Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30430 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30430 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
Oggetto:
transazione invalidità conseguenze
AC – 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25508/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t, elett.te domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura allegata al ricorso;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione e all’indirizzo EMAIL,
rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura allegata al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 131/2020, pubblicata il 10 gennaio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter , RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva respinto la domanda da essa proposta avente a oggetto la condanna di RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter , RAGIONE_SOCIALE) a restituirle le somme indebitamente incassate da NOME sulla base di un contratto stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE in data 6 maggio 2004 e oggetto di tre successivi contratti di transazione stipulati tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nell’ ottobre 2010, atteso che dette transazioni era nulle, siccome involgenti diritti di un terzo (RAGIONE_SOCIALE), che non aveva partecipato all’accordo .
NOME ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la ratio decidendi della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha respinto la domanda di RAGIONE_SOCIALE volta a ottenere l’annullamento delle transazioni stipulate con RAGIONE_SOCIALE perché fondate su un titolo falso (il contratto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe riportato un importo contrattuale di euro 1.780.000,00, laddove il vero importo contrattuale era stato convenuto in euro 3.800.00,00, come emerso
dopo la sottoscrizione delle transazioni), si individuava nell’ accertata nullità dell ‘accordo transattivo , ciò che logicamente precludeva la possibilità di accertare l’ annullabilità del negozio; b) che detta ratio decidendi non era stata attaccata dalle censure in appello formulate da RAGIONE_SOCIALE (né in punto di sussistenza dell’ipotesi di nullità accertata, né in punto di affermata preclusione di tale accertamento rispetto a quello dell’annullabilità del medesimo accordo transattivo), sicché l’accertamento della nullità non poteva essere delibato dal giudice di appello; c) che l’a tto di appello non conteneva del resto alcuna argomentazione, sia in fatto che in diritto, che potesse spiegare come l’accertamento della nullità dell’accordo tra nsattivo potesse egualmente condurre all’accoglimento della domanda, siccome essa era stata proposta sulla base della diversa prospettazione dell’annullabilità della transazione, e no n della sua nullità , sicché la semplice sostituzione della nullità all’annullabilità, sostenuta da RAGIONE_SOCIALE in appello per proseguire nel richiedere la condanna di COGNOME alla restituzione delle somme previste nel contratto di distribuzione, finiva per essere del tutto immotivata e, come tale, parimenti inammissibile; d) che tanto determinava la reiezione dell’ appello di RAGIONE_SOCIALE, rendendo superfluo l’esame di un’eccezione di giudicato, sollevata da RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di appello.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
«I° Motivo: violazione art. 360 n. 4 in relazione all’art. 1 12 c.p.c. violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato», deducendo che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di nullità della transazione,
ritualmente proposta in giudizio in alternativa a quella di annullamento sin dalla comparsa di risposta in primo grado.
Il motivo è infondato: la Corte territoriale non ha affatto omesso di pronunciarsi sulla domanda di nullità della transazione ma, tutto al contrario, a pagina 9 della sentenza impugnata, ha espressamente affrontato la questione degli effetti della nullità della transazione stipulata tra le parti sull’ accoglibilità della domanda di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo sul punto che la relativa censura di appello fosse inammissibile per genericità della deduzione delle ragioni che avrebbero legittimato l’ accoglimento della domanda restitutoria originariamente formulata contro COGNOME, se riguardata in relazione agli effetti della nullità. Tanto consente di escludere che nella specie si sia in presenza di un’ omissione di pronuncia.
b. «II° motivo: Violazione art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1363-1362-1369 c.c.» , deducendo l’ erroneità della sentenza impugnata per avere erroneamente interpretato la domanda proposta in giudizio, che era fondata non solo sulla dichiarazione di nullità della transazione, ma anche sull’ efficacia delle obbligazioni contrattuali scaturenti dal contratto di distribuzione e ridistribuzione che le odierne parti avevano stipulato con RAGIONE_SOCIALE e successivamente da RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte di appello ha dichiarato inammissibile l’analogo motivo di appello formulato da RAGIONE_SOCIALE rilevando che quest’ultima non aveva in alcun modo allegato nella censura alcuna considerazione, sia in fatto che in diritto, idonea a dimostrare che la propria domanda
originariamente proposta nei confronti di NOME potesse essere accolta anche per conseguenza della declaratoria di nullità dell’accordo transattivo sottoscritto con NOME. Tanto consente di ritenere che il giudice di appello abbia perfettamente interpretato la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE (il riferimento al ‘bene della vita’ a pagina 9 è , sul punto, emblematico), ma che la ragione ostativa all’ accoglimento è stata individuata in un profilo processuale, ovvero la genericità della censura in appello. Ciò che esclude che la domanda riconvenzionale proposta da RAGIONE_SOCIALE in primo grado sia stata erroneamente interpretata, come la censura in esame lamenta.
c. «III° motivo: violazione art. 360 n. 4 cpc -Omessa pronuncia su giudicato esterno», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere omesso di pronunciarsi sugli effetti sul presente giudizio della sentenza del Tribunale di Roma n. 3553/2016, passata in giudicato, che aveva accertato l’esistenza e la validità del contratto di distribuzione e degli accordi di ridistribuzione stipulati tra RAGIONE_SOCIALE e le odierne parti in lite, che era il presupposto giuridico della domanda di corresponsione della quota parte degli utili ricavati dai predetti contratti, che RAGIONE_SOCIALE pretendeva da NOME.
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte di appello non ha affatto omesso di pronunciarsi sull’eccezione di giudicato esterno: sulla stessa ha, al contrario, espressamente pronunciato a pagina 10 della decisione impugnata, giudicando tale eccezione assorbita dalle ragioni di inammissibilità del gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, precedentemente ritenute sussistenti.
d. «IV° motivo: violazione e falsa applicazione art. 360 n. 4 cpc in relazione all’art. 342 cpc », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che le censure di appello fossero prive del requisito di specificità, per aver omesso di rilevare che la domanda era stata proposta sin dall’origine anche con riferimento all’ efficacia tra le parti del contratto di mandato avente a oggetto la ridistribuzione dei prodotti cinematografici, sulla base sia della non contestazione sul punto maturata per effetto del comportamento di NOME, sia degli effetti espansivi del giudicato esterno contenuto nella sentenza del Tribunale di Roma citata nel terzo motivo di ricorso.
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata: la Corte territoriale non ha ritenuto carente di specificità il motivo di appello perché non conteneva il riferimento all’ efficacia tra le parti dei contratti da esse stipulati con i produttori cinematografici. Tutto al contrario, la ragione dell’ inammissibilità dell’appello di RAGIONE_SOCIALE è stata individuata proprio per l’omessa individuazione delle ragioni, in fatto e in diritto, che dalla ‘ sostituzione ‘ della nullità all’annullabilità della transazione avrebbero potuto conseguire in relazione ai rapporti contrattuali esistiti tra le parti. All’uopo è bene evidenziare alcune ulteriori considerazioni deducibili dalla motivazione della sentenza impugnata: a) la ragione della nullità del complessivo accordo transattivo stipulato tra le odierne parti litiganti si individua pacificamente nell’ accertamento del Tribunale che esso coinvolgeva sostanzialmente anche una terza parte (produttore e distributore principale dei film oggetto degli accordi di ridistribuzione), che detta transazione non aveva sottoscritto; b) tale affermazione del Tribunale non è stata oggetto di specifica
contestazione in appello a opera di RAGIONE_SOCIALE; c) tale mancata contestazione rendeva insindacabile l’accertamento della natura dell’ invalidità della transazione (nullità).
Rispetto a tali accertamenti, va rilevato che la pretesa di RAGIONE_SOCIALE di sostenere che nella presente controversia troverebbero applicazione le previsioni dei contratti stipulati dalle odierne parti con i predetti terzi finisce per eludere la rilevata preclusione da giudicato interno che riguarda l’ accertamento della nullità della transazione, proprio perché coinvolgente diritti di terzi non sottoscriventi l’accorso transattivo, che aveva pacificamente proprio a oggetto le reciproche rinunce a fini conciliativi derivanti dalle conseguenze del loro comportamento come conseguenza dell’ attuazione delle obbligazioni rinvenienti su di esse dai detti contratti di distribuzione e del correlativo contratto di mandato ricevuto dal terzo pretermesso.
E’ bene ricordare che l’odi erna controversia non ha per oggetto gli accordi presi dalle odierne litiganti con i produttori e i distributori cinematografici, ma gli effetti della complessiva transazione tra di esse stipulata con riferimento ai predetti accordi, i quali ultimi costituiscono solo il presupposto e la causa della transazione; transazione che è l’unico contratto dedotto nella presente lite e che, per quanto sinora argomentato, è stata giudicata nulla e, come tale, del tutto improduttiva di effetti (effetto legale della nullità, rispetto al quale la Corte di appello ha rilevato proprio la carenza di deduzioni in ordine alle ragioni per cui tale principio generale non avrebbe dovuto operare nel caso di specie, conducendo in ogni caso all’ accoglimento della domanda proposta che, si rammenti, era basata sul diverso effetto giuridico conseguente all’ annullamento del contratto).
V° motivo: violazione art. 360 n. 4 cpc in relazione art. 132 cpc comma 1 n. 4 cpc, art. 156 comma 2 cpc, 111 comma 6 Cost.», deducendo la contraddittorietà della sentenza impugnata per avere, da un canto, negato che RAGIONE_SOCIALE avesse proposto domanda di nullità degli accordi transattivi e, d’altro canto, affermato che essa ricorrente aveva proposto una simile domanda, ciò che ridonda in una sostanziale oscurità della motivazione resa.
Il motivo è infondato: è vero che la sentenza impugnata a pagina 10 afferma che la declaratoria di nullità della transazione non sarebbe stata ‘richiesta da RAGIONE_SOCIALE‘, laddove invece la ricorrente documenta nel motivo in esame l’esistenza del riferimento alla nullità contenuto nella domanda riconvenzionale formulata in primo grado; ma tale questione non inficia di nullità la decisione resa, siccome essa è come detto fondata sul rilievo della genericità del motivo di appello che in alcun modo esplicita le ragioni giuridiche che assisterebbero l’ accoglibilità della domanda originariamente formulata che in relazione agli effetti della nullità della transazione, piuttosto che della sua mera annullabilità.
«VI° motivo: violazione art. 360 n. 3 cpc in relazione a violazione e falsa applicazione art. 112- art. 163 n. 3-4-5 cpc», deducendo che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente interpretato la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE, che è sempre stata basata sul contratto di mandato stipulato dalle odierne litiganti con annessa richiesta di nullità o invalidità della transazione.
Il motivo è inammissibile, per le medesime argomentazioni illustrate a commento della reiezione del quarto motivo di
ricorso, le cui doglianze la censura in esame sostanzialmente reitera.
g. «VII° motivo: violazione e falsa applicazione art. 360 n. 3 cpc in relazione art. 1418-1321-1720 cc e violazione art. 360 n. 4 cpc», deducendo l ‘ erroneità della sentenza impugnata per aver falsamente applicato le norme in tema di nullità del contratto di transazione, dalla quale discendeva automaticamente l’ obbligatorietà delle previsioni contrattuali contenute nel contratto di distribuzione, con conseguente fondatezza della domanda di condanna di COGNOME al pagamento delle somme originariamente richieste sin dalla comparsa di costituzione in primo grado.
Il motivo è infondato, per le ragioni illustrate a commento del quarto motivo di ricorso, dovendo all’uopo ribadirsi che la nullità del contratto di transazione stipulato inter partes è stata individuata proprio perché esso coinvolgeva un terzo estraneo alla pattuizione, sicché del tutto evidente è che nessun automatismo poteva conseguire da tale invalidità sul coinvolgimento nell’ odierna controversia del terzo estraneo al giudizio, poiché questo sarebbe sostanzialmente l’effetto dell’accogli mento della tesi di RAGIONE_SOCIALE.
h. «VIII° motivo: violazione art. 360 n. 4 cpc in relazione art. 132 cpc comma 1 n. 4, art. 156 comma 2 cpc, 111 comma 6 Cost. per apparente motivazione e violazione art. 360 n. 3 cpc in relazione all’art. 115 cpc », deducendo la nullità della sentenza impugnata per non aver pronunciato sugli effetti della non contestazione in primo grado a opera di COGNOME della dedotta esistenza e operatività tra le parti del contratto di distribuzione cinematografica che COGNOME aveva autonomamente sottoscritto con
Sky, omettendo di riversare a RAGIONE_SOCIALE la percentuale di utile percepito.
Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, per come ricostruita in relazione alle ragioni di reiezione dei precedenti motivi di ricorso, cui per brevità si fa rinvio.
«IX° motivo: violazione art. 360 n. 3 cpc per violazione art. 91 cpc sulle spese di soccombenza giudiziale da porre a carico di COGNOME con riferimento a entrambi i gradi di giudizio», deducendo l ‘erronea applicazione alla fattispecie dei principi che regolano la liquidazione delle spese di lite tra le parti.
Il motivo è infondato, atteso che la ragione della regolazione delle spese di lite è stata individuata dalla Corte territoriale nella soccombenza di RAGIONE_SOCIALE nei gradi di merito; circostanza che la censura in esame non contesta nella sua fattualità, ma nei suoi presupposti giuridici rispetto alle ragioni della domanda proposta; ciò che, tuttavia, non può in alcun modo ridondare in falsa applicazione della normativa qui indicata come lesa.
Il ricorso va, quindi, complessivamente rigettato.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre