Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27371 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27371 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 10944/2021 r.g. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia Firenze, al INDIRIZZO.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Firenze, INDIRIZZO.
–
contro
ricorrente –
e
LA TORRE NOME.
-intimato –
avverso la sentenza, n. cron. 363/2021, della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE pubblicata il 12/02/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/10/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 1446 del 2019: i ) accolse la domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE ex art. 2476 cod. civ. e condannò NOME COGNOME al risarcimento, in suo favore, della somma di € 1.200.000,00 per mala gestio e violazione dei doveri di vigilanza; ii ) condannò NOME, chiamato in causa dal COGNOME ed ivi rimasto contumace, a tenere indenne il menzionato convenuto, in relazione alla condanna ricevuta, nella misura del 50%, risultando la responsabilità per mala gestio ripartita tra i due in modo paritario; iii ) respinse la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal COGNOME nei confronti dello COGNOME ai sensi dell’art. 2476, comma 6, cod. civ., rilevando che il primo era amministratore e non si trovava, quindi, nella posizione di socio danneggiato.
Il gravame promosso dal RAGIONE_SOCIALE contro questa decisione fu respinto dall’adita Corte di appello di Firenze, con sentenza del 12 febbraio 2021, n. 363, resa nel contraddittorio con il RAGIONE_SOCIALE predetto e nella contumacia di COGNOME NOME.
2.1 In estrema sintesi, essa opinò che: i ) « per quanto possa ritenersi verosimile che il COGNOME sia stato effettivamente truffato dal coamministratore NOME, tale circostanza non vale ad esimere lo stesso da responsabilità nei confronti della massa creditoria. Infatti, lo stesso appellante ha ammesso di non essersi mai interessato della gestione e della amministrazione della società, il che altro non dimostra se non la aperta violazione dei doveri di vigilanza e controllo che la sua carica gli imponeva ex lege , anche in relazione all’operato del co -amministratore »; ii ) « il fatto che il COGNOME sia, in ipotesi, rimasto vittima della truffa realizzata dal coamministratore non potrà rilevare nei confronti della massa dei creditori, ma
potrà soltanto valere ai fini della rivalsa nei rapporti interni tra l’appellante e l’NOME. In tale contesto, infatti, il primo potrà rivalersi sul condebitore in ragione del diverso grado di responsabilità imputabile a quest’ultimo »; iii ) « Per quanto poi attiene alla quantificazione del risarcimento, pari all’ammontare del passivo fallimentare, la Corte rileva che il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui, in caso di mancata tenuta delle scritture contabili ed in presenza, come nella fattispecie, di molteplici ulteriori inadempimenti diversi dalla semplice mancata tenuta della contabilità, può essere utilizzata la differenza tra l’attivo, inesistente ed il passivo quale parametr o per una liquidazione equitativa del danno »; iv ) « Ai sensi dell’art. 1298 c.c., , nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori e le parti di ciascuno si presumono uguali se non risulta diversamente. Di conseguenza, correttamente il Tribunale ha accolto la domanda di manleva nella sola misura del 50%, posto che l’accoglimento totale della stessa avrebbe comportato l’accertamento della omessa responsabilità in capo al COGNOME. Viceversa, a fronte della ritenuta responsab ilità di quest’ultimo per omesso esercizio dei poteri di vigilanza e controllo ai sensi dell’art. 2476 c.c., sarebbe stato contraddittorio accogliere la domanda di manleva nella misura del 100% »; v ) «… il COGNOME RAGIONE_SOCIALE non era un semplice socio, ma ricopriva la carica di amministratore del RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che egli non può quindi avvalersi del rimedio previsto in favore del socio danneggiato: il danno, infatti, è stato prodotto proprio dallo stesso COGNOME, insieme al co-amministratore NOME ».
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME, affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, il RAGIONE_SOCIALE, pregiudizialmente eccependo l’inammissibilità dell’avverso ricorso perché privo di idonea procura speciale conferita, ex art. 365 cod. proc. civ., all’AVV_NOTAIO. Non ha svolto difese in questa sede il RAGIONE_SOCIALE.
3.1. La Sezione Sesta civile, sottosezione 1, di questa Corte, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 4/5 ottobre 2022, n. 28993, ha rinviato la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della medesima Corte sulle questioni ad esse rimesse -e chiaramente influenti sulla decisione dell’appena descritta eccezione pregiudiziale del fallimento controricorrente dall’ordinanza interlocutoria del 2 marzo 2022, n. 6947, resa dalla menzionata Sesta sezione civile, sottosezione 3.
3.2. Successivamente, la Prima Sezione civile di questa stessa Corte, con altra ordinanza interlocutoria del 17 ottobre/3 novembre 2023, n. 30558, dopo aver rimarcato che le considerazioni tutte rinvenibili nelle motivazioni delle pronunce rese da Cass., SU, nn. 36057 e 36095 del 2023, consentivano agevolmente di ritenere validamente conferita la procura ad litem rilasciata al difensore dell’odierno ricorrente, ha ritenuto che « le argomentazioni esposte a corredo dei formulati motivi di ricorso rendono necessaria l’acquisizione, presso il giudice a quo (Corte di appello di Firenze), dei fascicoli di ufficio di primo e secondo grado, al fine di verificare, in entrambe le fasi di merito, l’avvenuta valida instaurazione, o non, del contraddittorio, da parte del COGNOME (in questa sede rimasto solo intimato), nei confronti dello COGNOME, ivi dichiarato contumace, con riguardo alla domanda di manleva da lui proposta contro quest’ultimo ». Pertanto, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, mandando alla Cancelleria di acquisire i fascicoli di ufficio predetti presso il giudice suddetto.
3.2.1. Eseguito tale adempimento, è stata fissata una nuova adunanza camerale, in occasione della quale entrambe le parti costituite hanno depositato ulteriore memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, vanno ribadite le argomentazioni tutte, già rinvenibili nell’ordinanza interlocutoria n. 30558/2023, in forza delle quali è stata ivi disattesa l’eccezione con cui il RAGIONE_SOCIALE ha prospettato l’inammissibilità dell’avverso ricorso perché privo di idonea procura speciale conferita, ex art. 365 cod. proc. civ., all’AVV_NOTAIO
NOME COGNOME. Né le osservazioni contenute nella memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del menzionato RAGIONE_SOCIALE si rivelano idonee a rivedere quella conclusione.
Ancora in via pregiudiziale, va disattesa l’istanza del difensore dello COGNOME ( cfr . pag. 3 della memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 27 settembre 2024) di trattazione del suo ricorso in pubblica udienza, non ravvisandone il Collegio i presupposti di legge o, comunque, la sua opportunità.
Tanto premesso, i formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione degli art. 137-140 c.p.c., nonché dell’art. 294 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.). Inesistenza della notificazione al ricorrente già nel giudizio di primo grado e conseguente erroneità della dichiarazione di contumacia. Inesistenza della notifica dell’atto di citazione in appello per violazione delle norme in tema di notificazione. In ogni caso, nullità delle notificazioni ex art. 160 c.p.c. e conseguente nullità delle sentenze impugnate ex art. 161 c.p.c. Richiesta di cassazione delle stesse con restituzione degli atti al primo giudice ». Viene evidenziata la violazione di legge in cui sarebbero incorsi sia il giudice del primo grado che quello del gravame nelle rispettive dichiarazioni di contumacia del l’odierno ricorrente, avendo ritenuto erroneamente perfezionate le notifiche degli atti introduttivi dei loro giudizi effettuate dal COGNOME nei confronti dello COGNOME. La corretta analisi delle relate avrebbe compiutamente dimostrato che parte chiamante non aveva rispettato il disposto degli art. 137 e ss. del codice di rito e, pertanto, il tribunale (prima) e la corte d’appello (poi) avrebbero dovuto disporre la rinno vazione della notifica nei modi di legge prima di pregiudicare il diritto di difesa del menzionato ricorrente. Si assume che le notificazioni degli atti introduttivi predetti siano inesistenti e quindi tamquam non essent , o comunque siano nulle ex art. 161 cod. proc. civ. (con nullità non sanate dal raggiungimento dello scopo), sicché le dichiarazioni di contumacia del ricorrente si mostrano
erronee, con conseguente nullità delle pronunce di entrambi i gradi di giudizio;
II) « Nullità della sentenza e del procedimento: richiesta di applicazione del combinato disposto degli art. 291 e 294 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli art. 291 c.p.c. ». Viene formulata richiesta di rimessione in termini ai sensi del combinato disposto degli art. 153 e 294 cod. proc. civ., sul presupposto che entrambe le notifiche suddetta al ricorrente, oltre che nulle, sarebbero state comunque inidonee allo scopo in quanto, come noto alla difesa del COGNOME sin dal giugno 2016 (data in cui lo stesso ebbe accesso al fascicolo penale per bancarotta), l’COGNOME era detenuto in Iran (come dichiarato dalla moglie di costui).
Allo scrutinio di queste doglianze è opportuno premettere una sintetica ricostruzione della vicenda processuale, sviluppatasi nei gradi di merito, come desumibile dagli atti di causa.
4.1. Da essi emerge che il RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Firenze, il solo NOME COGNOME, amministratore della medesima società in bonis , per sentirne accertare la responsabilità per mala gestio e violazione degli obblighi di vigilanza impostigli dalla legge ed ottenerne la condanna al risarcimento degli invocati danni.
4.1.1. Il COGNOME, costituendosi in giudizio, sostenne di essere soltanto un amministratore di comodo, atteso che a gestire interamente la società era stato COGNOME NOME, che chiese ed ottenne di poter chiamare in causa al fine di essere manlevato e tenuto indenne per la denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande attoree (non operando, dunque, la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato, in assenza di espressa domanda del menzionato fallimento anche nei suoi confronti, quale coobbligato solidale. Cfr . Cass. n. 30601 del 2018; Cass. n. 11103 del 2020). Ne domandò pure la condanna al risarcimento di danni ex art. 2476, comma 6, cod. civ.
4 .1.2. Richiesta la notifica dell’atto di chiamata in causa, lo COGNOME fu dichiarato contumace e, successivamente, il RAGIONE_SOCIALE predetto, con la prima
memoria ex art. 183 cod. proc. civ., concluse chiedendo al tribunale di procedere ad una liquidazione equitativa del danno e, per l’effetto, condannare NOME COGNOME al pagamento della somma di € 1.202.631,56 o quella diversa che sarebbe stata ritenuta di giustizia, pari all’ammontare del passivo nella totale inesistenza di attivo.
4 .1.3. L’adito Tribunale di Firenze, con sentenza n. 1446 del 2019: i ) accolse la domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE ex art. 2476 cod. civ. e condannò NOME COGNOME al risarcimento, in suo favore, della somma di € 1.200.000,00 per mala gestio e violazione dei doveri di vigilanza; ii ) condannò COGNOME NOME, chiamato in causa dal COGNOME ed ivi, come si è detto, rimasto contumace, a tenere indenne il menzionato convenuto in relazione alla condanna ricevuta nella misura del 50%, risultando la responsabilità per mala gestio ripartita tra i due in modo paritario; iii ) respinse la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal COGNOME nei confronti dell’NOME ai sensi dell’art. 2476, comma 6, cod. civ., rilevando che il primo era amministratore e non si trovava, quindi, nella posizione di socio danneggiato.
4.1.4. Contro questa decisione interpose gravame il COGNOME, così concludendo: « Nel merito, revocare le statuizioni della sentenza impugnata n. 144612019 del 10/05/2019, notificata in data 5/06/2019, con la quale il Tribunale di Firenze-sezione specializzata in materia di impresa ha ingiustamente condannato il Sig. NOME COGNOME al pagamento della somma di Euro 1.200.000,00 a favore del RAGIONE_SOCIALE ed accolto la domanda di manleva nei confronti dell’altro amministratore nella sola misura del 50%, rigettando la domanda di risarcimento del danno proposta dal Sig. COGNOME nei confronti dell’altro amministratore, condannandolo al pagamento spese di lite; per l’effetto accogliere le domande eccezioni e conclusioni formulate dal Sig. NOME COGNOME nel primo grado di giudizio e quindi: a) nel merito, rigettare le domande avanzate del RAGIONE_SOCIALE in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni tutte esposte in atti; b) in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande del RAGIONE_SOCIALE, dichiarare il Sig. NOME tenuto a manlevare e tenere indenne il
Sig. COGNOME di tutti i danni patrimoniali da egli subiti in conseguenza della mala gestio in qualità di amministratore di diritto e di fatto; c) in via ulteriormente subordinata, limitare il risarcimento del danno ai crediti ammessi al passivo a seguito delle domande di insinuazione tempestive (e quindi come quantificato come in comparsa di 1° grado in Euro 400 mila); d) in ogni caso condannare il Sig. COGNOME al risarcimento dei danni subiti dal Sig. COGNOME ai sensi e per gli effetti dell’art. 2476, comma 6, c.c .».
4 .1.5. Tale impugnazione fu respinta dall’adita Corte di appello di Firenze, con sentenza del 12 febbraio 2021, n. 363, resa nel contraddittorio con il menzionato RAGIONE_SOCIALE e nella contumacia di NOME. Questa sentenza risulta essere stata notificata il 15 febbraio 2021, ad istanza del RAGIONE_SOCIALE, soltanto al difensore costituito del COGNOME, il quale, nei sessanta giorni successivi, non risulta averla ulteriormente impugnata, sicché, nei suoi confronti, deve considerarsi passata in giudicato.
4.2. Va immediatamente ricordato, allora, che l’azione di responsabilità sociale non va necessariamente proposta contro tutti gli amministratori (e/o sindaci), trattandosi di un’ipotesi di responsabilità solidale e di scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido. Questa Corte, infatti, con orientamento consolidato, ha ribadito che, « in tema di responsabilità degli amministratori di società, ove la relativa azione venga proposta nei confronti di una pluralità di soggetti, in ragione della comune partecipazione degli stessi, anche in via di mero fatto, alla gestione amministrativa e contabile, tra i convenuti non si determina una situazione di litisconsorzio necessario, attesa la natura solidale della obbligazione dedotta in giudizio che, dando luogo ad una pluralità di rapporti distinti, anche se collegati tra loro, esclude l’inscindibilità delle posizioni processuali, consentendo quindi di agire separatamente nei confronti di ciascuno degli amministratori » ( cfr . Cass. n. 21497 del 2020; Cass. n. 21567 del 2017; Cass. n. 24632 del 2013; Cass. n. 7907 del 2012; Cass. n. 20476 del 2008). A sua volta, Cass. n. 21567 del 2017 ha puntualizzato pure che « La natura solidale della responsabilità consente di escludere anche la sussistenza di un litisconsorzio cd. unitario o processuale, configurabile allorquando, in relazione alla disciplina sostanziale
del rapporto, la legge estende a tutti gli interessati gli effetti della pronuncia emessa nei confronti di uno soltanto di essi, ovvero nei casi in cui, una volta divenuti parti del giudizio (ad esempio, mediante la chiamata in causa iussu judicis o per effetto di successione a titolo universale o particolare), uno o più soggetti, che non siano litisconsorti necessari fin dall’origine, debbano rimanerlo in tutte le sue fasi. Tale situazione, ritenuta configurabile anche in tema di responsabilità, nel caso di proposizione in via alternativa di una domanda di risarcimento fondata su un unico fatto illecito nei confronti di una pluralità di soggetti (cfr. Cass., Sez. lav., 20/01/2016, n. 986; Cass., Sez. III, 12/05/2014, n. 10243), non è ravvisabile in riferimento all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di società, ciascuno dei quali è chiamato a rispondere del proprio comportamento, giustificandosi il nesso di solidarietà in virtù dell’apporto personale fornito alla produzione dei danni complessivamente arrecati alla società, con la conseguenza che, sotto il profilo processuale, il cumulo soggettivo passivo non dà luogo all’inscindibilità delle cause ».
4.2.1. Alla stregua di tali princìpi, affatto condivisibili, ne consegue che l’odierna impugnazione, laddove promossa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, deve essere dichiarata inammissibile per essere la sentenza impugnata già passata in giudicato nei suoi confronti.
A diverso esito, invece, deve giungersi con riguardo alla medesima impugnazione rivolta (tempestivamente, giusta l’art. 327, comma 1, cod. proc. civ., tenuto conto della sua data -21 aprile 2021 -di notificazione al difensore costituito del COGNOME nel precedente grado, rispetto a quella -12 gennaio 2021 -della sentenza impugnata, pacificamente al primo non notificata) nei confronti dello stesso COGNOME, in questa sede rimasto solo intimato, così passandosi all’esame dei motivi di cui si è preceden temente dato conto.
5.1. Essi, scrutinabili congiuntamente perché connessi, si rivelano fondati giusta le dirimenti considerazioni di cui appresso, fin da ora rimarcandosi che è ammissibile l’impugnazione con la quale chi la propone si limiti -come accaduto nella specie -a dedurre soltanto i vizi di rito avverso una pronuncia
che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. ( cfr . Cass., SU, n. 12541 del 1998; Cass. n. 2053 del 2010; Cass. n. 11299 del 2018).
5 .2. Orbene, l’esame degli atti di causa, consentito a questa Corte in ragione della natura di errores in procedendo dei vizi denunciati, peraltro nel rispetto del principio di autosufficienza ( cfr . Cass. n. 23834 del 2019; Cass. n. 11738 del 2016), permette di accertare, da un lato, l’assenza di qualsivoglia dimostrazione dell’avvenuta notificazione, allo COGNOME, con esito positivo, dell’atto di sua chiamata in causa in primo grado da parte del COGNOME; dall’altro, l’inesistenza (non già, dunque, la mera nullità) della notificazione dell’appello promosso da quest’ultimo nei confronti del medesimo odierno ricorrente.
5.2.1. È noto -come osservato pure dalla difesa dello COGNOME -che gli art. 137 e ss. cod. proc. civ. sanciscono l’obbligo per l’attore di effettuare la notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei modi e nei luoghi ivi previsti. In particolare, per quanto riguarda la destinazione dell’atto, esso, ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ., deve essere consegnato presso la residenza, dimora o abitazione del destinatario. In caso di irreperibilità, la notifica deve essere eseguita con le modalità previste dell’art. 140 cod. proc. civ. (e quindi depositata alla RAGIONE_SOCIALE comunale), salvo che il soggetto cui l’atto sia diretto sia residente all’estero (nel qual caso essa deve essere avvenire alla stregua di quanto riportato nell’art. 142 cod. proc. civ.). Infine, se la residenza e/o il domicilio sono sconosciuti, essa deve essere effettuata ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ.
5.2.2. Tale complesso ed esaustivo meccanismo è volto a consentire al soggetto evocato in giudizio la piena conoscenza/conoscibilità dell’atto inviatogli, sicché solo in caso di suo pieno e puntuale rispetto il Giudice può correttamente procedere alla declaratoria di contumacia ex art. 291 cod. proc. civ. ed alla conseguente applicazione delle regole concernenti il giudizio contumaciale.
5 .3. Nella specie, invece, per quanto attiene la notificazione dell’atto di chiamata in causa dello COGNOME, da parte del COGNOME, non si rinviene in atti alcuna documentazione che ne dimostri la sua effettuazione, né il suo esito, con conseguente impossibilità, per il Collegio, di verificarne la concerta esistenza e/o il suo corretto perfezionamento. Da ciò la illegittimità della dichiarazione di contumacia in primo grado dell’odierno ricorrente.
5 .3.1. Per quanto concerne, poi, la notificazione dell’atto di citazione in appello, essa si mostra inesistente già ad una prima analisi sommaria: nella vocatio in ius , infatti, si rinviene indicato come recapito ‘ INDIRIZZO ‘ (così da lasciare supporre, ragionevolmente, che la notifica avrebbe dovuto essere ivi indirizzata), ma, invece, il difensore del COGNOME ha provveduto a d inviare l’atto suddetto, per la sua notifica, in Firenze, alla INDIRIZZO ( cfr . la relativa relata), luogo in cui non vi era un’abitazione ma un negozio di pastificio ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, di cui nemmeno è dato sapere quale fosse il collegamento con il destinatario dell’atto notificando. Questa notificazione, peraltro, nemmeno è andata a buon fine (avendo l’ufficiale giudiziario trovato chiuso quel negozio), né si rinviene in atti documen tazione ulteriore attestante l’avvenuta effettuazione di altri tentativi di notificazione, con esito positivo, o comunque legalmente perfezionatisi di quell’atto allo COGNOME. Quest’ultimo, dunque, è stato erroneamente dichiarato contumace anche dalla corte di appello.
5.4. Dalla erronea applicazione delle norme in tema di notificazione avvenuta in entrambi i gradi di merito ne è derivata la violazione del diritto di difesa dell’odierno ricorrente in conseguenza della parimenti erronea applicazione delle norme di legge sul la contumacia, posto che l’art. 291 cod. proc. civ. consente la declaratoria di contumacia nella sola ipotesi in cui il processo notificatorio -diversamente da quanto accaduto nell’odierno processo sia in primo grado che in appello -abbia seguito il corso indicato dal paradigma legale. Un siffatto controllo, evidentemente, non è stato correttamente eseguito dai giudici di entrambi i gradi di merito, né si rinvengono, nella sentenza oggi impugnata, elementi idonei a far propendere
per un avvenuto raggiungimento dello scopo comunque verificatosi in relazione alle notificazioni suddette.
5.5. Da tanto consegue, altresì, la nullità delle sentenze sia di primo che di secondo grado, posto che lo COGNOME ha dimostrato: i ) di essere stato erroneamente dichiarato contumace in primo grado in assenza di prova dell’avvenuta rituale notificazione nei suoi confronti, da parte del COGNOME, della corrispondente citazione per sua chiamata in causa e che, per effetto di quel vizio, egli non ha potuto acquisire conoscenza dell’atto e del conseguente processo di primo grado, all’esito del quale era rimast o soccombente; ii ) di essere stato dichiarato contumace, altrettanto erroneamente, in sede di gravame, stante l’inesistenza della notificazione, nei suoi confronti, dell’atto di citazione in appello promosso dal menzionato COGNOME e che, a causa di quel vizio, egli non ha potuto acquisire conoscenza dell’atto e del conseguente processo di secondo grado in cui pure era rimasto soccombente.
5.6. Orbene, essendo mancata la prova dell’ avvenuta notifica, con esito positivo, dell’ atto di chiamata in causa in primo grado e rivelandosi inesistente (non già nulla) quella dell’ atto di appello nei confronti dell’odierno ricorrente , deve concludersi nel senso che l’intero processo si è svolto, limitatamente alle sole domande del COGNOME contro lo COGNOME, senza la preventiva instaurazione del contraddittorio verso quest’ultimo . Da qui la declaratoria di nullità dei giudizi di primo e secondo grado concernenti il solo rapporto processuale da ultimo indicato, nonché, in partis quibus , delle corrispondenti sentenze del Tribunale di Firenze (n. 1446 del 2019) e della corte di appello della medesima città (n. 363 del 2021) che li hanno conclusi e la cassazione senza rinvio (perché il processo, proprio per le ragioni esposte, non poteva essere proseguito tra quelle parti già in primo grado) della decisione oggi impugnata limitatamente, appunto, alle sole domande suddette.
Riepilogando, quindi, va dichiarato inammissibile il ricorso promosso dallo RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, restando le corrispondenti spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza. Va accolto, invece, il medesimo ricorso da lui proposto contro il COGNOME, dichiarandosi nulli i giudizi di primo e
secondo grado concernenti il solo rapporto processuale tra essi intercorso, nonché, in partis quibus , le corrispondenti, già indicate, sentenze del Tribunale di Firenze e della corte di appello della medesima città che li hanno conclusi, cassandosi, senza rinvio, la decisione oggi impugnata limitatamente alle sole domande formulate dal COGNOME contro lo COGNOME e compensandosi integralmente, tra questi ultimi, le spese dell’intero giudizio giusta l’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2018.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e condanna il primo al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dal secondo, che si liquidan o, in € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Accoglie il ricorso proposto da COGNOME NOME nei confronti di NOME COGNOME e, per l’effetto: a ) dichiara nulli i giudizi di primo e secondo grado concernenti il solo rapporto processuale tra essi intercorso, nonché, in partis quibus , le corrispondenti sentenze del Tribunale di Firenze e della corte di appello della medesima città che li hanno conclusi; b ) cassa, senza rinvio, la decisione oggi impugnata limitatamente alle sole domande formulate dal COGNOME contro lo COGNOME; c ) compensa integralmente, tra questi ultimi, le corrispondenti spese dell’intero giudizio .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile