ., come risultava anche dalla lettera dell’attore dell’11/10/1993 con cui dichiarava, essendo suo dovere morale di figlio, opportuno che la madre, secondo quanto desiderato dal padre defunto, riscuotesse tutti gli affitti dei capannoni di sua proprietà.
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 2936/2023, depositata in data 26/04/2023, ha condannato NOME COGNOME al pagamento dell’importo di euro 221.332,76, ritenendo che dai documenti invocati non fosse dato desumere la prova dell’adempimento di un dovere morale e sociale da parte dell’attore nella concessione dei prestiti e nella riscossione dei canoni di affitto da parte della madre.
NOME COGNOME ricorre ora per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
È stata disposta la trattazione in Camera di Consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380bis 1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Prima di scrutinare il ricorso va esaminata l’eccezione di inammissibilità, per tardività ai sensi dell’art. 370 cod. proc. civ., del controricorso, sollevata dalla ricorrente con la memoria.
L’eccezione è fondata.
Pur equivocando sulle date, la ricorrente deduce correttamente che in applicazione dell’art. 370 cod. proc. civ., nel testo risultante dalla riforma introdotta con il d.lgs. n. 149/2022, applicabile ai giudizi introdotti con ricorso notificato a far data dal 1° gennaio
2023, il controricorso, essendo stato depositato il 30/07/2023, quindi ben oltre il termine di 40 giorni dalla notifica del ricorso (avvenuta in data 6/06/2023), debba considerarsi tardivo.
2. Con il primo motivo si denunzia «Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 116 c.p.c. , in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. – Erronea ed illegittima valutazione delle risultanze probatorieMancata valutazione delle ammissioni contenute negli atti di causa», per avere il giudice a quo ritenuto che non era «dato desumere la prova dell’adempimento di un dovere morale e sociale da parte dell’attore nella concessione dei prestiti e nella riscossione dei canoni locatizi da parte della madre», pretermettendo l’esame del fascicolo di primo grado di NOME COGNOME ed in particolare del documento n. 1, rappresentato dalla scrittura privata con cui NOME COGNOME padre egli odierni ricorrenti, aveva manifestato ai figli la volontà che la moglie riscuotesse i canoni di affitto dei capannoni di sua proprietà; documento non contestato e anzi riconosciuto dal controricorrente nella sua lettera dell’11/10/1993.
La corte d ‘ appello avrebbe, dunque, reso una decisione basata su una motivazione soltanto apparente, avendo omesso l’esame di un mezzo di prova decisivo e, quindi, non avendo offerto argomentazioni obiettivamente idonee a far conoscere l’ iter logico seguito per escludere che dai documenti prodotti in giudizio si evincesse la sussistenza dell’obbligazione morale assunta dal resistente.
Il motivo è inammissibile.
La censura mira nel suo complesso ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte, del tutto divergenti da quelli compiuti dal giudice a quo . Ciò ne determina l’inammissibilità, poiché nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito -essendo precluso nel giudizio di
legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. 23/04/2024, n. 10927) -il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell ‘ accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. Non essendo questa Corte giudice del fatto, il ricorrente non può, pertanto, limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione che per come dedotte non siano tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo. Questa Corte ha, invero, già avuto modo di osservare che il vizio di motivazione può essere dedotto in sede di legittimità e sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulti dalla sentenza -e non già dal confronto tra la motivazione della sentenza ed altri elementi estrinseci (nel caso di specie, il documento n. 1, il cui contenuto è stato riportato a p. 6 del ricorso) -sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054) e non può, invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte, una volta considerato che l ‘ art. 360, 1° comma, n. 5 cod. proc. civ., non conferisce a questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa (Cass. 01/06/2021, n. 15276).
Neanche si sottrae alla declaratoria di inammissibilità la dedotta violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., non ricorrendone i presupposti individuati dalla giurisprudenza di questa Corte
nell’avere il giudice: a) valutato una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria; b) dichiarato di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola (Cass. 01/03/2022, n.6774).
Con il secondo motivo si denunzia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2034 c.c. ex art. 360, n. 3 c.p.c.- Omesso esame della documentazione depositata nel giudizio di 1° dalla Sig.ra NOME COGNOME e conseguente insufficienza della motivazione su di in fatto decisivo discusso fra le parti».
Pur sussistendo la prova che il resistente, in ossequio alla volontà del padre, aveva effettuato dei pagamenti a favore della madre, la corte d ‘ appello avrebbe erroneamente ritenuto ripetibili detti pagamenti, evocando una decisione di questa Corte, la n. 15954/2017, non pertinente, perché relativa a un pagamento effettuato in esecuzione di una pattuizione contrattuale successivamente dichiarata nulla, mentre «Nel caso di specie alcuna pattuizione contrattuale è stata dichiarata nulla dalla sentenza, ma, invece esiste una prova inconfutabile perché non contestata, di confessione che i pagamenti sarebbero stati effettuati in ossequio al volere paterno, e con assunzione piena da parte del resistente di non richiedere tali pagamenti che pertanto dovevano essere considerati irripetibili, come rilevato dal Tribunale Di Velletri».
Il motivo è inammissibile.
La ratio decidendi della corte d ‘ appello non è efficacemente confutata, non avendo la ricorrente addotto alcuna giustificazione in iure a supporto della denunciata violazione di legge, limitandosi a invocare la conferma della decisione di primo grado, che era stata di segno contrario, ma senza farsi carico di dedurre, giusta il
disposto di cui all’art. 366, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ., mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata motivatamente ritenute in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l ‘ interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non permettendo a questa Corte di adempiere al compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (v. ex plurimis Cass. 26/07/2024, n. 20870).
Deve, infatti, ribadirsi che «non è il punto d ‘ arrivo della decisione di fatto che determina l ‘ esistenza del vizio di cui all ‘ art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ., ma l ‘ impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell ‘ interpretarle» (v., da ultimo, in tal senso Cass. 26/07/2024, n. 208709).
Tale conclusione non può, d’altra parte, ritenersi superata semplicemente dalla dedotta non pertinenza di Cass. 15954/2017, pronuncia evocata dalla corte territoriale per giustificare l’insussistenza di un’obbligazione naturale , in mancanza di specifiche argomentazioni volte a chiarire per quali ragioni, contrariamente alla valutazione espressa operata sul punto dalla corte d’appello ( che, peraltro, costituisce un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità), dovesse ritenersi che dalla mera volontà del padre delle parti scaturisse un dovere morale e sociale sentito come vincolante e che il suo adempimento fosse proporzionato e adeguato nella specie.
Con il terzo motivo si denunzia «Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.5 c.p.c. Erronea valutazione delle risultanze probatorie -Mancata valutazione dell’eccezione di prescrizione dei presunti crediti sollevata in 1°
grado dalla Sig.ra NOME COGNOME ex art. 2934 c.c. e confermata in parte dalla sentenza di 1° grado dal Tribunale Di Velletri».
La c orte d’appello non avrebbe esaminato l’eccezione di prescrizione avanzata in primo grado da NOME COGNOME sebbene la sentenza del Tribunale di Velletri avesse ritenuto «ripetibili solamente le spese non soggette alla prescrizione decennale e quindi relative all’ultimo decennio anteriore alla proposizione del giudizio divisionale del 2010, in quanto per le precedenti non si ravvisano atto interruttivi dopo il giudizio per ATP dell’anno 1996».
In aggiunta, il giudice a quo non avrebbe tenuto conto che, essendo stata data esecuzione alla sentenza di primo grado, dall’importo di euro 221.332,76 (quello oggetto di condanna) avrebbe dovuto essere detratto quello di euro 71.026,02, già corrisposto.
Il motivo è inammissibile.
A dispetto della natura dei vizi enunciati nell’epigrafe del motivo, l’ ubi consistam della censura è costituito dall’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione nonché sull’avvenuto pagamento di euro 71.026,02.
Nondimeno, anche così riqualificata, in applicazione del principio iura novit curia , essa presta il fianco all’inevitabile declaratoria di inammissibilità per violazione del principio di specificità che deve connotare il ricorso per cassazione, il quale trova il suo precipitato normativo nell’art. 366, 1° comma, n. 6 cod. proc. civ., il quale, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021 (Succi e altri c/ Italia) , cioè accogliendo l’invito a non farne un’interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (cfr. al p.to 81, in motivazione), può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950).
In particolare, il motivo è stato, nella specie, illustrato senza indicare e richiamare il contenuto degli atti difensivi in cui l’eccezione di prescrizione era stata riproposta nel giudizio di appello e con riferimento a quali crediti, il che non consente a questa Corte di poter valutare nel merito le censure con lo stesso formulate.
Quanto alla detrazione dalla somma oggetto di condanna in appello della somma per cui era stata condannata in primo grado, è sufficiente rilevare che la sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio di appello ha sostituito la pronuncia di prime cure, la quale è stata eliminata e non torna a rivivere (fermo restando che i pagamenti eventualmente già effettuati in forza della sentenza di primo grado andranno, naturalmente, detratti dal residuo ancora dovuto al creditore).
All’inammissibilità dei motivi consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Non deve provvedersi alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità , attesa l’inammissibilità del controricorso.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, dando atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 12 novembre 2024.
Il Presidente COGNOME