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Nullità parziale fideiussione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7633/2024, ha rigettato il ricorso di una società e dei suoi garanti contro un istituto bancario. Il caso verteva sulla validità di una fideiussione contenente clausole non conformi alla normativa antitrust. La Corte ha confermato il principio della nullità parziale fideiussione, stabilendo che solo le clausole illecite sono nulle, mentre il resto del contratto di garanzia rimane valido, a meno che il garante non dimostri che non avrebbe stipulato il contratto senza quelle specifiche clausole.

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Nullità Parziale Fideiussione: Quando la Garanzia Resta in Piedi

La questione della nullità parziale fideiussione è un tema caldo nel diritto bancario. Spesso i garanti, chiamati a rispondere per i debiti altrui, cercano di far valere la nullità dell’intero contratto di garanzia a causa della presenza di clausole illecite. Con la recente ordinanza n. 7633/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato, chiarendo i limiti di tale nullità e l’onere della prova a carico di chi la invoca.

I fatti del processo

Il caso ha origine da un decreto ingiuntivo emesso da un istituto bancario nei confronti di una società agricola e dei suoi garanti per il mancato pagamento di un mutuo ipotecario. La società e i garanti si sono opposti al decreto, sollevando diverse questioni, tra cui il superamento del tasso soglia di usura e, soprattutto, la nullità delle fideiussioni prestate. Essi sostenevano che le garanzie fossero nulle perché contenevano clausole conformi allo schema ABI, dichiarate in contrasto con la normativa antitrust dalla Banca d’Italia.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le doglianze dei debitori. I giudici di merito hanno ritenuto, tra le altre cose, che la nullità delle singole clausole non potesse travolgere l’intero contratto di fideiussione. Di conseguenza, la società e i garanti hanno proposto ricorso per cassazione.

La decisione della Corte sulla nullità parziale fideiussione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Le motivazioni della Corte si sono concentrate su due punti principali: l’omessa pronuncia e la corretta applicazione del principio di nullità parziale.

La censura sull’omesso esame e il principio di autosufficienza

I ricorrenti lamentavano che la Corte d’Appello non avesse esaminato adeguatamente l’incidenza di alcuni costi (come la penale per estinzione anticipata) nel calcolo del TAEG, che a loro dire avrebbe dimostrato il superamento del tasso soglia. La Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, ricordando che, in base al principio di autosufficienza del ricorso, non è sufficiente rinviare genericamente agli atti dei precedenti gradi di giudizio. I ricorrenti avrebbero dovuto riportare nel dettaglio il contenuto delle loro istanze e dimostrare la loro decisività, cosa che non è avvenuta.

La questione centrale: la nullità parziale fideiussione

Il cuore della controversia riguardava la sorte del contratto di fideiussione contenente le clausole “incriminate” (nn. 2, 7 e 9 dello schema ABI). I garanti sostenevano che la nullità di queste clausole dovesse estendersi all’intero contratto, rendendo la garanzia inefficace.

La Corte ha respinto questa tesi, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. n. 41994/2021). Il principio fondamentale è quello della conservazione del contratto. La nullità che colpisce le singole clausole anticoncorrenziali è, per l’appunto, una nullità parziale. Essa non si estende all’intero negozio giuridico, a meno che la parte interessata non fornisca la prova rigorosa che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che la regola generale, sancita dall’art. 1419 c.c., è la nullità parziale. L’estensione della nullità all’intero contratto rappresenta un’eccezione, che deve essere provata da chi ne ha interesse. Nel caso specifico, i garanti non hanno dimostrato che la loro volontà di prestare la fideiussione fosse indissolubilmente legata alla presenza delle clausole nulle. Anzi, la Corte ha sottolineato che l’eliminazione di tali clausole (come quella di reviviscenza o di sopravvivenza) alleggerisce la posizione del garante, non la aggrava.

Inoltre, è stato evidenziato che il fideiussore, spesso socio o parente del debitore principale, ha un interesse economico diretto al finanziamento e avrebbe verosimilmente prestato la garanzia anche senza le clausole contestate. Pertanto, in assenza di una prova contraria, il contratto di fideiussione sopravvive, depurato dalle sole clausole illecite.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio di fondamentale importanza pratica: la presenza di clausole abusive conformi allo schema ABI in un contratto di fideiussione non è una via d’uscita automatica per il garante. La garanzia rimane valida ed efficace, e il creditore può farla valere. La nullità colpisce solo le singole pattuizioni anticoncorrenziali. Per ottenere la declaratoria di nullità totale, il garante deve affrontare un onere probatorio molto gravoso, dimostrando che quelle specifiche clausole erano un elemento essenziale e determinante del suo consenso a firmare il contratto.

Se un contratto di fideiussione contiene clausole nulle perché contrarie alla normativa antitrust, l’intero contratto è nullo?
No, di regola si applica il principio della nullità parziale. Solo le clausole illecite sono considerate nulle, mentre il resto del contratto di fideiussione rimane valido ed efficace. L’intero contratto è nullo solo se la parte interessata dimostra che non avrebbe concluso l’accordo senza quelle specifiche clausole.

A chi spetta l’onere di provare che la nullità delle singole clausole deve estendersi all’intero contratto di fideiussione?
L’onere della prova spetta alla parte che ha interesse a far dichiarare la nullità totale del contratto, ovvero al garante (fideiussore). Egli deve dimostrare che le clausole nulle erano un elemento essenziale e determinante del suo consenso alla stipula della garanzia.

È sufficiente per un ricorrente in Cassazione lamentare un’omessa pronuncia da parte del giudice d’appello?
No, non è sufficiente. In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente deve riportare puntualmente e nei loro esatti termini le domande o le eccezioni che sostiene non siano state esaminate, indicando l’atto in cui furono proposte e dimostrando che, se fossero state esaminate, avrebbero potuto portare a una decisione diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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