Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6119 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6119 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
sul ricorso 28589/2022 proposto da:
NOME, elett .te domic. presso l’AVV_NOTAIO, dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente-
COGNOME NOME COGNOME, elett.te d omic. presso l’AVV_NOTAIO, dalla quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti; -controricorrente- avver so la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Torino, n. 1046/2022, pubblicata in data 6.10.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, promissario acquirente di in terreno in forza di contratto preliminare del 27.5.13, impugnava con citazione il lodo arbitrale del 5.1.21, emesso dall’arbitro unico in Torino, che aveva
respinto la sua domanda di restituzione del doppio della caparra confirmatoria (pari a euro 150.000,00) versata al promissario venditore, NOME COGNOME, in ragione dell’inadempimento di quest’ultimo all’obbligo di concludere il contratto definitivo (avendo ceduto a terzi l’immobile promesso).
L’arbitro rigettava la domanda in quanto: non era provata la dazione della caparra confirmatoria che, in base al preliminare, risultava quietanzata dal promittente venditore e corrisposta con tre assegni bancari per la somma complessiva di euro 120.000,00, nonché tramite bonifico bancario di euro 30.000,00; tale contratto preliminare era invero finalizzato anche a regolare i rapporti di credito dell’RAGIONE_SOCIALE con il figlio del convenuto, NOME COGNOME, tramite il quale tutti i rapporti negoziali erano stati intrattenuti tra le parti, né era provato che l’asserito versamento quietanzato della caparra fosse effettivamente intervenuto, poiché la contabile bancaria e l’assegno prodotto in copia si riferivano rispettivamente agli anni 2007 e 2008 (di molto anteriori al preliminare) ed erano intestati a terzi beneficiari, e nessuna altra documentazione bancaria o contabile era stata prodotta.
NOME impugnava il lodo emotivi art. 829, n.1 e 5, c.p.c., per mancata esposizione sommaria dei motivi, e n.11, per contraddittorietà delle disposizioni contenute nel lodo.
Con sentenza del 6.10.22, la Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione, osservando che: l’impugnante non aveva sollevato l’eccezione di nullità del lodo, per l’invalidità della convenzione arbitrale, ex art. 817, c.2, c.p.c. ; le stesse ammissioni dell’attore circa l’utilizzo del negozio, anche per regolare i rapporti di credito che lo stesso attore aveva con il COGNOME, evidenziavano la mancata prova del versamento della caparra, considerando altresì che i versamenti erano
di molto anteriori al preliminare e indirizzati a soggetti terzi; la motivazione del lodo non presentava punti contraddittori.
NOME COGNOME ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 817, c.2, 829, c.1, n.1, 1 11, c.p.c., 116 c.p.c., nonché omesso esame di fatti, per non avere la Corte d’appello, nell’affermare che il ricorrente non aveva proposto tempestivamente l’eccezione di nullità della convenzione di arbitrato, considerato che il ricorrente non avrebbe potuto formulare tale eccezione nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri. Il ricorrente lamenta altresì che il lodo presentava un’evidente contraddittorietà tra la parte motiva e il dispositivo circa la questione dell’invalidità della convenzione arbitrale, avendo l’arbitro dapprima dubitato che il contratto fosse stato sottoscritto in maniera consapevole e cosciente dal COGNOME, e poi affermato che tale contratto fosse un negozio simulato poiché le parti erano consapevoli di sottoscrivere un accordo.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 1322 e 1385, c.c., avendo la Corte d’appello errato nel non considerare la derogabilità dell’art. 1385 c .c. in tema di caparra, sia in ordine ai tempi del suo versamento, sia circa i soggetti beneficiari.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 1362 e 367 c.c., per non aver la Corte territoriale interpretato correttamente il preliminare nella parte in cui faceva riferimento al bonifico del 2007 inteso dalle parti come caparra.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 2730, 2733, 2735, 2697, c.c ., non avendo la Corte d’appello attribuito alle dichiarazioni
del COGNOME valore di confessione nella parte in cui aveva imputato a titolo di caparra ricevuta le somme corrisposte dal ricorrente nel 2007 e 2008 ai terzi NOME COGNOME e tale NOME COGNOME.
Il primo motivo è fondato.
La Corte d’appello ha escluso la nullità del lodo, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., nn. 1 e 11, poiché la nullità della convenzione arbitrale rientrerebbe tra le eccezioni che la parte interessata deve far valere, ai sensi dell’art. 817, commi 2 e 3, c.p.c. nella prima difesa del procedimento arbitrale, cosa che non sarebbe stato fatto da ll’COGNOME (promittente acquirente, che aveva richiesto all’arbitro il doppio della caparra per inadempimento del venditore COGNOME).
Del resto – a parere della Corte d’appello – la invalidità della convenzione arbitrale ex art. 829, n. 1 c.p.c. non potrebbe derivare dalla invalidità del contratto preliminare, nel quale era contenuta la clausola compromissoria, atteso il principio di autonomia di qu est’ultima dal contratto, sicché l’invalidità di quest’ultimo non si estenderebbe alla prima.
Quanto alla nullità del lodo per contraddittorietà della motivazione, essa nullità sarebbe limitata al contrasto logico tra le diverse componenti del dispositivo, o tra la motivazione ed il dispositivo, che nella specie – non sussisterebbe.
Tali conclusioni non sono condivisibili. Le succitate disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 817 c.p.c., si riferiscono, invero, alle «eccezioni», laddove, nel caso concreto, il giudizio arbitrale era stato introdotto dall’COGNOME che, pertanto, in quanto rivestiva il ruolo di attor e, non era tenuto a proporre eccezioni. La questione della incapacità di intendere e di volere del COGNOME era stata, peraltro, introdotta da quest’ultimo solo in sede di discussione dinanzi agli arbitri.
Peraltro, il principio di autonomia della clausola arbitrale non si attaglia al caso di specie. Infatti, il principio secondo il quale la clausola compromissoria non costituisce un accessorio del contratto nel quale è inserita, ma ha propria individualità ed autonomia nettamente distinta da quella del contratto cui accede, per cui ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale, non trova applicazione nelle ipotesi in cui queste siano esterne al negozio e comuni ad esso e alla clausola (Cass. 37266/2021; Cass. 2529/2005). In siffatte ipotesi nelle quali rientra certamente l’incapacità della parte stipulante, causa di invalidità esterna al contratto, e per sua natura tale da inficiare anche la clausola compromissoria – la invalidità dell’atto travolge anche la clausola.
Quanto alla contraddittorietà del lodo, va rilevato che, in tema di arbitrato, la contraddittorietà cui fa riferimento l’art. 829, comma 1, n. 4 c.p.c. (oggi trasfusa nel n. 11 della medesima disposizione), al fine di consentire l’impugnazione per nullità, non corrisponde a quella di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., nel testo anteriore a quello vigente, ma va intesa nel senso che il contrasto deve emergere fra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra la motivazione e il dispositivo, mentre la contraddizione interna tra le diverse parti della motivazione non rileva come vizio in quanto tale, ma solo allorché impedisca la ricostruzione dell’iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale (Cass. 291/2021).
Nella specie, emerge un contrasto evidente tra il dispositivo del lodo, che dispone nel merito, rigettando la domanda dell’COGNOME, e la motivazione, nella quale si fa riferimento alla mancanza di coscienza e consapevolezza del COGNOME nel sottoscrivere il contratto e, di conseguenza, la clausola compromissoria, e si afferma che non vi erano
elementi sufficienti a far ritenere che il contratto fosse «valido ed efficace in ogni sua parte».
Del tutto contraddittoriamente con la affermazione di incapacità di intendere e di volere, gli arbitri affermavano, poi, che il negozio appariva simulato per accordo delle parti, e comunque di dubbia validità.
A fronte di tali elementi, la Corte avrebbe dovuto dichiarare la nullità del lodo ex art. 829, nn. 1 e 11 c.p.c.
Gli altri motivi sono da ritenere assorbiti dall’accoglimento del primo . Per quanto esposto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla corte d’appello di Torino, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata. Rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 29 novembre 2023.