Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3579 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3579 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/02/2024
R.G.N. 34976/18
U.P. 30/1/2024
SENTENZA
Vendita -Preliminare -Risoluzione -Danno da occupazione senza titolo -Restituzione mobili -Nullità per indeterminatezza dell’oggetto sul ricorso (iscritto al N.NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale
condizionato, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in COGNOME, INDIRIZZO, hanno eletto domicilio;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza della Corte d’appello di COGNOME n. 1653/2018, pubblicata il 7 agosto 2018, notificata a mezzo PEC il 5 ottobre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
viste le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.;
sentite le conclusioni rassegnate nel corso dell’udienza pubblica dal P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e l’AVV_NOTAIO per i controricorrenti e ricorrenti incidentali.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 4 dicembre 2006, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE al fine di sentire pronunciare il trasferimento coattivo, in suo favore, della proprietà della villa che insisteva al foglio di mappa n. 11, particella n. 1237, in forza dell’impegno assunto dal promittente alienante con il preliminare di vendita di cui alla scrittura privata del 15 gennaio 2004, per il prezzo
complessivo pattuito di euro 1.240.000,00, offrendo il pagamento del saldo ammontante ad euro 983.400,00, compresi gli oneri a carico della società venditrice (sanatoria, oblazione relativa, cancellazione dell’ipoteca, costo del muro, ecc.), anche mediante corresponsione diretta alla RAGIONE_SOCIALE, nei limiti della quota del credito gravante sull’immobile.
Con separato ricorso, depositato il 29 gennaio 2007, instava per l’autorizzazione del sequestro giudiziario della villa insistente sulla particella n. 1237, già detenuta dal giugno 2004.
Con ordinanza depositata il 27 aprile 2007, il Tribunale adito disattendeva la richiesta di concessione del provvedimento cautelare assicurativo, decisione confermata in sede di reclamo con ordinanza depositata il 30 luglio 2007.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava le domande avversarie e, in via riconvenzionale, chiedeva che venisse pronunciata la risoluzione dei contratti preliminari, conclusi tra le parti rispettivamente con scritture private del 15 gennaio 2004 e del 23 marzo 2004, per grave inadempimento del promissario acquirente, e che quest’ultimo fosse condannato all’immediato rilascio, con tutti gli arredi, corredi, mobili e suppellettili, in favore della promittente alienante, della villa unifamiliare oggetto di causa, detenuta dall’attore senza titolo, nonché al pagamento della somma di denaro dovuta per l’occupazione abusiva dell’immobile, sino alla sua effettiva consegna.
Nel corso del giudizio decedeva l’attore e, in conseguenza, intervenivano volontariamente in giudizio gli eredi COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Con ordinanza istruttoria depositata il 21 aprile 2008, erano ammesse le richieste di prova articolate dalle parti e, in particolare, l’interrogatorio formale deferito al legale rappresentante della società convenuta, l’ordine di esibizione documentale dell’originale della scrittura privata del 23 marzo 2004 e la prova testimoniale chiesta da entrambe le parti, mentre ogni decisione sull’ammissione della consulenza tecnica d’ufficio era riservata all’esito dell’assunzione della prova costituenda ammessa.
Successivamente gli intervenienti modificavano la domanda da esecuzione in forma specifica del contratto preliminare in risoluzione del preliminare di vendita per inadempimento del promittente alienante.
Si dava poi atto che, nelle more, l’immobile era stato rilasciato in favore di una società terza -la RAGIONE_SOCIALE -, che aveva stipulato con la RAGIONE_SOCIALE altro preliminare di vendita.
All’esito, la RAGIONE_SOCIALE rappresentava che le controparti, al momento del rilascio, avevano spogliato la villa di tutti i beni mobili e che, per l’effetto, era stata sporta querela, depositando verbale di perquisizione e sequestro in data 14 ottobre 2009, che dava atto del ritrovamento di parte dei mobili nella casa degli intervenienti.
In prosieguo di causa erano precisate le conclusioni, senza che la prova orale ammessa fosse assunta.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1236/2013, depositata il 21 marzo 2013: 1) dichiarava l’inammissibilità della domanda mutata di risoluzione del preliminare di vendita proposta
dagli eredi del promissario acquirente, in quanto l’inadempimento dedotto era fondato su fatti nuovi, escludendo altresì che si fosse determinata alcuna sopravvenuta impossibilità dell’oggetto imputabile al promittente venditore (in ragione della rinunzia alla sanatoria e dell’intervenuta autorizzazione alla demolizione); 2) rigettava la domanda risarcitoria spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE -limitata alla riparazione del nocumento da occupazione sine titulo -in difetto di alcuna prova sull’ an debeatur , per sopravvenuta cessazione dell’interesse alla sua coltivazione, non avendo essa insistito nello svolgimento dell’attività istruttoria ed avendo trasferito l’immobile a terzi.
2. -Con atto di citazione notificato il 5 maggio 2014, proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: che il Tribunale non si era pronunciato sulla domanda di risoluzione dei contratti preliminari del 15 gennaio 2004 e del 23 marzo 2004; – che non vi era stata alcuna statuizione sulla domanda della convenuta di condanna alla restituzione degli arredi, corredi, mobili e suppellettili presenti nella villa al momento dell’occupazione; – che erroneamente era stato ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse reiterato le richieste istruttorie o, comunque, vi avesse rinunciato; – che erroneamente era stata esclusa la dimostrazione dell’ an debeatur e del quantum della domanda di condanna al risarcimento per occupazione abusiva da giugno 2004 al 30 settembre 2008; – che non si era tenuto conto della sentenza penale del Tribunale di COGNOME n. 2911/2013 del 16 maggio 2013, che -pur avendo assolto gli eredi di COGNOME NOME dai reati ascrittigli per la sola carenza dell’elemento soggettivo -aveva rilevato che la villa era stata gravemente
danneggiata nonché privata di tutti gli arredi, corredi, mobili e suppellettili di pregio, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali concludevano per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e, nel merito, per il suo rigetto; spiegavano altresì appello incidentale, con cui chiedevano che fosse dichiarata la nullità dei contratti preliminari per impossibilità di identificare il loro oggetto, in mancanza dell’indicazione dei confini e dei dati catastali relativi alla porzione di terreno venduta annessa alla villa e non esattamente identificata, se non nei limiti di una superficie di mq. 3.000, a fronte della maggiore estensione complessiva di mq. 4.600.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di COGNOME, con la sentenza di cui in epigrafe, respingeva sia l’appello principale sia l’appello incidentale e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a ) che la domanda nuova di accertamento della nullità dei preliminari per indeterminatezza dell’oggetto, in ordine alla identificazione del bene oggetto della promessa, bene pacificamente occupato dagli eredi del promissario acquirente, era manifestamente infondata, poiché il riferimento alla compiuta individuazione del cespite, previo scorporo -tramite frazionamento da effettuare a cura dei tecnici incaricati dalle parti -di una minore superficie che sarebbe rimasta in proprietà della venditrice, non escludeva la determinabilità dell’oggetto, anche in ragione dell’indicazione degli estremi catastali (foglio n. 11, particella n. 1237), della superficie
da distaccare e dell’emarginazione dei manufatti oggetto di trasferimento insistenti sul terreno e, segnatamente, della villa dell’estensione di mq. 500, con relative pertinenze; b ) che, inoltre, la domanda di risoluzione avanzata dall’appellante principale era infondata, in quanto basata su fatti -il mancato raggiungimento di un accordo tra la promittente venditrice e la sua creditrice RAGIONE_SOCIALE per la cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile , il cui verificarsi non poteva essere posto in rapporto di causalità con la lamentata inerzia del promissario acquirente, il quale non aveva prestato alcun obbligo di garanzia al riguardo, ma aveva soltanto manifestato la propria disponibilità a trattare nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE; c ) che, infatti, doveva essere il promittente alienante a garantire la libertà del bene dai vincoli pregiudizievoli analiticamente indicati in contratto; d ) che anche la domanda di condanna alla restituzione delle suppellettili esistenti all’interno della villa occupata dagl i appellati doveva essere disattesa, in ragione della genericità della pretesa azionata, priva dell’indicazione dei beni che avrebbero dovuto essere restituiti, i quali non potevano essere individuati in quelli sequestrati dai Carabinieri in esecuzione del decreto emesso dalla Procura della Repubblica di COGNOME il 23 settembre 2009, in assenza di una specifica allegazione in tal senso e in difetto di prova che i beni sequestrati fossero effettivamente provento del contestato reato di ‘furto’; e ) che, all’u opo, non poteva essere disposto l’espletamento della prova orale articolata in primo grado dall’appellante principale, in quanto era stata omessa l’allegazione della sua rilevanza ai fini del decidere; f ) che era inammissibile, in quanto del tutto nuova, la pretesa risarcitoria fondata
sull’ingiustificato arricchimento degli appellati; g ) che dovevano essere respinte le obiezioni mosse avverso il rigetto della domanda di risarcimento da occupazione senza titolo dell’immobile, considerati i non contestati effetti anticipati del contratto ed in assenza di prova che gli eredi del promissario acquirente avessero effettivamente occupato parti di immobile non contemplate negli accordi preliminari.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Hanno resistito, con controricorso, gli intimati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che hanno proposto ricorso incidentale condizionato, articolato in un unico motivo.
4. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1362 e ss. c.c., con omessa pronuncia, per avere la Corte di merito pronunciato su domanda diversa da quella proposta da RAGIONE_SOCIALE, non avendo quest’ultima contestato l’inadempimento del promissario acquirente ad un’obbligazione di risultato consistente nel raggiungimento di un accordo con la creditrice ipotecaria -, ma ad una mera obbligazione di mezzi -rappresentata dalla presentazione di una proposta transattiva verso tale creditrice -.
Obietta, in proposito, l’istante che la sentenza impugnata avrebbe modificato la causa petendi della domanda e non avrebbe esattamente esaminato la rilevanza della mancata presentazione
della proposta transattiva e la gravità di questo specifico inadempimento nell’economia complessiva del contratto.
1.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, la RAGIONE_SOCIALE ha richiesto la risoluzione dei contratti preliminari, sottoscritti rispettivamente il 15 gennaio 2004 e il 23 marzo 2004, per inadempimento grave imputabile al promissario acquirente COGNOME NOME e, segnatamente, per non aver questi raggiunto alcun accordo con la RAGIONE_SOCIALE ai fini della cancellazione delle ipoteche iscritte sul cespite e per non avere neppure formulato alcuna proposta transattiva alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.
Ora, secondo le indicazioni riportate nel corpo del ricorso (e riprese nel corpo del controricorso), come comprovate dal contenuto del documento depositato unitamente al ricorso, con la scrittura privata del 23 marzo 2004 (integrativa del contratto preliminare di cui alla scrittura privata del 15 gennaio 2004), le parti avevano stabilito: – nella premessa, a pag. 3, che -allo scopo di accelerare la definizione delle trattative in corso –COGNOME NOME ‘si era dichiarato disponibile’ a presentare alla S.I .B., in nome proprio, ma nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, una formale proposta per il pagamento di una somma a saldo e stralcio dell’intera esposizione debitoria della società; – sempre nella premessa, a pag. 3, che l’interesse del COGNOME alla presentazione della proposta alla RAGIONE_SOCIALE era direttamente collegato con la volontà di procedere all’acquisto della unità immobiliare di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e, pertanto, le parti, nel reciproco interesse, intendevano disciplinare i rispettivi impegni nell’i potesi di accoglimento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, della proposta transattiva presentata dal COGNOME; all’art. 2, che, subordinatamente al
raggiungimento di un accordo con la RAGIONE_SOCIALE per la definizione dell’importo da versare per la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie, la RAGIONE_SOCIALE prometteva di vendere al COGNOME, che si impegnava ad acquistare, l’unità immobiliare emarginata; -all’art. 6, che le parti espressamente convenivano che, qualora la RAGIONE_SOCIALE avesse definito con la RAGIONE_SOCIALE un importo complessivo per la totale cancellazione delle ipoteche iscritte su tutte e tre le unità immobiliari site in località Giusino per un importo non superiore ad euro 1.250.000,00, il corrispettivo convenuto per la vendita sarebbe stato ridotto ad euro 1.110.000,00; all’art. 7, che l’atto pubblico di vendita avrebbe dovuto essere effettuato contestualmente al rilascio del consenso alla cancellazione delle iscrizioni ipotecarie ed alla rinuncia alle procedure in corso, entro 180 giorni dalla data della stipula del preliminare.
Dal tenore dei patti raggiunti risulta confermata, dunque, l’assenza di alcun puntuale obbligo assunto dal promissario acquirente, diretto a formulare una proposta transattiva verso la creditrice ipotecaria, bensì la mera esternazione della propria disponibilità a collaborare per il raggiungimento del risultato rappresentato dalla cancellazione delle ipoteche, cui era tenuta precipuamente la promittente alienante, risultato propedeutico alla conclusione del definitivo di vendita.
Con la conseguenza che nessun mutamento della domanda è stato erroneamente effettuato dalla Corte d’appello, all’esito della dinamica comparazione tra il tenore letterale della pretesa azionata (e, in specie, rispetto agli inadempimenti dedotti) e le argomentazioni spese per disattendere la sua fondatezza.
Piuttosto è stato negato che la domanda di risoluzione avanzata dall’appellante principale potesse essere accolta, appunto perché imperniata su circostanze -il mancato raggiungimento di un accordo tra la promittente venditrice e la sua creditrice RAGIONE_SOCIALE per la cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile , il cui verificarsi non poteva essere posto in rapporto di causalità con la lamentata inerzia del promissario acquirente, il quale non aveva prestato alcun obbligo di garanzia al riguardo, ma aveva soltanto manifestato la ‘propria disponibilità’ a trattare nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di merito, per l’effetto, prendendo atto dei termini attraverso cui era stato articolato l’accordo negoziale, e in fedele applicazione dei canoni ermeneutici del contratto, ha correttamente concluso nel senso che doveva essere il promittente alienante a garantire la libertà del bene dai vincoli pregiudizievoli analiticamente indicati in contratto, e non già il promissario acquirente, che si era limitato semplicemente a prestare la propria collaborazione in vista del raggiungimento dello scopo.
E ciò in termini assolutamente conformi alla causa petendi della spiegata azione di risoluzione per inadempimento.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti, per avere la Corte territoriale tralasciato di esaminare i termini della sentenza penale irrevocabile di assoluzione depositata da RAGIONE_SOCIALE in appello, quale documento sopravvenuto, nonché per avere ignorato il contenuto del verbale di sequestro preventivo penale,
che aveva preceduto la stessa sentenza, da cui si sarebbero potuti desumere e individuare gli specifici beni mobili di cui era stata lamentata la sottrazione dalla villa al momento del rilascio, beni oggetto della pretesa di restituzione.
Rileva la ricorrente che il verbale di sequestro, come evocato dalla sentenza penale di assoluzione, aveva indicato i beni rinvenuti nell’abitazione degli eredi di COGNOME NOME, che erano prima nella villa, e segnatamente due gazebi, come da foto, posti nel giardino dell’abitazione, otto copritermosifoni, un kit completo comprendente accessori da bagno di colore giallo, compreso di box doccia, un arredo per camino in legno, un mobile salone composto da due librerie con copritermosifone e sette porte in rovere massiccio.
2.1. -Il motivo è fondato.
A fronte dei dati riportati nella pronuncia penale e nel verbale di sequestro, la sentenza impugnata ha disatteso la domanda di restituzione per genericità della pretesa azionata, in quanto asseritamente priva dell’indicazione dei beni che avrebbero dovuto essere restituiti, i quali non avrebbero potuto essere individuati in quelli sequestrati dai Carabinieri in esecuzione del decreto emesso dalla Procura della Repubblica di COGNOME il 23 settembre 2009, in assenza di una specifica allegazione in tal senso e in difetto di prova che i beni sequestrati fossero effettivamente provento del contestato reato di ‘furto’.
Siffatta motivazione non ha tenuto conto degli esiti del giudizio penale, la cui sentenza di assoluzione n. 2911/2013 del 16 maggio 2013, perché il fatto non costituisce reato, è divenuta irrevocabile nel corso del giudizio di gravame (all’esito delle
impugnazioni proposte, come da attestazione prodotta dalla ricorrente), la quale ha accertato l’integrazione degli elementi oggettivi relativi alla fattispecie incriminatrice di appropriazione indebita ex art. 646 c.p. (e di danneggiamento ex art. 635 c.p.), ma ha escluso l’elemento subiettivo, alla stregua della ritenuta buona fede degli eredi del promissario acquirente (in quanto autorizzati al prelievo dalla RAGIONE_SOCIALE).
È stata, dunque, accertata l’asportazione dalla villa di alcuni beni mobili di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, come ammesso dagli stessi imputati, al momento del rilascio del bene.
Né si è tenuto conto del verbale di perquisizione domiciliare e di sequestro del 14 ottobre 2009, in attuazione del decreto di perquisizione e sequestro dei beni ivi specificamente elencati del 23 settembre 2009, in quanto possibile provento di ‘furto’, in ragione della valutata corrispondenza tra i beni rinvenuti all’esito della perquisizione domiciliare svolta e l’elenco dei beni sottratti di cui all’allegato n. 5 della querela sporta da COGNOME NOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE.
Tale verbale -unitamente alla querela sporta l’8 agosto 2009 -è stato prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado, con la memoria del 4 novembre 2009, all’esito della deduzione del fatto sopravvenuto del rilascio dell’immobile, con la sottrazione degli arredi e delle suppellettili ivi esistenti, sicché l’oggetto della domanda di restituzione è stato precisamente determinato sin da quando tale accadimento si è verificato.
L’omesso esame dei sottesi fatti controversi, da intendersi riferiti a precisi accadimenti o a precise circostanze in senso storico-naturalistico, ossia alla sottrazione degli arredi e
suppellettili dalla villa e al loro rinvenimento presso l’abitazione degli imputati, la cui esistenza risulta dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, ha assunto una portata decisiva nel disposto rigetto della domanda restitutoria per asserita genericità della pretesa, il che legittima l’accoglimento della doglianza (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
3. -Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., con motivazione apparente sulla domanda di risarcimento danni da occupazione senza titolo, per avere la Corte distrettuale adottato argomentazioni autoreferenziali e basate su elementi privi di alcun riscontro negli atti e nei fatti di causa, omettendo di esaminare la richiesta di prova per testi sulla illegittima immissione in possesso da parte del COGNOME, il quale aveva adoperato un pretesto per immettersi nell’immobile ed occuparlo.
Osserva, sul punto, l’istante che nessuna delle parti avrebbe mai dedotto che il contratto avesse effetti anticipati, né nel corpo del contratto preliminare si sarebbe fatta menzione di tale consegna anticipata.
Tanto più che la RAGIONE_SOCIALE aveva iniziato il giudizio per occupazione abusiva ed aveva chiesto prova per testi sull’illegittima immissione in ‘possesso’ da parte del COGNOME sulla scorta di uno stratagemma, avendo altresì contestato
l’occupazione abusiva con lettera raccomandata del 30 marzo 2005, occupazione abusiva a cui faceva riferimento anche la sentenza penale di assoluzione.
3.1. -Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha, infatti, argomentato il rigetto della domanda di risarcimento danni da occupazione senza titolo dell’immobile, alla stregua della concordata esecuzione anticipata del contratto di vendita, per effetto della stipula dei preliminari, e della corrispondenza tra l’oggetto della promessa di vendita e l’ampiezza dei cespiti occupati.
Siffatte argomentazioni non risultano affatto supportate da alcun riferimento asseverativo ed appaiono irrimediabilmente in contrasto con le risultanze di causa (essendo pacifico che i preliminari non prevedevano alcuna consegna anticipata del cespite).
Orbene, in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020; Sez. 6-5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. L, Sentenza n. 25866 del 21/12/2010).
Ciò che appunto è accaduto nella fattispecie.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 183, settimo comma, c.p.c., con omessa pronuncia sulle richieste istruttorie, per avere la Corte del gravame errato nel ritenere che le prove orali articolate fossero inammissibili, in quanto la RAGIONE_SOCIALE avrebbe omesso di allegarne la rilevanza ai fini del decidere.
E ciò perché sarebbe demandato al giudice di valutare l’ammissibilità e la rilevanza dei mezzi istruttori richiesti dalle parti, sicché la rilevanza dei capitoli sarebbe emersa immediatamente dalla loro lettura.
Segnatamente, con la reiterata richiesta di prova per testi, mediante audizione del testimone indicato e sul capitolo testualmente riportato nel corpo del ricorso, sarebbe stata domandata l’ammissione della prova sul fatto che il COGNOME avesse chiesto e ottenuto le chiavi dell’immobile soltanto per le necessarie constatazioni, ai fini di eventuali interventi, ma di fatto lo avesse occupato per abitarlo con la famiglia, mantenendo tutto il mobilio di proprietà della famiglia COGNOME che lì era rimasto.
Né il giudice avrebbe provveduto sull’ammissione della consulenza tecnica d’ufficio, volta a quantificare l’indennità di occupazione.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
E ciò perché, secondo lo stesso assunto della ricorrente, tale prova orale era stata già richiesta nel giudizio di primo grado con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c., depositata il 18 maggio 2007, ed ammessa con ordinanza depositata il 21 aprile 2008.
Senonché il Tribunale non ha mai provveduto all’assunzione, all’esito della richiesta congiunta delle parti di fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni o, comunque, in difetto di una specifica istanza volta ad insistere nell’assunzione.
D’altronde parte ricorrente non ha puntualmente contestato l’ordinanza che ha disposto la precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado, senza l’assunzione delle prove ammess e, se non con l’atto di gravame (e non già al momento della precisazione delle conclusioni davanti al Tribunale).
Infatti, il mero generico richiamo alle memorie istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni non è significativo, a fronte di una prova costituenda già ammessa, della puntuale volontà di insistere nella sua assunzione. Solo successivamente la stessa prova è stata reiterata dall’appellante principale nel giudizio di impugnazione, contestando che avesse mai abdicato alla prova orale.
Ora, osta alla riproposizione in appello della prova la decadenza o la rinunzia ad essa da parte dell’interessato (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2749 del 02/08/1968).
Sennonché la reciproca e concorde richiesta delle parti di fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, senza più instare per l’espletamento del mezzo di prova, con l’adesione del giudice che ha disposto la precisazione delle conclusioni, integra la presunzione di abdicazione alla prova ammessa per inattività delle parti.
Tale rinuncia acquista efficacia per effetto del consenso del giudice implicitamente espresso con il provvedimento di chiusura
dell’istruttoria e di remissione della causa in decisione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10797 del 04/05/2018; Sez. 3, Sentenza n. 18688 del 06/09/2007; Sez. 2, Sentenza n. 12241 del 19/08/2002; Sez. L, Sentenza n. 550 del 24/01/1981).
In esito, non ricorre alcuna omessa pronuncia sulla richiesta di ammissione della consulenza tecnica d’ufficio volta a dimostrare il quantum debeatur , avendo il giudice di merito ritenuto che non vi fosse la prova dell’ an (trattandosi, dunque, di un effetto meramente riflesso).
5. -Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato i controricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., la nullità del preliminare e la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1418, 1325, n. 3, 1346 e 1362 e ss. c.c., con vizio motivazionale, per avere la Corte d’appello ritenuto che il cespite fosse stato compiutamente individuato, benché il terreno annesso alla villa, della complessiva superficie di mq. 4.600, fosse stato indicato attraverso il generico riferimento all’area di mq. 3.000, che avrebbe dovuto costituire oggetto di scorporo.
Deducono, al riguardo, i controricorrenti che, trattandosi di un contratto preliminare, l’oggetto del negozio avrebbe dovuto essere determinato e completo in tutti i suoi punti o almeno nei suoi elementi essenziali, che nella specie sarebbero mancati, non essendo stata determinata la superficie da staccare in favore della parte promissaria acquirente, né dalla scrittura sarebbero risultati i criteri per determinarla, in assenza di una convergenza totale tra le parti sul frazionamento da adottare nel definitivo.
5.1. -Il motivo è infondato.
Sul punto, la sentenza impugnata ha respinto la domanda di accertamento della nullità dei preliminari per indeterminatezza dell’oggetto, in ordine alla identificazione del bene oggetto della promessa, bene pacificamente occupato dai promissari acquirenti, poiché il riferimento alla compiuta individuazione del cespite, previo scorporo -tramite frazionamento da effettuare a cura dei tecnici incaricati dalle parti -di una minore superficie che sarebbe rimasta in proprietà della venditrice, non avrebbe escluso la determinabilità dell’oggetto, anche in ragione dell’indicazione degli estremi catastali (foglio n. 11, particella n. 1237), della superficie da distaccare e dell’emarginazione dei manufatti oggetto di trasferimento insistenti sul terreno e, segnatamente, della villa dell’estensione di mq. 500, con relative pertinenze.
Ebbene, il preliminare del 23 marzo 2004 identificava il cespite con la villa realizzata su due elevazioni fuori terra, della superficie di mq. 500 circa, insistente su un lotto di terreno di mq. 3.000 circa (a fronte di una maggiore estensione del terreno per mq. 4.600), iscritta in catasto alla partita n. 1282093, particella n. 1237, con relative pertinenze, costituite da piscina, cappella e dependance, nella situazione esistente e ben nota alla parte promissaria acquirente.
In proposito, si evidenzia che, ai fini della validità del contratto preliminare, non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando sufficiente l’accordo delle parti su quelli essenziali. In particolare, nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto ex lege l’atto scritto come per il definitivo, è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il rimando
ad elementi esterni ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco, che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può altresì essere incompleta o mancare del tutto, purché l’intervenuta convergenza delle volontà risulti, sia pure aliunde o per relationem , logicamente ricostruibile (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11297 del 10/05/2018; Sez. 2, Sentenza n. 2473 del 01/02/2013; Sez. 2, Sentenza n. 8810 del 30/05/2003; Sez. 2, Sentenza n. 7935 del 23/08/1997; Sez. 2, Sentenza n. 6570 del 10/06/1991; Sez. 2, Sentenza n. 5716 del 27/06/1987).
Nella fattispecie, secondo la ricostruzione della Corte d’appello, conforme al precetto innanzi enunciato, l’intervenuta convergenza delle volontà sull’individuazione dell’esatta superficie di mq. 3.000, annessa alla villa, a fronte della maggiore estensione del terreno compreso nella particella n. 1237 di mq. 4.600, risultava, sia pure aliunde o per relationem , logicamente ricostruibile; e ciò attraverso: a ) il richiamo allo scorporo all’esito di frazionamento da effettuare a cura dei tecnici incaricati dalle parti (evidentemente prima della stipulazione del definitivo); b ) il riferimento ai manufatti oggetto di trasferimento insistenti sul terreno e, segnatamente, della villa dell’estensione di mq. 500, con relative pertinenze (costituite da piscina, cappella e dependance), nella situazione esistente e ben nota alla parte promissaria acquirente, che nelle more ne aveva acquisito la disponibilità.
6. -In definitiva, il secondo e il terzo motivo del ricorso principale devono trovare accoglimento, nei sensi di cui in
motivazione, mentre il primo motivo va rigettato e il quarto va dichiarato inammissibile. Ancora, il ricorso incidentale condizionato va rigettato.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di COGNOME, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei controricorrenti e ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, rigetta il primo motivo e dichiara l’inammissibilità del quarto motivo, rigetta il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte d’appello di COGNOME, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei controricorrenti e ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda