Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16102 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. RAGIONE_SOCIALE3/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti-
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1009/2021 depositata il 10/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
La corte d’appello di Catania ha respinto le impugnazioni proposte (tra gli altri) da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, fideiussori della fallita RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza con la quale il tribunale della stessa città ne aveva pronunciato la condanna (previa revoca di un decreto ingiuntivo) al pagamento del saldo debitore di un conto corrente intrattenuto con la banca Monte dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE.
I soccombenti (e in luogo della COGNOME gli eredi) hanno chiesto, con separati ricorsi, la cassazione della sentenza d’appello.
Ai ricorsi ha resistito (tramite la propria mandataria) RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti della banca.
Sono state depositate memorie.
Ragioni della decisione
– NOME COGNOME ha fatto pervenire un atto di rinuncia al proprio ricorso, con compensazione di spese, debitamente notificato alla controparte e da questa accettato.
Il ricorso in questione è quindi da dichiarare estinto.
– I restanti ricorsi contengono, ciascuno, due motivi.
– I ricorrenti COGNOME (alcuni nella qualità di eredi della COGNOME) denunziano:
(i) la violazione e falsa applicazione degli artt. 345 cod. proc. civ., 1421 cod. civ., 2, secondo comma, lett. a), e terzo comma della l. n. 287 del 1990, 1418 cod. civ., o in via subordinata del combinato disposto degli artt. 1419 e 1957 cod. civ., per avere la corte d ‘appello respinto la domanda di nullità della fideiussione (totale o parziale), sull’errato presupposto che gli attori fossero incorsi in preclusioni processuali in ordine alla allegazione dei fatti -e in particolare del provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005 – posti a fondamento della eccepita nullità, peraltro rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;
(ii) in via gradata, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1956 cod. civ. per avere la corte d’appello respinto la domanda di liberazione dei fideiussori sull’asserito errato presupposto della manca nza di prova del requisito soggettivo dell’invocata disposizione.
– Questo ricorso è infondato quanto al primo motivo e inammissibile quanto al secondo.
– Dalla sentenza risulta che era stata eccepita per la prima volta in appello la nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust, poiché la garanzia era stata prestata secondo il
modello A.b.i. ritenuto illegittimo dalla Banca d’Italia , con provvedimento n. 55 del 2-5-2005, in quanto contenente la cd. clausola di reviviscenza.
La corte d’appello ha respinto la censura imperniata su tale eccezione perché, al fine di provare i fatti costitutivi della nullità, non si sarebbe potuto prescindere dalla produzione in giudizio del provvedimento invocato e del modulo di fideiussione omnibus predisposto dall’A .b.i., così da potersi verificare la corrispondenza delle clausole. Mentre invece la produzione non era stata fatta nel rispetto dei termini preclusivi di primo grado (art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ.).
Il rilievo di tardiva produzione trova riscontro finanche nel ricorso per cassazione, avendo i ricorrenti esplicitamente affermato che in effetti il provvedimento della Banca d’Italia era stato da essi prodotto solo in appello.
VI. – A fonte di tanto, non giova insistere sul fatto di essere la nullità contrattuale rilevabile d’ufficio (Cass. Sez. U n. 26242-14).
La rilevazione della nullità -ancorché d’ufficio non esonera la parte dal dedurre l’emersione, nel corso del giudizio di merito, degli elementi che avrebbero dovuto indurre il giudice a ravvisarla (v. Cass. Sez. 1 n. 30885-22).
Anche la rilevabilità d’ufficio della nullità per violazione di norme imperative ha come condizione che i relativi presupposti di fatto, sebbene non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l’impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi (v. ex aliis Cass. Sez. 3 n. 4867-24, Cass. Sez. 3 n. 34053-23).
VII. – Il secondo motivo è inammissibile.
Si discute della domanda di liberazione del fideiussore ex art. 1956 cod. civ.
L ‘impugnata sentenza ha affermato che era mancata la prova della sussistenza del requisito soggettivo e, cioè, della consapevolezza in capo alla banca del peggioramento delle condizioni patrimoniali della società correntista.
La sentenza ha aggiunto che ‘n essuna deduzione stata effettuata sul punto dagli appellanti ‘, che si erano limitati a mere asserzioni apodittiche e prive di riscontro.
I ricorrenti sostengono invece di aver fornito esaustiva e inequivocabile prova della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge, mediante la produzione dei bilanci della società degli anni 2006, 2007 e RAGIONE_SOCIALE, delle risultanze della RAGIONE_SOCIALE Rischi, della (non meglio precisata) documentazione contabile del rapporto di conto corrente, di una relazione tecnica allegata alla citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, di una nota tecnica e di una tabella col dettaglio degli interessi addebitati.
Conseguentemente assumono che la corte avrebbe dovuto ritenere acquisita la prova di quanto allegato.
La censura non è pienamente centrata, perché la corte d’appello ha svolto innanzi tutto un rilievo di inidoneità della ‘deduzione’, non soltanto di mancanza di prova.
A ogni modo è da osservare che nel riferire la censura nei suddetti termini i ricorrenti pretendono direttamente da questa Corte un vaglio di merito, sotteso alla verifica di esistenza della prova dei fatti che, invece, la corte d’appello ha ritenuto comunque non provati.
Ciò non è consentito in cassazione, in ragione dei noti limiti cognitivi del giudizio di legittimità.
VIII. – Il ricorrente COGNOME a sua volta deduce violazioni di ordine processuale.
Segnatamente assume:
(i) la nullità della sentenza per motivazione apparente (artt. 132, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. stesso codice, 112 cod. proc. civ.) in ordine ai profili di nullità della fideiussione, della liberazione del debitore
ex art. 1956 cod. civ. e della prova del credito vantato dalla banca, in considerazione del fatto di essere stata contestata sin dal primo grado del giudizio l’illegittimità de i giroconti effettuati dal conto anticipi al conto ordinario;
(ii) la nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine alle richieste istruttorie formulate nel corso del primo grado di giudizio, e ribadite con l’appello, con particolare riferimento all’ordine di esibizione ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ.
IX. – Questo ricorso è infondato nel primo mezzo e inammissibile nel secondo.
– La motivazione della sentenza non è apparente.
In ordine al profilo di nullità della fideiussione la motivazione non è apparente perché si è dipanata nelle già viste considerazioni congiuntamente riferibili ai condebitori COGNOME -relative al difetto di prova dei fatti sottostanti, non colmabile in appello all’esito delle preclusioni istruttorie di primo grado.
Egualmente la motivazione non è apparente a proposito della doglianza avente base ne ll’art. 1956 cod. civ., che la corte d’appello ha ritenuto inammissibile perché ‘generica’ : valutazione -questa – non direttamente censurata nei motivi di ricorso.
Quanto alla residua questione, dalla sentenza si apprende che COGNOME aveva contestato la mancata verifica di sussistenza del credito preteso dalla banca a titolo di saldo del conto ordinario, in quanto si sarebbero dovute scomputare tutte le ‘ girocontazioni ‘ effettuate dal conto anticipi. Aveva in vero sostenuto che il saldo del conto ordinario era stato gravato anche dalle competenze del conto anticipi, di cui però mancavano gli estratti, e di cui pertanto egli aveva chiesto l’esibizione ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ.
La risposta della corte d’appello è stata molto semplicemente questa: che la doglianza era da considerare ‘nuova’, oltre che di non facile comprensione in rapporto alla genericità dei riferimenti alle ‘girocontazioni’.
La valutazione -sia di novità che di genericità della doglianza identifica puntualmente la statuizione nel senso della inammissibilità, e anche in tal caso la motivazione esibita dalla corte d’appello non è apparente.
I motivi di ricorso non ne tengono conto, visto che si affannano nel riferire dei profili di merito asseritamente confermativi della bontà della tesi avanzata nei due gradi.
XI. – Tutto ciò consente di prescindere dal secondo motivo di ricorso, che resta assorbito. Non senza precisare peraltro che anche codesto è deficitario , per l’elementare ragione che si incentra su un vizio di omessa pronuncia, il quale, però, mai può attenere a semplici richieste istruttorie; e tale innegabilmente è quella relativa all’ord ine di esibizione.
XII. -In conclusione, salva l’estinzione del ricorso proposto dalla COGNOME, gli altri debbono essere rigettati.
Le spese processuali sostenute dalla controricorrente seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara estinto il ricorso di NOME COGNOME; rigetta i restanti; condanna i ricorrenti COGNOME e COGNOME, in solido tra loro, alle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidandole in 10.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti COGNOME e COGNOME , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al loro ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione