Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3286 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3286  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15240-2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato  AVV_NOTAIO  COGNOME,  che  la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME  NOME,  domiciliato  in  ROMA  INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,  rappresentato  e  difeso  dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
Notificazione della sentenza Nullità Contumacia Termine per impugnare
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2790/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/12/2020 R.G.N. 4467/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di  consiglio  del  15/11/2023  dal  Consigliere  AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma dichiarava inammissibile sia l’appello principale di NOME COGNOME che l’appello incidentale di NOME COGNOMECOGNOME proposti contro la sentenza del Tribunale di Roma n. 3566/2017, che, nella dichiarata contumacia della convenuta COGNOMECOGNOME COGNOME in parziale accoglimento delle domande del COGNOME, pur rilevando come non fosse emersa prova della natura subordinata d ell’attività lavorativa svolta da quest’ultimo, aveva condannato la COGNOME COGNOME p agamento, in favore del COGNOME, della somma indicata derivante dalla differenza tra la retribuzione tabellarmente spettante a un lavoratore inquadrato al II livello del CCNL terziario e quanto percepito dal COGNOME durante i contratti a progetto dal 18 luglio 2007 al 14 marzo 2013.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale disattendeva  il  primo  motivo  dell’appello  principale  della COGNOME,  con  il  quale  ella  sosteneva  di  essere  venuta  a conoscenza dell’esistenza del procedimento solo il 4.12.2017,
data in cui le era stata notificata la sentenza di primo grado impugnata, contestando l’illegittimità della dichiarazione di contumacia nei suoi confronti nel corso del primo grado, e chiedendo conseguentemente di essere rimessa in termini per la presentaz ione dell’appello. Considerava la Corte che il complessivo contenuto della documentazione esaminata non potesse ritenersi idoneo a giustificare, ai sensi dell’art. 327, comma 2, c.p.c., la tardività di quella impugnazione (effettuata con ricorso depositato in data 27.12.2017, rispetto ad una sentenza di primo grado depositata il 12 aprile dello stesso anno, con violazione quindi del termine di decadenza previsto dall’articolo 327, comma 1, c.p.c.). Osservava in tal senso che – anche a voler considerare non idoneamente comprovata (nonostante la dichiarazione specificamente effettuata in tal senso dal Tribunale all’udienza del 14.4.2015 , all’esito della produzione documentale effettuata dal COGNOME) la ritualità del rinnovo della notifica effettuata dal RAGIONE_SOCIALE ex art. 140 c.p.c. per l’udienza del 14.4.2015 (in ragione della presenza in atti della sola cartolina a.r. di avviso di deposito: mancanza che, comunque, sarebbe suscettibile di determinare, al più, la nullità della notifica e non la sua inesistenza), in ogni caso, dal complessivo contenuto di detta documentazione si poteva desumere con chiarezza come l’appellante COGNOME fosse venuta a conoscenza della pendenza del processo. Secondo la Corte, infatti, la conoscenza in capo a detta appellante della pendenza del giudizio risultava essersi già realizzata con la prima notifica del ricorso introduttivo per l’udienza dell’8.1.2015, comunque avvenuta, sia pure tardivamente, a mani proprie della stessa, mentre gli atti prodotti dal COGNOME relativamente al successivo rinnovo della notifica, di cui il Tribunale aveva
attestato  la  rituale  effettuazione  dichiarando  la  contumacia della parte convenuta, erano dimostrativi comunque del l’effettuazione della stessa presso  il suo  indirizzo di residenza  pro  tempore.  Tanto  veniva  reputato  assorbente rispetto all’esame degli ulteriori motivi dell’appellante principale  COGNOMECOGNOME  COGNOME  al  merito  della  controversia,  e portava la Corte a dichi arare l’inammissibilità anche dell’appello  incidentale  del  COGNOME  ai  sensi  dell’art.  334, comma 2, c.p.c.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
L’intimato ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la COGNOME denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 140 e 415, c. 5 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’. In tal senso, torna a rilevare che la dichiarazione della sua contumacia era illegittima, in quanto non le era mai stato notificato il ricorso introduttivo del giudizio. Ribadisce che – in difetto, riguardo a quel ricorso notificato in termini ex art. 140 c.p.c., sia dell’originale che della copia della pertinente relata, dell’attestazione di spedizione dell’avviso di deposito del ricorso stesso presso la casa comunale del comune di residenza della ricorrente, come dell’avviso di ricevimento della raccomandata stessa e del certificato di residenza dell’attuale ricorrente per cassazione – la notifica del ricorso introduttivo doveva dirsi inesistente e la sentenza (di primo
grado) nulla. Sottolinea, in particolare, che la c.d. C.A.D., ossia, la cartolina di ‘comunicazione di avvenuto deposito’, che sola documenta il deposito della copia dell’atto notificata ex art. 140 c.p.c. presso l’ufficio postale competente , non è stata prodotta in giudizio né in primo né in secondo grado. Richiamati taluni precedenti di legittimità, tra i quali Cass., Sez. un. n. 10012/2021, assume essere evidente che ella non avesse avuto contezza della seconda notifica del ricorso, ossia di quella effettuata sulla base della rimessione in termini per il mancato rispetto dell’intervallo minimo tra la notifica e la prima udienza con riferimento alla prima notifica, per cui la prova di tale mancata conoscenza dell’esistenza della causa doveva ritenersi raggiunta.
2. Tale motivo è infondato.
Secondo un risalente e consolidato orientamento di questa Corte, anche di recente confermato e in passato già espresso a Sezioni Unite, il contumace, per evitare la decadenza dall’impugnazione per decorso del termine ex art. 327 c.p.c., deve dimostrare la sussistenza, oltre che del presupposto oggettivo della nullità della notificazione, di quello soggettivo della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, senza che rilevi la conoscenza legale dello stesso, essendo sufficiente quella di fatto (così, ex multis , Cass. civ., sez. III, 15.1.2020, n. 532; e in termini esatti o analoghi id., sez. trib., 8.11.2022, n. 32777; id., sez. II, 3.1.2019, n. 8, secondo cui l’onere di provare il presupposto soggettivo grava sul contumace, nel senso che egli è tenuto a fornire la prova di circostanze di fatto positive, dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa
data e tale prova può essere data anche mediante presunzioni, senza che possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l’inversione dell’onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall’impug nazione; id., sez. VI, 6.4.2018, n. 8593, che eccettua il caso di inesistenza della notificazione, la quale pone l’onere di fornire la relativa prova a carico di chi eccepisca che la parte ebbe, di fatto, conoscenza del giudizio; id., sez. lav., 25.5.2004, n. 10038, la quale aveva posto in luce che, in tema di decadenza del convenuto contumace dal diritto di impugnazione, per decorrenza del termine stabilito dall’art. 327 c.p.c., qualora in esito all’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è suscettibile di esame in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, venga accertato in base alle circostanze del caso concreto (anche d’ufficio, in considerazione della natura pubblicistica della decadenza medesima) che, nonostante la nullità della citazione o della sua notificazione, il convenuto abbia avuto comunque conoscenza del processo, l’inutile decorso del termine annuale comporta l’inammissibilità dell’impugnazione; id., sez. III, 29.5.2003, n. 8622; id., sez . trib., 20.7.2002, n. 9897; id., sez. I, 12.7.2000, n. 9255, che aveva specificato che la dimostrazione della mancata conoscenza può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, che abbiano i caratteri cui l’art. 2729 c.c. conferisce la speciale efficacia di conseguire la certezza probatoria, che siano, cioè, gravi, precise e concordanti; id., sez. III, 1.3.2000, n. 2305; id., sez. un., 22.12.1999, n. 925; id., sez. un., 15.5.1990, n. 4196).
3.1. E, nell’ambito di tale indirizzo, si colloca la distinzione tra due ipotesi: se la notifica è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario della notificazione si presume iuris tantum , ed è onere dell’altra parte dimostrare che lo stesso ha avuto comunque contezza del processo; se invece la notificazione è nulla, si presume la conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell’impugnante, e dovrà essere quest’ultimo a fornire, anche mediante presunzioni, la prova di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di conoscenza anteriore o l’avvenuta conoscenza solo in una certa data (così, tra le altre, Cass., n. 1308/2018; n. 14232/2014; n. 24763/2013; n. 20520/2011).
3.2. La Corte distrettuale nella propria motivazione ha fatto riferimento appunto a tali principi di diritto circa l’interpretazione del disposto di cui all’art. 327 cpv. c.p.c. (cfr. pag. 3 dell’impugnata sentenza), e, segnatamente, all’ora visto distinguo tra nullità ed inesistenza della notificazione ai fini del diverso riparto dell’onere probatorio in punto di conoscenza della pendenza del giudizio (v. anche Cass. n. 1893/2019). E la stessa Corte, come accennato in narrativa, all’esito della sua disamin a della fattispecie concreta, ha escluso anzitutto che ricorresse un’ipotesi d’inesistenza della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, come invece sostenuto dall’allora appellante COGNOME.
3.3.  Mette  conto  aggiungere  che  le  Sezioni  Unite  di questa Corte hanno insegnato, con precipuo riferimento alla notificazione  del  ricorso  per  cassazione,  ma  in  base  ad affermazioni di ordine generale, che l’inesistenza della notificazione  del  ricorso  per  cassazione  è  configurabile,  in
base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege , eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notificazione meramente tentata, ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (così Cass., sez. un., 20.7.2016, n. 14917).
4. La ricorrente , nel riproporre la sua tesi dell’inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo di primo grado, mette in discussione, peraltro senza censurarli direttamente in modo ammissibile in questa sede di legittimità, altrettanti accertamenti in punto di fatto compiuti dalla Corte distrettuale, e alla stessa, come si è visto, riservati anche nell’indagine che viene qui in considerazione circa la conoscenza di fatto del processo o meno in capo al contumace asseritamente involontario che impugni tardivamente la sentenza del grado precedente.
5. Più nello specifico, la Corte di merito anzitutto ha giudicato che dalla documentazione prodotta in atti (richiamando a riguardo gli ‘atti del fascicolo telematico del giudizio di primo grado’) .
La stessa Corte, inoltre, aveva rilevato che, a COGNOME di apposito provvedimento reso all’udienza del 15.10.2015 dal primo giudice circa la ricostruzione del fascicolo d’ufficio smarrito, anche con la collaborazione del procuratore del ricorrente, quest’ultimo, dopo l’esito negativo delle ricerche di cancelleria attestato il 15.10.2016, aveva in data 7.2.2017 ‘depositato, unitamente alla documentazione del proprio fascicolo di parte, gli atti COGNOME alla originaria prima notifica, ritenuta tardiva dal giudice di prime cure, e del suo rinnovo (cfr. atti COGNOME alle notifiche effettuate prodotte telematicamente in data 7/2/2017 in sede di ricostruzione del fascicolo nel corso del giudizio di primo grado)’.
Infine, la Corte d’appello a riguardo ha considerato che: ‘Da  tale  documentazione  risulta  in  particolare  che  il  primo tentativo di notifica, effettuato ai sensi dell’art. 140 c.p.c., si fosse comunque perfezionato, sia pure tardivamente, rispetto all’udien za fissata del 8/1/2015, in data 18/12/2014 a mani della stessa NOME COGNOME COGNOME COGNOME del ritiro presso l’ufficio
postale  da  parte  di  quest’ultima  (cfr.  in  particolare,  copia dell’avviso  di  ricevimento  della  comunicazione  ex  art.  140 c.p.c. recante firma leggibile della odierna appellante)’ (v. in extenso pag. 4 dell’impugnata sentenza).
Orbene, la Corte territoriale, soprattutto in base al verbale telematico dell’udienza del 14.4.2015, ha constatato che il primo giudice aveva ritenuto la ritualità della seconda notificazione alla convenuta del ricorso introduttivo del giudizio e del verbale della precedente udienza; e va sottolineato che tale verbale attesta effettivamente la regolarità del rinnovo della notificazione (in base alla quale fu dichiarata la contumacia della convenuta), perché (anche) nel rito del lavoro deve attribuirsi fede privilegiata, fino a querela di falso, al verbale di udienza redatto dal cancelliere (cfr. Cass., sez. lav., 25.11.2021, n. 36727).
Pertanto, ferme le constatazioni fattuali compiute dai giudici di secondo grado in base all’esame diretto degli atti processuali, rispetto a quella circa la tardività del perfezionamento della prima notificazione del ricorso introduttivo rispetto alla destinataria, non sussiste comunque la violazione dell’art. 415, comma 5, c.p.c. nei termini dedotti dalla ricorrente per cassazione, vale a dire, produttivi dell’inesistenza della notificazione in questione.
Questa Corte, infatti, ha affermato anche a Sezioni Unite che, nelle controversie soggette al rito del lavoro, il giudice d’appello  che  rilevi  la  nullità  dell’introduzione  del  giudizio, determinata dall’inosservanza del termine dilatorio di comparizione st abilito dall’art. 415, comma 5, c.p.c., non può dichiarare la nullità e rimettere la causa al giudice di primo
grado  (non  ricorrendo  in  detta  ipotesi  né  la  nullità  della notificazione dell’atto introduttivo, né  alcuna  delle  altre ipotesi tassativamente previste dagli art. 353 e 354, comma 1, c.p.c.), ma deve trattenere la causa e, previa ammissione dell’appellante ad  esercitare  in  appello  tutte  le  attività  che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato, decidere nel merito (così Cass., sez. un., 21.3.2001, n. 122; id., sez. lav., 24.8.2004, n. 16680).
Del resto, nel caso di specie il giudice di primo grado, non essendosi la convenuta costituita, trattandosi di vizio determinato dall’inosservanza di detto termine dilatorio (non afferente alla notificazione del ricorso introduttivo del giudizio come tale e neppure al ricorso introduttivo in sé considerato, bensì limitato all’atto di evocazione in giudizio del convenuto), correttamente aveva rinviato la causa ad altra udienza, assegnando all’attore termine per provvedere ad una nuova notifica alla convenuta del ricorso, dell’originario decreto di fissazione di udienza e del verbale dell’udienza dell’8.1.2015 (cfr. in proposito Cass., sez. un., 23.12.1991, n. 13862).
E, per quello che qui soprattutto interessa, la Corte da tale  prima  parte  della  vicenda  processuale  ha  tratto  la conclusione  che  la  convenuta  avesse  avuto  conoscenza  di fatto  della  pendenza  del  processo,  a  mezzo  del  ritiro  di persona del plico a COGNOME della raccomandata c.d. informativa prevista dall’art. 140 c.p.c.
Peraltro, tale raccomandata informativa è adempimento distinto  dalla  C.A.D.  cui  invece  si  riferisce  la  ricorrente  per sostenere  che  essa  non  sarebbe  stata  mai  prodotta  in giudizio:  la  comunicazione  di  avviso  di  deposito  (in  sigla
C.A.D.) è infatti modalità propria della procedura notificatoria curata esclusivamente dall’agente postale ex lege n. 890/1982, diversa, anche se simile, a quella della raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c., che afferisce a notificazione attuata dall’ufficiale giudiziario, sia pure con il concorso dell’agente postale (come chiarito appunto in Sez. un. n. 10012/2021, cit. dalla stessa ricorrente).
Confermata, perciò, la corretta esclusione, da parte della Corte di merito, di un’inesistenza della notificazione degli atti introduttivi del giudizio di primo grado (ricorso dell’attore e pedissequo decreto di fissazione di udienza, cui poi si è aggiunto il verbale della prima udienza in occasione del rinnovo di notifica), restava a carico dell’appellante contumace l’onere di dimostrare, non solo la nullità di tale notificazione, ma anche di non aver avuto conoscenza del processo a motivo di tale nullità, in base al costante indirizzo di legittimità in precedenza illustrato.
8.1.  E  in  questa  prospettiva  la  decisione  gravata  pure risulta incensurabile.
La Corte distrettuale, invero, ha fatto leva in tal senso su un  dato  conoscitivo  in  positivo  tratto,  come  si  è  visto,  dal sicuro ritiro in prima persona da parte della COGNOME, presso l’ufficio postale in cui era stato depositato, del plico a COGNOME della  raccomandata  informativa  indirizzata  alla  convenuta, inerente la prima notificazione ex art. 140 c.p.c.
La ricorrente, pertanto, di  nuovo  soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso.  Condanna  la  ricorrente  al pagamento,  in  favore  del  controricorrente,  delle  spese  del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per  il  versamento,  da  parte  della  ricorrente,  dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del