Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15165 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15165 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28474/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 87/2020 depositata il 29/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME ha impugnato, in qualità di fideiussore di NOME COGNOME, la sentenza del tribunale di Macerata in data 22-2-2015 di rigetto di un’opposizione a decreto ingiuntivo notificato da Banche Marche.
Ha dedotto l’annullabilità delle fideiussioni e ha contestato il credito vantato dalla banca, assumendo di essere stata costretta a sottoscrivere le garanzie ‘contro la propria volontà’ e a seguito di ‘coazione morale’.
Nella resistenza dell’appellata, la medesima COGNOME ha chiesto, in sede di precisazione delle conclusioni , che la corte d’appello di Ancona dichiarasse la nullità delle fideiussioni in quanto redatte sul modello uniforme dell’ A.b.i. del 2003, in violazione del divieto di intese anticoncorrenziali (art. 2, secondo comma, della l. n. 287 del 1990).
La corte d’appello, per la parte che unicamente ancora rileva, ha respinto il gravame perché sebbene effettivamente nei contratti oggetto del giudizio fossero presenti le clausole 2, 6 e 8 riproducenti nella sostanza il contenuto di quelle dell’A .b.i. dichiarate illegittime dall’Autorità garante , tuttavia la nullità delle stesse non poteva condurre a una declaratoria coinvolgente l’intero contratto, in mancanza di allegazione che l’accordo, in difetto delle stesse, non sarebbe stato concluso; difatti, essendo le clausole rafforzative della posizione della banca, solo questa sarebbe stata la parte titolare di un interesse al
mantenimento delle intese illecite, e solo questa avrebbe potuto dolersi della loro espunzione.
La signora COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sorretto da un solo motivo.
La cessionaria RAGIONE_SOCIALE unipersonale, e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE, ha replicato con controricorso e ha proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato.
Ubi Banca è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
– La ricorrente principale denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1419, 1339 e 1957 cod. civ., per non avere la corte d’appello oper ato l’inserzione automatica dell’art. 1957 cod. civ. a seguito della riscontrata nullità della clausola in deroga inserita nelle fideiussioni, con conseguente decorrenza del termine di sei mesi previsto dalla citata norma per l’azione contro il debitore principale e relativa decadenza di quella contro il fideiussore.
Il motivo è inammissibile.
II. – Risulta dal ricorso che nella comparsa conclusionale era stata avanzata una pretesa di nullità.
Nel giudizio di appello, come in quello di primo grado, la comparsa conclusionale ha però la sola funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente proposte, sicché, ove con tale atto sia prospettata per la prima volta una questione nuova, il giudice del gravame non può, e non deve, pronunciarsi al riguardo (Cass. Sez. 1 n. 20232-22, Cass. Sez. 3 n. 16582-05).
È vero che è invalso nella giurisprudenza di questa Corte il principio della rilevabilità d’ufficio delle nullità in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (Cass. Sez. U n. 26242-14).
Resta però che tale principio presuppone, da un lato, che i fatti determinativi della nullità siano già emersi nel corso del giudizio e, dall’altro, che la eventuale domanda sia infine introdotta al massimo
nella sede della precisazione delle conclusioni, non certamente con la comparsa conclusionale.
III. – In ogni caso è da osservare che nella concreta fattispecie la nullità era stata affermata (in comparsa conclusionale) come base per una distinta pretesa mai introdotta (neppure in comparsa conclusionale).
Tale è quella alla quale la ricorrente allude nel ricorso per cassazione, di decadenza del creditore dall’esercizio dell’azione di garanzia ai sensi dell’art. 1957, primo comma, cod. civ.
Una pretesa del genere è affatto distinta dalla prima, essendo semmai basata sull’inserimento automatico di clausole nel contenuto del contratto onde colmare il vuoto determinatosi per effetto della nullità parziale.
La ricorrente deduce che, per il tramite della declaratoria di nullità parziale delle fideiussioni (v. Cass. Sez. U n. 41994-21), vi sarebbe stata una decadenza da infruttuoso decorso del temine semestrale di cui all’art. 1957, primo comma, cod. civ. , per la reviviscenza, come effetto della nullità della clausola di deroga apposta al contratto in correlazione con lo schema dell’A .b.i. ritenuto illegittimo, della regola generale di cui al citato art. 1957.
Ma è risolutivo -con ciò correggendosi la certo non perspicua motivazione della corte d’appello che una simile pretesa (formulata in termini di domanda o di eccezione) non risulta esser stata mai prospettata, neppure nella sede indicata (la famosa comparsa conclusionale); né avrebbe potuto esserlo trattandosi di questione incentrata sulla decadenza, che è diversa da quella involgente la nullità parziale.
La questione della nullità si atteggia, in questi casi, come uno degli antecedenti della questione di decadenza, ma non si identifica affatto in essa.
Dimostrare questa cosa è agevole.
La domanda (o l’eccezione) di decadenza non può esser correlata alla nullità in sé, ma all’integrazione del contratto .
In astratto, cioè, il tema sarebbe quello di come colmare il vuoto determinatos i per effetto dell’invalidità di una parte del contenuto del contratto.
A questo tema si incarica di rispondere il principio di conservazione.
Il problema dunque si sposta, in questi casi, dalla nullità all’integrazione, secondo le regole comuni dettate dall’art. 1419, secondo comma, cod. civ.
La relazione tra l’invalidi tà parziale e la conservazione del contenuto legalmente determinabile del contratto, secondo la regola di cui al citato art. 1419, secondo comma, cod. civ., implica non solo che la parte intenda avvalersi della integrazione, ma anche che essa manifesti la volontà di giovarsi delle conseguenze a essa associabili.
E quindi che manifesti la sua determinazione sotto entrambi i punti di vista, proponendo, secondo i canoni di ammissibilità dettati dal codice di rito, anche la domanda (o l’eccezione) correlata alla rideterminazione del contenuto del contratto in base alla sostituzione di diritto con la regola di legge.
Nel caso concreto la regola di legge, da applicare come conseguenza della nullità parziale, avrebbe dovuto essere (oggi si dice) quella di cui all’art. 1 957 cod. civ., in tema di decadenza del creditore dall’azione verso il fideiussore .
Ma è decisivo, in termini di autosufficienza, che una domanda o un’eccezione di decadenza non risulta esser stata mai stata proposta.
IV. -L’inammissibilità del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale , e condanna la ricorrente principale alle spese processuali,
che liquida in 5.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione