Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19404 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19404 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
SENTENZA
R.G.N. 30189/20
U.P. 27/6/2025
Vendita -Leasing -Difetti macchina -Nullità per carenza di sicurezza -Risoluzione per inadempimento -Risarcimento danni sul ricorso (iscritto al N.R.G. 30189/2020) proposto da:
RIGATO NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, già titolare dell’omonima impresa individuale (P.IVA: P_IVA, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, già RAGIONE_SOCIALE Obernburg, in persona dei suoi legali rappresentanti pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale
condizionato, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del primo difensore;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2510/2020, pubblicata il 25 settembre 2020, notificata a mezzo PEC il 25 settembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 giugno 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, con l’assorbimento dei rimanenti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale condizionato; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente principale nonché l’Avv. NOME COGNOME per la controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. -Svolto il procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam , con atto di citazione notificato il 28 settembre 2010, Rigato NOMECOGNOME quale titolare dell’omonima impresa individuale, conveniva, davanti al Tribunale di Padova (Sezione distaccata di Cittadella), la RAGIONE_SOCIALE nonché la
Unicredit Leasing S.p.A., al fine di sentire: A) dichiarare la nullità per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa o dell’oggetto del contratto di fornitura di un robot per l’automazione della saldatura dei containers concluso tra le parti il 22 giugno 2005 e del collegato contratto di leasing del 30 settembre 2005 concluso tra COGNOME NOME e la Unicredit Leasing S.p.A., con la conseguenziale condanna alla restituzione di quanto versato in esecuzione del contratto di leasing e al risarcimento dei danni; B) in via subordinata, pronunciare la risoluzione per inadempimento dei riferiti contratti, con la condanna alla restituzione di quanto versato in esecuzione del contratto di leasing e al risarcimento dei danni; C) in via ulteriormente subordinata, accertata l’esistenza dei difetti descritti nel robot, condannare la convenuta al pagamento, a titolo di risarcimento danni, dei costi necessari per l’eliminazione dei vizi, l’adeguamento del macchinario alle norme vigenti in materia di sicurezza e/o per il minor valore del macchinario in caso di impossibilità di eliminazione dei difetti stessi nonché al risarcimento di tutti gli altri danni patiti.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE Obernburg, la quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie, eccependo, in rito, il difetto di giurisdizione del giudice italiano e -in subordine -l’incompetenza per territorio del Tribunale adito in favore del Tribunale di Milano nonché, nel merito, la decadenza e la prescrizione delle azioni di garanzia contrattuale avanzate e comunque l’insussistenza dei presupposti delle azioni esperite, poiché il macchinario era stato fornito in favore della società di leasing e non dell’utilizzatrice. In
via subordinata e riconvenzionale, chiedeva la condanna della ditta COGNOME NOME al pagamento del giusto indennizzo per l’uso dell’apparecchiatura avvenuto a far data dal giorno della consegna fino a quello della pronuncia.
Si costituiva altresì la RAGIONE_SOCIALE, la quale eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale adito in favore del Tribunale di Milano e, in via subordinata, chiedeva che fossero respinte le azioni proposte nei suoi confronti, in quanto infondate in fatto e in diritto.
Alla prima udienza del 12 aprile 2011 l’attrice estendeva le proprie domande di nullità e risoluzione anche con riferimento al contratto di vendita intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e l’Unicredit LeasingRAGIONE_SOCIALE
In ragione dell’accordo transattivo raggiunto tra l’impresa RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, all’udienza del 31 gennaio 2012 era pronunciata sentenza non definitiva n. 183/2012 di cessazione della materia del contendere tra siffatte parti, con la disposizione della separazione del giudizio quanto al rapporto tra l’attrice e la RAGIONE_SOCIALE
Nel corso del giudizio era assunta la prova per interpello e testimoniale ammessa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 15/2016, depositata il 4 gennaio 2016, rigettava le domande di nullità e di risoluzione dei contratti emarginati e condannava la RAGIONE_SOCIALE Obernburg al pagamento, in favore dell’impresa COGNOME NOME, della somma di euro 16.000,00, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento danni.
2. -Con atto di citazione notificato il 10 marzo 2016, COGNOME NOME, quale titolare dell’omonima ditta individuale, proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) il mancato accoglimento delle domande proposte in via principale di nullità e, in via subordinata, di risoluzione dei contratti intercorsi, in ragione dell’errore di diritto relativo alla nozione, alla natura e alla struttura del contratto di leasing (per la mancata rispondenza del macchinario fornito ai requisiti di sicurezza richiesti dalla legge o per l’inadempimento del costruttore, sulla scorta del vizio dal quale il bene era affetto, consistente nel malcerto fissaggio della bobina del filo di saldatura, quale componente che, a causa delle forti oscillazioni prodotte dal brusco movimento bidirezionale del robot, presentava il rischio di pericolosa caduta); 2) l’ingiusto diniego della domanda di condanna al risarcimento dei danni patiti e patiendi alla stregua dell’inadempimento della fornitrice (con riferimento al pagamento dei canoni di leasing durante il periodo di inoperatività del robot, al costo inutilmente sostenuto per l’edificazione della struttura in cui veniva installato il macchinario, al costo per la manodopera impiegata per la riprogrammazione necessaria dopo il compimento di ogni attività affidata al robot, al danno da fermo tecnico, al deprezzamento subito dal bene inutilizzato e al lucro cessante legato all’impossibilità di assumere un maggior numero di ordinativi).
Resisteva all’impugnazione la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE Obernburg), la quale spiegava appello incidentale contestando l’erroneo accoglimento, seppure parziale, della domanda risarcitoria per presunti vizi e/o difetti del macchinario, in ragione: A) del mancato accoglimento
dell’eccezione di inammissibilità delle domande formulate a seguito dell’accordo transattivo del 24 ottobre 2011 e della conseguente illegittima estensione della domanda effettuata all’udienza di trattazione, in violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, con il correlato divieto di mutatio libelli ; B) dell’erroneo accoglimento della domanda di eliminazione dei vizi o di esatto adempimento, con violazione dell’art. 1492 c.c.; C) dell’inclusione come voci di danno degli oneri non riconducibili ai vizi e difetti, dovendosi piuttosto qualificare come accessori del bene non previsti nella fornitura contrattuale.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale mentre accoglieva l’appello incidentale e, per l’effetto, rigettava tutte le domande proposte da COGNOME NOME, condannando quest’ultima alla restituzione di quanto corrisposto dalla COGNOME in esecuzione della sentenza di primo grado.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la dedotta nullità dei contratti interessati dall’operazione di leasing finanziario non era predicabile, né sotto il profilo dell’illiceità della causa -‘rispondendo tali contratti a modelli contrattuali pienamente leciti vuoi nella loro autonomia vuoi nel loro collegamento funzionale’ , né sotto il profilo della mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’art. 1346 c.c., ‘posto che la norm ativa richiamata dall’appellante non pone(va) alcun divieto di commercializzazione di beni non rispondenti alle caratteristiche tecniche da quella prescritte, limitandosi a fissare parametri funzionali alla riconoscibilità qualitativa di prodotti destinati al
mercato’; b ) che non era più vietata la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente, poiché l’art. 23, secondo comma, d.lgs. n. 81/2008, come già previsto dall’art. 4 d.lgs. n. 242/1996, si limitava a stabilire che chiunque avesse concesso in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria era tenuto a che gli stessi fossero accompagnati dalle certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge; c ) che la domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento della fornitrice era inammissibile, poiché -pur essendo NOME NOME subentrata in corso di causa, per effetto dell’accordo transattivo raggiunto con Unicredit, nella titolarità della posizione contrattuale cedutale dalla concedente e con essa del potere di agire per la risoluzione -, tuttavia, la domanda di risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la concedente non era stata proposta da quest’ultima, la quale, costituendosi in giudizio, si era invece limitata a sollevare la questione, poi disattesa dal Tribunale, del difetto di giurisdizione del giudice italiano, senza -coerentemente con la sua stessa eccezione -esercitare, nei confronti di COGNOME, alcuna delle azioni contrattuali di cui poteva in quel momento disporre; d ) che la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della fornitrice, introdotta in giudizio dalla COGNOME dopo essere subentrata nella titolarità attiva del rapporto tra Unicredit e Kuka, e non prima, costituiva, nella specie, rispetto all’azione di adempimento, della quale soltanto disponeva originariamente l’appellante, un’inammissibile mutatio libelli ; e ) che nessun rimborso dei canoni di leasing corrisposti nel periodo di inoperatività del robot poteva
competere all’appellante, quale effetto della garanzia per i vizi che ne impedivano il corretto funzionamento, dal momento che la questione aveva formato oggetto precipuo dell’accordo transattivo intervenuto nel corso del giudizio di primo grado tra utilizzatrice e concedente, con la rinegoziazione -collegata alla presenza dei difetti insiti nel macchinario interessato dall’operazione di locazione finanziaria -del contenuto dell’obbligazione di pagamento che impegnava la Rigato verso la concedente e con la dichiarata cessazione della materia del contendere tra dette parti; f ) che, quanto al costo sostenuto per l’edificazione della struttura in cui era stato allocato il macchinario, premesso che, non essendosi fatto luogo alla risoluzione nel contratto, il robot era rimasto nella disponibilità dell’utilizzatrice e il ricovero realizzato aveva conservato la sua utilità, comunque, competeva all’appellante provarne la regolarità amministrativa, a fronte dell’eccezione di controparte, così come competeva all’appellante provare, documentando gli esborsi effettuati, il costo della manodopera impiegata per ovviare all’anomalo funzionamento del robot; g ) che, in ordine al preteso ristoro del danno da fermo tecnico e da deprezzamento del bene, emergeva dalle stesse prospettazioni dell’appellante che il macchinario, pur con i limiti e le cautele imposti dalla condizione di scarsa sicurezza in cui versava, era stato sempre utilizzato nello svolgimento della fase di lavorazione cui era preposto; h ) che correttamente era stata esclusa la valenza probatoria della documentazione prodotta dall ‘appellante a sostegno della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante, trattandosi, in effetti, di semplici preventivi non idonei a dimostrare la mancata conclusione di
questo o quell’affare nonché il collegamento causale tra il malfunzionamento del robot e l’asserita perdita di chance ; i ) che era meritevole di accoglimento, invece, il secondo motivo del gravame incidentale, poiché doveva trovare applicazione nello specifico rapporto di locazione finanziaria la disciplina mutuabile da quella dettata per la vendita, sicché l’accoglimento, da parte del Tribunale, della domanda di eliminazione dei vizi, corrispondente a quella di esatto adempimento, contrastava con la previsione di cui all’art. 1492 c.c., che accordava all’acquirente, quali unici alternativi rimedi rispetto alla presenza di difetti del bene fornito, la riduzione del prezzo, nella specie non domandata, e la risoluzione del contratto, con la conseguente esclusione della spettanza della condanna dell’appellata al pagamento della somma di euro 16.000,00, a titolo di risarcimento per equivalente dell’eliminazione dei vizi.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, COGNOME NOMECOGNOME quale titolare dell’omonima ditta individuale.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE che -a sua volta -ha proposto ricorso incidentale condizionato, articolato in unico motivo.
Ha resistito al ricorso incidentale, con ulteriore controricorso, COGNOME NOME.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All’esito, le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione, l’erronea interpretazione e applicazione degli artt. 1346 e 1418 c.c. nonché degli artt. 23, primo e secondo comma, del d.lgs. n. 81/2008 e 4 del d.lgs. n. 242/1996, per avere la Corte di merito ritenuto insussistente un divieto di commercializzazione di beni non rispondenti alle caratteristiche tecniche, richiamandosi al principio di cui all’ordinanza di questa Corte n. 32783/2019 e rigettando così le domande di nullità dei contratti interessati dall’operazione di leasing.
Obietta l’istante che all’esito dell’accertamento tecnico preventivo in ordine al fatto che il robot per saldatura e taglio di containers, come venduto da RAGIONE_SOCIALE a Unicredit e concesso da quest’ultima in godimento all’utilizzatrice COGNOME NOME non presentava i requisiti essenziali in materia di sicurezza, per difformità dalla direttiva macchine 98/37/CE, individuando altresì le opere da eseguire per rendere conforme il macchinario ai requisiti essenziali -il macchinario non solo non avrebbe potuto essere utilizzato, ma non avrebbe potuto nemmeno, a monte, essere venduto, così come progettato, costruito e consegnato all’impresa COGNOME.
Sicché -ad avviso della ricorrente principale -sarebbe esistito un espresso divieto di commercializzazione, fabbricazione e vendita dei beni non rispondenti alle caratteristiche tecniche di sicurezza e di antinfortunistica, che avrebbe imposto la discriminazione tra responsabilità del costruttore, del venditore, del noleggiatore o del concedente in uso di macchine e
responsabilità della società finanziaria concedente di tali macchine in leasing: sull’impresa di leasing sarebbe ricaduto il solo onere di acquisizione delle certificazioni afferenti al macchinario concesso in locazione finanziaria, ma per il venditore-costruttore sarebbe rimasto fermo il divieto di cui all’art. 23, primo comma, del d.lgs. n. 81/2008 di fabbricazione e vendita.
Con la conseguenza che avrebbe dovuto essere dichiarata l’invalidità del contratto di fornitura, non assumendo le rinunce transattive riferite al contratto di leasing alcuna rilevanza esterna ai fini della valutazione delle sorti del collegato contratto di vendita-fornitura.
1.1. -Il motivo è fondato.
E questo perché i rilievi sull’invalidità del negozio, in quanto inosservante delle norme in tema di sicurezza (con precipuo riguardo al robot per l’automazione della saldatura dei containers), inerivano alla fornitura del bene e non, in via principale, al collegato contratto di leasing.
Ora, in tema di invalidità del contratto per contrarietà a norme imperative, le disposizioni che, anche a prescindere dalla pattuizione delle parti, impongono all’oggetto del contratto determinate caratteristiche sono norme di validità, non già di comportamento dei contraenti, e la loro violazione determina la nullità del negozio per impossibilità (o illiceità) dell’oggetto e non la mera responsabilità da inadempimento (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26487 del 10/10/2024).
La sentenza impugnata si è riferita, invece, al regime vigente con riguardo al collegato contratto di leasing, secondo cui, in tema di locazione finanziaria, l’art. 23, secondo comma, del
d.lgs. n. 81/2008, come già previsto dall’art. 4 del d.lgs. n. 242/1996, non vieta più la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente, ma si limita a stabilire che chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 32783 del 13/12/2019; Sez. 3, Sentenza n. 4235 del 19/02/2008).
Conclusione che, per quanto anzidetto, non si estende al contratto di fornitura.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente principale contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione ed errata applicazione e interpretazione degli artt. 1705 c.c. e 183 c.p.c., con riferimento al contratto di leasing, per avere la Corte territoriale dichiarato l’inammissibilità della domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento della fornitrice, in quanto l’agente sarebbe stata mera conduttrice in leasing e come tale sprovvista originariamente della titolarità della relativa azione, sostenendo altresì che la domanda di risoluzione introdotta in giudizio da COGNOME NOME dopo essere subentrata nella titolarità attiva del rapporto tra Unicredit e Kuka avrebbe implicato una vietata mutatio libelli .
Osserva l’istante che l’utilizzatrice sarebbe stata ammessa ad esercitare, nei confronti del fornitore, in via diretta e non surrogatoria, le azioni in caso di inadempimento, per effetto delle posizioni contrattualmente assunte dalle parti ed in ragione dell’interesse dell’utilizzatrice al godimento del bene, così come
accadrebbe per i contratti conclusi dal mandatario in nome proprio e nell’interesse del mandante.
Evidenzia la ricorrente principale che il contratto di leasing del 30 settembre 2005 avrebbe previsto espressamente la cessione, in favore dell’utilizzatrice, di tutte le azioni spettanti al concedente in leasing nei confronti del fornitore, sicché l’attrice sarebbe stata legittimata sin dall’origine a far valere direttamente iure proprio nei confronti della convenuta tutte le eccezioni relative al robot compravenduto tra RAGIONE_SOCIALE e Unicredit, avendo la Rigato, sin dall’atto introduttivo del giudizio di prime cure, agito in giudizio al fine di ottenere, in via subordinata, la declaratoria di risoluzione di tutti quei contratti costitutivi della complessa operazione di fabbricazione in leasing del robot.
Con la precisazione che la fondatezza della domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento della fornitrice avrebbe dovuto essere valutata con riferimento non già alla somma quantificata quale costo dei ripristini resisi necessari per porre il robot in condizione di funzionare, ma valutando se la mancata esecuzione della prestazione fosse in grado di escludere per la controparte qualsiasi utilità del contratto, come nella specie, in ragione delle anomalie di funzionamento e dei difetti di conformità, tali da rendere il bene inidoneo all’uso, oltre ogni ragionevole limite di tolleranza.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente principale lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione ed errata applicazione e interpretazione dell’art. 1705 c.c., in relazione al contratto di leasing, per avere la Corte distrettuale negato la spettanza del rimborso dei canoni di leasing corrisposti
nel periodo di inoperatività del robot, per effetto della garanzia per i vizi impeditivi del corretto funzionamento, poiché la questione avrebbe costituito oggetto di precipuo accordo transattivo intervenuto nel corso del giudizio di primo grado tra utilizzatrice e concedente, con la rinegoziazione del contenuto dell’obbligazione di pagamento e con la cessione, in favore dell’utilizzatrice, di tutte le azioni spettanti al concedente in leasing nei confronti del fornitore.
Deduce l’istante che la rinuncia dell’utilizzatrice alla domanda spiegata verso la concedente in leasing di restituzione di quanto prestato in forza del contratto di leasing, oltre alla conferma della validità e della vigenza del contratto, avrebbe avuto valore interno alle parti, sicché l’impresa sarebbe rimasta libera e nella facoltà di domandare alla fornitrice il risarcimento dei canoni inutilmente versati per complessivi euro 128.693,55 dal 15 marzo 2006 al 31 dicembre 2009 nonché delle ulteriori somme di euro 43.440,54 dal 1° ottobre 2011 al 1° luglio 2013 e di euro 98.364,72 dal 1° agosto 2013 al 1° novembre 2016, per un complessivo importo documentalmente quantificabile in euro 270.498,81.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente principale prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione ed erronea interpretazione e applicazione degli artt. 1492 e 1494 c.c., per avere la Corte del gravame reputato che la proposta domanda di eliminazione dei vizi, corrispondente all’azione di esatto adempimento, contrastasse con il divieto di proporre, nell’ambito delle azioni edilizie a supporto della garanzia per i vizi nella vendita, domande diverse da quella di riduzione del prezzo e
di risoluzione, sicché la condanna al pagamento della somma di euro 16.000,00, a titolo di risarcimento per l’eliminazione dei vizi, sarebbe stata indebita.
Adduce l’istante che sarebbe stato possibile per l’acquirente chiedere il risarcimento dei danni per equivalente dei costi necessari per l’eliminazione dei vizi inficianti il funzionamento del macchinario e l’adeguamento dello stesso alle norme vigenti in materia di sicurezza o il minor valore del robot in caso di impossibilità di eliminazione.
5. -Con il quinto motivo la ricorrente principale censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi della controversia, con vizio di motivazione -in quanto meramente apparente -circa la regolarità urbanistica della struttura di ricovero del robot, l’asserito utilizzo del macchinario viziato e circa il diniego delle richieste risarcitorie avanzate, per avere la Corte d’appello negato il risarcimento per i costi sostenuti inutilmente ai fini dell’edificazione della struttura in cui veniva installato il robot, benché tali costi fossero stati documentati con fatture di acquisto diretto del materiale di costruzione per un totale di euro 31.664,31, senza che potesse ritenersi che il macchinario fosse stato utilizzato, poiché l’impiego di n. 3.206 ore di lavoro era funzionale alla necessità di programmare ex novo ogni singola operazione di taglio e di saldatura, con la spettanza del rimborso del costo della manodopera impiegata.
Aggiunge l’istante che sarebbe spettato anche il risarcimento del danno da fermo tecnico e da deprezzamento del bene, poiché -come da testimonianze assunte con i testi Mason e
Simioni -l’utilizzazione del macchinario sarebbe stata impossibile sin dalla sua installazione a causa dei problemi di taratura e dell’acclarata insicurezza dello stesso.
5.1. -I motivi che precedono sono assorbiti dall’accoglimento del primo, pregiudiziale motivo, attinente alla declaratoria di nullità della fornitura.
-Passando alla disamina del ricorso incidentale condizionato, con l’unico motivo la ricorrente incidentale si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dell’erronea interpretazione e applicazione degli artt. 1218, 1490, 1492 e 1494 c.c. nonché degli artt. 22, 23 e 24 del d.lgs. n. 81/2008, con riferimento all’art. 4.2 della Direttiva 98/37/CE, per avere la Corte di secondo grado fatto riferimento al robot senza che potesse ravvisarsi nello stesso qualsiasi difetto, dal momento che avrebbe dovuto considerarsi quale ‘quasi macchina’, non potendo qualificarsi come ‘macchina’ secondo la richiamata direttiva CE, sicché, in realtà, le manchevolezze non avrebbero riguardato il bene ‘quasi macchina’ fornito, ma il bene ‘macchina’ risultante dall’incorporazione effettuata dalla Rigato.
All’uopo, rileva l’istante che dal documento n. 6 sarebbe risultato che il robot TARGA_VEICOLO sarebbe stato destinato ad operare in un’isola di produzione e che non sarebbe stato consentito l’avviamento senza aver prima accertato che l’isola di produzione, nella quale era integrato, fosse conforme alla direttiva CE 98/37/EG mentre nella suddetta dichiarazione si attestava che il robot era conforme alle direttive 98/37/EWG, 73/23/EWG, 89/336/EWG, 89/665/EWG.
Per l’effetto, prosegue la ricorrente incidentale, stante la natura di ‘quasi macchina’ e la particolarità del bene destinato ad essere incorporato in un bene complesso, nessuna valutazione relativa alla sicurezza del bene avrebbe potuto essere compiuta, trattandosi di componente di un bene complesso che, al momento della vendita, non sarebbe ancora venuto ad esistenza.
6.1. -Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.
E ciò perché la sentenza impugnata non ha effettuato alcuna verifica sulla natura della macchina, limitandosi ad escludere che l’invalidità potesse riguardare il contratto di locazione finanziaria all’esito della prospettata difformità dalle norme sulla sicurezza.
Pertanto, dovendo essere verificata dal giudice del rinvio l’invalidità del contratto di fornitura dell’impianto robotizzato di saldatura, sarà onere dello stesso giudice verificare la natura di macchina di tale robot, in quanto destinato a funzionare autonomamente senza essere incorporato in alcunché, ovvero la necessità che esso sia integrato da altri manufatti, impianti o prodotti, ai fini della qualificazione come ‘quasi macchina’, in quanto da sola non potrebbe funzionare o essere utilizzata, se non all’esito dell’incorporazione o assemblamento con altre macchine, volte a consentirne il funzionamento.
Resta ferma, in ogni caso, la verifica in ordine alla dichiarazione di conformità alla Direttiva macchine 98/37/CE, in ragione della ricorrenza di difetti in materia di sicurezza.
7. -In definitiva, il primo motivo del ricorso principale deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre i restanti
motivi del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato sono assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo motivo del ricorso, nei sensi di cui in motivazione, dichiara assorbiti i rimanenti motivi del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda