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Obbligazione facoltativa: la Cassazione chiarisce

Una società aveva ricevuto un finanziamento con la possibilità di rimborsarlo in denaro o, in alternativa, tramite la fornitura di merci a prezzi scontati. La Corte di Cassazione ha stabilito che si trattava di un’obbligazione facoltativa, in cui la prestazione principale era la restituzione del denaro. La possibilità di pagare in natura era solo una facoltà del debitore e, pertanto, il presunto vantaggio usurario derivante dai prezzi scontati è stato ritenuto irrilevante ai fini della valutazione dell’usura sul contratto di mutuo principale. Il ricorso è stato respinto.

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Obbligazione Facoltativa: Quando la Restituzione in Natura Non Causa Usura

Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un’importante distinzione nel diritto delle obbligazioni, quella tra obbligazione facoltativa e obbligazione alternativa, con significative implicazioni in materia di contratti di finanziamento e usura. La Corte ha chiarito che se un contratto prevede la restituzione di una somma di denaro come prestazione principale e concede al debitore la mera facoltà di liberarsi consegnando beni a un prezzo scontato, quest’ultima opzione non può essere usata per configurare un’ipotesi di usura.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da una società finanziatrice nei confronti di un’altra società per la restituzione di un finanziamento di 500.000 euro. Il contratto, stipulato nel 2009, prevedeva la restituzione del capitale maggiorato di interessi al 3% annuo.

Il contratto conteneva però una clausola particolare (l’art. 7), che dava alla società finanziata la facoltà, a sua insindacabile scelta, di rimborsare il debito in tutto o in parte mediante la cessione di materiale inerte di cava a prezzi predeterminati e significativamente inferiori a quelli di mercato.

La società debitrice si era opposta al decreto ingiuntivo, sostenendo che il contratto dissimulasse un’operazione usuraria. Secondo la sua tesi, la vera volontà delle parti non era la restituzione del denaro, ma l’estinzione del debito tramite la consegna della merce a condizioni svantaggiose, che rappresentavano un vantaggio usurario per il creditore.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione, ritenendo che la prestazione principale fosse in realtà quella in natura. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione, qualificando l’obbligazione come facoltativa e ritenendo irrilevante il potenziale vantaggio derivante dalla cessione della merce, dato che la prestazione principale (la restituzione pecuniaria) non era usuraria. Contro questa sentenza, la società debitrice ha proposto ricorso in Cassazione.

La Distinzione Chiave: Obbligazione Facoltativa e Alternativa

Il nodo centrale della questione giuridica risiede nella corretta qualificazione del rapporto obbligatorio. È fondamentale comprendere la differenza:

* Obbligazione Alternativa (art. 1285 c.c.): Vi sono due o more prestazioni poste sullo stesso piano (in ‘obligatione’). Il debitore si libera eseguendone una sola, ma fino al momento della scelta, entrambe sono considerate dovute.
* Obbligazione Facoltativa (o con facoltà alternativa): La prestazione dovuta è una sola (in ‘obligatione’), ma la legge o il contratto conferiscono al debitore la facoltà di liberarsi eseguendo una prestazione diversa (in ‘facultate solutionis’).

La distinzione non è meramente teorica. Nel caso di un’obbligazione facoltativa, l’obbligazione è semplice: se la prestazione principale diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, l’obbligazione si estingue, e il debitore non è tenuto a eseguire quella facoltativa. Inoltre, la valutazione sulla liceità del rapporto (ad esempio, in tema di usura) va condotta avendo riguardo unicamente alla prestazione principale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando l’interpretazione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che il rapporto contrattuale andava inquadrato come un mutuo con obbligazione facoltativa di restituzione.

L’analisi si è concentrata sul tenore letterale delle clausole contrattuali:
1. L’art. 3 del contratto stabiliva chiaramente l’obbligo della parte finanziata di “rimborsare il finanziamento” maggiorato degli interessi.
2. L’art. 7 utilizzava l’espressione “È in facoltà della parte finanziata”, specificando che la scelta di rimborsare in natura era rimessa al suo “insindacabile giudizio”.

Questa terminologia, secondo la Corte, non lasciava dubbi sul fatto che la prestazione principale fosse la restituzione del denaro. La dazione di materiale di cava era una mera possibilità, una via d’uscita secondaria offerta al debitore, non una prestazione alternativa di pari dignità.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’unica obbligazione esigibile dal creditore in caso di inadempimento era quella pecuniaria. Pertanto, l’analisi sull’eventuale carattere usurario del contratto doveva limitarsi a tale prestazione. Poiché il tasso di interesse pattuito (3%) e quello di mora (5%) erano ben al di sotto della soglia di usura, non vi era alcuna illiceità. La Corte ha definito “fallace” il tentativo di equiparare lo sconto sul prezzo della merce a un tasso di interesse, data la diversa natura dei due elementi.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale nella qualificazione dei rapporti obbligatori complessi. La volontà delle parti, come espressa nel contratto, è sovrana nel determinare la natura dell’obbligazione. L’uso di termini come “è in facoltà” indica chiaramente l’esistenza di una prestazione principale e di una secondaria, configurando un’obbligazione facoltativa.

Le implicazioni pratiche sono rilevanti: nei contratti di finanziamento che prevedono modalità di rimborso alternative, la valutazione sulla liceità e sull’eventuale usura deve concentrarsi esclusivamente sulla prestazione principale, a meno che non si riesca a provare una simulazione, ovvero che la prestazione facoltativa fosse in realtà l’unica voluta dalle parti. In assenza di tale prova, la semplice previsione di una facoltà di restituzione in natura a condizioni vantaggiose per il creditore non è di per sé sufficiente a rendere nullo il contratto per usura.

Qual è la differenza tra un’obbligazione alternativa e una facoltativa?
Nell’obbligazione alternativa ci sono due o più prestazioni sullo stesso piano e il debitore si libera eseguendone una. Nell’obbligazione facoltativa, la prestazione dovuta è una sola (quella principale), ma il debitore ha la facoltà di liberarsi eseguendone una diversa e secondaria.

Perché nel caso esaminato la restituzione in merci non è stata considerata ai fini dell’usura?
Perché la Corte ha qualificato l’obbligazione come facoltativa. La prestazione principale era la restituzione del denaro con interessi. La consegna di merci era solo una facoltà concessa al debitore. L’analisi sull’usura, quindi, doveva riguardare solo la prestazione principale, che prevedeva tassi di interesse legali.

Un contratto di finanziamento è usurario se permette al debitore di rimborsare con beni a un prezzo molto basso?
Non necessariamente. Secondo questa sentenza, se la restituzione in denaro è la prestazione principale e quella in beni è solo una facoltà del debitore, il carattere potenzialmente svantaggioso della cessione dei beni è irrilevante per la valutazione dell’usura, che si concentra unicamente sugli interessi pattuiti per la restituzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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